Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

siamo amici da quasi 50 anni, una vita! Per gli amici, questo e altro! Se passate di li', fategli un saluto da parte mia...

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\\ Mahalla : VAI : Kumpanija (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Sucar Drom (del 28/12/2005 @ 11:05:14, in Kumpanija, visitato 2928 volte)
Il progetto pringiarasmi (conosciamoci, in lingua sinta) intende arricchire la città di Mantova con il patrimonio musicale delle culture rom e sinte. Crediamo la conoscenza delle tradizioni musicali millenarie di queste popolazioni una modalità capace di dialogare con le altre culture esprimendo la propria identità.
Intendiamo il dialogo come interazione con le diverse realtà culturali ...
2348094
Il musicista del progetto è Aleksandar Stojkovic,
nato nella ex Yugoslavia, discendente da una famiglia di musicisti Rom Rumeni. Fin da piccolo suona la fisarmonica insieme alla propria famiglia nelle feste di paese. Negli anni diventa un virtuoso dello strumento che accompagna con una caratteristica voce blues, raccontando le storie Rom tramandate oralmente per secoli. La sua musica nasce dalla contaminazione di diverse tradizioni, da cui emerge trascinante la tradizione balcanica.
E’ in Italia dall’inizio degli anni novanta, scappato dalla guerra dopo aver perso la vista. Vive a Mantova con la moglie Angela da tre anni.
In questi anni ha collaborato con diversi artisti italiani, soprattutto a Bologna.
 
Di Fabrizio (del 31/12/2005 @ 19:00:00, in Kumpanija, visitato 2903 volte)

Scusate l'irriverenza, ma a leggerlo mi è sembrato di orecchiare qualcosa di simile ai discorsi del Presidente a fine anno...

Federazione Romani – Repubblica di Serbia

Prvomajska 116

11080 Beograd - Zemun

E-mail: tvamaro@scnet.yu

Tel/fax: + 381 11 618 725

Mob: + 381 63 8521 941


Al popolo Romani

Signore e signori, amici carissimi, come presidente della “Federazione Romani – Repubblica di Serbia” mi rivolgo a voi in nome di tutti i Rom in Serbia e Montenegro, che come comunità nazionale hanno trascorso un altro anno difficile. D'altra parte, l'Europa sta guadagnando fiducia con i programmi di integrazione della nostra comunità nazionale, e spero che porti anche a noi la stessa prosperità. Un'altra ragione è data dal programma “Decennio dell'Inclusione Rom” nei paesi dell'Europa del Sud Est, che promette lo sradicamento della povertà, l'inclusione nel processo educativo, come pure il miglioramento delle condizioni di vita e la soluzione dei problemi sociali. Esprimo la mia gratitudine alla Banca Mondiale che promuove il “Decennio dell'Inclusione Rom” e il “Fondo Open Society” che appoggiano i nostri sforzi.

Come forse saprete, in Serbia sono corso riforme democratiche, e dobbiamo dare atto alla Serbia di aver riconosciuto i Rom come minoranza nazionale, come in Germania, Slovenia, Finlandia e Macedonia. Oggi, dal dibattito sul futuro della Serbia e Montenegro, ci aspettiamo di essere inclusi in tutte le istanze di governo per creare il nostro futuro accanto agli altri. Contemporaneamente, vi informo che abbiamo formato un gran numero di istituzioni nostre, partiti politici ed organizzazioni non-governative, tutto con l'obiettivo di individuare soluzioni per la nostra integrazione nel paese. Abbiamo di fronte il grande problema dello status del Kosovo, dove i leaders albanesi stanno cercando di annettere quel territorio all'Albania.

In qualità di ex ministro della Repubblica di Serbia, vicepresidente di “ International Romany Union” e presidente di “Federazione Romani – Repubblica di Serbia”, mi aspetto che le Nazioni Unite non appoggino questa idea separatista, che sarebbe un cancro che si estenderebbe a tutta la regione.

Per finire, mi appello alla comunità internazionale che tenga conto della Serbia e di tutti i suoi cittadini, che non hanno mai voluto essere un “fattore disaggregante”.

Fratelli e sorelle Rom,

Spero sinceramente che l'Europa presti grande attenzione ai nostri problemi e che ci sia concessa una reale possibilità di integrarci senza doverci assimilare. A tutti voi e alle vostre famiglie, auguro felicità e successo per il 2006.


In Belgrade, President Jovan Damjanovic - Joja

December, 29th 2005

 
Di Fabrizio (del 03/01/2006 @ 22:01:30, in Kumpanija, visitato 2187 volte)
Vi giro (col permesso di chi mi ha scritto) una mail che mi è arrivata qualche giorno fa, a cui ho saputo dare solo risposte incomplete. Magari qualcuno sa rispondere:

Ciao,
mi chiamo nicoletta e vi scrivo da roma.
[cut] colgo l'occasione per richiedervi cortesemente alcune informazioni.
Insieme ad altre persone che hanno il mio stesso cognome -iommi- abbiamo iniziato una ricerca per scoprirne le origini.
A quanto ci risulta sembra che derivi da una popolazione nomade proveniente dall'europa dell'est poi stanziatasi nella seconda metà dell'800 nelle marche a causa dello Stato pontificio che per arginare il fenomeno degli zingari decise di dargli alcune zone spopolate delle marche. Le zone interessate sono quelle del fermano e di ascoli piceno.
Sembra inoltre che il cognome iommi  anche nelle varianti iommà o jommi possa derivare da me-iom traducibile con io sono un uomo. Potete aiutarci a sapere se nelle marche ci sono nomadi che potrebbero aiutarci nella ricerca o sapete dirci dove trovare altre notizie?
Vi ringrazio anticipatamente per l'attenzione accordatami e nell'attesa di un positivo riscontro colgo l'occasione per augurarvi buon anno e i miei cordiali saluti.
Nicoletta
 
Di Fabrizio (del 05/01/2006 @ 18:42:48, in Kumpanija, visitato 6046 volte)
But sastipe, bari bah thaj suksesno barvali buti mangav sa e RRomenge ani sasti lumia a majbut e poetonge thaj sa e artistenge ano nevo 2006 bersh.
 
