Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 21/02/2006 @ 10:49:28, in lavoro, visitato 5550 volte)
email Presentazione delle attività La cooperativa “Laci Buti due” nasce nel 1999 ad opera di un gruppo di residenti rom del campo nomadi comunale di via Idro 62 supportati da un ristretto gruppo di operatori sociali che hanno accompagnato lo sviluppo della cooperativa in una prospettiva di emancipazione, autonomia e corretta integrazione sociale della popolazione rom residente al campo. L’impegno dei soci della cooperativa è stato finalizzato alla ricerca di risposte reali al bisogno di lavoro. Questo impegno si è tradotto, inizialmente, in un percorso di analisi e confronto tra i soci del “lavoro” come “bisogno”; si è rinforzata una maggiore consapevolezza nei soci del bene “lavoro” quale strumento di crescita e sviluppo della propria famiglia e della comunità, di integrazione con la cultura non Rom, di prefigurazione del proprio futuro non più vincolato al ricorso ad espedienti, questua, od anche ad attività illegali. Si è così costituito un processo che ha generato fiducia nella possibilità di individuare ambiti e attività lavorative con reali prospettive di sviluppo e valorizzanti della specificità culturale. L’area lavorativa individuata è rivolta alla manutenzione di aree verdi e alla coltivazione florovivaistica, la scelta è stata favorita dal possesso di competenze professionali pregresse e dalle caratteristiche dell’attività professionale particolarmente adatte quali una attività all’aria aperta e a contatto con l’ambiente naturale. Al fine di implementare le competenze professionali esistenti un gruppo numerosi di soci della cooperativa ha partecipato nel 1999 al corso del Fondo Sociale Europeo promosso dal Settore Servizi Sociali del Comune di Milano Ufficio Nomadi e gestito dal Centro di Formazione Professionale Enaip per “Manutentori di aree verdi”. Nello stesso anno il Settore parchi e Giardini ha stipulato con la cooperativa un contratto di fornitura di piante, fiori e arbusti a seguito di iniziativa promossa dal Comune di Milano al fine di sostenere, mediante l’affidamento di contratti per la fornitura nel campo del verde, realtà operanti per il recupero di persone svantaggiate; la nostra cooperativa è stata individuata a seguito dell’utilizzo dei dati forniti e delle verifiche effettuate dal Settore Servizi Sociali Formazione Lavoro, Area Handicap e Area Giovani e Adulti. L’opportunità accordata alla cooperativa ha sostenuto la motivazione all’impegno dei soci Rom ed all’investimento nell’acquisto di una serra di 270 mq, delle esigue risorse economiche pur di concretizzare delle reali e stabili possibilità occupazionali, inoltre ha prodotto un f orte incentivo verso corrette forme di integrazione sociale favorendo la costruzione di relazioni significative con parti attive e sane della società, contrastando il fenomeno della coesione con realtà marginali e a rischio di devianza. Il positivo e graduale incremento delle attività di lavoro ha sostenuto la possibilità di dotarsi di mezzi e strumenti per elevare efficienza e professionalità nell’espletamento dei lavori assunti. Tutto ciò ha portato la Cooperativa a sviluppare ulteriormente i propri contatti, nel 2001 è entrata a far parte del “Consorzio Cascina Sofia” un insieme di Cooperative sociali impegnate nel settore del verde. Nello stesso anno la Zona 2 ha concesso un piccolo finanziamento per acquistare alcuni macchinari; nel 2002 dopo il primo contratto stipulato con il Comune di Milano si è deciso di acquistare due camion e ulteriori macchinari. Attualmente queste sono i principali servizi che offre la Cooperativa:
- Manutenzione delle aree verdi (taglio dell’erba e delle siepi)
- Potatura piante alto fusto
- Pulizia di arree urbane
- Sgombero cantine e magazzini
- Creazione recinzioni
Attualmente la Cooperativa vanta due responsabili, tre capo squadra e 12 soci lavoratori, inoltre in caso di neccessità si collabora con le Cooperative iscritte al Consorzio Cascina Sofia, il presidente e il vice presidente sono naturalmente di etnia Rom. Ciò nonostante è ancora necessario il sostegno di questa Amministrazione per il consolidamento delle prospettive lavorative e l’ampliamento dei lavori anche nel settore privato, dove per ora la “diffidenza” nei confronti dei Rom è ancora molto forte e radicata.
