Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Ricevo da Luciano Muhlbauer
E' stato appena pubblicato il libro "Rom, un popolo – diritto a esistere e
deriva securitaria", edizioni Punto Rosso, che raccoglie numerosi interventi
e documenti relativi alla “questione rom” e al securitarismo imperante.
Considerata l’aria che tira, un libro da leggere e da far leggere e un'occasione
per discutere e organizzare iniziative. Insomma, ve lo consiglio. Se non lo
trovate nelle librerie, potere rivolgervi direttamente alle edizioni Punto
Rosso, in via G. Pepe, 14 a Milano (tel. 02.874324, edizioni@puntorosso.it,
www.puntorosso.it).
Sul blog
www.lucianomuhlbauer.it potete intanto leggere il mio intervento "La
politica della paura", che fa parte del libro.
un abbraccio
Luciano Muhlbauer
Il musicista Rom Manouche, Django Reinhardt, nacque nel
gennaio 1910 nei pressi del paese belga di Liverchies e morì il 16 maggio 1953
per un'emorragia cerebrale mentre rientrava a casa sua a Seine-et-Marne en Francia,
dopo un tranquillo giorno di pesca.
Mezzo secolo ed un lustro. E' il tempo che è già passato dalla morte
dell'illustre chitarrista jazz di origine gitana che, oltre a
rivoluzionare il tocco dello strumento prima che si iniziasse ad utilizzare
l'amplificazione, fu il primo in Europa che esercitò un'influenza simile a
quella dei grandi artisti statunitensi. Più che morte, sparizione fisica: il suo
tocco permarrà eternamente.
Jean Baptiste crebbe in un accampamento gitano situato ai margini di
Parigi, a lato delle fortificazioni che la circondavano, dove si era trasferita
la sua tribù materna quando aveva otto anni, assorbendo la radice gitana che poi
mostrerà nella sua musica. Django non possedette mai giocattoli o una vera casa
sino a quando non compì vent'anni. Questi Gitani francesi o Manouches erano un
mondo a sé stante, medioevale nelle sue credenze e senza rapporti con la scienza
moderna. Django crebbe in questo mondo di contraddizioni, con un piede nella
grande e moderna città di Parigi e l'altro nella storica vita del Gitano nomade.
Sin da giovane Django si sentì attratto dalla musica. All'età di dodici anni
conseguì il suo primo strumento, un banjo regalatogli da un vicino attratto dal
suo prematuro interesse per la musica. Rapidamente imparò a suonarlo, copiando
dai musici che poteva osservare. Stupì presto gli adulti con la sua abilità con
la chitarra e, prima dei tredici anni, iniziò la sua carriera musicale col
popolare fisarmonicista Guerino in una sala da ballo nella Rue Monge. Suonò
anche con altre bande e musicisti e fece la sua prima registrazione col
fisarmonicista Jean Vaissade per la Ideal Company. Dato che al tempo Django non
sapeva ne leggere ne scrivere, il suo nome in queste registrazioni apparve come "Jiango Renard".
Il 2 novembre 1928, all'una di notte, Django ritornava alla sua casa-carovana
dopo una notte di musica nel nuovo club La Java. Il caravan era stato riempito
di fiori di plastica da sua moglie, che voleva venderli il giorno seguente.
Django credette di sentire un topo ed utilizzò una candela per cercarlo. Un poco
di cera caduta sopra quei fiori altamente infiammabili bastò a provocare un
incendio infernale. Il musicista si avvolse in un mantello per proteggersi dalle
fiamme. Tanto lui che la moglie salvarono la vita, però la sua mano sinistra e
tutta la parte destra sotto alla cintura rimasero seriamente danneggiate.
Inizialmente i dottori volevano amputargli la gamba, ma Django si oppose. Le
cure ricevute furono decisive per salvargli la gamba, ma Django rimase a letto
per diciotto mesi. Alla fine erano rimasti contratti verso la palma della mano
il quarto e il quinto dito (a causa del calore ricevuto). Nonostante ciò, grazie
al suo ingegno, inventò un sistema di digitazione per supplire al problema, che
in qualche maniera influì nell'originalità del suo stile. Poteva usare le prime
due corde della chitarra per gli accordi in ottava, però l'estensione completa
era impossibile. Ciononostante, fu capace di convertirsi in un gigante della
chitarra usando unicamente le dita indice e medio.
Secondo alcune fonti, fu durante la sua riabilitazione che Django conobbe il
jazz statunitense, quando trovò un disco di Louis
Armstrong, Dallas Blues, in un mercato originario di New Orleans. Lavorava nei
caffè di Parigi quando nel 1934 il capo dell'Hot Club, Pierre
Nourry, gli propose l'idea di formare un gruppo acustico con Grappélli. Così
nacque il Quintet of the Hot Club of France, che divenne rapidamente famoso in
tutto il mondo grazie alle incisioni per Ultraphone, Decca e HMV.