Mehmed Sacip

BAXTALE  O  AVUTNE  BAREDIVE

                                                   Te anen baro yekhipe - athe si o manushikano zoralipe!

Baxtalo nevo bersh 2006 !
But bax thay sastipe tumenge !
M.K.C. " Narajan ".                 Ibrahim Osmani-Presevo
Bayramýnýz kutlu olsun!!!
 
Eid Mubarak!!!
 
Happy Eid!!!
 
ANA OPRISAN, M.A.,
Programme Manager
 
IBC - INTERNATIONAL BLUE CRESCENT RELIEF AND DEVELOPMENT FOUNDATION
ULUSLARARASI MAVI HILAL INSANI YARDIM VE KALKINMA VAKFI
 
TURKEY Office
Bostancý mah., Cami sok., Cesur apt. no 11 / 3,
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e.mail:
ana@bluecrescent.net, tel./ fax: 0092 51 265 43 96
Mobile: 00923015982075

BAHTALO O NEVO 2006-to BERSH!!!

KAMAV TUMENGE:

Parni bah sar o iv!

 

Barvalipe sar o giv!

 

Puterdo drom sar javin!

 

Shuzhi buti sar jsvin!

 

Gudle lavia sar avgin!

 

Buhle phaka – uchalin!

 

Phraloripe sar patrin!

Lacho vogi sar o Del!

 

Vi romenge, vi gazhenge!

 

Vi e saste manushenge!

 

Bah! Bah! Bahtori!

 

Katar tumari phen - Sali Ibrahim - Bulgaria

roma_sofia@abv.bg


Eveneens mijn beste wensen voor 2006!

Krijgen de Roma uit Kosovo een beschermingsstatuut
in Nederland of worden ze uitgewezen?

Graag hoorden wij wat meer nieuws hieromtrent.

Vriendelijke groeten,

Carla

 


Romisk Kulturcenter - København

 

Ruten 167.3.3

 

2700 Brønshøj

 

Danmark

 

Tlf. & Fax: 38 81 07 08

 

Mob.:20 922 068

 

www.euroma.dk

PHRALALEN THAY PHENYALEN,

ROMANA KULTURAKO CENTRI ” EUROMA” ANDAR DANIMARKA,

 

BAHTALKERELA SA E SHUKAR (QAQUNE)ROMENGE O NEVO 2006. BERSH,

 

MANGIPAYA SA SHUKARIPE ANO JIVDIPE.

 

VASH TE JANEN SAR AJUKARDILO O NEVO 2006.BERSH ANI DANIMARKA,

 

DIKHEN O TASVIRYA! ( ano tasviri o 2003 hramisalo doshaya).


Greeting from Roma National Congress
Asmet Elezovski


Te aven saste taj bahtale!
Bahtalo Nevo Bersh savorenmge!
Stevo
BARO SASTIPE, THAJ BAHT KO NEVO BERSH 2006

VESELE PRAZNIKE IN USPESNO NOVO LETO 2006

MERRY CHRISTMAS AND HAPPY NEW YEAR 2006

R.D.AMALA

IMER TRAJA BRIZANI



Lieve Mensen,
 
Door de statusbesprekingen van Kosova/o, de mogelijke toetreding van Macedonië op termijn en de onvermijdelijke aandacht voor Servië/Montenegro staat de zuidelijke Balkan weer volop in de belangstelling. Maar de dialoog moet met allen worden gevoerd en dus ook met de Roma. Roma ginds, Roma in naburige landen en Roma hier, in West-Europa.
Namens mijn team hoop ik dat we dit jaar opnieuw maar veel intensiever kunnen samenwerken.
 
Veel geluk en sterkte in 2006!
 
Els de Groen
www.elsdegroen.nl

 
Di Fabrizio (del 06/01/2006 @ 09:46:49, in Kumpanija, visitato 2319 volte)

romaniproject

E' finalmente attivo il sito di Romani Linguistic Page, un progetto partito l'anno scorso tramite la School of Languages, Linguistics and Cultures dell'Università di Manchester.

Il sito fornisce una serie di strumenti interattivi per la comprensione, lo studio e la trasmissione delle diverse evoluzioni dei dialetti Romani dall'originale radice indiana. Molti riferimenti, ovviamente, alle variazioni dell'Europa orientale, per la parte occidentale del continente attualmente sono approfonditi gli sviluppi del Kalé in Spagna, delle varianti dei Travellers britannici, dei Sinti tedeschi e dei Tattare in Scandinavia. In Italia, con i contributi – tra l'altro di Sergio Franzese e Giulio Soravia, approfondimento sulla lingua dei Sinti piemontesi e dei Rom abruzzesi.

fonte: Romano_Liloro

 
Di Fabrizio (del 07/01/2006 @ 09:53:48, in Kumpanija, visitato 3258 volte)

Roma Press Agency

(lunghetto, da leggersi a puntate oppure offline. Chi sopravvive alla lettura, lo aspetto ai commenti ; - ) ndr.)

Il tradizionale modo di vita dei Rom cancella il confine tra vita privata e pubblica

by: Kristína Magdolenová


Intervista con Anina Botošová, consulente del Ministero del Lavoro, Affari Sociali e Famiglia della Repubblica Slovacca e coordinatrice per i progetti governativi sui Rom

Per la popolazione maggioritaria i legami ed i rapporti in una famiglia tradizionale Rom sono protetti da un velo di segretezza. Come sono in una famiglia “classica” Rom?

Famiglia è un termine ricco di significati. Rappresenta l'unità sociale di base. Assicura l'educazione, protegge i singoli e ovviamente, produce bambini. Non è possibile immaginare una famiglia rom senza un gran numero di individui. E' un'unità singola nei confronti del mondo circostante. Affronta collettivamente i conflitti, le relazioni individuali diventano relazioni tra famiglie, e ogni componente agisce sempre a nome della propria famiglia. L'errore di un singolo è valutato come commesso da tutta la famiglia. Un bambino ben educato mostra grande rispetto verso i propri genitori, i nonni e i componenti più anziani, sino a quando non sarà il tempo di sposarsi.


