Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
E' allestita fino al 17 febbraio la mostra fotografica di Vittorio Dotti, alla Libreria Ponchielli di Cremona.
Alcune suggestioni dell'autore
Notre nature est dans le mouvement. (Pascal)
Tutte le nostre attività sono legate all’idea di viaggio. E a me piace pensare che il nostro cervello abbia un sistema informativo che ci dà ordini per il cammino, e che qui stia l...
Di Fabrizio (del 12/02/2006 @ 13:19:10, in Italia, visitato 2387 volte)
Dall'archivio di Pirori, un articolo di un anno fa che può tornare ancora utile: Giovedi 17 Marzo 2005 ore 00:47:17 i signori lettori mi scuseranno se parlerò di politica e non del signor B.
Sfido chiunque non sia lombardo a parlare bene di Milano. So già cosa ne salta fuori: è una città grigia, è la tana della Lega, è pure la capitale politica del Berluska. Lo so, ci sono nato e ci vivo, e mi pare inutile ricordare che Milano ne ha per tutti i gusti: c'è la Lega e il Leonkavallo; qui hanno mosso i primi passi tanto il Berluska che quel Cofferati che sino a qualche tempo fa sembrava l'unico politico di sinistra capace di fare qualcosa di nuovo, qui c'è la città triste e qui lavorò Leonardo progettando soluzioni urbanistiche che sarebbero ancora oggi all'avanguardia...
Bisogna essere milanesi per conoscere gli spazi a misura d'uomo di questa città. Ad esempio, sino a una decina di anni fa, frequentavo a Monza, il giovedì mattina, la fiera del bestiame. Raggiungibile facilmente dalla tangenziale est e non lontana dalla stazione ferroviaria. Immaginate, in mezzo alla città, un grande recinto con tettoie metalliche, dove trovare cavalli, asini, pecore, capre, mucche, galline. Dove si potevano acquistare calessi, birocci e selle (di tipo inglese o americano). Con il mercatino nelle strade adiacenti, per chi cercasse coltelli, anfibi, giubbe militari, frustini, sottosella. Un residuato di campagna dove era bello andarci con i figli, che abituati alla città e alla televisione giravano con la bocca aperta (ma lo sappiamo che si divertono anche i genitori). L'avevo scoperto (naturalmente) grazie ai Rom di Milano, eredi di una tradizione di allevatori di cavalli. Era la classica fiera dove potevi incrociare l'allevatore che parlava in Bresciano, il nobile che aveva la sua scuderia, e il Rom. Miscuglio di lingue e dialetti, ma i nomadi (rigorosamente maschi) ne facevano parte e ne erano fieri, perché non solo lavoravano, ma erano consci della loro arte. I ragazzi cominciavano a frequentarlo attorno ai dieci anni. Lì vicino, una piccola trattoria di quelle di una volta, dove concludere gli affari con vino e salamella.
Quel posto, l'ho conosciuto che era già in declino. Si sa, il progresso. Vorrei invitarvi ad andarci prima che sia troppo tardi e sparisca o si snaturi del tutto: è in via Mentana angolo Procaccini, a Monza. Ora, capitemi bene, la mia non è nostalgia ma curiosità. Il progresso avanza anche fuori Italia, ma perché da noi queste "distrazioni" dal panorama urbano sono destinate a perdersi e in Francia ogni schifosa cantina di campagna diventa un museo? Perché negli Stati Uniti, in Inghilterra, Germania (per non parlare della Scandinavia) tengono alla loro storia e la valorizzano, mentre da noi la difesa delle tradizioni è sinomino di movimenti razzisti? Non sarebbe più interessante (anche economicamente, intendo) una grande città che oltre alle fiere, coltivasse il turismo anche per i suoi abitanti?