Con la II guerra mondiale nel 1939 il gruppo si dissolse, lasciando
Grappélli a Londra col resto dei musicisti e Django in Francia. Durante gli anni
della guerra, guidò una big band, un altro quintetto col clarinettista Hubert Rostaing
al posto di Grappélli e dopo la liberazione di Parigi, incise con musicisti statunitensi che
arrivavano in Francia come Mel Powell, Peanuts Hucko e Ray McKinley. Nel 1946 Reinhardt cominciò ad usare
la chitarra elettrica e realizzò un tour per gli Stati Uniti come solista
nell'orchestra di Duke Ellington, anche se non ottenne grande successo. Alcune
delle sue incisioni con la chitarra elettrica negli ultimi anni della sua vita
sono incursioni nel bop che suonano frenetiche a paragone con l'allegro swing
dei suoi inizi. Senza dubbio, a partire dal gennaio 1946, Reinhardt e
Grappélli giunsero a capo di varie riunioni sporadiche dove le influenze bop
sono più sottilmente integrate nell'antico formato swing. Durante gli anni '50, Reinhardt
si ritirò in Europa, suonando e registrando sino alla sua morte, dovuta ad
emorragia cerebrale, nel 1953.
Reinhardt rivoluziona il tocco della chitarra nel jazz proprio prima che si
iniziasse ad utilizzare l'amplificazione. Sulla base di un basso, due chitarre
ritmiche e dell'abituale violino di Stéphane
Grappélli, Django sviluppa una musica allegra e straordinariamente flessibile. I
suoi concetti armonici furono sorprendenti per la sua epoca e così impressionò
musicisti come Charlie Christian e Les Paul; inoltre la sua influenza sullo
swing fu decisiva per marcare una linea tra questo e la cosiddetta musica
country.
Anche se non sapeva leggere la musica, da solo ed assieme a Grappélli, Reinhardt
compose varie melodie originali e di successo come "Daphne", "Nuages", "Manoir
de Mes Rêves", "Minor Swing" e l'ode alla sua compagnia discografica degli
anni trenta "Stomping at Decca".
17 de mayo de 2008
Da
Czech_Roma
Diverse culture Rom sfilano nel centro di Praga
Khamoro celebra i suoi 10 anni con musica, danza, arte e film da molti paesi
By Darrell Jónsson
For The Prague Post
May 21st, 2008 issue
COURTESY PHOTO Macedonian Gypsy queen Esma Redžepova in the annual parade
through Prague.
Ogni anno per una settimana Praga diventa il colorato incrocio di una cultura
le cui canzoni non conoscono confini. A partire da domenica, la celebrazione di
quest'anno di Khamoro della cultura internazionale Rom presenta sette giorni
di film, esibizioni, laboratori, seminari e la tradizionale parata
attraverso il centro cittadino.
Le sottolineature musicali includono il Gypsy jazz dalla Holland’s Basily e
da Angelo
Debarre dalla Francia, e l'evocativa voce di Esma Redžepova dall'incrocio
euro-islamico della Macedonia. Dalla Repubblica Ceca artisti contemporanei come Gulo Čar
e Bengas porteranno il loro contributo, fresco e locale al mix. E la troupe
mondiale andalusa di Puerto Flamenco fa ritorno, accolta da un pubblico
entusiasta per il piacere dell'anno scorso.
"Per noi, il festival di Khamoro dell'anno scorso è stato come una porta in
un altro mondo, e siamo grati di essere tornati" dice la ballerina
Francesca Grima, portavoce dei Puerto Flamenco. Il suo studio è nella Triana di
Siviglia, il leggendario quartiere considerato da molti come l'epicentro del
flamenco, uno stile di danza che condivide molto del patrimonio musicale Rom.
"Questo è un festival che gira attorno alla musica ed allo stile di vita di
gente innamorata della musica e del suo cuore."
Questo cuore è corso attraverso il centro del panorama ceco almeno dal Medio
Evo. Per il piacere della fotografa ed antropologa ceca Eva
Davidová, che nel 1950 documentò e portò la cultura dei Rom cechi ad un pubblico
più vasto, il fenomeno musicale è internazionale. "I Rom sono conosciuti in
molti paesi come musicisti e cantanti superlativi" dice. "Mentre sono stati
influenzati dai paesi dove si sono insediati, allo stesso tempo hanno
influenzato la musica folk nazionale di molti paesi, come l'Ungheria, la Spagna,
la Russia e gli stati Balcanici."
Le radici e le influenze della musica rom si possono trovare in posti
diversi, dai lavori classici di Franz Liszt ai riffs dei Black Sabbath. Ci sono
pochi posti dove la simbiosi è meglio definita della Spagna, dove dice Grima,
"C'è un collegamento inseparabile tra il flamenco e la cultura gitana - uno non
esisterebbe senza l'altra e viceversa. Il Flamenco è un fenomeno singolarmente
andaluso, inseparabile dalla sua musica e cultura. I Rom che si insediarono in
Andalusia divennero Gitanos, la loro integrazione nella società è praticamente
senza giunte, ed essenziale per una comprensione generale dello spirito andaluso."
Nonostante la popolarità crescente del flamenco e della brass music balcanica,
la musica rom rimane ancora indecifrabile per molti alla stessa maniera in cui
nel XIX secolo il compositore Ference Liszt la descriveva: "ritmi ed armonie...
che ci appaiono come emanate da un altro pianeta."
Oggi, sono possibili paragoni più dettagliati. "C'è un'enfasi sul ritmo e lo
swing, espressività di emozioni, ed un elemento catartico al canto, elementi
come i movimenti dei piedi, delle mani e del corpo, tutti molto simili ad altri
generi di musica rom," dice Grima del lavoro della sua troupe. "Una delle
principali e più evidenti differenze è lo sviluppo di strutture ritmiche
complesse ed il tempo battuto sui 12/8, e la preminenza della danza come
elemento guida. Per un pubblico abituato ai 2/4 o ai 4/4, questo può generare un
modo schiacciante di rotture, di cambiamenti della scanalatura, di accelerazioni
e di conclusioni potenti che seguono un codice misterioso. [Ma] una volta
passata questa barriera, si scopre un intero universo di profonde finezze."
