L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.
06/06/2010 - Circa 400 miglia a est di Praga, nella confinante Slovacchia,
che
si separò pacificamente dalla Repubblica Ceca non molto tempo fa, si trovano
le due comunità profilate nel documentario "In a Cage" della Roma Press Agency.
Secondo l'agenzia stampa ceca Mlada Fronta, la Slovacchia ha oltre
800 insediamenti romanì, isolati dalla comunità maggioritaria. Secondo il
giornale slovacco Sme.sk, il conto sarebbe di
circa 700.
Questi insediamenti di solito hanno tassi molto alti di disoccupazione (in
alcuni casi vicino al 100%) e mancano di servizi basici come acqua corrente,
fognature, elettricità, gas o raccolta dei rifiuti.
Gli insediamenti presentati nel documentario del 2006 "In a Cage", sono il
villaggio di Rankovce, vicino alla città di Kosice, e la comunità di Podskalka.
Ci che mi ha impressionato è che nonostante l'isolamento, la mancanza di
opportunità e la povertà profonda dei residenti, hanno trovato modi per
preservare la loro dignità, di stabilire l'auto-governo e la routine quotidiana,
e focalizzarsi nella speranza per il futuro, specialmente riguardo l'istruzione
per le giovani generazioni.
Direttrice-produttrice del documentario è Kristína Magdolenová, giornalista
per i diritti umani ed editrice capo di Roma Press Agency. Il suo scopo è di
aprire porte ed abbattere le barriere di pregiudizio tra la popolazione
maggioritaria ed i Rom, ma anche suonare un allarme sulla grave situazione dei
Rom che vivono segregati.
Ha detto Magdolenová:
"Il nostro scopo era di aprire la porta al mondo dei Rom. Per mostrare
loro che la maggioranza non li conosce, attraverso i loro problemi
giornalieri, gioie e preoccupazioni. Per mostrare la loro faccia reale senza
pregiudizi, senza paura della loro alterità, senza fraintesi. Per mostrare
che la società slovacca gioca con la comunità rom, li spinge sempre più al
margine di questo gioco troppo pericoloso. Un gioco con potenziale umano,
che può anche essere rivolto contro di loro. Il film vuole puntualizzare che
siamo vicini alla mezzanotte e che dobbiamo smetterla di giocare questo
gioco pericoloso."
Anche la Repubblica Ceca, dove andrò per la mia borsa di studio, ha seri
problemi riguardo la segregazione abitativa. I Rom sono discriminati nel mercato
del lavoro ed in quello della casa. Ma di questo parlerò in un altro post.
L'eccellente documentario "In a Cage" sulle comunità rom isolate isolate, si
può vedere
QUI.
Di Fabrizio (del 16/06/2010 @ 09:23:19, in casa, visitato 1925 volte)
Segnalazione di Monica Rossi
INURA sta per International Network for Urban Research and Action. Quest'anno
a Zurigo si terrà un'importante conferenza sull'urbanesimo contemporaneo alla
quale parteciperanno ricercatori di tutto il mondo.
Titolo della conferenza è: "The New Metropolitan Mainstream", Zurich, June 27 to 30, 2010
The last 20 years of urban development were marked by enormous urbanisation.
Asia, Africa and Latinamerica experienced a tremendous growth of their cities.
Besides urban sprawl a huge range of cities and metropolitan regions experienced
a reurbanisation and urban renaissance. Globalisation brought about similar
developments in inner cities, similar strategies of regeneration and urban
transformation, among them culturalisation, privatisation of public goods and
liberalisation of housing. Many regions also experienced an ongoing polarisation
of urban rich and urban poor. The New Metropolitan Mainstream is found in
variations in cities around the globe. The thesis is that there are the same
rules that lead to similar results. INURA's New Metropolitan Mainstream project
compares the developments of the last 20 years in more than 20 cities. This will
be the framework of debates and the discussions of the 20th INURA conference.