C'è una risposta logica: il declino di certe attività, tra cui l'allevamento e il commercio di cavalli. Qualche riga fa, accennavo a quello che vedo quando sono fuori Italia. Anche voi amereste viaggiare, se foste nati come me tra la Pirelli, la Falck e la Marelli. Di quelle fabbriche, oggi non c'è rimasto niente. Al loro posto, altrettanto squallido, il nuovo polo universitario della Bicocca che, anche se firmato Renzo Piano, è solo una gettata di cemento con vari parallelepipedi. E Tronchetti Provera graziato dal Comune, che si ritrova tra le mani un capitale immobiliare favoloso. Oppure, capannoni industriali in disuso, a perdita d'occhio. Capannoni che finché restano in disuso, saranno il rifugio di Ucraini, Moldavi, Rumeni e Rom arrivati qua con mezzi di fortuna. Per carità, non ce l'ho con loro! In 10 anni, quei capannoni ne han visto di tutte le razze, ma mentre si protesta perché dei poveri cercano un rifugio, nessuno trova niente da dire a chi li lascia lì inutilizzati. Non occorre grande fantasia per capire che chi si rifugia lì non troverà un domani diverso, se non si è capaci di risolvere i problemi di chi è Rom, ma abita in questa città da 40 anni ed è alle prese con un'altrettanto grave crisi politica ed occupazionale epocale. In quei fabbricati si lavorava il ferro e attorno c'era campagna. Non occorrerebbe neanche tanto spazio o tanta spesa, per riadattarne qualcuno a terreno di allevamento o piccola officina tradizionale, perché no, con scuola annessa. Con una convenzione regionale, riqualificando l'occupazione tradizionale di un popolo in crisi. E cominciando, nel contempo, ad operare positivamente contro l'abusivismo, degli occupanti e dei proprietari.
Eppure, scorro TUTTI i programmi elettorali, e quelle cose che ho così chiare in testa sembrano UTOPIA. Ma chi, se non gli amministratori pubblici, dovrebbe interessarsene?. ...ma, se non si trattasse di Rom, ma di confrontare gli appetiti immobiliari in Italia e le prassi che all'estero funzionano da 30 anni, mi capireste?
PS ad un certo punto, aggiungevo tra i commenti: Era da un po' che volevo scriverne di quel posto a Monza, sapevo che non era in buone acque. Stamattina ci son tornato per parlare con gli espositori e i negozianti. Troppo tardi. La Fiera ha chiuso. Eppure, oltre alle salamelle, si mangiava anche la trippa! Ma era chiusa anche la trattoria. Comunque, per il mese prossimo ho in mente altre idee, sempre su questo argomento. Farò sapere.
PPS le altre idee ce le ho ancora... un po' di pazienza e le rimetto in ordine.
Invitamo tutti giovedì 23 febbraio 2006, alle ore 17.30 al Palazzo del Plenipotenziario in piazza Sordello n.43 a Mantova alla presentazione del libro Porrajmos, altre tracce sul sentiero di Auschwitz Istituto di Cultura Sinta, Mantova, 2006
Intervengono: Bernardino Torsi, Presidente Associazione Sucar Drom; Fausto Banzi, Assessore Provinciale alle Politiche Sociali; Albino Portini, Presidente del Consiglio Comunale a Mantova; Yuri Del Bar, Consigliere Comunale a Mantova; Barbara Nardi, Istituto di Cultura Sinta.
Per informazioni, ics@sucardrom.191.it
Il Porrajmos fu messo in atto in un periodo in cui la civiltà occidentale era al culmine del suo sviluppo culturale ed economico. È stato generato dalla stessa Europa cristiana e cattolica in cui viviamo oggi. Ecco perché ci appartiene intimamente. Negare questo evento equivale a legittimare un’oltraggiosa indifferenza segno di una cecità pericolosa e potenzialmente suicida per l'Europa.