Davidová, che esporrà le sue fotografie e parlerà al seminario etnomusicologo
del seminario, vede che la percezione sta cambiando nelle regioni non-Rom.
Quando iniziò il suo lavoro, dice
Davidová, "La maggioranza delle comunità non-Rom li conoscevano soltanto come
viaggiatori nomadici, o come persone differenti che vivevano in comunità
separate. Se conoscevano parte della loro cultura musicale, era soltanto dalle
vinerie o dalle operette. La loro vera musica e cultura non era affatto
conosciuta."
Ma quando la musica crebbe e si diffuse, aiutò a rompere le barriere. "Il
cambio avvenne quando le prime bande e gruppi rom, apparvero in televisione,
nelle trasmissioni radio ed ai festival folk," dice Davidová. "Allora alcune
delle loro canzoni iniziarono ad uscire in cassetta o su altri media. Adesso,
durante gli ultimi 10 anni, festival mondiali come Khamoro portano una
possibilità più ampia di conoscere la musica e la danza rom da differenti
nazioni e gruppi di tutto il mondo."
Il festival di settimana prossima darà al pubblico praghese l'opportunità di
vedere le diverse facce di uno dei diamanti musicali più brillanti d'Europa. Per
quanti siano interessati alla world music, jazz o al folk, non ci sarà scarsità
di intersezioni affascinanti al Jazz Club Reduta, Popocafépetl, Kampa Museum e
altri luoghi. Il cuore del festival è la parata giovedì 29 a mezzogiorno,
attraverso la Città Vecchia, con la sua esposizione esuberante di spirito umano
diversificato.
L'unica cosa sbagliata di Khamoro è che la sua magia musicale viene una sola
volta all'anno. La buona notizia è che il laboratorio di danza si terrà allo
Studio Zamba per quanti intendono lanciare il proprio viaggio nell'affascinante
mondo della danza e della musica Rom.
Darrell Jónsson can be reached at
tempo@praguepost.com
Da
Roma_Benelux
03 giugno 2008 Petizione per rimuovere il bando della musica rom [...]
Gitani da tutta Europa raggiungono ogni 24-25 maggio la città di Les Saintes
Maries de la Mer nella regione francese della Camargue, in un pellegrinaggio
religioso di preghiera e musica in onore della loro Santa Sara.
Attraverso gli anni questa condivisione alla fine della strada in Francia si
è sviluppata in un incrocio di musica rom, inspirando ed impollinando altri tipi
di musica dal flamenco al jazz di Django Reinhardt, tradizionali ottoni
ungheresi e balcanici sino alla rumba dei Gipsy Kings.
Ma nel maggio 2008 il consiglio comunale ha proibito ai rom di suonare
musica per le strade durante il festival. Secondo Canut Reyes dei Gipsy
Kings, e molti altri, questa proibizione rovinerà il festival e c'è paura per il
suo futuro.
Assieme ad un appello a permettere ai rom di continuare a suonare musica
nelle strade anche il prossimo maggio 2009, è partita una petizione online che
verrà spedita al sindaco di Les Saintes Maries de la Mer, Mr Roland Chassain.
"La musica gioca un ruolo enorme nella tradizione e cultura del popolo rom.
Mr Chassain, risolviamo i problemi, ma lasciamo la musica!" recita l'appello.
La petizione online si può firmare a questo link
Apprendiamo tramite un
articolo del sito della tv macedone a1 che oggi, per un attacco di cuore, ci
lascia Šaban Bajramović
uno dei più grandi artisti della musica rom del nostro tempo.
Šaban è stato la colonna sonora dei nostri post e noi lo abbiamo amato
molto.
Vi lasciamo una delle sue più belle e famose interpretazioni,
Djelem
Djelem, che ha a che fare con la vita di un intero popolo e che ci ricorda
che quella stessa vita così come la vita di tutti noi è un viaggio.
Per ascoltare:
QUI
Da
crj-mailinglist
È morto
Saban Bajramovi´c, il più grande cantante e compositore rom
È morto domenica (8 giugno), a 72 anni, nella sua casa di Nis, dopo una lunga e
sofferta malattia. Incise il primo disco nel 1964, e poi una ventina di album e
una cinquantina di singoli. Scrisse e compose circa 700 canzoni d'autore. Era
entrato nella leggenda della musica come il Nat King Cole di Nis, è considerato
tra i migliori dieci cantanti jazz del mondo.
Per più venti anni fu a capo di una band "Crna mamba" con cui fece il giro del
mondo. Fu nella delegazione di Tito in India, e tenne concerti spettacolari in
tutto il mondo. Ovunque fu invitato più volte... "Penso che il successo non mi
abbia cambiato affatto, ma non ho realizzato i miei sogni. Nessuno, nella mia
natale Nis, si è mai ricordato, dopo che mi sono occupato per 40 anni di musica,
di dire: `Saban, ti sei meritato la pensione´. Come posso essere soddisfatto",
diceva il cantante da tempo malato. "Vivo tristemente dopo 40 anni di mie
canzoni, nessuno che apra il mio cancello o che telefoni per chiedere come vivo
e se riesco a vivere in queste condizioni. Patisco...", aveva detto Bajramovi´c
alcune giorni prima di chiudere per sempre gli occhi. Era stato d´ispirazione
per innumerevoli artisti di tutto il mondo. Gli ultimi giorni li ha trascorsi
con la moglie Milica. Ha lasciato quattro figlie e 12 nipotini, sparpagliati per
il mondo, cosa che, come diceva lui stesso, gli provocava una triste
ispirazione...