Con il mio gruppo di ricerca SMU Research net (http://smu-research.net/smu/italian)
abbiamo partecipato producendo un poster su Roma ed una mappa che si aggiungerà
alle altre prodotte da altri gruppi di ricerca provenienti da tutto il mondo.
Accanto al New Metropolitan Mainstream, che sarebbe la città "pianificata", in
Italia ed in Grecia troviamo invece la "città informale", che a Roma in
particolare ha una storia molto lunga che parte dalle baraccopoli costruite dai
migranti italiani ed arriva sino ai campi rom e agli insediamenti informali
abitati da immigrati.
With my Research group SMU Research net, we have participated producing a
poster on Rome and a map that will be added to the others produced by other
research groups from all over the world.
Close to the New Metropolitan Mainstream, which means the "planned" city, in
Italy and Greece we find also the "informal city", which in Rome in particular
has a very old tradition which begun with the shanty towns inhabited by Italian
internal migrants and arrives to the Roma encampments and migrant informal
dwellings
06/06/2010 - Il Primo Ministro finlandese Matti Vanhanen ha chiesto alla
gente di partecipare ad uno sciopero bianco nel dare soldi per strada ai
mendicanti rom.
Vanhanen ha detto che questo sarebbe la maniera più semplice ed efficace per
affrontare la questione della recente ondata di mendicanti arrivati in
Finlandia, soprattutto da Bulgaria e Romania.
"Non ci vorrebbero molte settimane, e questo fenomeno finirebbe.
Richiederebbe una decisione da parte di tutti nel non dare denaro," ha detto il
Primo Ministro, che parlava con i giornalisti politici durante un pranzo
dedicato a quel tema. L'accattonaggio molesto iniziò ad apparire in Finlandia
circa due anni fa, riporta l'Helsingin Sanomat.
Juha Hakola del Partito Coalizione Nazionale ha già proposto una legge
parlamentare per vietare le elemosine. Sinora il documento è stato firmato da 51
dei 200 membri del parlamento. Vanhanen, d'altra parte, non fa promesse di
cambiare la legge, dicendo che la definizione stessa di accattonaggio è
difficile.
"In Finlandia, migliaia e migliaia di associazioni chiedono denaro; comitati
di genitori chiedono denaro, e partiti politici chiedono denaro. L'intera
società civile è basata sul chiedere denaro," ha affermato Vanhanen. "Dove passa
la linea di demarcazione? Quando qualcuno che indossa un abito gessato chiede
donazioni per una squadra di hockey, o quando qualcuno vestito da mendicante
chiede denaro alla gente ordinaria?"
Vanhanen, che ha dichiarato che l'accattonaggio per strada potrebbe essere
influenzato dal crimine, cosa che rende il reato ancora più ripugnante, ha detto
che la soluzione migliore sarebbe migliorare le condizioni abitative dei Rom.
Di Fabrizio (del 14/06/2010 @ 09:46:09, in casa, visitato 1649 volte)
Dopo tante parole al vento, sotterfugi e promesse non mantenute ora, il
Sindaco di Rho vorrebbe dare il ben servito alle persone che con pieno diritto e
contratto alla mano abitano nella struttura di via Sesia, per far posto ad una
discarica o a qualcosa di simile.
In questi giorni ci siamo imbattuti nel Sindaco di Trezzo che, come il Nostro,
non ha trovato di meglio che annunciare alle famiglie sinte che abitano in quel
comune, come residenti, da oltre vent'anni, che al loro posto sarà previsto
l'allargamento della ricicleria limitrofa. Sloggiandoli.
Un caso o un cattivo esempio di come si amministrano le città di questi tempi?
I bambini di via Sesia li ho visti nascere e crescere a Rho, non altrove,
insieme ai tanti loro coetanei che frequentano le scuole.
Qualcuno nel frattempo è diventato più grandicello e ora frequenta un istituto
superiore, una specie di "miracolo" tra gli zingari..