E poi?

Se la sposa entra nella famiglia di un giovane, dopo il matrimonio accetta le tradizioni della famiglia che l'ha accolta. Se un uomo si sposa in una nuova famiglia, mantiene i propri costumi e occasionalmente li estende alla nuova famiglia. Se la nuova famiglia non lo accetta, può lasciarla e tornare dai suoi genitori.


La posizione di madre o di padre, comporta una responsabilità di come viene percepita la famiglia nella società maggioritaria?

Capofamiglia è il padre. La madre ha il compito di assicurare cibo alla famiglia, ruolo verso cui i Rom esprimono grande rispetto. I nonni sono tenuti in alto riguardo e rispettati, nella famiglia rom tradizionale la loro parola è presa in seria considerazione e rispettata. Grande attenzione viene dedicata al primogenito. La maggioranza dei Rom non intende il matrimonio in una maniera “formale” come la nostra. Se un ragazzo è attratto da una ragazza e mostra serio interesse in lei, i due si promettono fedeltà (si fidanzano). Iniziano a convivere di solito verso i sedici anni. La madre del ragazzo ha un proprio ruolo nel selezionare la futura sposa. Se questa non dovesse aggradarle, il futuro della giovane coppia verrebbe messo in discussione dal fatto che il giovane si mostrerebbe incerto nel suo proprio amore. Tenderebbe a rendere gradevole la sua amata alla madre e viceversa a spiegare alla fidanzata come rendersi piacevole alla genitrice, così che sua madre cambi opinione. Può così succedere che la madre concordi col figlio e lo rende soddisfatto e felice. ( sui vari usi e costumi, cfr. QUI ndr.)


Può portare degli esempi?

Conosco diversi casi: ad esempio, un giovane si era fidanzato con una ragazza di un diverso gruppo familiare, che parlava un'altra lingua. Nella famiglia del giovane si parlava ungherese e a casa della ragazza solo slovacco. La madre del giovane non volle conoscere la ragazza e non era d'accordo con la scelta del figlio. Così la coppia di separò. Nella famiglia tradizionale il figlio dipende dall'opinione della madre.


Oggi è cambiato qualcosa?

I giovani sono di opinioni più aperte, hanno tralasciato alcune tradizioni, ma ancora i ragazzi attendono il parere della madre, prima di decidere come comportarsi con una ragazza.


Il fatto che la famiglia abbia una grande influenza tra i Rom è ben noto. Nella pratica, questo cosa comporta?

La famiglia assicura il suo stesso rinnovamento, la crescita dei bambini e soprattutto la protezione dei singoli. Tra i Rom hanno grande importanza le origini del proprio padre o della madre. Se incontrano qualche Rom che non conoscono, si presentano così: sono figlio/a di ... Mio zio/mia zia è ... Nel contempo, si presentano attraverso il più noto o il più anziano dei parenti, per esempio: Mi chiamo Jozef Horváth, sono figlio di Horváth il fabbro (o il musicista) più conosciuto del villaggio. Nel contempo, la famiglia si distingue per dimensioni e abitudini.

Una famiglia rom comprende una vasta comunità di due o tre generazioni. Ogni famiglia conta diversi membri. A queste famiglie estese appartengono anche quelle donne che hanno preso marito da un altro gruppo familiare o quelle che hanno sposato gli uomini di famiglia. Nel dispiegarsi della famiglia estesa sono inclusi: fratelli/sorelle, cognati/e, cugini/e, anche quando tra loro non ci sono legami di sangue.


Tutto ciò, come viene mostrato nella vita di tutti i giorni?

Ad esempio, facendosi visita senza bisogno di annunciarsi, viaggiare da una città all'altra per mantenere i rapporti familiari, anche se si tratta di famiglie distanti ma forse meglio situate. I Rom non hanno problemi nello spostarsi verso famiglia all'estero, e trattenersi presso di loro per lunghi periodi di tempo. La famiglia che li ospita non li allontanerà e viceversa provvederà a tutto – dormire, mangiare. I non-Rom vedono in questo fenomeno una sorta di congiura o paura: che nuovi Rom si spostino nei loro dintorni, senza che gli stanziali conoscano il numero dei potenziali ospiti e i loro costumi, e questo amplifica gli stereotipi negativi.


Nelle tradizioni delle famiglie rom, specialmente nelle comunità chiuse, c'è l'uso di non bussare mai alla porta quando si va in casa di qualcun altro. Questa tradizione sopravvive anche nelle comunità non segregate?

Un altro esempio: io vivo nella parte Petržalka di Bratislava, e sopra il mio appartamento vivono due famiglie estese di Rom, che sino a poco tempo fa non avevano una porta. Passavano da un appartamento all'altro, come se fosse casa propria. Il sentire le proprietà della famiglia come se fossero anche personali, rimane anche nelle famiglie che non per forza sono socialmente dipendenti. Succede che chiedano in prestito abiti ma anche soldi, che per la maggior parte non torneranno ai proprietari originali. Una famiglia può offrire consulenza o aiuto manuale tramite un proprio componente anziano, che in seguito passerà il compito a un membro più giovane.


Le tradizioni delle famiglie rom sono coesive?

La solidarietà sociale unisce tutti i membri di una famiglia. Scapoli e nubili restano con i genitori. Gli orfani e gli anziani, o gli ammalati, sono curati con grande amore e rispetto. Raramente si trova un anziano in case di riposo. Un ammalato non è mai da solo. Quando è ospedalizzato, i suoi famigliari, o la moglie se è il marito ricoverato, rimangono a vegliare il malato tutto notte. Da casa gli portano cibi già cucinati e restano con lui appena c'è un minuto libero. Ogni singolo ammalato di una famiglia ligia alla tradizione, non viene mai lasciato solo, che sia solo o in ospedale, persino sul letto di morte. Porto due esempi di vita vera: Una riguarda direttamente la mia famiglia. Il mio caro padre si ammalò d'improvviso. Le sue condizioni erano così preoccupanti, che dovette essere ricoverato in ospedale.. Da quando si ammalò sino al giorno del suo ritorno a casa dall'ospedale, tutta la nostra famiglia ha vissuto con lui, letteralmente traslocando in ospedale... col permesso del direttore. Nostra madre rimase con lui per tutto il tempo della malattia, noi bambini ci alternavamo al suo capezzale dandoci i turni di notte e di giorno. Il sentire che una persona dipenda dalla vicinanza dei suoi cari se vuole guarire, per noi, per la famiglia, fu così forte che oggi mio padre è curato a casa propria. Ancora oggi sono convinta che se, per caso, fosse stato un estraneo l'incaricato di lavarlo all'ospedale, sarebbe morto. Abbiamo questo sentire che la famiglia sia un nucleo vicino nel buono e nel cattivo tempo, un grande regalo, una filosofia che ci è instillata dala tenera età e che noi instilleremo ai nostri figli.


