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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 06/01/2010 @ 09:49:54, in musica e parole, visitato 2119 volte)

Da NuovaSocietà.it - di Eugenio Goria

Jazz manouche non è un'espressione molto familiare tra i non appassionati, ma in realtà questa musica è ogni giorno sotto gli occhi di tutti.
Chi per esempio non si è mai fermato ad ascoltare almeno per un attimo le note dei musicisti rom e sinti che facilmente si incontrano nel centro cittadino. Ci possiamo forse dimenticare Johnny Depp in "Chocolat", quando prende la chitarra e suona quel curioso pezzo che ci sembra di conoscere da sempre? Beninteso, non tutti gli zingari suonano jazz manouche, ma è proprio da loro che negli anni '30 nacque in Francia un linguaggio musicale che di lì a poco sarebbe stato conosciuto e imitato in tutto il mondo, grazie alle celebri composizioni del suo inventore Django Reinhardt.

Negli anni '30, prima dell'avvento delle leggi razziali, i gitani vagavano per l'Europa, portandosi dietro un'antica tradizione musicale. La loro musica veniva suonata con strumenti semplici e facili da portare in giro, essenzialmente il violino e la chitarra; come ogni genere popolare essa è costituita da un martellante ritmo binario sopra il quale suonano uno o più solisti. Quando questo bagaglio di tradizioni giunse in Francia, dalle parti di Parigi, si incontrò con la locale tradizione della "musette", un valzer popolare suonato dalle orchestrine locali. Django Reinhardt, come molti altri zingari, appena diciottenne si guadagnava da vivere suonando il banjo in una di queste orchestrine; una sera, un incendio nella roulotte in cui viveva gli provocò gravi ustioni che tra l'altro gli paralizzarono due dita della mano sinistra. Sembra strano ma fu proprio in seguito all'incidente che Reinhardt, rifiutando l'amputazione, iniziò a dedicare anima e corpo alla chitarra per trovare un sistema che gli permettesse di suonare anche in quelle condizioni.

Fu in quegli anni che nacque il manouche. Nato dal'incontro tra la musica dei gitani e la musette, teneva conto anche della grande popolarità di cui godeva lo swing d'oltreoceano, così il nuovo genere fu un vero e proprio miscuglio di queste tre sonorità. Solo una mente geniale, che non aveva che una vaga idea di cosa fosse la composizione poté tirare fuori una musica che univa il ritmo ossessivo delle canzoni tzigane con l'andamento sincopato dello swing. Anche l'improvvisazione, come in tutto il jazz, ha un ruolo tutt'altro che marginale e si articola su una ritmica fatta di accordi spesso diminuiti che in francese gergale prende il nome di "pompe". Non avendo percussioni ovviamente la chitarra ritmica deve guidare il solista nella sua esecuzione cercando il più possibile di sostituire gli strumenti mancanti mediante una marcata linea di basso, e questo è il tratto che più si discosta dalla tecnica dei jazzisti.

Django cavalcò l'onda del successo quando si unì al grande violinista Stephane Grappelli con il quale incise i suoi brani più famosi come il "Minor swing" e "Nuages". Ciò che colpiva di questi brani, e ancora adesso li rende inimitabili era la squisita immediatezza, la primaria semplicità con cui sapevano parlare la lingua di ascoltatori più e meno esperti. Ascoltare Reinhardt vuol dire riscoprire suoni e immagini di una Francia pre bellica che sa di pastis e di ballerine in decolleté, lasciarsi trasportare da un ritmo coinvolgente e affascinante come tutti gli ibridi.

Il manouche non finì con la morte del suo inventore. Continuò con Stephane Grappelli, il violinista che aveva suonato con Django i pezzi più famosi, e progressivamente con altri jazzisti sempre più tecnici e specialisti, o che quantomeno potevano avvalersi di più di tre dita nella mano sinistra. La tecnica esecutiva e compositiva oggi è aumentata incredibilmente, ma la scarsa fantasia insita nei generi popolari ferma in continuazione la mano ai musicisti di nuova generazione che prima o poi sentono l'esigenza di confrontarsi con l'inventore del manouche e in definitiva finiscono a riproporre i suoi pezzi. Certo un contemporaneo come Biréli Lagrène ha un tocco più dolce, è più veloce e meno ripetitivo, ma lui come altri tendono a perdere quella spontaneità originaria che resta prerogativa del solo Reinhardt.