Ho anche assistito a molti degli accordi sottoscritti con le famiglie rom dagli
ultimi 3 sindaci che hanno governato la città. Patti sempre osservati con
rispetto e solennità dagli zingari ma spesso travisati dai funzionari pubblici
con la menzogna, l'arroganza, il menefreghismo.
Il Comune di Rho ha incassato una bella somma, oltre un milione di euro, dal
Ministro degli Interni, Maroni, Lega Nord, per promuovere l'integrazione sociale
di persone che hanno un nome e cognome, una storia di lunga permanenza a Rho,
non degli ultimi arrivati che nessuno conosce, attraverso interventi precisi di
sostegno abitativo, lavorativo, scolastico e sociale.
Che cosa è stato fatto? Nulla di quanto scritto e dichiarato e nulla o poco
verrà fatto in futuro, al di là delle chiacchiere di circostanza, perché senza
un ruolo di mediazione sociale delle istituzioni (ma capiscono cos'è?), ogni
altro intervento è destinato al fallimento.
Come (e in che misura) verranno spesi i soldi pubblici assegnati? Un progetto è
un po' come un "contratto", definisce cosa devi fare, come, in quanto tempo
ecc., per evitare che i soldi di tutti noi vengano inutilmente dispersi, o siano
trattati come merce di scambio clientelare.
Ma se invece del televisore che hai acquistato in occasione dei prossimi
mondiali di calcio, ti consegnassero a casa solo un disco dvd "vergine"
dicendoti: "adesso puoi registrartele se vuoi… le partite, s'intende", voi cosa
rispondereste al negoziante che vi sta "raggirando" mettendovi tra le mani una
"scatola vuota"?
Me Sem Rom: il documentario di tre giovani registi arriva in studio. Ne
parliamo con Davide Falcioni che ci spiegherà perché questo lavoro è stato
realizzato all'interno del Casilino 900. Ci occupiamo anche della mostra "Campus
Rom, c'era una volta Savorengo Ker" il lavoro organizzato all'interno della
festa dell'architettura.
"Essere rom è anche cercare di vivere serenamente la propria quotidianità"
Gli scatti in esposizione sono stati scelti tra le fotografie scattate da Pino
Ninfa, fotografo di fama internazionale di cui è andato recentemente in scena al
Teatro Studio di Via Rivoli un reportage sul Sudafrica dal titolo
"Dall’apartheid ai mondiali di calcio". Il suo lavoro, durato tre mesi
all'interno di alcuni campi nomadi milanesi, racconta, attraverso immagini della
quotidianità, l'essere Rom. Svela un modo di essere, un senso del vivere e un
mondo che non sono molto lontani dai nostri, anzi, viaggiano accanto,
parallelamente, e come succede tra le parallele, rischiano di non incontrarsi
mai.
Aperitivo con cibi, prodotti e musiche tzigane.
Le fotografie saranno esposte dal 16 al 18 giugno 2010
Domenica 20 Giugno 2010 a "Il Pentolone", via Pomeria 90, Prato.
Questa edizione si svolge nell'ambito della Campagna DOSTA (Basta!), promossa a
livello nazionale da UNAR e dall'Unione Europea. L'evento sarà preceduta da due
giorni di iniziative di comunicazione nel centro di Prato attraverso
iniziative mirate alla sensibilizzazione e all'informazione sulla cultura Rom e
Sinti.