È morto nella povertà, senza un soldo, solo come un cane, come un gitano del
Romancero di Garcia Lorca, avendogli l'attuale regime negato il diritto alla
pensione! Senza copertura medica! Un ladro gli aveva rubato quei miseri 700EUR
di risparmi messi da parte! Quale miserabile Europa è questa. Saban Bajramovi´c
è metafora del destino tragico dell' uomo di oggi.
(a cura di OJ e AM)
Da
Roma_Daily_News
I Gogol Bordello sostengono Sulukule
ISTANBUL -
Turkish Daily News - mercoledì 25 giugno 2008
Una banda punk gitana in tour in Turchia ha interrotto ieri il proprio
calendario per apparire improvvisamente a
Sulukule,
l'assediato quartiere di Istambul che è il più antico insediamento Rom nel
mondo. I
Gogol Bordello, un gruppo originario dell'Ucraina ma che include membri da
diverse nazioni, ha visitato
Sulukule in uno show di sostegno contro il progetto di trasformazione urbana in
corso, osteggiato per ignorare gli attuali abitanti Rom dell'area e
minacciandoli di lasciarli senza casa.
Sulukule viene demolita da febbraio. La Municipalità di Fatih insiste nel
progetto di trasformazione nonostante l'opposizione di molti. La Piattaforma Sulukule,
organizzazione che lavora per salvare il quartiere, ha contattato la banda molto
prima del loro arrivo in Turchia. Uno dei rappresentanti della piattaforma, Neşe
Ozan, ha detto che i membri di Gogol Bordello e le loro famiglie una volta si
sono trovati nella stessa situazione dei residenti di
Sulukule. "La banda è qui per mostrare al popolo Rom che non sono soli e
vogliamo sostenere l'atto di salvare la cultura gitana ed il quartiere."
Eugene Hutz, il solista dei
Gogol Bordello, ha detto nel concerto di domenica: "Gli incidenti che succedono
a Sulukule accadono in molti luoghi del mondo. La gente vuole più McDonalds' e
catene alberghiere? O è più logico proteggere la cultura nazionale e le
strutture storiche? A voi la scelta."
Ad attendere ieri la banda famosa nel mondo c'era molta gente, compreso
locali, giornalisti, turisti ed autorità municipali.
Una di loro, una donna di 55 anni, nata e cresciuta a Sulukule, Gülsüm,
piccola paffuta e ciarliera, ha pesino assistito allo show TV per salvare la sua
casa. "Non voglio lasciare casa mia e non importa cosa mi offre il comune, anche
un palazzo," ha detto. Secondo lei, i Rom non sarebbero capaci di assimilarsi se
fossero spostati in un altro posto.
L'Austriaca Astrid Heubrandtner era tra quanti aspettavano di vedere i Gogol
Bordello. Heubrandtner è arrivata ad Istambul a gennaio per girare un
documentario su Sulukule. "Istanbul è una delle città più interessanti nel
mondo, Sulukule è uno dei quartieri che la fanno sempre più attrattiva," ha
detto aggiungendo: "Penso che la gente debba sentirsi orgogliosa di avere un
quartiere come Sulukule."
Il solista Hutz ha protestato che nessuno sa davvero cosa stia succedendo a
Sulukule. "Durante la mia tournee in Turchia ho parlato con molta gente su
questo quartiere ed ho capito che la gente non sa molto sulla storia del
quartiere," ha detto Hutz. Secondo i membri della banda, la mossa giusta sarebbe
"proteggere" e non "distruggere". Hutz ha dichiarato che è triste decidere di
annichilire una cultura e un posto storici.
Il Sindaco di Sulukule, Ismail Altintoprak, ha dato risalto al fatto che
dovrebbe esserci un carnevale organizzato per promuovere la cultura e la musica
di Sulikule. "In questo modo la cultura zingara può essere promossa in tutto il
mondo e possiamo proteggere la popolazione," ha detto Altintoprak. I Gogol
Bordello hanno promesso di prendere parte al carnevale se un tale evento fosse
realizzabile.
Chi è la banda?
Formati nel 1999, i Gogol Bordello vengono dal Lower East Side di New York.
Il gruppo è conosciuto per i suoi show teatrali, ispirati dalla musica zingara.
I membri storici sono immigrati dall'Europa dell'Est. Il nome della banda viene
da Nikolai Gogol, che ha "introdotto di nascosto" la cultura ucraina nella
società russa. Il gruppo ha rilasciato il suo primo singolo nel 1999, seguito da
altri quattro album. Lo scorso fine settimana era il loro terzo tour in Turchia,
dove è ammirata da un gran numero di fan.