 
Di Fabrizio (del 10/01/2010 @ 09:29:53, in musica e parole, visitato 1694 volte)

Da Czech_Roma



Brno, 5 gennaio (CTK) - Ivona Parciova, dell'IQ Roma servis, ha detto ieri a CTK che Rom cechi della comunità di Brno reciteranno questa settimana la love story di un Romeo rom e una Giulietta bianca, basata sul famoso dramma di William Shakespeare.

La performance intitolata "Romeo e Giulietta - Una Storia di Strada" [è stata presentata] il 6 e 7 gennaio al teatro Reduta di Brno.

Il complesso rom trasformerà la famosa tragedia dei due giovani amanti delle famiglie dei Capuleti e dei Montecchi, in una moderna love story di gente di differenti gruppi etnici nella società attuale, ha aggiunto Parciova.

Saranno una parte importante dell'allestimento le "danze di strada" presentate dal gruppo Danza il Cortile.

La performance è stata preparata nel quadro del progetto Attraverso la Danza verso la Comprensione e la Tolleranza, tenutosi a Brno dallo scorso marzo. Terminerà a giugno.

Lo scopo principale è di coinvolgere i giovani delle località socialmente escluse in attività creative, e quindi mostrare loro come impiegare il loro tempo libero in maniera positiva, ha detto Parciova.

"Volevamo mostrare che la musica e la danza possono connettere vari gruppi etnici, e che unire gli interessi può migliorare la loro coabitazione," ha detto l'educatrice Nela Zivcakova.

La performance teatrale è stata preparata da membri di IQ Roma servis di età tra i 15 e i 18 anni, assieme ad altri bambini.

IQ Roma servis aiuta le famiglie e i bambini minacciati dall'esclusione sociale, soprattutto Rom, a Brno.

Inoltre, il centro Drom Romany ed il Museo della Cultura Rom a Brno stanno cercando di migliorare la situazione della locale comunità rom a Brno, che con 360.000 abitanti è la seconda città della Repubblica Ceca (10 milioni di abitanti). Oltre 17.000 Rom vivono a Brno, secondo le stime degli esperti.

Copyright 2009 by the Czech News Agency (ČTK). All rights reserved.

 
Di Fabrizio (del 12/01/2010 @ 09:22:39, in musica e parole, visitato 1921 volte)

Da Aussie_Kiwi_Roma

LIKE WATER/SAR O PAJ - antologia inglese/romanés di poemi di donne rom - Curata da Hedina Tahiroviae Sijercic, pubblicata nel 2009 da Kafla InterContinental, www.indianwriters.org

"Molto spesso noi donne siamo state escluse dalle nostre comunità, e sotto i nostri leader maschi non è facile spiegare le nostre menti, esprimere le nostre idee e fare arte." Questo sentimento è ciò che ha ispirato Hedina Tahiroviae Sijercic a compilare il primo volume di poesie di donne rom. Il titolo dell'antologia è preso da un poema di Papusza, una delle più liriche ed emotive scrittrici rom.

Le otto poetesse provengono da ambienti e paesi differenti, ma la maggior parte ora risiede in Canada o Australia. Le loro poesie ricadono in quattro categorie principali: autobiografia, lamento, aneddoti ed elogio alla natura.

La collezione inizia con i lavori della stessa Hedina Tahiroviae Sijercic. Originaria di Sarajevo, in CV1 Hedina fornisce una storia poetica della sua vita, tipica delle esperienze di molti Rom. Altre poesie, a volte tenere, altre selvatiche, mostrano le difficoltà di un popolo spesso insultato, affamato e senza documenti. Come piange in CV2, Naj amen papiri! Kai bizo papiri? Non abbiamo documenti! Dove possiamo andare senza documenti?