Ritengo che queste osservazioni possano generare incomprensioni tra Rom e non-Rom.

Il prossimo esempio arriva da un insediamento. Una volta, il direttore di una scuola nella Slovacchia orientale si era lamentato di quattro studenti che non andavano più a scuola, anche se sapeva che non erano ammalati. Quello che ignorava, è che la loro nonna giaceva a letto in punto di morte, dove era riunita tutta la famiglia. Nelle famiglie tradizionali, questo passaggio non avviene in ospedale, il malato viene riportato a casa sino alla fine. Una persona gravemente ammalata, ma con la propria famiglia vicina, non lascia questo mondo da sola. L'insegnante avrebbe dovuto saperlo e rispettare questa tradizione, questo sentimento. La stessa cura viene riservata dopo morti. Tutta la famiglia, inclusi i più piccoli, veglieranno il morto per un certo numero di giorni. La famiglia definisce norme e ruoli, ne controlla l'applicazione e ne “sanziona” le violazioni. Il modo di vita comunitario cancella i confini tra vita pubblica e privata.


Questa divisione dei compiti è tuttora valida? In quale maniera influenza lo stato attuale della comunità rom?

Nella famiglia rom sussiste una netta divisione dei compiti e delle competenze all'interno della famiglia, ma i ruoli tradizionali maschili e femminili tendono a complementarsi. Ogni membro ha il suo posto. L'uomo rimane il capofamiglia e il depositario del suo prestigio. La donna rimane la responsabile della casa e si occupa dell'amministrazione monetaria e sociale. La sua missione primaria rimane, comunque, crescere i figli, soprattutto la cura del primogenito. La madre deve anche insegnare ai bambini più grandi come accudire ai più piccoli. Nella famiglia tradizionale, i maschi non apprendono come cucinare, stirare o lavare. Queste restano attività femminili.

Un esempio di vita vera: una mia cara amica si ammalò e finì all'ospedale. A casa rimasero la figlioletta di 4 anni e il marito educato secondo tradizione. Suo marito mi chiamò perché non sapeva cucinare e voleva sapere cosa fare nell'attesa che sua moglie tornasse dall'ospedale... Dovetti recarmi a casa loro e cucinare per due giorni. Lui sul serio non sapeva neanche dove e come sua moglie si procurasse patate, cipolle, farina o dove fossero le stoviglie... Il tradizionale ruolo maschile presso alcune famiglie tradizionali perdura tuttora.


Come reagisce la famiglia ai problemi?

Verso l'ambiente circostante la famiglia agisce come un corpo unico. Sopravvive collettivamente ai conflitti. [...] La valutazione negativa di uno dei componenti ricade su tutta la famiglia. Un atto degno di rispetto rafforza e afferma il prestigio della famiglia. La punizione più terribile è l'esclusione dalla vita famigliare. Un fenomeno interessante è che non ha importanza se un individuo viene elogiato come singolo, e questo potrebbe avere conseguenze realmente negative per quell'individuo.


Nel passato le famiglie rom dipendevano dal numero dei figli. Più figli aveva, più era degna. Anche oggi è così?

Ancora oggi i bambini sono benvenuti, significano felicità, ma anche forza per la famiglia. Nel contempo, il ruolo primario dei figli è di prendersi cura dei genitori quando saranno vecchi. Molte famiglie crescono i figli collettivamente. I bambini vivono con tre e più generazioni di adulti. Il mondo dei bambini si mischia con quello degli adulti. Così i bambini ottengono molto presto un ruolo indipendente individuale all'interno della famiglia, capaci di agire per conto loro. I bambini sono incoraggiati a sviluppare differenti attività, che sono di solito riservate ragazzi più grandi. Nel lavoro i maschi aiutano il padre e le femmine la madre. I figli sono controllati in gruppo e raramente sono puniti. Di solito i genitori si dedicano al primogenito, che in seguito si prenderà conto dei fratelli e sorelle più giovani.


I Rom sono molto focalizzati sui propri genitori, ma questo rende difficile promuovere novità all'interno della comunità.

Soprattutto i bambini che vivono negli insediamenti o nelle famiglie tradizionali, sono legati ai genitori e difficilmente se ne allontanerebbero. Così, man mano gli insediamenti tendono ad aumentare come abitanti, perché le nuove coppie rimangono con la famiglia paterna di origine. Raramente un ragazzo si abituerà allo stile di vita di un dormitorio. Piuttosto, un giovane che si è sposato, se sua madre è rimasta sola, la porterà con sé nella nuova famiglia. Questo legame è ancora più forte nel caso dei primogeniti.. I Rom non sanno vivere da soli.


Quindi, che ne è della privacy dei più giovani?

Per loro è già tanto avere una stanza da letto propria. Ancora un esempio: un giovane Rom ungherese si era sposato con una ragazza che abitava distante da lui. Non aveva esitato a vendere il suo appartamento e spostarsi di alcune centinaia di chilometri, assieme alla madre e alla sorella, nella città della fidanzata. Alla mia domanda se non avesse paura di non trovare posto anche per loro nella nuova città, mi aveva risposto che la sua famiglia e quella della moglie sarebbero state una sola. Non poteva lasciare i suoi parenti di origine indifesi, quindi la soluzione era di diventare il nuovo capofamiglia del gruppo composto da lui, sua moglie, sua madre, sua sorella e la madre di lei, e di provvedere a tutte loro.