In Italia le popolazioni sinte e rom non hanno ancora ricevuto nessun riconoscimento ufficiale per le persecuzioni su base razziale subite durante la dittatura fascista. La Legge n. 211 del 20 luglio 2000 che istituisce il Giorno della Memoria non ricorda lo sterminio subito dalle popolazioni sinte e rom. Nel 2005, per la prima volta dopo sessanta anni, un’amministrazione statale, il Comune di Mantova, chiede ufficialmente perdono a tre sinte sopravvissute al Porrajmos, riconoscendo la persecuzione razziale subita. I fondi destinati alla ricerca storiografica sono inesistenti. La raccolta dei documenti e delle testimonianze nella maggioranza dei casi sono addirittura ostacolati. Pochissime sono le risorse offerte per le pubblicazioni frutto di lavori supportati in modo volontario da ricercatori e studiosi.
Fare educazione significa non accettare più nessuna manifestazione di razzismo, discriminazione e segregazione.
Questo libro intende essere strumento per le scuole, rivolto sia agli insegnanti sia agli studenti, per conoscere un pezzo della nostra storia italiana ed europea, ascoltando la voce dei testimoni diretti.
Ciò che accade oggi in Italia alle popolazioni Sinte e Rom è anche il risultato di questo oblio, di questa ipocrita indulgenza nei confronti della memoria storica. I Rom e i Sinti sono scacciati, mal tollerati e rinchiusi nei “campi nomadi”. A queste popolazioni, italiane da generazioni, viene ancora negato il diritto di essere parte integrante e interagente del nostro Paese.
(testo tratto dall'introduzione del libro)
I testi del volume sono tratti dal lavoro dello storico Luca Bravi.
La pubblicazione del volume è stata curata da: Barbara Nardi, Stefano Liuzzo, Davide Gabrieli, Luca Dotti e Carlo Berini.
Un ringraziamento a: Denis Gabrieli, Ilaria Ferretti, Giorgio Bezzecchi, Maurizio Pagani, Tiziana Gavilli, Maika Ecezzimbergher, Rita Scapinelli, Fabio Norsa e Maria Bacchi.
Di Fabrizio (del 13/02/2006 @ 11:06:56, in Italia, visitato 1940 volte)
Su Romanolil alcuni interventi e riflessioni prese dal convegno di Padova di sabato scorso. Intanto frego due foto, gli articoli li leggete QUI & QUI
Firenze, 10 febbraio 2006 - Per i fiorentini i soldi vanno spesi non per i Rom e i Sinti, ma per i portatori di handicap, gli anziani, gli sfrattati e i disoccupati. Insomma, i Rom non sono considerati tra le priorità delle politiche dell’assistenza e l’80% non vede di buon occhio che siano state costruite gratuitamente per loro delle case al ‘Masini’. Questo perché la stessa fetta di popolazione giudica la loro presenza direttamente correlata alla microcriminalità. Più di un fiorentino su quattro ritiene infatti i Sinti e i Rom responsabili di almeno un episodio di furto ai danni della propria famiglia. E più di un fiorentino su 8 addebita invece ai Sinti e ai Rom molteplici azioni malavitose. Sono alcuni dei dati che emergono dall’ultimo sondaggio che il capogruppo Udc Mario Razzanelli ha commissionato all’Istituto ‘Freni’. ‘La presenza dei nomadi a Firenze e le condizioni della legalità’, questo il titolo del sondaggio, è stato presentato stamani in Palazzo Vecchio.
Dallo studio si evidenzia una netta ostilità dei fiorentini verso le popolazioni sinte e rom: quasi l’80% è convinto che, appena vengono da noi, i rom ‘hanno troppe pretese’, mentre il 75% afferma che, anche quando vengono arrestati in flagranza di reato, tornano troppo presto in libertà. Con la conseguenza che possono reiterare il reato senza troppi problemi.
Il 25% dimostra una certa tolleranza: ‘anche loro devono pur sopravvivere’, rispondono alcuni, mentre poco più del 10% si considera ‘molto’ o ‘abbastanza’ d’accordo con chi dice che, in fin dei conti, i Rom rappresentano una ricchezza per la nostra città, in quanto consentono il confronto tra culture diverse.