Cod. Fisc. / Part.IVA 13244160159 CCIAA n. 1341326
Di Fabrizio (del 23/02/2006 @ 10:02:09, in lavoro, visitato 6742 volte)
Sabato pomeriggio. Un’altra volta nella “terra di nessuno” che è il campo di via Triboniano. Oggi se possibile è ancora più desolante delle altre volte. Nella zona dove sono i Khorakhané i lavori sono in corso da più di quattro mesi, e il “campo” non è niente di più che una distesa piatta di fango, con tre bagni chimici (ammesso che siano tutti funzionanti) e una decina di roulottes. Nient’altro. Eppure, conosco molte facce, sono a Milano da almeno 15 anni (25 anni, mi dicono; i giovani sono tutti nati in Italia), sono in regola con i documenti e si trovano nella stessa situazione di chi sia appena arrivato in città.
Per giunta, piove e fa freddo, ci stiamo riparando sotto il portellone di un furgone giallo.
Riparandoci come si può, sono in compagnia di Ernesto Rossi di Aven Amentza e di Giovanni Fugazza, funzionario sindacale della FILLEA-CGIL. Il tettuccio giallo è lo stato dell’arte di un esperienza unica: uno SPORTELLO SINDACALE all’interno di un campo sosta. Giovanni e un ragazzo guardano un libro con l’elenco dei corsi professionali, il ragazzo è tentato dalla carriera di cuoco. Tiene il libro con sé, per studiarlo meglio. Dietro di lui, la solita processione di gente carica di domande.
Più tardi in un bar, Giovanni mi spiega meglio cosa sta succedendo:
Da quanto esiste questo sportello e com’è nato?
E’ funzionante dalla fine di aprile 2005. Lo scopo di Aven Amentza, già al momento della sua fondazione, era di occuparsi anche dei problemi del lavoro della comunità. Già a maggio 2004, quando l’associazione non era ancora nata, c’erano stati incontri in Camera del Lavoro tra Corrado Mandreoli (responsabile delle politiche sociali) e alcuni tra i futuri soci. In realtà era stato pensato come un’assemblea, in cui CdL avrebbe parlato del suo appoggio ad Aven Amentza e dei problemi del lavoro in cantiere (retribuzioni, sicurezza, incidenti, ecc.).
Diciamo che c’era interesse reciproco, ma mancava la fase operativa vera e propria.
Alla festa di Liberazione del luglio 2004, c’era uno stand che riuniva varie associazioni. Io rappresentavo lo Spazio Giovani Autogestito di Arese, poco distanti erano presenti Ernesto, Mario Abbiezzi e alcuni Rom del campo. Si è cominciato a parlare assieme, io che ero già funzionario sindacale ero molto interessato a quello che mi raccontavano del loro mondo del lavoro.
Si è discusso e ci siamo conosciuti meglio, così ho deciso di passare una giornata al loro campo. Mi ha accompagnato Marco Di Girolamo, il mio segretario responsabile, che ancora meno di me conosceva questa realtà ed è rimasto segnato da ciò che ha visto.
Ci siamo consultati coi soci dell’associazione e i capifamiglia, lì ho proposto di occuparmi io direttamente di uno sportello sindacale, aperto al campo di sabato.
Qualcuno del campo aveva già avuto esperienze sindacali?
Non mi risulta. In Romania non erano sindacalizzati, la stessa situazione ricorre anche con i Rumeni che incontro nei cantieri.
Dicevo prima che il mio responsabile, Marco Di Girolamo, non conosceva niente della realtà dei campi. Mi ricordo la sorpresa nei suoi occhi a scoprire quanti Rom lavoravano nei cantieri o in proprio, e che molti di loro avevano già in tasca la tessera della FILLEA o della CGIL (e che la cosa dell’essere o meno tesserati, fosse a conoscenza degli altri Rom).