Programma:
ore 16:00 Accoglienza
ore 17:00 Assemblea aperta : Comunità Rom e Sinti di Prato
Tra bisogno di conoscenze e nuovi pregiudizi
ore 19:00 Incontro con l'autore – presentazione del libro di Luca Bravi: "Tra
inclusione ed esclusione. Una storia sociale dei Rom e dei Sinti in Italia"
Inoltre: presentazione di documenti informativi e di due mostre fotografiche
sulla cultura e l'infanzia del popolo Rom e Sinti
Ore 20:00 Cena Buffet (cucina tradizionale sinti)
A seguire musica: CONCERTO di ATHOS (musica della tradizione sinti)
Nel pomeriggio - oggi 10 giugno 2010, alle ore 15,30 - ci troviamo a Gambolò,
sotto casa di Irene Zappalà per impedire l'esecuzione dello sfratto (la signora
abita a due passi dalla piazza, dietro la confraternita di san Paolo, in via
Magenta 5). Oltre alla comunità Sinti di Gambolò, hanno già confermato la loro
presenza i consiglieri provinciali e il segretario provinciale di Rifondazione
Comunista; i rappresentanti della CGIL, del sindacato inquilini SUNIA e della
lista civica Insieme Per Pavia.
Devastante. Nella provincia di Pavia oltre duemila famiglie sono a rischio di
sfratto. Per la precisione, tra sfratti pendenti (844) e richieste di esecuzione
(1.172) si sommano 2.016 casi. Aumentano del 27 per cento gli sfratti per
morosità (nel 2009 se ne sono avuti 790, di cui 127 a Pavia); calano del 10 per
cento quelli per finita locazione. Da una parte il legittimo diritto dei
proprietari; dall'altra le ragioni di molte famiglie, soprattutto quelle
monoreddito o improvvisamente senza lavoro.
Prendiamo il caso della signora Irene Zappalà di Gambolò. Quarant'anni, due
figli, lavorava come addetta alla cucina presso la casa di riposo "Fratelli
Carnevale" di Marcianò. Dopo una vertenza sindacale nel 2006 nonostante l'asma,
si ritrova relegata alle pulizie degli scantinati («per rappresaglia»), e infine
licenziata nel 2008. Da quel momento per lei solo attività lavorative saltuarie,
pagate in nero (ad esempio, lavora come inserviente di cucina al ristorante
"Quattro stagioni" di Remondò. Venti ore mensili per 360 euro quando, per il
solo affitto, ne dovrebbe esborsare 330) e il progressivo scivolare giù,
nell'indifferenza generale, fino allo sfratto ormai esecutivo.
Soluzioni abitative ce ne sarebbero: in attesa di un alloggio popolare (era
dodicesima; un anno dopo si è ritrovata diciottesima...) la signora potrebbe
trovare provvisoria dimora alla stazione ferroviaria di Remondò, che il Comune
detiene in comodato d'uso; Irene si è offerta di curarne apertura e pulizia. C'è
poi un alloggio presso la Fondazione Fratelli Carnevale, in ristrutturazione.
Irene Zappalà chiede pane e lavoro; in Comune allargano le braccia. Così l'unico
aiuto concreto le è oggi offerto dai Sinti. Sì, gli zingari residenti a Gambolò,
che ogni tanto le portano alimenti. Come racconta Franco Ovara Bianchi, «quando
vado a comprare il pane per le famiglie che vivono nel campo lo prendo anche per
Irene». Il portavoce della comunità Sinti gambolese si è anche offerto di
ospitarla in una delle roulottes del campo lungo il torrente Terdoppio.
Insomma, una inedita solidarietà tra marginali "storici" – come appunto gli
zingari – e questi nuovi marginalizzati, la cui interazione supera finalmente le
categorie peraltro mobili di "etnia", "cultura", "identità". Interazione che
smentisce l'artificio dei presunti "conflitti culturali", branditi come clave da
élite politiche che soffiano sul fuoco dell'intolleranza e del pregiudizio,
istigando all'odio "razziale" nei confronti degli zingari e degli stranieri.
In Lomellina e in particolare in paesi come Tromello e Gambolò troviamo "gagi"
che sembrano Sinti (ovvero gli zingari lombardo-piemontesi) e Sinti che sembrano
"gagi". Il processo di assimilazione è favorito anche dai numerosi matrimoni tra
zingari e gambolesi. Per chi non lo sapesse, nel gergo degli scarpinanti i gagé
(«contadini») sono coloro che non appartengono al popolo dei Rom (gli «uomini»
per antonomasia); dunque gagé sono tutti gli «altri».