Ricevo da Roberto Malini
Storia, cultura, antiziganismo e musica Rom il 13 luglio a Corsico
(Milano)
Corsico è un centro emblematico della condizione di discriminazione in cui
vivono i Rom in Italia, ma è anche un punto di incontro per un movimento
antirazzista sempre più vivo e consistente. Ecco perché l'incontro del 13
luglio, presso l'Area Pozzi (Via Alzaia Naviglio Trento) risulta particolarmente
significativo. Nell'àmbito dell'iniziativa, ha un notevole interesse storico la
mostra dedicata alla partecipazione di Rom e Sinti alla Resistenza e quella
incentrata sulla comunità Sinti di Buccinasco. Cultura, Storia e una riflessione
sulla condizione attuale dei Rom in Italia saranno i temi trattati da Ernesto
Rossi, Dijana Pavlovic e Roberto Malini durante il dibatito "Nomadi. Storia,
percorsi e integrazione".
h. 16:
Spazio associazioni
Mostra fotografica curata da Cipes sulla partecipazione dei Rom e Sinti alla
Resistenza Italiana
Mostra di foto della comunità Sinti di Buccinasco a cura di Apertamente
h.17.30 – 19:
Discussione dibattito: “Nomadi. Storia, percorsi e integrazione”
Diversi gli argomenti trattati, dalla Storia e cultura del popolo Rom alle
problematiche di integrazione, fino ai provvedimenti di schedatura etnica e ai
recenti casi di aggressione di cittadini Rom da parte di agenti delle forze
dell'ordine. Relatori: Dijana Pavlovic, Ernesto Rossi, Roberto Malini.
h.19 – 20.30:
Cena aperitivo
h. 19 – 22:
Musica dal vivo con Nico Grancea e i Manele Manele.
Nico Grancea è nato a Buzău, in Romania, il 18 marzo 1988. E' figlio
dell'Olocausto di terza generazione (suo nonno scampò allo Zigeunerlager di
Auschwitz durante la rivolta dei Rom avvenuta il 16 maggio 1944). E' un
interprete del genere musicale "Manele". La musica manele, che si è affermata in
Romania a partire dagli anni 1980, fa parte della musica folk del popolo Rom. I
primi interpreti cantavano nelle strade di Ferentari, un quartiere povero di
Bucarest. Le radici della musica manele, fortemente influenzata dalla musica
turca e araba, risalgono però al XVIII secolo. Gli interpreti moderni più noti
sono Adrian Minune, Nicolae Guza, Florin Salam. I testi sono molto liberi e
raccontano prevalentemente storie d'amore e di passione. Nico canta, con la sua
voce intensa e vibrante che ricorda quella di Florin Salam, perché la gente Rom
non venga annientata nel silenzio, perché un canto di libertà e giustizia
continui a levarsi, più in alto del coro di chi inneggia a un mondo "zigeunerfrei",
senza più 'zingari'. Nico Grancea, Ionit Ciuraro (che interpreterà alcuni brani
insieme a Nico) e i Manele Manele fanno parte del gruppo di artisti e
intellettuali contro il razzismo "Watching The Sky".
Associazioni partecipanti:
Apertamente, Aven Amentza, Opera Nomadi, Gruppo EveryOne, Cipes, Rete
Antirazzista, Anpi sez. Corsico, Liberamente, Acli il Sogno
Per informazioni:
Organizzazione: Tel. (+39) 02.44.80.648 - (+39) 348.81.00.209
Mail ufficio:
culturaepartecipazione@gmail.com
Gruppo EveryOne
Tel. (+ 39) 331-3585406 - (+ 39) 334-8429527
www.everyonegroup.com
:: info@everyonegroup.com
Da
Bulgarian_Roma
Blowing the Blues Away by Vesselin Dimitrov
I giovani Rom trovano nelle offerte musicali una via di fuga dagli slum
bulgari
2 luglio 2008 SOFIA | Angel Tichaliev sembrava vecchio e stanco mentre aspetta
alla stazione nella sua città di Sliven, Bulgaria. Era già primavera, ma quel
famoso trombettista aveva indosso il cappotto. Tossiva.
Sino all'anno scorso, Tichaliev e la sua banda, la
Karandila Gypsy Brass
Orchestra, suonava ogni estate sui palchi dei più grandi festival di musica
europei. Ma i problemi di asma del leader della banda peggioravano e i Karandila
dovettero tagliare le loro esibizioni.
Benché la carriera del Tichaliev abbia cominciato a calare, egli è molto fiero.
Angel Tichaliev
insegna a giovani musicisti pieni di speranza. L'anno scorso, Tichaliev ha
aperto una scuola di musica per ragazzi nel quartiere-ghetto dove vive. Foto di Nadezhda Chipeva.
Nonostante l'occasionale ostilità che la banda incontra, i Karandila hanno
superato la scena della musica locale e sono diventati un hit internazionale.
Tichaliev, 53 anni, suona da quando era un bambino ma non fu conosciuto finché
non si unì ai Karandila. Nel suo paese, la musica ha aiutato Tichaliev e gli
altri membri del complesso nell'integrarsi nella società bulgara.
"Tutti qui ci conoscono - anche i topi," dice il trombettista.
E' questo amore per la musica che Tichaliev spera cambierà la vita dei
giovani Rom che affrontano difficoltà simili. Recentemente, il musicista ha
deciso di creare una scuola per la gioventù svantaggiata di Nadezhda, il
quartiere Romani di Sliven.