In questo periodo, altri 20 si sono iscritti.
Com’è organizzata l’attività?
Di norma mi reco al campo una volta a settimana, di sabato. Raccolgo le richieste di chiarimenti, porto i documenti necessari, si parla e si discute. Adesso c’è maggior fiducia reciproca e durante la settimana mi chiamano, anche solo per fare il punto della situazione. La gran parte di loro lavora nell’edilizia e i cantieri sono sparsi a macchia di leopardo per tutta la provincia. Capita di incontrarsi anche durante i miei giri settimanali tra i cantieri o di programmare gli appuntamenti fuori dal campo.
Poi tutte le sere dalle 17.00 alle 19.00, chi ha bisogno può raggiungermi in Camera del Lavoro al Giambellino o a Corsico, per chi ha la macchina.
Quali sono le richieste ricorrenti?
Il controllo delle buste paghe; i pagamenti della Cassa Edile, che di norma arriva a 6 mesi dalla prestazione lavorativa.
Le infrazioni dei datori di lavoro riguardano soprattutto la differenza di retribuzione oraria, oppure alcune voci mancanti.
Soprattutto, richieste personali. Io cerco di affrontare i discorsi in maniera collettiva.
Di solito, anche se ci vuole il suo tempo, riusciamo a tutelare i diritti del lavoratore, tranne nei casi dove l’impresa, che magari lavorava in subappalto, letteralmente sparisce.
Ti ricordi qualche storia in particolare?
Quella volta che ero in giro per cantieri e Bebe mi ha salutato. Io non l’avevo riconosciuto. Ci sentiamo spesso anche per telefono, adesso.
I vigili intervenuti al campo, per rimediare alla solita fognatura intasata e la loro faccia a scoprire che lì c’era uno sportello sindacale.
Quando venne la televisione e vennero montate le postazioni al campo (gli episodi ripresi in “Miracolo alla Scala”). Purtroppo, tra chi vide la trasmissione, c’era uno che faceva lavorare un Rom di Triboniano e che si ricordò di aver visto il nome di quella via sul permesso di soggiorno. Poco dopo, lo licenziò, dicendo che c’era poco lavoro. Gli presentò una lettera da firmare e lui ci credette. Scoprì più tardi, dai suoi ex compagni, che invece la ditta stava lavorando a pieno regime.
Ma non tutti i padroni sono così. C’è anche chi viene al campo ad informarsi sulle condizioni della famiglia, o viene invitato alle feste e ai matrimoni.
Che difficoltà hai trovato in quest’esperienza?
La prima, come avrai notato, è la mancanza di uno spazio fisico. Quando piove come oggi, ci ripariamo sotto la tettoia del furgone, altrimenti si gira tra le roulottes. Ma questo è comunque uno dei tanti particolari di una situazione ambientale del campo, che è come se non ci esistesse.
Con la lingua ci intendiamo. La maggior parte di loro parlano italiano e io capisco il serbo-croato e il rumeno, per attività di volontariato che ho svolto allo Spazio Giovani e anche nei Balcani.
Nonostante questo, rimane sempre il dubbio di fraintendersi. Io intendo quel che faccio come un prolungamento della mia attività di sindacalista e anche di volontario, e certi valori non li posso rinnegare. Data la loro situazione, loro vedono lo sportello come un puro mezzo per recuperare soldi, col rischio da parte mia di creare aspettative che magari saranno disattese.
C’è una realtà con cui fare i conti, qui nel campo e anche fuori. Per me il sindacato è lotta, solidarietà, parlare chiaro. Per loro il lavoro è una continua sfida a rincorrere il sogno delle scarpe alla moda o della macchina potente. Due culture che si scontrano e si incontrano continuamente.
A parte le questioni culturali, si tratta di esigenze primarie: vivere (o sopravvivere) e in quelle condizioni costa: luce e riscaldamento vogliono dire litri di gasolio al giorno. Secondo, mandare soldi a casa, e ne partono parecchi (secondo le possibilità). Poi, sempre secondo possibilità: il macchinone, solitamente di seconda mano, affronta anche diversi viaggi all’anno Milano-Romania con diversi passeggeri e un gran carico. Con la 500 si può fare, ma è più difficile e meno rapido, quindi più costoso.