Resiste nei giovani l'obbedienza alle scelte dei genitori, nel scegliere il proprio partner?

Succede spesso che i genitori scelgano il fidanzato/a quando i giovani sono già adulti. Magari non si amano, ma per il bene della famiglia impareranno a farlo. Anche una ragazza, di solito viene “promessa” al termine della scuola dell'obbligo, quando ha circa 15 anni. In molti casi, il ragazzo proviene da una brava famiglia. [...] La ragazza ha piacere del proprio ruolo di donna – di madre. [...] E' la sua vocazione. I bambini nelle famiglie tradizionali sono cresciuti secondo concetti estremamente puritani. [...] Le questioni private non vengono mai discusse di fronte agli estranei. [...] Sono poche le ragazze di queste comunità che anno l'ambizione di continuare gli studi. Vivono la stessa vita delle loro madri e delle loro nonne.


Sono i legami familiari a tenere i giovani lontano dalla scuola?

E' raro che questi giovani continuino gli studi, anche quelli che nella scuola dell'obbligo sono stati bravi studenti. Le cause sono diverse, ma visto l'argomento mi riferirò ancora alle questioni di mentalità, più che ai problemi oggettivi. I Rom hanno sempre paura per i loro bambini e i legami tra genitori e figli sono molto forti. Succede che al termine della scuola dell'obbligo, se i figli vogliono continuare gli studi debbano spostarsi in un'altra città, e qui subentra la paura dei genitori, che i figli non si adeguino al nuovo ambiente o viceversa che vi si adeguino troppo, perdendo le loro radici. I messaggi che passano di solito sono: se sei una ragazza, sposati, trova un marito che si curerà di te; se sei un ragazzo, la scuola non serve, il mondo è pieno di gente che non ha lavoro anche se ha studiato. Ancora oggi in molte famiglie la situazione è simile.


Cosa succede quando i giovani violano le tradizioni?

Un altro esempio: una ragazza, che viveva in un insediamento rom, voleva continuare gli studi e lo fece. Ma oggi è ancora single, i suoi coetanei della comunità non la accettano come ragazza istruita e i ragazzi non-Rom non la accettano come ragazza rom. Non ha trovato comprensione neanche dalla sua famiglia, questo perché sono ancora forti i legami tradizionali che impongono il riconoscimento sociale come collettivo, invece che come individuale. Avendo rotto un tabù, la ragazza si è trovata senza riconoscimento o comprensione.


A che età una ragazza viene considerata donna?

A una ragazza “immatura” viene concesso di giocare coi ragazzi. Ma dopo il suo primo periodo, può girare soltanto se accompagnata da un adulto singolo. Viene considerata donna nel momento che inizia a vivere intimamente con un ragazzo. Da quel momento, è per tutti la donna del ragazzo a cui ha deciso di donare il proprio cuore. La ragazza ha imparato a casa i mestieri domestici, sin dalla tenera età si è cimentata con occupazione che generalmente vengono demandate agli adulti (lavare, cucinare, stirare). Poche ragazze scampano da questo tirocinio. Quando andrà a vivere nella casa dello sposo, sua suocera diventa una seconda madre, a cui deve obbedire senza condizioni. Se dovesse ribellarsi, suo marito non starebbe più con lei. Una brava suocera insegna alla sposa novella le abitudini della nuova famiglia e soprattutto le ricette che sono gradite a suo marito.


Quando è incinta, la donna ha una condizione speciale in tutte le culture. Anche tra i Rom?

Una donna che aspetta un figlio, naviga tra differenti regole e restrizioni. Non le è permesso di guardare persone brutte, malate, serpenti, rane o qualsiasi animale che generi disgusto. Né essere triste o arrabbiata. Ma ha anche determinati privilegi: ad esempio avere il cibo che vuole e di avere sempre compagnia.

Anche tra i Rom, si vuole che il primogenito sia maschio. Quando una donna è incinta, deve comunicarlo per primo al suo partner o a suo marito. Se lo dicesse prima a qualcun altro, sarebbe accusata di essere infedele. La madre spera che il figlio assomigli al partner, che abbia capelli neri e sia di pelle “bianca”: secondo i Rom, chi ha la pelle chiara avrà una vita migliore.


Cioè?

Un altro esempio: la donna annuncia a suo marito con gioia che è nato loro figlio e che è di pelle chiara. Anche nei discorsi di tutti i giorni: Ho una sorella, sapessi com'è bianca la sua pelle, soltanto io in famiglia sono così scuro. E' uno stigma che i Rom non hanno ancora perso. Il sesso del nascituro viene interpretato dalla forma della pancia: se a punta, sarà maschio, se tonda, femmina. Il neonato viene mostrato per primo al marito. La nascita viene accompagnato da una grande celebrazione. La donna non accetta le felicitazioni, l'uomo sì. [...]


Come vengono protetti i bambini che non sono stati ancora battezzati?

Per prevenire i pericoli, un componente della famiglia fissa un oggetto acuminato sotto la coperta. Gli estranei non possono guardare il bambino che non è stato battezzato. Il bambino ha un nastro rosso al polso per proteggerlo dagli spiriti malvagi.


Tra i Rom i figli sono considerati portatori di benessere. E se una donna non ha figli?

Di solito, non si sposa e si prende cura dei genitori o dei singoli che non si sono ancora fatti una famiglia. Una donna infertile, non si considera una persona a pieno titolo.

Mi è successo, che una donna che viveva in un accampamento, mi disse che voleva chiedere al suo uomo di lasciarla, perché lei si sentiva come se fosse un uomo e non una donna, il cui ruolo è fare figli. Non si sono più sposati.


Hai detto che nelle famiglie rom tradizionali, vige una stretta divisione dei ruoli. Ma che si vuole anche che il primogenito sia un maschio. Perché?