"Ho avuto questo sogno," ha detto Tichaliev. "Aiutare i bambini, perché anche
se vanno a scuola, non sono ben istruiti. Ho deciso di fare qualcosa per loro."
Gli occhi di Tichaliev si illuminano quando parla dello studio, dove insegna a
15 ragazzi tra gli 8 e i 14 anni. "Alcuni di loro frequentano il sesto grado ma
non saprebbero calcolare tre volte sei. La musica è la loro unica possibilità."
LA STRADA PER LA FAMA
I Karandila iniziarono a Sliven il 10 luglio 1994. Quella fu una data storica
per la Bulgaria, perché la nazionale di calcio batté la Germania nei quarti di
finale del Campionato Mondiale negli Stati Uniti. Yordan Letchkov, nato a Sliven,
segnò il gol vincente ed quel gruppo di musicisti da matrimonio improvvisò
un'aria chiamata "Letchkov Kocheck", suonando in città tutta la notte.
Letchkov gradì ed appoggiò i musicisti, aiutandoli a trovare ingaggi ed anche
a registrare il loro primo album, Estate Zingara, nel 1999.
Nel contempo i Karandila iniziarono a suonare nei festival in Bulgaria. Lo
stile proprio della banda - un mix distinto di ritmi balcanici e zigani e di
ottoni americani - fece presa e presto vennero notati dagli scout della musica
internazionale. La banda da allora ha condiviso i palchi con star della
world-music come Orchestre Baobab e Fanfare Ciocarlia.
La carriera della banda raggiunse il culmine nel 2002 quando furono invitati
al Vienna Volksoper per sostenere alcune speciali performance dell'operetta
Contessa Maritza di Emmerich Kalman. La direttrice Vera Nemirova, figlia di
immigrati Bulgari, aveva ascoltato i Karandila a Sofia e fu così impressionata
da cambiare la partitura di "Contessa Maritza" perché i musicisti Romani
potessero suonare con l'orchestra classica.
I Karandila suonarono con i propri tempi e stile e secondo i media locali il
pubblico ne fu entusiasta. Il giornale viennese Kurier giudicò lo
spettacolo un trionfo. Una banda di ottoni Zingari salì sul palco ed
"improvvisamente un sound mai ascoltato in una prima guidò il Teatro
dell'Opera," scrisse il giornale.
VIVERE ROMANI
Alla luce del loro successo musicale, può sembrare sorprendente che tutti i
12 membri del gruppo continuino a vivere a Nadezhda, un povero quartiere
adiacente lo scalo merci di Sliven.
Circa un quarto dei 100.000 abitanti di Sliven sono Rom, e la maggior parte
vive tra le mura di Nadezhda. Il muro, ricorda Tichaliev, fu costruito alla metà
degli anni '80, per fermare i furti dei treni che da Sliven passavano verso
l'URSS.
Tichaliev ci ha raccontato questa storia mentre attraversavamo il muro ed
entravamo in quello che tutti qui chiamano "il ghetto" in una strada fangosa.
Era difficile vedere perché i lampioni erano rotti. Non c'era nessuno per
strada, a parte pochi ragazzi che fumavano tranquillamente al buio.
Nonostante l'atmosfera oppressiva, una recente indagine dell'istituto
bulgaro di ricerca GfK cita Nadezhda come esempio di tolleranza verso la
minoranza Romani. In nessun'altra città bulgara i Rom sono accettati meglio che
qui, riporta l'indagine, puntualizzando che gli indicatori del tasso di
disoccupazione dei Rom della città è del 40%, molto meno della stima nazionale
del 70%. Un investimento nell'istruzione già dal 1977 ha aiutato i Rom ad
integrarsi ed ha promosso "lo sviluppo di sani rapporti sociali tra differenti
gruppi etnici di Sliven" ha detto Dimirar Kostov, capo del Dipartimento
Integrazione di Sliven.
In generale, d'altra parte, "l'intero gruppo etnico è discriminato dalla
società [Bulgara]" asserisce la ricerca.
Tichaliev ha detto di aver provato la discriminazione solo una volta nella
vita, ma il suo manager, Viktor Lilov, potrebbe raccontare un'altra storia.
Lilov, fondatore della
Messechina Music, ha promosso i Karandila dal 2005.
"Durante uno dei nostri primi tour con i Karandila, stavamo aspettando
nell'aeroporto di Sofia, quando un ufficiale della dogana mi si è avvicinato,"
racconta Lilov. L'ufficiale chiese a Lilov cosa facessero "quegli Zingari"
nell'aeroporto. Lilov rispose che erano musicisti che rappresentavano la cultura
Bulgara attraverso l'Europa.
"Quelli sono Zingari, non Bulgari," rispose l'ufficiale.
Lilov ammette di non avere difficoltà ad organizzare concerti all'estero, ma
quando vengono in Bulgaria, suonano meno spesso. "E' quasi impossibile trovare
il supporto finanziario per gli spettacoli," dice Lilov, la cui compagnia dirige
musicisti e produce musica. "Quando gli sponsor sentono il termine 'musica
Zingara' perdono interesse.
RIDARE INDIETRO
La banda appare occasionalmente in patria, ed è attesa per suonare in due
festival Bulgari a luglio. Un concerto a Sofia lo scorso maggio potrebbe aver
indicato un nuovo inizio, non per il suo successo - c'erano solo 300 persone, si
lamenta Lilov - ma perché ha visto il debutto dei "Karandila Junior", una banda
dei ragazzi che stanno studiando con Tichaliev.