Avremo un delegato sindacale in via Triboniano?
Lo spero, magari tra qualche giovane. Ma i tempi non sono ancora maturi e sarebbe sbagliato forzarli in questo senso.
A Roma funziona da un anno uno sportello cittadino per Rom Sinti e Camminanti (LINK). Dopo un anno ha fornito nuove opportunità di lavoro. Lo vedresti bene a Milano?
Ce ne fossero! Tra l’altro, ci sono anche Rom che non lavorano come dipendenti, ma hanno ditte individuali, soprattutto nell’edilizia o nel commercio al minuto, e uno sportello simile farebbe molto per loro.
L’unico rischio che vedo nell’esperienza di Roma, è il creare percorsi differenziati di lavoro, come il mercato dei soli Rom. Non so, forse può avere un valore turistico o folkloristico, ma vedrei meglio la possibilità di esporre nei mercati rionali.
Quali saranno i prossimi passi da compiere?
Anche se sembra che quello che si fa passi inosservato nell’indifferenza, le famiglie osservano, valutano, come ricordavo prima, crescono gli associati al sindacato.
Così, tempo fa mi ha convocato la mia responsabile, per farmi la stessa domanda tua.
Giunti a questo punto, abbiamo la necessità, come campo e come sindacato, di collegare le diverse risorse e affrontare in maniera coordinata le questioni dell’INPS, degli assegni familiari, delle vertenze, dell’immigrazioni.
E poi di disporre di una sede più stabile e dotata di servizi, mantenendo comunque l’attività nei cantieri e nel campo.
So che queste risorse ci sono, quindi stavo soltanto chiedendo la conferma di quest’impegno, che per buona parte ricade sulle mie spalle.
E stiamo ancora aspettando una risposta.
contatti: Aven Amentza - area documenti
Lettura consigliata: Vite da Cantiere
Di Fabrizio (del 25/02/2006 @ 23:44:28, in lavoro, visitato 2858 volte)
Dietro le quinte: l'intervista
sullo sportello sindacale è
avvenuta sabato 18, proprio mentre tra gli immigrati, compresi quei
Rom rumeni, esplodeva la notizia delle richieste di permesso di
lavoro da ritirarsi in posta. L'argomento non riguardava
l'intervista, ma se ne era parlato lo stesso, del passaparola tra gli
immigrati, della stranezza di un “quasi condono” prima
delle elezioni, delle code in posta, piuttosto che del tradurre i
moduli dal burocratese all'italiano (e se il caso anche in rumeno).
Un bilancio sulla prima settimana (prevedibile) nella newsletter di
Il dramma dei kit
Moduli venduti al mercato nero: prezzi fino a 250 euro
La denuncia dei sindacati: "Tante le segnalazioni"
MILANO - Fino a 100 euro pagati per il kit per la domanda di
assunzione di lavoratori extracomunitari: secondo la Camera del
lavoro di Milano, in città si è creato un vero e
proprio bagarinaggio e i moduli, consegnati gratuitamente in posta,
ma difficili da reperire per l'alto numero di richieste, vengono
venduti per le strade.
"Se c'é anche allegato un contratto - afferma il
sindacato - di lavoro, ovviamente falso, il prezzo raggiunge i 10
mila euro". La Cgil sottolinea inoltre che, per mancanza di
informazione, spesso gli immigrati credono di trovarsi di fronte ad
una sanatoria e non hanno ben chiaro che non tutte le domande
verranno accettate.
"I posti a disposizione, stabiliti dal Ministero, sono 170
mila - spiega Graziella Carnieri della Camera del Lavoro - Perché
allora distribuire così tanti kit, creando aspettative
inutili?". La risposta starebbe, sempre secondo il sindacato,
negli introiti che lo Stato e Poste Italiane riceverebbero se tutti i
moduli ritirati venissero poi effettivamente spediti.