Insomma, se circa un fiorentino su 7 apprezza il sistema dei valori a cui si ispira lo stile di vita dei Sinti e dei Rom, sono ben 3 su 4 a giudicare inadeguato l’operato della Magistratura nei loro confronti.
Per quanto concerne l’attenzione concessa in questi ultimi tempi dalla stampa cittadina alle notizie relative a reati che hanno visto coinvolti Rom e Sinti, oltre 3 fiorentini su 4 la ritengono ampiamente giustificata.
L’immagine negativa si estende anche all’atteggiamento dei Sinti e dei Rom, che si presentano, nella percezione di gran parte degli intervistati, come portatori di diritti senza corrispettivo di doveri, sottratti ad ogni forma di controllo e protetti da una sostanziale impunità. Per quanto riguarda la decisione di dare ai Rom abitazioni costruite apposta per loro, in pochi, appena un fiorentino su 9, si sono dimostrati a conoscenza del fatto. Il 41% ha detto di averlo sentito dire, mentre quasi la metà (48%) ha risposto di essere completamente all’oscuro. Ma sono d’accordo i fiorentini con questa decisione del Comune di Firenze? Quasi l’80% è contrario. Questo vuol dire che la scelta di assegnare loro delle abitazioni è stata approvata da un fiorentino su 5 e che hanno espresso il proprio dissenso dall’operazione, anche in termini molto aspri, più di 3 fiorentini su 4.
Il principale motivo di avversione all’iniziativa deriva dal suo aspetto ‘discriminatorio’ verso i fiorentini: “le case devono essere offerte a chi non ce l’ha, anche se non appartengono a quel gruppo etnico”, “ci sono persone che hanno molto più bisogno di loro”, “i nostri concittadini senza casa hanno una precedenza assoluta”, sono state alcune risposte.
Frequentemente gli intervistati hanno poi richiamato le tante situazioni di disagio vissute dalle famiglie fiorentine, costrette per trovare un’abitazione a emigrare o a devolvere gran parte delle proprie risorse economiche per pagare ingenti affitti: “ci sono tanti giovani che vorrebbero sposarsi ma non hanno casa, potrebbero fare più cose per loro”, “ci sono tante persone in lista per le case prima di loro: è vergognoso”.
Un ulteriore motivo di critica all’iniziativa dell’Amministrazione Comunale è rappresentato dalla scarsa credibilità del progetto i “stanzializzazione” dei "nomadi": “se sono nomadi non si stanziano, non è la loro cultura”, “non le usano nemmeno e quindi sono soldi sprecati”, “è un popolo che non cambierà mai”, sono state le riflessioni.
Non mancano anche atteggiamenti di ostilità pregiudiziale: “sono persone spietate, non hanno rispetto”, “li manderei via! non li voglio!”, “questa gente non si merita niente: ho un figlio disabile al 100% e ho lo sfratto”.
Chi invece ha apprezzato la soluzione del Comune di Firenze, l’ha motivata con la necessità di rimuovere uno spettacolo di degrado che comprometteva l’immagine della città: “bisogna pur fare qualcosa davanti ad una emergenza”, “almeno c'è più ordine”, sono state alcune delle risposte.
In ogni caso, anche coloro che concordano con l’amministrazione disapprovano l’ipotesi di un ingresso nell’abitazione a titolo completamente gratuito (questa è stata l’opinione di 9 fiorentini su 10). Se ci spostiamo poi sul fronte dell’’accoglienza dei nomadi’, scopriamo che quasi la metà degli intervistati crede che ‘i rom andrebbero rispediti nel paese d’origine’.
E anche da parte dei fiorentini meglio disposti nei confronti dei Sinti e dei Rom è stato comunque sollecitato un maggiore controllo sugli ingressi e sui comportamenti successivi. Infatti, quasi il 15% li vorrebbe il più lontano possibile dalle città, mentre il 10% sarebbe disposto ad accoglierli solo se rispettano le leggi. Il 5% sostiene poi che sarebbe bene integrarli nel mondo del lavoro.