Quando la salute del trombettista peggiorò nel 2007, decise di investire
tempo e denaro per sviluppare i successori della sua banda. Costruì una stanza
per le ripetizioni accanto alla sua casa a Nadezhda, e poi iniziò a cercare
giovani talenti.
Cominciò invitando il figlio del musicista più anziano della banda, ma poi
la voce girò nel ghetto ed i ragazzi iniziarono ad arrivare ogni giorno per le
audizioni. Tichaliev spiega che prima cercò di ottenere un'impressione sul senso
del ritmo dei ragazzi. Poi, misurò quanto i ragazzi erano seri sulla musica come
carriera. Nell'ottobre 2007, aveva già 10 studenti.
Diversi mesi dopo che aveva iniziato ad insegnare ai ragazzi, Tichaliev aprì
una porta e mi guidò in una stanza stretta, ricoperta di manifesti dei
differenti festival in cui avevano suonato i Karandila senior.
Uno dopo un altro, i ragazzi di Karandila hanno rivelato come iniziano le
lezioni giornaliere. Di solito, si parte alle sei e si prosegue per due ore, ma
erano tutti in ritardo con l'eccezione di un ragazzo magro in giacca di
cuoio. "Non posso aspettare di venire qua tutte le sere. E' molto più
interessante della scuola", dice Hasan, il ragazzo.
Tichaliev è un insegnante paziente. Lascia suonare i ragazzi , fermandoli di
volta in volta per dare istruzioni. La lavagna sul muro è ricoperta delle sue
note musicali scribacchiate. "Devono imparare la struttura della musica, i tempi
dell'improvvisazione è finito", dice.
Benché sia il principale insegnante, Tichaliev chiama spesso insegnanti
professionali dalla vicina città di Kotel - dove si trova una delle due scuole
superiori di musica in Bulgaria - per aiutarlo.
"Aspettate e vedrete, in pochi anni la piccola Karandila sarà di classe
mondiale," ha detto il manager Ivaylo Ivanov, alla prima dei ragazzi a Sofia.
Ivanov ripetè in seguito le stesse parole, quando Tichaliev scese dal palco.
Ivanov ha detto che i suoi piani sono di lavorare con questo gruppo di ragazzi e
non aggiungere per il momento nuovi musicisti.
Ivanov repeated the same words soon afterwards, as Tichaliev came down from the
stage. Ivanov said his plans are to work with this group of boys and not add any
new musicians for the time being. e non aggiungere qualsiasi nuovi musicisti per
il momento.
Tichaliev ha sospirato. "Bene, farò qualsiasi cosa che posso per loro,
qualsiasi cosa…"
Vesselin Dimitrov is a TOL correspondent in Sofia.
Da
Melting Pot
Intervista ad Antonio Moresco, autore del libro Zingari di Merda
Zingari di Merda racconta il viaggio verso la Romania di due italiani e un
rom sgomberato dalla città di Pavia a bordo di una vecchia BMW per “andare a
vedere da dove si mette in movimento tutta questa disperazione, l’origine di
questa ferita”.
Con il suo autore, Antonio Moresco, abbiamo commentato le recenti misure che
stigmatizzano i rom come più criminali di tutti i criminali, calamità naturale
d’emergenza a cui far fronte con provvedimenti speciali.
Domanda: Zingari di Merda è il titolo del libro, un epiteto che si
rivolge ad una popolazione che, pur non avendo mai dichiarato guerra a
nessuno, è da secoli attaccata - come in una guerra – dal mondo intero. La
discriminazione contro i rom negli ultimi mesi in Italia è diventata discorso
pubblico, la loro persecuzione oggi è legittima. Dire “Zingari di merda” non è
più un’offesa di matrice razzista, ma è considerata quasi un’affermazione
oggettiva.
Risposta: Il titolo rappresenta la forza dei popoli perseguitati da
secoli che utilizzano gli epiteti offensivi rovesciandoli con fierezza. Il
nostro accompagnatore si rivolgeva a se stesso e agli altri rom usando queste
parole, che aveva sentito dire contro di sè in Italia. E’ un titolo ambivalente
perché rispecchia al contempo la situazione spaventosa dell’Italia di questi
anni, dove un popolo dai comportamenti non omologati è di nuovo diventato capro
espiatorio di paure ed insicurezze su cui forze politiche fanno leva per
nascondere i gravi problemi dell’attualità, ma quando un paese imbocca le strade
delle discriminazioni si sveglia poi con le ossa rotte...
D: L’istituzione di un Commissario straordinario per una presunta
emergenza incarnata dai rom significa considerare la presenza di questo popolo
alla pari di una calamità naturale. E’ forse l’errore macroscopico di un potere
che, oggi come ieri, non sa rapportarsi con l’alterità? Tutto il discorso e con
esso le politiche prodotte sui popoli rom in Italia, anche quando si agisce in
nome dell’integrazione, nascono dall’applicazione di categorie organizzative a
loro estranee, si affronta la loro società partendo dal “noi” e dal “nostro”
modo di vivere.
R: Si dà sempre per scontato che il nostro modo di vivere sia quello
giusto, cosa evidentemente tutta da dimostrare. A volte anche chi accetta in
termini generali gli zingari in realtà vorrebbe sempre ricondurli a dinamiche di
vita simili alle proprie. In questi ultimi anni gli zingari incarnano
l’irriducibilità e la differenza, io ho scelto di rappresentarli senza censure.