"La tariffa per la riconsegna di ogni busta, già
prestampata sulla busta stessa è di 5,70 euro. Ogni domanda,
dovrà inoltre contenere una marca da bollo di 14,62 euro -
spiega Carnieri -. Se venissero riconsegnate le 900 mila domande fino
ad ora distribuite ci sarebbe un introito complessivo di 5 milioni di
euro per le Poste e di oltre 13 milioni di euro per lo Stato".
Anche l'Anolf Cisl di Pesaro denuncia un mercato illegale dei
moduli distribuiti gratuitamente dagli uffici postali.
Secondo il sindacato i kit verrebbero venduti a prezzi fra i 30 e
i 250 euro ciascuno. A lanciare l'allarme è stato Gianluigi
Storti, responsabile territoriale. Secondo la sua testimonianza, all'
Anolf sarebbero già arrivate "una decina di segnalazioni
in tal senso".
Non solo: sembra che dietro un compenso di 400 euro, alcuni
professionisti si offrano di compilare la domanda con la promessa di
un' assunzione sicura.
(24 febbraio 2006)
Stefano Camilloni
Di Fabrizio (del 27/02/2006 @ 09:49:53, in lavoro, visitato 2702 volte)
“Roma Cisti - Roma pulita”: raccolta rifiuti
ingombranti: Il 1 novembre 2005 è decollato il progetto di
raccolta di materiali ferrosi e rifiuti ingombranti che vede 8 Rom
impegnati. Il progetto consiste nella raccolta di rifiuti ingombranti
(elettrodomestici, televisioni e affini) da parte di operai Rom della
cooperativa Phralipè solitamente abbandonati a fianco dei
cassonetti della spazzatura o in discariche abusive per conferirli
alle isole ecologiche dell’AMA sul territorio in cui si opera.
Il Progetto si articola nei Municipi Roma IV, V, VII e XII. Il
Progetto nasce dallo “Sportello di segretariato sociale per
l’avviamento al lavoro delle comunità Rom, Sinti e
Camminanti” che lavora alla sua buona riuscita e ad un suo
allargamento anche sul territorio provinciale e regionale.
continua su Romano
Lil
La testimonianza di un operaio del progetto “Roma
pulita”: Sevko Ahmetovic è operaio-autista della
cooperativa sociale Phralipè – Fraternità
impiegato nella raccolta rifiuti ingombranti per conto dell’AMA
(Azienda Municipale Ambiente di Roma). Il progetto di lavoro è
partito il 1 novembre 2005 con la cooperativa che ha 9 soci
lavoratori (di cui 8 Rom). Sevko lavora part-time (18 ore la
settimana) ed ha otto figli. Quella che segue è la sua
testimonianza, di vita e di lavoro.
continua su Archivio
Romano Lil
Di Fabrizio (del 06/03/2006 @ 10:00:06, in lavoro, visitato 2943 volte)
Un'altra galleria fotografica, offerta dalla cooperativa LACI BUTI 2, impegnata nella potatura degli alberi.
(grazie a Filippo Podestà per la collaborazione)
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L'avviso in via Brembo
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Per il lavoro si è affittato un camion munito di piattaforma
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la raccolta e la pulizia
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Il quadro comando
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la squadra
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fatto il carico si raggiunge il nuovo cantiere
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pausa
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il ritorno
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intervento dei vigili in via Noto per spostare le macchine in divieto di sosta
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servizio effettuato lunedì 27 febbraio in via Brembo e via Noto a Milano
Di Fabrizio (del 06/03/2006 @ 13:05:24, in lavoro, visitato 1863 volte)
Ecco un articolo (penso a Storie italiane) che si ride per non piangere...A parte tutto, è da tanto tempo che non citavo più LA VOCE, è il momento di rimediare:
01-03-2006 La grande gara del permesso di soggiorno |
Pier Luigi Parcu |
In tempo di presunte guerre di civiltà, con la prevista concessione annuale contingentata di permessi di soggiorno ai lavoratori stranieri, l’Italia sta conducendo una sua piccola ma emblematica battaglia di inciviltà.