La nascita di un maschio rafforza la linea famigliare. Il maschio rappresenta all'esterno il padre, viene rispettato dalle sorelle anche se queste sono più anziane devono ascoltarlo. Il figlio maschio può ereditare la professione paterna., specialmente quando riguarda la musica o attività artigianali, come il mestiere di fabbro o muratore.


Vediamo di ricapitolare sul ruolo femminile nella famiglia tradizionale:

Come ho detto all'inizio, lo status della donna è partorire figli. Nella famiglia, nessuno può prenderne il posto ed è per questo che il suo posto nella società dei Rom è importante e non rimpiazzabile. Se dovessimo indagare sull'organizzazione profonda della struttura famigliare rom, troveremmo che la donna viene educata a questo compito sin dall'inizio. Si prende cura già dai 6/7 anni dei fratelli o dei cugini più piccoli. Sono poche le ragazze che sperimentano un'infanzia libera. Una ragazza passa automaticamente dall'infanzia all'età adulta. A otto anni, sa cucinare, prendersi cura degli altri ecc...

In una comunità chiusa, la donna è anche un fattore motivante della famiglia. Se all'esterno è l'uomo il capo della famiglia, la donna si può considerare il collo che mantiene sollevato il capo. Decide sulle finanze, sul matrimonio e il futuro sentimentale dei figli, sulla loro educazione. Per questo è molto stimata. Anche quando non può avere figli, è in cima alla scala sociale. In questo caso è lei che si svaluta e letteralmente chiede al suo uomo di non dormire assieme, perché lui dormirebbe con un uomo e non come una donna, e lei non vuole. Le bambine possono andare dove vogliono, giocare coi coetanei, accompagnare loro madre nelle visite. Ma quando una ragazza ha avuto il primo mestruo, non può più girare da sola e dev'essere accompagnata da un componente della famiglia, anche se è un pre-adolescente. E partecipare alle feste se in compagnia di un fratello più grande.
[...]


Quindi, non si può dire che nella famiglia tradizionale rom ci sia consapevolezza che la donna sia un partner uguale nel matrimonio.

Esatto. Le donne non sanno che hanno il diritto di decidere se avere uno, due o più figli. Nella maggior parte dei casi, il loro marito viene scelto da qualcun altro. Quanto all'uguaglianza in famiglia, c'è una mancanza di consapevolezza legale, che ha conseguenze nelle sottomissione e anche nelle violenze famigliari. Le giovani, dopo la scuola dell'obbligo, non proseguono gli studi. Si fidanzano e hanno dei figli presto. Data la loro insufficiente preparazione scolastica e professionale, appartengono a quei gruppi che hanno una posizione debole nel mercato del lavoro. Ma la maggior parte di loro non è interessata, perché sono state educate a prendersi cura della famiglia come occupazione. Nella maggior parte dei casi, la tradizione gioca un ruolo importante nella decisione del marito di non concedere alla moglie il permesso di lavorare. La considera una deprivazione della propria “mascolinità”, che si basa sul fatto che lai da solo è in grado di provvedere al bisogno familiare. Così queste donne vivono in attesa del denaro dei servizi sociali senza affrontare le cause della loro disoccupazione.

Una donna Rom non conosce i suoi diritti. Si lamenta se un uomo la picchia o se la inganna, perché così ha fatto sua madre. Se decide di andarsene, non ha un posto dove finire, perché tutta la famiglia vive nell'insediamento. A sua volta la società maggioritaria non l'accetterà, perché ritiene che se lei ha subito violenza, è un problema dei Rom che a loro non deve riguardare.


Tutto ciò che mi hai raccontato, si riferisce all'intera comunità rom o solo ad una parte?

Tra i gruppi più vulnerabili in Slovacchia, ci sono le donne Rom, in particolare quante vivono nelle comunità chiuse, le cui norme differiscono da quelle che predominano nella società maggioritaria. Certamente, possiamo dire che si tratta di cittadini che a lungo sono stati esclusi dalla società. L'uguaglianza in famiglia in alcuni gruppi rom è contraria ai costumi e agli stereotipi etnici e culturali. Lo status delle donne nelle famiglie rom spesso porta all'accumulo di varie ragioni tanto per l'inclusione sociale che per una discriminazione con tante facce. Ad esempio, il fatto che la donna cresca molti figli, che non abbia istruzione e neanche educazione sanitaria, tutto questo porta a rafforzare gli stereotipi negativi nella società.


Una domanda necessaria per concludere: come può cambiare questo stato di cose?

Sulla base delle tante cose che ho menzionato, il ministro ha preparato un piano di lavoro per quanti operano nelle comunità, e chi possa avere ascolto nelle famiglie rom, così che possano prendere in seria considerazione le norme e le tradizioni che i Rom si trasmettono da una generazione con l'altra. Il nostro dipartimento ha proposto misure che possano aiutare quei gruppi e le donne che già ora richiedono aiuto, ma c'è bisogno di tempo e di comprensione da parte di tutti.
Soprattutto, dobbiamo educare le ragazze e le donne rom alla consapevolezza dei propri diritti, doveri e responsabilità verso la propria salute, a sostenere la formazione di assistenti rom nelle aree della sensibilità familiare [...]. Tutto questo necessita di tempo, ma soprattutto di comprensione da parte della società maggioritaria, che deve accettare questi cittadini come partner con pari valore e tutto il rispetto che va riservato a ogni essere umano, anche se con differenti tradizioni.


