Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 23/05/2010 @ 09:15:59, in casa, visitato 2487 volte)
Segnalazione di Stojanovic Vojislav
Serana Potenza, al
centro, e i ragazzi con i quali ha realizzato lo striscione di benvenuto
alla famiglia rom -
Repubblica Palermo
Iniziativa del Partito democratico a favore dei rom che andranno ad
abitare in un alloggio confiscato alla mafia. È la stessa famiglia che il mese
scorso non aveva potuto prendere possesso di un altro appartamento perché
sgradita ai residenti
"Benvenuti! La Quarta circoscrizione è contro il razzismo". Sarà questa la
scritta dello striscione che il Partito democratico, su iniziativa della
capogruppo Serena Potenza, appenderà sulla facciata del palazzo di corso Catalafimi dove nei prossimi giorni andrà ad abitare una famiglia rom. È la
stessa famiglia alla quale il mese scorso era stato assegnato un appartamento
confiscato alla mafia in via Bonanno. Ma gli inquilini del palazzo si
ribellarono e la consegna dell'alloggio saltò.
Ora la nuova assegnazioni, sempre di un appartamento confiscato a Cosa nostra.
Lo striscione vuole essere una risposta ai cartelli "Palermo ai palermitani",
esposti nei giorni scorsi dai condomini di via Bonanno, nella zona "bene" di
Palermo.
(20 maggio 2010)
Di Fabrizio (del 23/05/2010 @ 09:03:32, in casa, visitato 1761 volte)
Varese News - Martedì 18 Maggio 2010 14:51 Valeria
Deste
Il comune: il tempo è scaduto GALLARATE - Il campo sinti in via Lazzaretto sta per essere smantellato.
Pare proprio che per fine giugno gli occupanti saranno sfrattati dal suolo
comunale. La zona, visibile dall'alto percorrendo il tratto autostradale
Gallarate-Varese, conta 16 nuclei familiari, circa 50 tra bambini e
ragazzini, dai 3 mesi ai 16 anni, e 5 o 6 anziani.
Ogni famiglia è più o meno composta da circa 6 persone; in totale
si contano 15 case mobili e 1 roulotte. Per circa 20 anni i sinti
italiani di Gallarate erano dislocati a Madonna di Campagna, poi sono stati
trasferiti in via De Magri, e da 3 anni si trovano al numero 50 di via Lazaretto.
UN CAMPO AD HOC
L'area a loro adibita, oggi appariva ordinata e pulita. Diversi bambini
giocavano con la sabbia o si dondolavano sopra altalene in plastica. Le
donne stavano cucinando e gli uomini chiacchieravano sul percorso asfaltato
che mette in comunicazione le varie abitazioni. Alcuni di loro si sono
costruiti verande, altri piccoli cortiletti in erba. I presenti sono educati
e cordiali e dicono no allo sfratto.
LE MOTIVAZIONI
"Siamo sinti italiani, a Gallarate da sempre". Questo è ciò che
ribadiscono, presentando la signora più anziana del campo che ha 72 anni e
un volto particolarmente segnato dal proprio vissuto. "C'è gente che ha
realmente bisogno di una casa – rispondono all'alternativa, proposta
dall'amministrazione comunale, relativa all'assegnazione di case popolari -.
Noi le nostre case mobili le abbiamo, sono dei mini appartamenti.
Paghiamo l'affitto di un euro al mese per metro quadro e vogliamo poter
conservare le nostre tradizioni e la nostra cultura". Pare che la
proposta di una soluzione abitativa fissa e in cemento non sia condivisa
dalla comunità. "Siamo stati a casa di amici, non cambieremmo mai la nostra
dimora". E di fronte all`ipotesi di spostarsi in un altro comune, loro
rispondono: "Non e` questa la soluzione. I sinti sono in tutta Italia, solo
qui a Gallarate ci sono problemi. Mandarci in un`altro comune significa
scaricare la problematica a carico di un`altro sindaco". I disagi che
sottolineano, relativi al trasloco sono soprattutto legati ai più
piccoli: "Spostandoci di nuovo, i bambini non potrebbero più frequentare le
loro scuole. Se al comune serve l'area che ce ne dia, però, un'altra sempre
pagando l'affitto". L'appello che fanno è rivolto al sindaco:"Che si
metta una mano sul cuore. I sinti ci sono in tutta Italia, solo a Gallarate
ci contestano. Paghiamo anche l'acqua e il gas, non diamo fastidio a nessuno.