I flussi annuali
Nel nostro paese, i flussi annuali di nuovi permessi di soggiorno per motivi di lavoro sono stabiliti sulla base di un qualche incomprensibile calcolo che ben poco ha a che vedere con le esigenze del mercato del lavoro italiano e molto di più con le pulsioni xenofobe di settori della maggioranza politica e di parte della popolazione. In teoria, comunque, pochi o tanti che siano, i permessi di soggiorno per motivi di lavoro dovrebbero riguardare cittadini extracomunitari residenti all’estero, ai quali futuri datori di lavoro italiani, o legalmente stabiliti in Italia, propongono l’assunzione e quindi il trasferimento nel nostro paese. Naturalmente, tutti sanno che si tratta di una ridicola ipocrisia. Sabato 18 febbraio, il giorno in cui gli oltre seimila uffici postali preposti hanno iniziato a consegnare i kit per la richiesta del permesso di soggiorno ai presunti "futuri datori di lavoro", centinaia di migliaia di extracomunitari, che già vivono e lavorano, più o meno irregolarmente, nel nostro paese, si sono precipitati a fare la fila per ritirarli. Come hanno scritto i giornali, di futuri datori di lavoro, nelle lunghe code, non c’era neanche l’ombra. Sempre a quanto riferiscono le cronache, sono valse a ben poco le esortazioni delle forze dell’ordine a non precipitarsi tutti insieme agli uffici postali il primo giorno di consegna, in quanto i kit sarebbero rimasti in distribuzione per almeno un paio di settimane. In tutte le città, gli extracomunitari hanno comunque sopportato lunghe attese, fino a che i documenti disponibili, pare fossero un milione e cinquecentomila, non sono finiti. Il fatto che, nei giorni successivi, molti uffici postali non fossero stati riforniti di nuovi kit porta all’amara considerazione che, in fondo, conoscendo la burocrazia italiana, per "i futuri datori di lavoro" fare la fila il primo giorno di distribuzione non era poi una scelta così irrazionale. Anzi, si è poi scoperto che la scelta poteva addirittura rivelarsi ultra razionale, e economicamente vantaggiosa, se, riuscendo a procurarsi qualche modulo in più, si fosse poi avviata una proficua attività di bagarinaggio. Si vedano al proposito le cronache sul Corriere della Sera del 26 febbraio: il prezzo di bagarinaggio dei kit nei giorni successivi si è incredibilmente attestato su svariate centinaia di euro.
Un fatidico timbro
Ma è la totale insensatezza tecnica del passo successivo e decisivo della procedura, la modalità di definizione della graduatoria per l’assegnazione dei permessi, a dover ora preoccupare. Infatti, con i documenti debitamente compilati, i "futuri datori di lavoro" devono aspettare che un decreto del Governo fissi la data di partenza della prossima "Grande gara di resistenza alle file per immigrati extracomunitari", con la quale l’Italia si propone di entrare nel Guinness dei primati…delle file. Sembra che i permessi di soggiorno verranno assegnati a coloro i cui "futuri datori di lavoro" consegneranno per primi la domanda in forma di assicurata accettata, alla data stabilita nel decreto, in uno degli uffici postali abilitati. All’americana, che suona più efficiente, il metodo per compilare la graduatoria di preferenza sarebbe quindi first come first serve. Gli uffici postali italiani sono stati opportunamente dotati, all’uopo pare, di una straordinaria innovazione tecnica, ci informa sempre la stampa: un timbro minutario, con il quale sarà possibile allineare, al minuto, l’arrivo allo sportello dei partecipanti. Il rischio del metodo prescelto è piuttosto chiaro. È facile prevedere che il giorno in cui sarà resa nota la data di consegna dei documenti alla posta, avrà inizio il bivacco davanti agli uffici postali dei "futuri datori di lavoro" o, più probabilmente, delle centinaia di migliaia di immigrati con la speranza del permesso di soggiorno. Potrebbe non essere un bel vedere. È davvero necessario questo epilogo comico, e speriamo non tragico, di una vicenda economicamente e umanamente comunque deplorevole? Si può almeno evitare il bivacco e la gara per la consegna? Effettivamente, basterebbe dare disposizioni agli uffici postali di raccogliere tutte le domande e semplicemente numerarle. Poi un computer, innovazione del secolo scorso, crediamo successiva al timbro minutario, potrebbe estrarre a sorte i vincitori del permesso di soggiorno. In fondo, anche gli americani, sorteggiano i permessi. Fanno quella che chiamano una lottery. Non diventeremmo un paese molto più civile solo grazie a un ultimo, meno irrazionale, passaggio: l’ipocrisia e l’insensatezza economica di tutta la questione resterebbe intatta, ma almeno eviteremmo molte sofferenze ai "futuri datori di lavoro". Non siamo specialisti della materia, e rileggendo quanto scritto ci viene quindi un dubbio: ma è possibile che le cose stiano davvero così? Speriamo che qualcuno ci smentisca...