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Sellamun alekum, o ALLAH Dj-shane huu insala o mubareko Kurban Bajrami te kerele kabuli-bahtalo. Insala o Devel te durjarel amendar sakova bilachipe, nasvalipe, sakova hohavipe, sakova kskanluko. Sakoja buti so ka astarala leskere anavesa te ovel lokeste,  Devla durjar amendar o pharipe, bichal amengje sastipe thaj kamipe maskare amende. Jarabi ma muk amen ko iskusenije, de amen thaj zurar amari pakjiv, ker amen te ova jeka-jek thaj phanle vastencar te djas ko tiro sukaripe. Devla ma muk amen te phira korore keda isiamen jakja, de amen tiro nuri-parlaj-ros te shaj te dika o cacuno drumo, te shaj te djas angle, te shaj te da amare chavengje majlacho trajo thaj lachi pakjiv. TU ALLAH sijan odova so sakole narodo-Djihane dejale piko thaj ikaleja le taro majpare thaj bilache trajostar, rudjivtut ikal vi amen, de amen thaJ zurar harica amari godi thaj bah, de amen pralipe thaj jekipe, ma muk amen panda te ove majtele thaj sare te ustaven amen, Devla TU so sijan o serutno vaso saa akava so kergjan so dikas thaj odova so nasti dikas,  de amen vi amende te ovel amen bahtalo thaj loshajmo trajo, ker amare chavengje te ovel mistos, soske amen pakjas but ke tute thaj sijem tire cacune pakjivale.
Ko alav miro kamav saa e pralengje thaj e pejnengje bahtalo o KURBAN BAJRAMI.
AMIN!
 
Di Daniele (del 13/01/2006 @ 10:37:08, in Kumpanija, visitato 1836 volte)
Fabrizio e Cicciosax, nonostante le promesse, quest'anno non sono passati dal GucaFestival...
Visto che la sezione foto in Mahalla è sguarnita, eccone una fatta da me in loco (le altre le trovate su Gustomania):
uno
è pieno di bimbi rom che vanno in giro come tutti a divertirsi... sono uno più bello di un'altro e simpaticissimi. ecco il motivo dello scatto. ne avevo altri tre o quattro del genere ma non li ritrovo più... anzi, adesso che ci ripenso, due di quelle che non ritrovo le regalai ad una mia amica che studia a roma...
e volendo c'è anche questa:
due
 
Di Fabrizio (del 20/01/2006 @ 01:08:28, in Kumpanija, visitato 2744 volte)
Trovo una recensione sul weblog di Babsi Jones:

Stavo parlando in questi giorni con Mr. Calavera del 17° Trieste Film Festival; chi transita in zona ha qualche serata di pellicole balcaniche da vedere, e rischia di valerne la pena. Registi come Boris Mitić escono da questi festival, a volte sopportare qualche eccentrico cortometraggio è necessario per godersi scoperte straordinarie. Ho visto Lepa Dijana (Pretty Dyana) e confermo le mie impressioni: Mitić è il degnissimo erede del grande mago pazzo Kusturica, con qualche vantaggio generazionale: strafavorevole alla diffusione di copie pirata e DVX (al punto di ospitare sul suo sito un apposito volantino pro-pirateria), il giovane regista serbo chiude il cortometraggio (che dura 45 minuti) con un esplicito messaggio: colonna sonora e DVX disponibili “at your nearest pirate records”. E-mule vi attende, sappiatelo. Lepa Dijana è un documentario...
continua qui

Per chi se le fosse perse, le segnalazioni su Pirori di marzo e di aprile 2005 (come vola il tempo!)

1940817r 1865911
 
Di Fabrizio (del 23/01/2006 @ 10:23:22, in Kumpanija, visitato 2341 volte)

Il giorno della memoria, con il suo strascico di orrori e carneficine...
Mi ricordo i racconti di mia mamma: la guerra, la fame, le persecuzioni, hanno anche un loro lato di inquietante normalità. Anche chi non è passato dai campi d sterminio, ne ha portato il segno.
Dijana Pavlovic', nella sua intervista, raccontava della ricerca svolta per vedere quegli anni con lo spirito di un bambino, che era anche Rom.
Ma cosa accadde realmente in Italia ai nostri nonni? Chi lo visse racconta, e non sembri strano se recupero la memoria di un saltimbanco... un pagliaccio, da un libro che ha il grande pregio di un linguaggio perfettamente comprensibile anche ai bambini. Un libro scritto, come se fosse raccontato a voce, e che proprio così, con la sua grammatica colloquiale, ci introduce nella vita dei Sinti del sanguinoso secolo XX.

Da
STRADA, PATRIA SINTA (U DROM MENGRO CIACIO GAUV) di Gnugo De Bar edizioni FATATRAC
...Mio nonno era Jean De Bar, un sinto valcio che in lingua nostra vuol dire "francese". Scese in Italia a piedi nel 1900.
Lasciò i genitori in Francia e venne a tentare la fortuna, senza niente, a quindici anni, solo con qualche costume da saltimbanco.
Era uno dei più bravi contorsionisti del mondo, ma era bravo anche a fare i salti di scimmia, in altre parole i salti mortali al tappeto: ne faceva sei, sette o anche otto.
I De Bar sono una famiglia di saltimbanchi da sempre.
Anche mio nonno aveva imparato a guadagnarsi la vita così.
Lui posteggiava, che nella nostra lingua significa proprio fare i numeri di saltimbanco all'aperto, davanti alle chiese, nei mercati e nelle fiere.