Ma quali sono, secondo i fiorentini, le fasce di popolazione verso cui le politiche di assistenza dovrebbero dimostrare più attenzione? 3 fiorentini su 4 hanno risposto i ‘portatori di handicap’, più del 60% gli ‘anziani non autosufficienti’, quasi la metà gli ‘anziani con pensione minima’ e, a seguire, gli sfrattati (quasi il 30%), i disoccupati (più del 20%), i giovani, la famiglia, gli extracomunitari e, in fondo, i Rom, che occupano quindi la penultima posizione (davanti ad ‘altre priorità’) di questa speciale classifica.
Segno che, nella percezione di larga parte dei fiorentini (anche quelli che hanno apprezzano l’iniziativa dell’amministrazione comunale), i Sinti ed i Rom non rappresentano una categoria che necessiti realmente di assistenza.
“Razzanelli non sa neanche di cosa parla”. L’Arci di Firenze risponde al presunto inequivocabile risultato del sondaggio commissionato dal capogruppo dell’UDC in Palazzo Vecchio all’Istituto di Ricerche Freni, secondo cui l’80% dei fiorentini sarebbe contrario alla decisione del Comune di Firenze di costruire.
“Le casette sono al Poderaccio e non al Masini” – afferma l’Arci Firenze, che ricorda come “le politiche sui Rom dell’amministrazione fiorentina hanno cominciato il loro percorso incentrato sul superamento dei campi da oltre 10 anni e l’operato delle maggioranze di centrosinistra è passato dal vaglio dell’elettorato più volte”. “Inoltre – sottolinea l’Arci Firenze – Razzanelli dimentica che le persone di cui si sta parlando sono tutte con regolare permesso di soggiorno, alcune residenti dal almeno due generazioni, e come tali hanno tutta la legittimità ad entrare nelle graduatorie del Comune”. Oggi il capoluogo toscano può essere considerato una delle punte avanzate delle politiche sui Rom: non ci sono più campi illegali. Chi si ricorda dei campi alle Piagge o alle Draghe?
Cari amici e compagni, siete tutti invitati il giorno 20 febbraio alle ore 19,30 presso la sede di Mani Tese a P. Cavour per discutere la fondazione di un Comitato Civico Pro-rom, per rilanciare da un punto di vista culturale e politico la questione dei diritti calpestati dell'etnia rom nella provincia di Napoli, in Italia e in Europa. Da qualche anno è infatti peggiorata la già difficile situazione dei Rom sul nostro territorio (sia degli Slavi, profughi di guerra non riconosciuti, sia dei Rumeni, che fuggono dalla fame nel loro paese) e si é scatenata una vera e propria caccia all'uomo sul territorio napoletano,nell'indifferenza generale e nella distorsione pressoché generalizzata dei media. Questa caccia all'uomo, ripresa di una più antica condotta contro i nomadi, si concretizza ultimamente nei continui episodi di sgomberi drammatici, come quello di Casoria del 3 nov. scorso o come quelli annunciati di Caivano e Torre del Greco; nei rastrellamenti di minori ai semafori, che sulla scala di un intero popolo significano un vero e proprio genocidio culturale e nelle continue discriminazioni cui sono sottoposte queste persone. Nell'incontro del 20 discuteremo la piattaforma politica del Comitato e le strategie di intervento che intenderemo adottare (campagne di contro-informazione; manifestazioni di piazza per la pressione sulle istituzioni, presidi, etc.). Alla riunione organizzativa sono invitate quante più realtà associative, politiche e culturali, sensibili al tema. Si invita a diffondere il più possibile. Marco Nieli, Opera Nomadi di Napoli
Di Daniele (del 16/02/2006 @ 11:27:41, in Italia, visitato 2065 volte)
Sui dati segnalati i eri dalla Toscana, ecco un altro articolo, di TOSCANAOGGI
13/02/2006