Sarah Barbieux, originaria di Parigi, scrive della pena del nascondere la sua identità zingara da bambina, ed a voce alta ricorda le canzoni che le insegnavano i genitori. Julia Lovell, nata in Scozia, accenna alla sterilizzazione e allo sterminio degli Zingari sotto il Terzo Reich. Gina Csanyi-Robah, nata a Toronto, fornisce una narrativa in movimento sulla morte della nonna in Dza e Devalesa meri phuri Dai/Goodbye NagyMama. Yvonne Slee, nata in Germania, chiede alle altre donne rom di levarsi in piedi accanto a lei nel mantenere viva la cultura rom. Le poesie della canadese Thais Barbieux danzano attraverso la pagina con i mitici dragoni, principesse e cavalieri. Rasa Lee Sutar, nata in Baviera, scrive sulla dignità di affrontare la persecuzione. Lynn Hutchinson, che vive a Toronto, offre cinque poemi per suo padre. Le incredibili immagini di good eye clenched/glass eye staring/ tears pouring from both eyes/the living and the dead, e la descrizione delle bambole che lui costruiva per lei, inghiottendo le loro verità con il suo ultimo alito, turbano e sono memorabili.

A volte ogni poeta sale ai livelli che Papusza raggiungeva senza sforzi. Nella sua poesia maledetta Phuv/Earth, Hedina Tahiroviae Sijercic mostra al sui meglio la poetica rom, periodi lanciati, che redimono, universali. Sarah Barbieux, in But Baxt Tuke/May you be lucky, dice Nashti davas tuke mai but/ferdi murro orimos, mo swinto orimos.../I have been able to give you nothing more than my wish, my sacred wish... Gina Csanyi-Robah ode o Romano muzikako bashalipe/the Gypsy music forever playing... In Romane phenja/Roma sisters, Julia Lovell usa tipiche immagini naturali zigane del sole e della luna di grande effetto. Yvonne Slee in Cikni Tradicija/A little tradition, scrive una bella poesia sula sua nonna Sinta che le insegna sulle erbe e le bacche, seduta sotto una vecchia quercia. Thais Barbieux in O Drom o kezhlano/The Silken Road descrive come il suo cuore danzi fuori dalla prigione dei numeri su una strada di seta. Rasa Lee Sutar in Bistardino/Forgotten, mette a confronto le farfalle col treno nero dei nazisti e Lynn Hutchinson ispira poemi che mischiano la tradizione lirica popolare col realismo.

Questo importante libro rivela i pensieri e gli ideali di alcune donne rom del nostro tempo. Sono lieta di aver visto le poesie in lingua originale, di avvertire il loro ritmo che spesso si perde nella traduzione. Vorrei anche vederne il seguito, presentare poetesse da tante altre terre.

Un'impresa insolita ed una lettura affascinante!

Janna Eliot, romaroadz@yahoo.co.uk

 
Di Fabrizio (del 14/01/2010 @ 09:39:42, in musica e parole, visitato 1496 volte)

19-29 gennaio 2010 lunedì/venerdì ore 10.00 - 20.00
Via Mecenate, 35 - Roma (mappa)

MOSTRE

Terre sospese
fotografie di Stefano Montesi

Il popolo del vento
pannelli sulla storia di rom e sinti

Esposizione di oggetti di artigianato

22 gennaio 2010 ore 17.00

tavola rotonda
Artigianato tradizionale e prospettive di lavoro delle popolazioni rom e sinti

Partecipano:
Paolo Ciani Comunità di Sant’Egidio
Marco Brazzoduro Sapienza Università di Roma
Gianluca Staderini Popica onlus
Fulvia Motta C.R.S. Caritas Diocesana di Roma
Stefano Montesi Fotografo

Sono invitati rappresentanti della Regione Lazio e delle Comunità di Roma

ore 19.00
Dimostrazioni di tecniche di lavorazione del rame e artigianato rom

ore 20.00
Spogliati dai pregiudizi… vesti gipsy
sfilata della collezione primavera-estate 2010
Antica sartoria rom accompagnata dalla musica del Quartet Gipsy

ore 20.30
rinfresco

ore 21.00
concerto Quartet Gipsy
ritmi balcanici e orientaleggianti, doine e sirbe tradizionali romene, canzoni gitane dell’area mediterranea
Marian Serban cymbalon - Aristide Bucor violino
Albert Mihai fisarmonica - Isak Tanasache contrabbasso

Ingresso libero

L'appuntamento su Facebook

 
Di Fabrizio (del 23/01/2010 @ 09:22:04, in musica e parole, visitato 2380 volte)