Non ho cercato di farne un santino edificante ma ho mostrato degli esseri umani
con la loro forza, la loro diversità e il loro mistero. In genere ogni loro
comportamento è letto attraverso la deformazione incredibile del paragone. Ad
esempio la violenza nei confronti delle donne – che non mi sono sentito di
censurare nel mio racconto - sembra maggiormente grave e criminale se compiuta
da parte degli zingari, nonostante le cronache rivelino preoccupanti violenze
domestiche contro le donne nelle case degli italiani. Nel momento in cui è stato
stabilito che quello è il popolo che fa paura tutto viene visto in una maniera
deformata. E’ il meccanismo spaventoso che spesso accade nella storia, coltivato
e manipolato per coprire altre cose gravi.
D: La persecuzione contro i rom è oggi più che mai quotidiana, ma anche
il tuo libro ha inizio con una persecuzione, ossia dopo gli sgomberi dell’ex
Snia Viscosa a Pavia nell’agosto 2007, quando vengono lasciati per strada un
centinaio di donne, uomini e bambini.
R: Il libro parte dal lavoro di volontariato di Giovanni Giovannetti
all’ex Snia Viscosa; dalla lotta e dalla vicinanza profonda con le persone che
vivevano accampate lì è nata l’idea di rintracciare queste famiglie nel sud
della Romania, dove molti di loro sono andati a ripararsi dopo la cacciata.
Siamo andati quindi fino a Listaeva, un paese dove gli zingari vivevano nelle
buche sotto terra, abbiamo visto le condizioni in cui vivevano le persone,
facendo a turno le guardie notturne per proteggere i propri bambini da topi di
un metro. E’ allora evidente che queste persone non emigrano in Italia perché
sono dei profittatori. Eppure a Pavia il Sindaco del Partito Democratico si è
comportato in maniera indistinguibile dalle destre che siamo abituati a vedere
come razziste e forcaiole. Se hanno creduto che inseguire questi comportamenti
xenofobi avrebbe portato ad un incasso elettorale, la dimostrazione della
mancanza di lungimiranza storica è stata plateale con il risultato delle
elezioni.
D: Nel tuo viaggio in Romania ti soffermi a descrivere la posizione
economica imposta a questo popolo dal sistema economico, che pretende che
restino immobili a vivere delle briciole del mercato globalizzato basato proprio
sugli scambi attraverso le frontiere. Tu sottolinei la contraddizione tra
fissità economica imposta e spinta al movimento degli esseri umani, che si
spostano per cercare di sfruttare le opportunità dello sviluppo, sottraendosi a
ruoli previsti per loro da non si sa bene chi.
R: Il tentativo di ancorarli ad una posizione è una miopia e tradisce
la mancanza di lungimiranza storica: i popoli si sono sempre spostati, anche nel
recente passato i popoli hanno sempre migrato, è incredibile che l’Italia non
riesca ad affrontare in termini equilibrati e giusti le migrazioni e il
desiderio di migliorare la propria sorte.
Anche nelle baracchine di Slatina le televisioni scalcagnate delle giovani
famiglie rom trasmettevano di continuo quanto è bella, ricca e luminosa la vita
in Italia e negli altri paesi.
Queste persone giovani cercano giustamente di avere una piccola parte in questa
ricchezza. Poi ci sono i meccanismi economici diseguali che fanno sì che in
Italia con l’elemosina in una giornata una zingara possa guadagnare 20-30 euro,
che in Romania non guadagna neanche un operaio. Questi meccanismi vanno molto
bene quando sono le fabbriche italiane, ad esempio Pirelli, che sfruttano questi
salari estremamente bassi ed impiantano in Romania le loro attività.
Paradossalmente gli stessi meccanismi che portano le persone a migliorare la
propria condizione sfruttando le differenze del valore della moneta romena
rispetto a quella italiana e quindi immigrando in Italia, generano invece
violenza ed ipocrisia. Le situazioni di vita che ho visto nel nostro viaggio
sembravano quelle del Bangladesh post alluvione e non quelle di un luogo così
vicino a casa nostra.
D: La schedatura, il tentativo di presidiare e censire i campi nomadi, la
folle idea di rilevare le impronte digitali rappresentano forse l’illusione di
bloccare e imbrigliare la determinazione degli uomini ed in particolare di
questo popolo a partecipare al benessere negato?
R: Io ne sono convinto. Queste iniziative vengono gettate in pasto
alle persone galvanizzate dalle campagne politiche e mediatiche, ma non hanno
senso perché gli spostamenti umani non si possono fermare.
Persino all’epoca dei romani, che facevano guerre pazzesche ed erano sotto le
armi per decenni per tenere fuori i cosiddetti barbari, per secoli e secoli poi
quelle stesse popolazioni che loro volevano escludere sono passate sul
territorio italiano.
A mio avviso più è determinata ed efficace la capacità di sigillare le frontiere
più l’effetto boomerang è devastante. Quello che vediamo oggi è una politica
miope oltre che criminale ed inaccettabile su molti piani.
Zingari di merda
di Antonio Moresco
Fotografie di Giovanni Giovannetti
Effigie Edizioni
Neva Cocchi, Progetto Melting Pot Europa - mercoledì 16 luglio 2008
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