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Di Fabrizio (del 08/03/2006 @ 00:42:59, in lavoro, visitato 1739 volte)
una segnalazione al volo di Marta Rabbiosi:
venerdì 10 marzo alle 19.00 al Teatro Edi - via Barona angolo via Boffalora, Milano - all'interno della rassegna di cortometraggi "Sguardialtrove": "Kimeta. diverse come noi" - in un campo rom di Firenze da un laboratorio si sviluppa una cooperativa di donne
Come ogni anno l'Istituto di Cultura Sinta, in collaborazione con l'Ente Morale Opera Nomadi Sezione di Mantova e l'Associazione Sucar Drom, organizza il corso base (livello 1) rivolto ai volontari e agli operatori.
Il corso, sostenuto finanziariamente dall'Assessorato alle Politiche Sociali della Provincia di Mantova, è il primo livello di formazione proposto dall'Istituto e offre un iniziale approfondimento sulle Minoranze Etniche Linguistiche Sinte e Rom e sui rapporti che intercorrono tra la società maggioritaria (in senso numerico) e le diverse società sinte e rom, focalizzando l'attenzione sulla società e sulla cultura dei Sinti Lombardi.
Il corso, coordinato dalla dottoressa Barbara Nardi, è strutturato i cinque incontri.
martedì 14 marzo 2006, ore 21.00 Una storia scritta da altri. L'arrivo delle popolazioni sinte e rom in Europa; la formazione della società capitalistica e dello stato moderno; le politiche subite in seicento anni dalle Minoranze Etniche Linguistiche Sinte e Rom; il Porrajmos; le culture e i rapporti tra società nei paradigmi evoluzionisti. Relatore: Carlo Berini.
martedì 21 marzo 2006, ore 21.00 Mengur velto (la nostra cultura). La società e la cultura dei Sinti Lombardi; i tre valori fondanti: famiglia, lingua e rispetto per i defunti; i cambiamenti culturali. Relatori: Davide Gabrieli, Yuri Del Bar, Denis Gabrieli.
martedì 28 marzo 2006, ore 21.00 La mediazione culturale. Società a confronto; i processi di acculturazione; le tre funzioni della mediazione culturale; i rischi nella mediazione culturale. Relatore: Carlo Berini. Con il contributo di Yuri Del Bar e Davide Gabrieli.
martedì 4 aprile 2006, ore 21.00 La scuola e i Sinti. Lo strumento sociale scuola nella società maggioritaria (in senso numerico) e nelle società sinte; la pedagogia interculturale; il progetto scuola nella Provincia di Mantova. Relatori: Luca Dotti, Davide Gabrieli. Con il contributo di Scilla Alberini, Tania Righi.
martedì 11 aprile 2006, ore 21.00 Sinti e Rom un'habitat possibile I "campi nomadi"; le micro aree e i terreni privati; la casa. Relatore: Yuri Del Bar
Il corso si tiene a Mantova nella sede di Viale Learco Guerra n. 23
Per informazioni Istituto di Cultura Sinta via don Enrico Tazzoli n.14 46100 Mantova telefono 0376 360643 fax 0376 318839 e-mail, ics@sucardrom.191.it
Di Fabrizio (del 26/03/2006 @ 10:02:08, in lavoro, visitato 1839 volte)
Segnalo un lungo e preciso articolo di Roma Press Association, su Rom e lavoro nella repubblica slovacca. E' in inglese, non ce la faccio a tradurlo bene per tempo.