La storia dei primi insediamenti viene raccontata da Nevina Andreta in un saggio
("Nel paese dei dritti", ne L'albero del canto) di cui sono stato editore nel
lontano 1985. Andreta li colloca al 1879, «quando vennero in territorio
gambolese gli appartenenti alle famiglie Allegranza e Vinotti, che
s'imparentarono con altri ceppi di nomadi, famiglie che in seguito richiesero la
residenza a Gambolò». Erano giostrai, artisti da circo, suonatori ambulanti,
sensali di cavalli, maniscalchi... Insomma, il mondo dei marginali – Sinti o
gagi – contiguo a quello della piazza, modo frequentato dai cantastorie di
Tromello Giacinto Cavallini e Vincenzina Mellini, o Adriano Callegari di Pavia,
o Antonio Ferrari di Belgioioso; quel microcosmo della "leggera" magistralmente
raccontato dall'imbonitore mantovano Arturo Frizzi nell'autobiografico Il
ciarlatano (1902). Un mondo altrettanto contiguo ad altre figure di marginali:ad
esempio i cercatori d'oro, i ghiaiaroli e i navaroli di Po e Ticino; ad esempio
i cordai di Calvatone nel cremonese e Castelponzone nel mantovano. Insieme a
Gambolò, Castelponzone viene ricordata da Glauco Sanga come il «paese dei
dritti». L'elenco comprende anche Sant'Angelo Lodigiano, Pozzolo Formigaro in
provincia di Alessandria e Vescovato presso Cremona. Sono paesi popolati da
marginali borderline, «quelli che nel periodo di passaggio dall'età medievale
all'età moderna non vivevano del lavoro della terra, ma si dedicavano ad altre
svariate attività che si potrebbero definire "di servizio"» (Sanga), attività
alternative alle consolidate forme di reddito o agricolo o industriale. Gli
abitanti di questi paesi erano considerati «"ladri e furfanti" […] Né
Castelponzone né gli altri "paesi di ladri" sono paesi di contadini; le attività
economiche erano altre»: ad esempio, lo spettacolo; come a Gambolò, il paese dei
giostrai.
Il Paese dei giostrai e – sia pure tra molte contraddizioni – il paese della
convivenza e della solidarietà. Lo sottolinea Nevina: il Comune aveva «la fama
di grande lungimiranza nel concedere l'iscrizione all'interno delle proprie
liste anagrafiche a nomadi di ogni categoria» tanto che ne arrivavano persino
dall'estero: ai nuclei storici delle famiglie ormai sedentarie degli Allegranza,
Vinotti, Picci, Bianchi, Sambiase, Ruffini, Sabino, Costantini, Delli, Vacchina
si sono poi aggiunti gli Hudorovich e gli Offman, originari di San Pietro del
Carso (la slovena Pivka) e Budapest; persone che, prima di trovare dimora a
Gambolò, erano apolidi.
Da 84 anni la comunità Sinti di Gambolò dimora in riva al Terdoppio, poco fuori
il paese. Lungo il torrente incontriamo cinque delle numerose famiglie qui
residenti, ma ancora pochi anni fa tra queste roulottes c'erano più di venti
casati: sono giostrai, venditori ambulanti di scope centrini fiori e piante;
alcuni vanno per ferro; altri stagionalmente lavorano nell'allestimento
invernale delle luminarie natalizie o, in agricoltura, nella raccolta di
pomodori uva e ortaggi; qualcuno ha trovato impiego nell'edilizia.
Se questo è il retroterra, allora non deve stupire la solidarietà fra compaesani
in sostituzione della pubblica amministrazione di centrodestra, che oggi non
prevede welfare locale, arrivando persino a minacciare la chiusura della fontana
a cui vanno i Sinti del campo.