Di Django Reinhardt s'è raccontato (qui e altrove) praticamente tutto. Per chi volesse ripassare la sua vicenda...

di Giordano Montecchi 18 gennaio 2010

La storia è di quelle che fanno palpitare: avventura e sventura mescolate insieme, di quelle storie che non basta un film per raccontarle. Perché è vita vera, sofferenza, passione, sogni, miseria, fortuna, genio e sregolatezza. Insomma: Django Reinhardt. Era il 23 gennaio di cent’anni fa. A Liberchies, qualche centinaio di anime poco a nord di Charleroi, Belgio, faceva un freddo cane. Appena fuori dal villaggio da qualche giorno c’era una carovana di zingari, cinque o sei roulottes malandate, coi loro cavalli smagriti, i falò per scaldarsi, e, al centro, una piccola tenda da circo. Quel giorno, in una delle roulotte, Laurence Reinhardt partorì un maschietto. Laurence era così scura di pelle da essere soprannominata «Negros». Era l’acrobata del circo ed rimasta incinta di Jean Vées, acrobata anche lui e, quando poteva, musicista: chitarra, violino, un po’ di tutto. Lei però non volle saperne di sposarlo. Il bambino si chiamò Jean-Baptiste, ma presto gli fu affibbiato l’immancabile soprannome: Django.

IL BANJO A DODICI ANNI. La carovana viaggò ancora molto. Girovagarono per l’Italia, poi furono in Algeria e infine si fermarono alla periferia di Parigi. Sua madre gli regalò un banjo, e a dodici anni Django accompagnava già suo padre e suo zio che si esibivano al caffé del mercato delle pulci di Clignancourt, poco fuori Parigi. Django era bravo, molto bravo, suonava la chitarra con una grinta e una velocità da lasciare a bocca aperta. A diciotto anni aveva già registrato qualche traccia, aveva la sua piccola fama, ma era e restava uno zingaro e ogni notte tornava a dormire nella sua vecchia roulotte. La sua seconda nascita avvenne nel 1928 e fu tragica. Era ottobre, il 26. Jack Hylton, leader di un’orchestra alla Paul Whiteman piuttosto famosa, gli offrì di entrare nella sua band per una tournée in Inghilterra. Era fatta!
Forse quella sera Django era eccitato, fatto sta che rovesciò la candela accesa e i fiori di celluloide da vendere l’indomani davanti al cimitero presero fuoco e in un baleno la roulotte fu avvolta dalle fiamme. Bella Baumgartner, la sua compagna, se la cavò con poco, ma Django riportò ustioni gravissime sul lato destro del corpo e alla mano sinistra. Diciotto interminabili mesi di ospedale, e alla fine, mignolo e anulare della mano sinistra rimasero paralizzati. I medici furono unanimi: la sua carriera di musicista era finita. Ma non sapevano con chi avevano a che fare. Perché da quel rogo di miseria ed emarginazione, qualcosa che ben conosciamo ancora oggi, era nato Django Reinhardt, il dio zingaro della chitarra. Dio, perché nessun essere umano avrebbe potuto essere così testardo, inventarsi un modo di suonare con solo due dita e diventare un virtuoso impressionante, rivoluzionando la tecnica e il destino della chitarra.

La carriera fu sfolgorante. Incontrò il suo alter ego in Stéphane Grappelli, violinista tanto per bene quanto Django fu sempre imprevedibile, sbruffone, spendaccione. Col loro celeberrimo Quintette du Hot Club de France furono i protagonisti assoluti del trapianto del jazz in Europa, con Monsieur Grappelli perennemente imbarazzato per le figuracce cui lo costringeva Django: analfabeta vero, per il quale un contratto era solo carta; nomade nell’anima, bisognoso ogni tanto di sparire per tornare alla sua roulotte e alle sue radici. Django era fin troppo «fenomeno» per accodarsi a una musica altrui qual era in fondo il jazz. Andò in America, ma il suo idolo Duke Ellington fu una delusione: tutto troppo ordinato, ufficiale, per lui che non volle mai leggere una nota di musica. Django era un sinti, che in Francia sono detti manouche, ricchi come tutte le etnie zingare di una loro tradizione musicale tutta chitarre e violini. Django la «contaminò» e nacque il jazz manouche, jazz portatile: chitarra e violino solisti, niente batteria ma due chitarre e contrabbasso per la pompe, così si chiama quel ritmo indiavolato che ti scortica e sale su dalle piante dei piedi.