Diminuiscono i rom nei campi nomadi in Toscana: secondo i dati dell'Osservatorio della Regione e della Fondazione Michelucci, dalle 2350 persone del 1995 si è passati alle 1850 di oggi. L'assessore regionale al sociale Gianni Salvadori ha annunciato che la Regione stanzierà nel 2006 un milione e mezzo di euro, da destinare ai Comuni, per costruire un percorso di accoglienza. Il punto sulla situazione dei nomadi in Toscana è stato fatto in un incontro promosso dall'Arci regionale al quale hanno partecipato, tra gli altri, anche Lucia De Siervo, assessore per l'integrazione del Comune di Firenze e Vincenzo Striano, presidente Arci Toscana. Dai dati forniti, spiega una nota, emerge che aumenta l'inserimento lavorativo, con 272 rom che attualmente hanno un lavoro continuativo e 206 un impiego precario, e che la scolarizzazione è massiccia fino alla terza media. Quando i nomadi vengono inseriti in programmi di edilizia pubblica (nel 2005 è successo in 38 casi), questo avviene senza contraccolpi né sulla famiglia né sulla convivenza con il vicinato. "La nostra intenzione è quella di costruire un percorso di accoglienza per le popolazioni rom - ha affermato Salvadori - che permetta a queste persone di vivere in piena autonomia. Occorrerà però prevedere anche un meccanismo di monitoraggio periodico per verificare che questo percorso abbia concreta attuazione. Mi auguro che nel giro di due anni si possa trovare una soluzione alternativa affinché venga smantellato il campo dell'Olmatello". "Ritengo l'accordo con Regione ed enti locali molto positivo - ha detto Striano - è importante prima di tutto superare i pregiudizi che ormai hanno portato ad una perdita della razionalità quando si parla di rom. Occorre poi uscire da provvedimenti di emergenza e darsi dei percorsi programmatici chiari, come il superamento dei campi e l'avvio di un piano per l'alloggio sociale in Toscana, rivolto ai rom e a tutte le categorie deboli". (ANSA).
Ieri, 20 febbraio, si è costituito a Napoli il Comitato Cittadino per i Diritti del popolo Rom. Dalla denuncia dell'emergenza della situazione napoletana fatta dall'Associazione Opera Nomadi, e dall'appello alle coscienze di padre Alex Zanotelli, la Rete Lilliput (una rete di cittadini e associazioni) ha lanciato un appuntamento a cui hanno risposto in tanti, tutti accomunati dall'indignazione verso la barbarie di repressività e discriminazione che ancora oggi questo popolo subisce sotto i nostri occhi e nell'indifferenza pressoché generale. Il Comitato intende rilanciare politicamente la battaglia per i diritti umani, civili, politici e sociali dei Rom, lavorando sul territorio per dare una risposta dignitosa ai problemi posti dalle sempre più numerose baraccopoli di Rom, profughi di guerra non riconosciuti (ex-Jugoslavia) o in fuga da discriminazioni razziali (Romania). Il Comitato, cui aderiscono anche Rom ex-jugoslavi e rumeni, si riunirà periodicamente per elaborare una piattaforma politico-culturale e per studiare le strategie più adeguate per attuare la stessa. Firmato:
Comitato cittadino per i diritti dei Rom
Di Fabrizio (del 01/03/2006 @ 08:00:00, in Italia, visitato 7366 volte)
La domanda è VOLUTAMENTE provocatoria: secondo voi Milano sarebbe una città più bella e vivibile senza "zingari"? La domanda, beninteso, è rivolta ai diversi schieramenti, e non nasconde pietismi o buonismi vari. Diciamo, vorrei discutere LAICAMENTE di politica e progetti senza camuffamenti ideologici. Certo, occorre avere un punto di partenza. Se per "zingari" intendiamo il campo-inferno di via Barzaghi-Triboniano, la + grande bidonville italiana, il simbolo stesso della politica degli sgomberi e della non-accoglienza, difficilmente si troverà qualcosa da recuperare, se non quegli strani miracoli che avvengono nella terra di nessuno.