Del resto viviamo in Italia, Paese che, nell'Europa a 15, è penultima nella
classifica delle spese sociali per il contenimento del rischio di povertà e
l'unica – insieme alla Grecia – a non prevedere un assegno minimo per chi versa
nel disagio: l'aiuto arriva solo al 4 per cento della popolazione, mentre in
Svezia, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi, Germania e Irlanda la percentuale
sale al 50 per cento. In Italia, una famiglia su cinque è oggi in seria
difficoltà. L'indebitamento totale dei 23 milioni e mezzo di famiglie italiane
ammonta a 490 miliardi di euro (dal 2002 al 2007 è quasi raddoppiato), per una
media di 15.764 euro a famiglia.
In Europa e negli Stati Uniti la perdita della casa – per l'impossibilità di
pagare il mutuo – sta spingendo milioni di famiglie nell'indigenza. In Italia va
anche peggio. Anche in provincia di Pavia molti anziani con la pensione sociale
«non si possono più permettere di mangiare due volte al giorno e altri in
estremo tentativo di risparmio la sera diluiscono la scodella del latte con un
po' d'acqua», come ha rilevato Fabrizio Merli (La Provincia Pavese, 3 maggio
2008). E Maria Grazia Piccaluga così scrive: «Alla mensa dei poveri si è
presentato solo una volta a mezzogiorno. Quando il bisogno ha superato la
vergogna. Ha mangiato a testa bassa, guardando solo il suo piatto. E non è più
tornato [...] Il pensionato timido e imbarazzato non si è più fatto vedere.
"Sono in tanti gli anziani che hanno bisogno, ma in genere non chiedono.
Piuttosto vanno a rovistare tra gli scarti del mercato" spiega una volontaria
corrucciando la fronte. Un dato però è significativo: gli italiani che siedono
alla mensa dei poveri sono ormai diventati numerosi quanto gli stranieri.
Anziani soli, ma anche giovani senza lavoro, uomini (e qualche donna) con un
vissuto travagliato alle spalle che non riescono più a reinserirsi nel mondo del
lavoro» (20 agosto 2008).
La precarizzazione dei lavoratori imporrebbe alle amministrazioni locali
politiche volte a contenere la disoccupazione, e la ricerca di una via che porti
al reinserimento nel mondo del lavoro. Quanto meno servirebbe il tampone di un
fondo sociale di solidarietà.
Invece piove sul bagnato. Nei primi mesi di quest'anno in provincia di Pavia
sono andati in cassa integrazione altri 1.600 lavoratori. In crisi sono 75
aziende edili e meccaniche, che vanno a sommarsi alle 237 dei mesi scorsi, 160
delle quali appartenenti al settore artigianato. Si salvano i settori
lattiero-caseario, risiero e viti-vinicolo; sono in sofferenza le imprese con
meno di 50 dipendenti, il 90 per cento delle fabbriche della provincia.
In Italia, in un anno la cassa integrazione è cresciuta del 443 per cento! Ma è
più inquietante il destino dei 4.121.000 lavoratori precari – il 15 per cento
della forza lavoro – 300.000 dei quali rischiano la disoccupazione. Analogamente
ai dati nazionali, sono precari il 15 per cento di quanti lavorano in provincia;
sono altresì precari buona parte dei 12.000 pendolari che lavorano a Milano.
Il già sterile tessuto produttivo pavese si deve così misurare con la crisi
globale e patisce un calo degli ordini tra il 20 e il 25 per cento. Meno soldi
in busta paga significa meno consumi durevoli (auto -16 per cento;
elettrodomestici -6,9) e non poche difficoltà ad affrontare gli aumenti delle
tariffe di alcuni servizi: a Pavia si sono avuti rincari per trasporti,
refezione scolastica, centri estivi delle materne e delle elementari, scuole
materne a tempo pieno, parcheggi, ecc.