INCIDENTE PITTORESCO Curioso sfogliare le pagine di allora. Per André Hodeir, grande jazzologo, Django non era jazz, ma solo un «incidente pittoresco». Ma girate oggi per dischi, o per locali. I gruppi di giovani e giovanissimi, calamitati da questo modo sfrenato di scoparsi la chitarra, sono una schiera e gli scaffali, quelli che restano, pieni di questa musica, un po’ jazz un po’ world music, con protagonisti dai nomi così inesorabilmente diasporici: Bireli Lagrène, Stochelo Rosenberg, Angelo Debarre, Tchavolo Schmitt ecc. Hodeir toppò, ma non Eric Hobsbawm, che nascosto dietro lo pseudonimo di Francis Newton nel 1959 pubblicava The Jazz Scene, magnifica storia del suo oggetto amato. Dice Hobsbawm: «è significativo che Reinhardt sia fino ad ora il solo europeo che abbia conquistato un posto nell’Olimpo del jazz... ed è significativo che si tratti di uno zingaro». Perché insistere su quel «significativo»? Perché un grande storico come Hobsbawm aveva capito che il destino del jazz non era quello di essere solo la musica dei neri. Il jazz era l’annuncio che una nuova musica alzava la voce: la musica di quelli che il «primo mondo» ha sempre ignorato o odiato. Django è storia di adesso.

 
Di Fabrizio (del 24/01/2010 @ 09:15:54, in musica e parole, visitato 2483 volte)

Venerdì 29 gennaio alle ore 21.15 la SVOBODA ORCHESTRA sarà in concerto per la Giornata della Memoria con lo spettacolo:
Canzoni e musiche della memoria, all’Oratorio di San Filippo Neri in via Maria Vittoria 5 – Torino – ingresso libero.

Per l’Orchestra sarà anche l’occasione per presentare il suo ultimo cd “Graditi Ospiti” appena pubblicato e interamente dedicato alle musiche degli ebrei e dei rom.
Il concerto sarà arricchito dall’accompagnamento di letture ispirate alla Shoah ebraica e al Porrajmos dei rom.

Il cd Graditi Ospiti nasce da una passione di lunga data per la musica yiddish e per quella rom, e vuole essere un omaggio a due popoli che, con la loro cultura e le loro tradizioni, hanno composto musiche e canzoni che a tutt’oggi sono apprezzate per la bellezza delle melodie, per le armonie suggestive, per la ritmica coinvolgente e per il cuore con cui vengono interpretate.
Da sempre ebrei, rom e sinti sono, loro malgrado, popoli erranti e le loro musiche sono frutto di scambi tra le loro culture e quelle dei paesi in cui si sono trovati a vivere. Il titolo – volutamente ironico – è in realtà un sentito ringraziamento rivolto a chi ci ha regalato canzoni così belle.

L'evento su Facebook

 
Di Fabrizio (del 24/01/2010 @ 09:45:35, in musica e parole, visitato 2111 volte)

GRANDE FESTA BALCANICA
domenica 31 gennaio Circolo Enosud - via Ollearo 5 MILANO

alle 17 "Poziv na festu" spettacolo musicale per bambini

alle 19 aperitivo balcanico a cura della Kafana Sevdah Marinkovic

alle 20.30 Muzikanti di Balval & Famiglia Mirkovic in concerto a seguire Jam Session

ingresso con sottoscrizione popolare NON POTETE MANCARE!

bambini, amici, conosciuti e sconosciuti, migranti, occupanti, fuggitivi,..ecc...vi aspettiamo!!

E' GRADITA LA PRENOTAZIONE PER L'APERITIVO ALL'INDIRIZZO festabalcanica@yahoo.com

 
Di Fabrizio (del 30/01/2010 @ 09:10:41, in musica e parole, visitato 2369 volte)

Segnalazione di Orhan Tahir

 Quattro scatenate chitarre sinte! Link

 

Segnalazione di Windart

COMUNICATO STAMPA

Cassina de' Pecchi, 1 febbraio 2010

"La storia di Rebecca": a Cassina de' Pecchi (Milano) spettacolo teatrale studentesco per dire no ai pregiudizi razziali

Gli studenti di terza media di Cassina de’ Pecchi (MI) celebrano la Giornata della Memoria con una rappresentazione teatrale dedicata alla storia di Rebecca Covaciu, ragazza Rom, premio UNICEF. La commovente storia di Rebecca Covaciu viene proposta all’attenzione del pubblico in occasione della ricorrenza della Giornata della Memoria.