OK: da lì recuperiamo il coraggio: QUI, QUI e QUI. Trovato il coraggio, so qual'è il punto di arrivo della mia provocazione:
Questo, ma soprattutto QUESTO
Quello che raccontavo di Monza, potrebbe succedere nuovamente, nel mio quartiere stavolta, ma questa volta si può evitare.
Milano: Periferia nord est, zona 2, oltre 130.000 abitanti.
I ROM: Tra loro, 150 Rom Harvati, cittadini italiani, che abitano in zona da oltre 30 anni (ricordate?). Il loro campo comunale, da 15 anni è nel mezzo di uno dei pochi polmoni verdi della zona.
IL PARCO: Questa è la parte interessante: nella zona, tradizionalmente affamata di verde pubblico, uno scampolo di verde, che praticamente è la parte terminale di due parchi: quello della Martesana e quello della Media Valle del Lambro. Due zone tutelate ambientalmente, non soltanto per il verde, ma anche come parte di un ecosistema dove i campi, le ville storiche, le vie d'acqua (trasporto e creazione di reddito), si sono formate e hanno convissuto dal rinascimento. Difatti, tutta la valle è a vincolo ambientale (legge 1497). Certo ci sarebbe bisogno di intervenire perché il parco possa essere curato e valorizzato.
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clicca sull'immagine per vedere la mappa
E man mano che ci si avvicina a Milano, aumenta il degrado: discariche a cielo aperto, verde abbandonato, cantieri e costruzioni senza piano regolatore, campi (sì, CAMPI, ci torniamo in seguito) regolari o meno, edifici storici in evidente stato di abbandono.
A Milano il parco è come isolato dal resto della valle: c'è solo una pista ciclabile che costeggia il Naviglio, qualche fabbrica storica, una marcita e cantieri edili che assediano il poco verde superstite.
consulta la pianta dell'area
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Nella cartina a sinistra, ho riportato anche gli appetiti immobiliari su quel fazzoletto di terra. Se tutto il bacino della Martesana è a vincolo ambientale, chissà perché a Milano, è permesso costruire sulla marcita.
Lasciando perdere le valutazioni ambientali, VOI andreste ad abitare in una casa (anche nuova), con le fondamenta su quel terreno, a qualche chilometro da negozi e servizi, e circondata da campi nomadi comunali e no??
Non sentite uno strano odore, tipo speculazione immobiliare?
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Facciamo finta che di quei Rom non mi interessi più di tanto... che vadano pure, dove... non importa. Ma potrei chiedere ai miei concittadini, se il prezzo da pagare dev'essere PER FORZA perdere anche quello schifo di parco e quella misera pista ciclabile? Ma sì, c'è tanto verde pubblico a Milano!
Il campo:
Sembrerà strano, ma anche i Rom discutono di queste cose e forse se ne interessano. Quello che non si capisce, è perché in un parco si possono costruire case, e chi si è stancato di vivere in roulotte non può costruirsi una casa ad un piano solo.
Ma, poniamo caso, si trovasse qualcuno a cui il verde pubblico interessa ancora, si potrebbe dirgli:
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a Roma è una cooperativa di Rom e Sinti che cura le piste ciclabili, a Milano si può fare;
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se ci sono 20 km. di parco intercomunale, e nel parco vivono oltre una decina (di Rom) qualificati professionalmente come operatori del verde, potrebbero operare qui;
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nel campo (vivono lì!) muratori, elettricisti, idraulici non mancano. Non mancano neanche gli edifici storici che devono essere risistemati. Occorre la volontà politica di risistemarli.
Un ultimo punto, per adesso:
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nessuno si stupisce se un Rom vive nel fango, ma se per caso questo Rom e la sua famiglia da generazioni vivono del commercio di cavalli (riecco Monza!) non può, perché il suo allevamento non è a norma se è nel medesimo fango. Ma perché non valorizzare questo benedetto parco con un maneggio a norma, con gite a cavallo, con visite nel verde e nelle dimore storiche?