Lavoriamo in nero, raccogliendo il ferro, e ci automanteniamo".
UNA CAUSA APERTA
La comunità racconta di avere un avvocato di fiducia che ha aperto una
causa contro la decisione di sfratto dell'amministrazione Mucci. "Lo sfratto
di un campo nomadi non si è mai visto. Non sappiamo come andrà a finire.
Non sappiamo ancora nulla da parte del nostro avvocato, al momento tutto è
in mano al giudice. Abbiamo l'appoggio anche di qualche
associazione locale: speriamo in bene".
Di Fabrizio (del 22/05/2010 @ 09:11:07, in Regole, visitato 1601 volte)
In seguito ad alcuni commenti di amici su Facebook, e a questo articolo del Corriere, volevo fare alcune considerazioni a mente fredda sui fatti del Triboniano di due giorni fa:
La storia di Triboniano, come polveriera sempre pronta ed esplodere, risale indietro negli anni. Non può essere liquidata da un articolo di giornale.
I Rom PROTESTANO, occorre ricordarlo, perché da un anno quegli stessi giornali riportano notizie sul fatto che devono andarsene, ma ancora nessuno ha scritto quando, come e dove. Alcuni di loro sono a Milano da 10/15 anni, abbastanza da NON ACCETTARE di essere trattati come pacchi postali. Magari possono essere stati strumentalizzati, ma che scelta avevano? Interpretando le cronache odierne: ALCUNI COMPONENTI dei centri sociali (metterli tutti nello stesso calderone aumenta la confusione) hanno un rapporto decennale col Triboniano, quasi dello stesso periodo la presenza di Casa della Carità, prima su base volontaria e poi istituzionale. Se Casa della Carità ha da sempre perseguito il rapporto col comune, individuandolo come un interlocutore NECESSARIO per affrontare i problemi, "i centri sociali" individuano nei Rom i soggetti da sempre vittime della VIOLENZA delle istituzione. Quindi, due posizioni tra loro inconciliabili. I Rom di Triboniano vivono queste due spinte opposte in maniera ambivalente, rivolgendosi da sempre ora a questo ora a quello, col rischio perenne di finire come CARNE DA CANNONE dei diversi equilibrismi politici. Nel merito: la proposta che loro hanno fatto al Comune (di cui non trovo traccia nelle recenti cronache), e che era alla base del presidio di ieri, era: "Tramite i fondi europei stanziati per le comunità rom e gestiti dal Comune la concessione di aree abbandonate dentro il territorio del comune di Milano, autorecuperabili a costo zero, e garantendo la continuità scolastica ai bambini." Una proposta che se il Comune volesse mantenere le proposte di chiudere i campi per integrare gli occupanti, POTREBBE TRANQUILLAMENTE DISCUTERE (non ho scritto "accettare", ma "discutere"), e che mi ricordo era già stata avanzata più di 10 anni fa da Carlo Cuomo. Ma evidentemente è più facile sgomberare i campi e caricare gli occupanti se questi protestano. Certo, non si può più pretendere che la cosa passi sotto silenzio, ma bisogna allora fare in modo che gli aggrediti passino per aggressori.