A raccontarla saranno le classi della terza media, che in uno sforzo congiunto hanno inteso offrire un contributo concreto e quanto mai adeguato alla circostanza. Rievocare gli orrori della Shoah è per loro e per tutta la scuola un’occasione per ribadire che quegli eventi di un passato ancora così prossimo non debbono ripetersi mai più.

Convinti che il pregiudizio, allora come ora, costituisca una fonte di discriminazioni e di persecuzioni, con questa rappresentazione teatrale gli alunni hanno inteso valorizzare il tema cruciale del rispetto delle minoranze e della diversità. La diversità, denigrata e beffeggiata da chi la percepisce solo come mera estraneità, diviene invece un valore nel momento in cui la si conosce. Lo spunto per fare questa esperienza viene qui offerto dall’incontro con Rebecca (che sarà presente alla prima dello spettacolo) la cui vicenda condurrà lo spettatore dentro una realtà di discriminazione ma al contempo lo avvicinerà al mondo interiore della protagonista rivelandogli uno straordinario messaggio di gioia e di speranza, contro tutte le discriminazioni.
L’iniziativa ha ricevuto l’incoraggiamento della Croce Rossa Italiana offertoci dal dott. Marco Squicciarini, Responsabile Nazionale per le attività accoglienza e assistenza alle popolazioni Rom.

CASSINA DE’ PECCHI
Piccolo Teatro Martesana

4 febbraio 2010 ore 11.00
5 febbraio 2010 ore 20.30

Per informazioni:
"La storia di Rebecca"
tel. 02 9529155 Carol Morganti
email: carolmorgant@yahoo.it
Scuola Media Giovanni Falcone
Cassina de' Pecchi (Milano)

Per saperne di più su Rebecca Covaciu: http://italiadallestero.info/archives/468 (anche su http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=2274 ndr)

 
Di Fabrizio (del 05/02/2010 @ 09:28:16, in musica e parole, visitato 1969 volte)

Da British_Roma

Travellers' Times

Zingari e Viaggianti possono spesso essere descritti nei libri per bambini, ma raramente si scrive di loro. Ma Hilda Brazil ha messo la penna sulla carta per trovare questo libro ed il risultato sta facendo strabiliare i genitori. Il suo libro Romany Johnny Joe racconta di come rospi e rane residenti a Toadville si stiano preparando per una prova di forza dove il detentore Romany Johnny Joe difende il suo titolo. Ma quest'anno deve affrontare il sindaco di Toadville, un rospo effettivamente molto grande, sir Burty Marshland.

Hilda lavora per il servizio della giustizia infantile del Consiglio della Contea del Surrey e si è dedicata a sfidare i pregiudizi che affrontano i giovani Zingari e Viaggianti. "Non ho avuto una grande istruzione," dice, "ma questo non significa che non avevo una grande immaginazione. Con l'aiuto di un computer e di un correttore ortografico ho provato che chiunque può produrre un libro."

Pubblicato da Athena Press, il libro è un saggio racconto su come uno sfavorito può affrontare un avversario più potente. Corredato da illustrazioni che i bambini possono colorare, sta attirando genitori dalla Gran Bretagna e dall'Australia sul sito Amazon.com. Un acquirente soddisfatto, O.J Barwick ha scritto:

"E' una storia affascinante dove lo sfavorito vince contro tutti i pronostici! Progettato per bambini dai sei ai dieci anni, si rivolge a tutti quanti pensano che la sorte sia contro di loro. E' anche un libro scritto da una Romanichal che conosce l'arte diraccontare le storie, con riferimento alla passata vita rurale ed alle tradizioni. Puntualizza con garbo gli errori del pregiudizio e della discriminazione. Sarebbe indicato per le scuole primarie che hanno bambini Viaggianti e per quelle che non ne hanno!

[...]

 

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