E quante altre idee possono nascere da qua!
Al posto di tenere 150 persone confinate in un ghetto, nell'area di tutto il parco si può rilocare e dare lavoro a buona parte delle famiglie. Domani, scriverò di come è già stato fatto da altre parti in Italia. Fine della provocazione (per ora).
Riferimenti:
Eugenetica e Rom Manuale Operativo per l'Integrazione delle Politiche Sociali Locali Associazione/Consorzio Vivere i Navigli
PS: Chiamiamola "un'ipotesi di partenza", aspetto suggerimenti e critiche. Se non volete commentare, ecco il NUOVO SONDAGGIO
Di Fabrizio (del 10/03/2006 @ 12:41:11, in Italia, visitato 2879 volte)
Sulla situazione conseguente l'incendio di due giorni fa, ricevo ora questa nota da Maurizio Pagani, vicepresidente Opera Nomadi Milano: In mattinata sono stati espulsi c.ca 80 rom, prelevati a gruppetti dal campo e reimpatriati in aereo a Bucarest. Durante la prima notte, quella dell'incendio, una trentina di donne e bambini rom, in regola con il permesso di soggiorno, si sono rivolti alla protezione civile comunale di via Barzaghi dove sono stati ospitati in un refettorio con solo alcune coperte. Non corrisponde al vero anzi, è una palese e sfacciata menzogna, che vi fosse la possibiltà di accogliere quanti si fossero rivolti per chiedere un riparo. Tutti i 150 posti letto erano infatti occupati e, in v.le Ortles, i rom sarebbero stati accolti nel corridoio. Questa sera (9 marzo ndr) il tutto si è ripetuto. Solo 7 o 8 persone, compresi alcuni bambini, hanno potuto occupare un letto in camerata, mentre per tutti gli altri vi era tutt'al più disponibile il solito refettorio, dove non è possibile nemmeno sdraiarsi. Ho visto alcune donne e bambini distesi per terra, lungo il muro di cinta, sepolti da un mucchio di coperte, tra disagi di ogni genere e topi, tanti topi. Molti sono quelli che passano la notte in macchina, con il motore che ogni tanto viene riacceso per attivare il riscaldamento. All'interno del campo vi è una processione continua di gente da una roulotte all'altra, dove le persone si stipano silenziosamente per passare la notte. Vi sono anche alcune roulotte piene solo di bambini che dormono uno accanto all'altro. In una c'era, partendo da sinistra un neonato, e poi, proseguendo verso destra, altri 4 che dormivano, con età e dimensioni diverse tra loro fino ad arrivare a una ragazzina tredicenne. Altri adulti ancora semplicemente non dormono da oltre 30 ore, passando la notte attorno ad un fuocherello. Neonati, bambini di pochi mesi, bambini malati sono senza alcuna forma minima di assistenza, oppure, là dove è possibile, sono stati accolti temporaneamente in giro per Milano dagli altri amici e parenti. Il Comune ha oggi ribadito che non intende occuparsi di questa situazione. Tra breve darà inizio alle operazioni di pulizia dell'area esterna al campo per trasferirvi i soli rom autorizzati a rimanere nel campo comunale. Con ciò si intende quindi escludere non solo gli "irregolari", ma anche quelli in regola, che tuttavia non hanno avuto l'assegnazione di una piazzuola. Inoltre, le persone che hanno perso ogni cosa nell'incendio, compresa la roulotte, dovranno provvedere ad acquistarsela nuovamente se non vogliono passare le proprie notti all'addiaccio. Oggi, dei circa 60 bambini che frequentano le scuole di via Console Marcello e via De Rossi, solo 5 erano presenti. Oltre la metà dei 60 bambini è rimasta priva di un domicilio e un riparo.
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