Di Fabrizio (del 20/04/2006 @ 10:41:56, in lavoro, visitato 1926 volte)
desde
Madrid Digital
Uno studio della Fundación Secretariado Gitano sottolinea le
potenzialità nascoste di questa minoranza nel mercato del lavoro, quando si
superassero le difficoltà della poca formazione e della discriminazione
sociale. Más información:Fundación
Secretariado Gitano. "Población Gitana y Empleo" (Informe completo)
Spagna, 10/04/06 - La creazione di posti di lavoro e lo sviluppo economico,
non significano la riduzione della povertà se il processo non si accompagna a
misure sociali adattate alle persone più svantaggiate. Questa è l'idea che
permea lo studio "Población gitana y empleo", presentato ieri alla sede del
Ministero del Lavoro, proponendo dati obiettivi e confrontabili con l'insieme
della popolazione spagnola.
Lo studio constata importanti progressi della comunità gitana, riguardo le
barriere lavorali e sociali a cui sono sottomessi, e afferma che esiste un'alta
predisposizione di questa popolazione al lavoro, nonostante la sua precarietà e
la bassa qualificazione che pesano sullo sviluppo.
"I dati avvallano un'importante e manifesta motivazione verso la formazione e
l'inserimento professionale, inoltre 8 su 10 gitani sono dell'opinione che se
potessero seguire un corso di formazione, per loro sarebbe più facile trovare un
lavoro qualsiasi", sempre dallo studio realizzato con l'ausilio di
interviste a 1.500 gitani di età superiore a 15 anni.
Inoltre, gitani e gitane si affacciano al lavoro in età più giovane,
conseguendo una vita lavorativa più lunga del resto della popolazione, per cui
il tasso di attività supera ampliamente il resto della popolazione (69%
confronto 56%).
Necessità di politiche di inclusione
L'esclusione della popolazione gitana dal mercato del lavoro è un aspetto
chiave della situazione di discriminazione descritta nel rapporto. Il 45,4%
degli intervistati ammettono di sentirsi discriminati in vari momenti.
Applicando la medesima proporzione, sarebbero 215.000 i gitani che soffrirebbero
la discriminazione nella ricerca di impiego e sul posto di lavoro.
L'indagine assicura che gli svantaggi per le gitane sono simili a quelle
degli uomini spagnoli in generale. Nonostante la scarsa partecipazione degli
uomini ai lavori domestici, anche loro sono interessate a formazione
professionale o cicli formativi.
A fronte di questo panorama e tra le raccomandazioni che concludono lo
studio, si constata la necessità di politiche inclusive, essendo "obbligo dei
poteri pubblici rimuovere gli ostacoli che tuttora impediscono il pieno
esercizio della cittadinanza ad alcune persone gitane".
Secondo i responsabili dello studio, i risultati che emergono dimostrano che
la crescita economica e la creazione di impiego da soli non garantiscono la
riduzione della povertà, quando non siano accompagnate da misure che vadano
incontro ai gruppi più esclusi.
Precarietà e formazione di base
La relazione tra scarsa qualificazione, sotto-impiego e disoccupazione è
molto forte. Gli alti tassi di analfabetismo e la mancanza di formazione
all'impiego sono due elementi chiave nell'analisi del collettivo gitano di
fronte al mondo del lavoro.
Tra la popolazione gitana occupata, lo studio ha rilevato un alto tasso di
sotto-impiego, precarietà e temporalità, inclusa la disoccupazione mascherata di
chi è occupato "nell'attività economica familiare".
Per terminare, i gitani non scolarizzati hanno un tasso di disoccupazione
superiore dei 4,6 volte alla percentuale degli spagnoli non-scolarizzati. Bassi
livelli di studio e in particolare l'analfabetismo, sono strettamente collegati
e crescono nel caso delle donne, delle persone anziane e, conseguentemente, tra
le persone con il peggior stato di salute.
(immagine Madrid Digital)
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