Se a Pavia si piange, a Roma c'è poco da ridere. Le retribuzioni italiane sono
oggi inferiori di 8 punti rispetto alla media europea, ma il calo complessivo è
del 13 per cento (nel 2000 erano di oltre 4 punti sopra) e, come lamenta
Guglielmo Epifani, «cresce sempre di più il senso di insicurezza della
popolazione, la precarietà del lavoro, la sfiducia nel futuro e la paura di
perdere il benessere e la qualità delle proprie condizioni di vita».
Tuttavia qualcosa non quadra: negli ultimi vent'anni 120 miliardi di euro – l'8
per cento del Pil – sono passati dai salari ai profitti, 5.200 euro in media
all'anno a lavoratore, 7.000 euro se escludiamo i lavoratori autonomi. La crisi
finanziaria era da tempo in incubazione. La casta politico-economica ha pensato
di spalmarla sui lavoratori e sulla piccola e media borghesia al collasso, e
sposta su comodi capri espiatori l'«eccesso di paura» di chi si sente scivolare
lungo la china della povertà. La frammentazione sociale, la politica del
rattoppo, della finta "sicurezza", delle "ordinanze creative" e la pressione
mediatica sono strumenti per nascondere la portata ideologica e politica della
crisi a cui siamo di fronte: una crisi di civiltà che, allargando lo sguardo,
porta a muovere gli eserciti per il controllo delle fonti energetiche,
dell'acqua e del cibo.
La mendicità con un bambino, può essere scioccante o commovente. Eppure,
secondo la corte d'appello di Bruxelles, questa pratica non è illegale. La legge
autorizza i mendicanti a prendersi cura dei loro piccoli. E' lo sfruttamento dei
bambini ad essere illegale.
Tendere la mano per chiedere una moneta è autorizzato dalla legge.
L'accattonaggio per strada e negli spazi pubblici quindi non è illegale. E
mendicare con un bambino? Anche se questa pratica può scioccare o commuovere, è
lo stesso autorizzata. Secondo una decisione della corte d'appello di Bruxelles,
in effetti è permesso mendicare con dei bambini, sopratutto con i propri.
Secondo il giornale Le Soir, questo dovrebbe costituire un precedente
giudiziario.
Verbalizzata un giovane rumena
Il caso riguardava una giovane rumena di 20 anni, che chiedeva l'elemosina a
Bruxelles accompagnata dai suoi figli di 3 anni e 7 mesi. Loredana non
beneficiava di alcun reddito fisso e le era stato rifiutato l'aiuto del CPAS.
Come spiegato dai suoi avvocati al giornale "Le madri rom non possono
concepire di separarsi dai loro figli prima che siano scolarizzati". E'
stata sanzionata dalla polizia in varie riprese tra il gennaio 2007 e marzo
2008. Se il delitto di mendicità è stato abrogato nel 1993, nel 2005 è stata
votata una nuova legge per rafforzare la lotta contro la tratta ed il traffico
di esseri umani.
Condannata in prima istanza, assolta in appello
Nella prima istanza, il tribunale l'aveva condannata a 18 mesi di prigione ed
una multa di € 4.125. Giudizio ribaltato in appello. "E' una comprovata
nullatenente che mendicava con uno dei suoi bambini nelle Stazioni du Nord e du
Midi, l'accusata non ha 'assunto', 'esercitato', 'deviato' o 'scelto' nessuno
per 'consegnarlo alla mendicità' o 'incitarlo a mendicare'," indica la
sentenza.
"La circostanza che una giovane mendicante avesse dei bambini di età molto
giovane a cui accudire, ancorché sollecitare la generosità dei passanti, ed
approfittare dei benefici della loro presenza per suscitare pietà, di certo non
è una scusante, ma non costituisce infrazione penale", ha aggiunto la camera
costituzionale, che ha assolto la giovane donna.
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