...
Poi venne il 1939, un bruttissimo anno. L'Italia e la Germania avevano rotto il patto di non belligeranza con la Francia.
Era autunno e la mia famiglia s'era appena fermata al Bacino di Modena per fare la sosta dopo la stagione delle fiere.
Da noi s'usa così infatti. Quando si lavora la famiglia si divide, poi d'inverno ci si ferma tutti insieme.
Quell'anno la famiglia s'era fermata appunto nella Strada Bacino, che oggi credo si chiami Due Canali e c'erano insieme al nonno, lo zio Noti e la zia Mariettina con tutti i propri figli. Lo zio Carlo era invece ancora a fare la stagione in Lombardia e per lui fu una vera fortuna.
Mio padre aveva appena conosciuto la mamma Albertina, detta Gonia, che veniva da una famiglia che girava con le giostre.
Un mattino che piovigginava, mi hanno raccontato, molto presto hanno sentito bussare alle carovane, si sono svegliati e hanno visto le carovane circondate da militari, carabinieri, questura.
Dicevano che si doveva fare quello che volevano loro e che avevano l'ordine di sparare se qualcuno si fosse opposto.
Piantonarono tutto il giorno e la notte intera, prendendo il nome e il cognome a tutti, poi, il mattino seguente, condussero tutti quanti nel campo di concentramento di Prignano e ci portarono via tutti i muli e i cavalli che avevamo.
In Italia con le leggi razziali, fecero molti campi di concentramento per sinti, che nell'intenzione dovevano servire per smistare le nostre famiglie verso la Germania e la Polonia.
So per certo che ce ne erano a Berra di Ferrara, a Fossa di Concordia, a Pescara, e anche un paio nel bolognese che non ricordo più i nomi.
Se una deportazione di sinti non c'è stata, è stato solo per grazia della Regina Elena (che veniva dal Montenegro) che nel 1941 ci difese e impedì quello che poteva avvenire. C'era anche il campo di concentramento di Fossoli per gli ebrei, ma questo lo si conosce. Gli ebrei dopo la guerra hanno avuto il coraggio di parlare, di ricordare.
Noi sinti no. Io, per esempio, mi sono sempre vergognato di dire d'essere nato in un campo di concentramento.
Molti di noi ricordando di Prignano parlano dicendo "quando ci misero da quel contadino...". Ma quale contadino? Quello era un campo di concentramento fatto per sinti, e io ho trovato il coraggio di raccontarlo solo dopo che ho parlato con degli altri gitani spagnoli e altri sinti tedeschi e francesi.
Nella nostra lingua, mi hanno detto che nei loro Paesi dopo la guerra hanno potuto raccontare le loro storie, giornalisti e scrittori si sono preoccupati di quelle violenze che avevano subito e hanno scritto molte cose.
In Italia no, non si trova il coraggio; ma io credo invece che sia giusto raccontare.

PRIGNANO

A Prignano c'era il filo spinato e qualche baracca. poche perché noi avevamo le nostre carovane. Tutto era controllato da carabinieri e militari che nei primi giorni non ci facevamo mai uscire.
Poi, dopo un po' di tempo, decisero che dal campo potevano uscire quelli che volevano andare a spaccare le pietre per le strade a cinque lire al giorno. Così tutti andavano, anche per poter avere qualcosa da mangiare.
Le guardie due volte al giorno facevano l'appello e il contrappello. C'erano dei turni di un'ora e mezza in cui le donne potevano andare in paese a fare la spesa. I carabinieri erano i più cattivi e vigilavano anche all'osteria, tanto che non si riusciva nemmeno a fare una bevuta di un bicchiere di vino in santa pace. Dopo un mese che s'era nel campo venne un ordine del Ministero della Guerra: presero mio nonno Giovanni e lo portarono nel campo di concentramento a Civitella del Tronto perché fu riconosciuto detenuto politico, per il solo fatto di essere cittadino francese. Lì passò sacrifici e miserie insopportabili. Nel 1940 nasco io. Mio padre chiede ai carabinieri di portare la mamma all'ospedale di Sassuolo, ma dicono di no. Così nasco al freddo dentro una carovana al lume di candela.
E' un anno in cui tutti piangevano il nonno per morto, perché non si sapeva dove l'avevano portato e se fosse ancora vivo. Solo nell'autunno del 1940 concessero al nonno di scrivere una lettera. Nessuno ha ancora capito perché il nonno venisse considerato prigioniero politico, mentre poi hanno obbligato i suoi figli a servire la patria andando in guerra. Dal 1941, infatti, dopo l'intercessione della Regina, cominciarono a considerarci non più deportabili ma arruolabili, per cui iniziarono a far partire scaglionati e a forza tutti gli uomini in età.

...
Poi venne il famoso 8 settembre 1943, quando l'Italia fece l'armistizio con gli Alleati.
A Prignano quel giorno vennero i carabinieri e dissero: "Siete liberi di nuovo", ma nessuno ci credeva veramente. E il maresciallo disse: "Potete andare via come facevate prima", ma la nonna, che era il riferimento di tutta la famiglia rimasta, non sapeva più dove andare senza figli e senza il nonno. Così che mentre tutti gli altri sinti si rimettevano in viaggio e lasciavano quel posto maledetto, la nostra famiglia rimase lì ad aspettare che succedesse qualcosa.

IL RITORNO DEL NONNO

Un bel giorno dell'ottobre 1943 videro tornare a casa mio nonno, liberato perché i francesi erano di nuovo amici e ci furono momenti di allegria e di gioia, ma anche di passione per i figli al fronte. Poi mio nonno venne giù a Modena e andò dall'amico commerciante di cavalli, Tullio Pellicani. Quando gli raccontò ciò che aveva subito nel campo di prigionia, il Pellicani si mise a piangere e gli diede a credito un mulo e un cavallo per tornare a fare gli spettacoli: "Scegliti quelli che vuoi, me li pagherai quando avrai i soldi". Poi il nonno tornò a Prignano.

Quando i carabinieri videro il nonno con i due animali lo accusarono subito di furto e telefonarono all'allevatore di Modena che disse: “Io a Giovanni ne avrei dati anche di più, ma lui si è accontentato di quelle due bestie!”

Allora il maresciallo dei carabinieri si scusò con il nonno, gli strinse la mano e lo considerò persona degna di fiducia e di stima.

Dopo qualche giorno la mia famiglia lasciò definitivamente Prignano e si fermò a Modena. Qui si trovarono tutti i figli rimasti della zia Mariettina, dello zio Noti e del nonno, andarono a manghel un po' di vino (manghel significa “andare a chiedere”) e una sera fecro una grande festa d'addio. Al mattino infatti le tre famiglie si divisero: la zia Mariettina con i suoi figli cominciarono a girare nella zona di Milano, lo zio Noti verso Ferrara e la Romagna (poi nel bolognese), noi nel mantovano e nel modenese. Continuavamo a posteggiare, anche se gli uomini nello spettacolo erano pochi perché i figli del nonno erano tutti al fronte.

Visto che mancava anche il toni (il pagliaccio ndr.) per un periodo fu mia mamma a ricoprire quel ruolo. Il suo nome era il più buffo e strano mai sentito in una pista da circo: “Conserva”. Vestita da toni faceva anche le entrate.

....


... e il racconto continua, con la Resistenza, il dopoguerra, la crisi del circo. Se riuscite a trovarlo leggetelo, altrimenti qualche altro brano lo ritroverò in seguito.

 
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