Riguardo alla questione se il presidio avesse o no un'autorizzazione: Secondo me: in seguito a regolare richiesta, è stato fatto intendere (ma non in maniera chiara), che il presidio fosse autorizzato. Visto la risposta di massa, la polizia si è mostrata pronta a caricare (evidentemente allertata) per due ragioni: 1) Un presidio di 4 gatti poteva essere tollerato ed ignorato, non altrettanto centinaia di persone (Rom e gagé uniti) in piazza Scala. Troppe, per la pace sociale che deve regnare su Milano. 2) In questa maniera, non solo ai Rom veniva fatto capire che a loro era vietato manifestare, ma anche che i destinatari delle manganellate erano proprio loro, e non i loro amici gagé dei centri sociali. Insomma, un modo pratico per dividerli.
Cosa può succedere adesso: temo che il comune cercherà un'altra prova di forza (per sgomberare PARZIALMENTE il campo) ad agosto, quando i vari paladini sono al mare. Casa della Carità, nonostante le minacce di ritirarsi dalla gestione del campo, non lo farà e cercherà di alzare il prezzo della propria collaborazione. I "centri sociali" cercheranno nuovi momenti di contrapposizione, ma bisognerà vedere se i Rom li seguiranno ancora: dipende se il comune riuscirà ad uscire dalle parole d'ordine di repressione e sicurezza, per proporre soluzioni magari impopolari ma realistiche.
Rimane il fatto che per tutti il tempo stringe (a giugno potrebbero iniziare i primi trasferimenti) e con un'amministrazione cieca e sorda la soluzione non può risiedere nell'ennesimo convegno.
Di Fabrizio (del 22/05/2010 @ 09:01:21, in casa, visitato 1792 volte)
Negli ultimi anni, le autorità
italiane hanno adottato una serie di misure discriminatorie, che hanno
contribuito alla stigmatizzazione dei rom residenti nel paese. Gli sgomberi
forzati sono diventati più frequenti dopo la conclusione di accordi in materia
di sicurezza tra il governo centrale e le municipalità, a seguito dei quali
alcuni poteri sono stati trasferiti dal ministero dell'Interno alle autorità
locali.
Nell'ambito della sua campagna "Io pretendo dignità", Amnesty International
www.amnesty.it
chiede ai governi di prendere tutte le misure necessarie, compresa l'adozione di
leggi e procedure in linea col diritto internazionale dei diritti umani, per
proibire e prevenire gli sgomberi forzati.
Per chiarire l'argomento sabato 29 maggio alle ore 21.00 all'Auditorium 'Aldo
Moro' (Viale Santuario 13) di Saronno si terrà un incontro di
approfondimento sul 'Piano Nomadi' varato dal Governo nella capitale. Verranno
analizzati anche gli sgomberi in corso nella città di Milano e sarà presentata
la situazione dei rom e sinti nel resto d'Europa. Verrà trattata la questione
importante della comunicazione nei mezzi di informazione e si discuterà di quali
risposte potrebbero essere fornite dalle politiche pubbliche in merito
all'accesso al lavoro e alle questioni abitative.
Introduce e modera l’incontro:
- Davide Franchi, responsabile gruppo 135
Saronno Amnesty International.
Intervengono:
- Alessandra Meloni – Coordinatrice per il diritto
all’abitare Amnesty International Sezione Italiana;
- Dijana Pavlovic –
Federazione Rom e Sinti insieme;
- Fabrizio Casavola – Redazione Mahalla;
- Saranno presenti testimoni rom che hanno subito l’esperienza degli sgomberi
forzati.
Nel corso della serata verranno proiettati dei filmati.
Ingresso libero
Per informazioni:
gr135@amnesty.it
Cell: 3479282282
L'appuntamento su
Facebook
IL
PAESE DELLE DONNE online
di Angelica Bertellini, Eva Rizzin
Edizione speciale della Newsletter di Articolo 3 Osservatorio contro le
discriminazioni di Mantova
Da tempo pensavamo al viaggio ad Auschwitz. Le occasioni sono state molte, ma
non lo abbiamo mai fatto, ognuna di noi per i propri motivi; infine entrambe
abbiamo deciso di partire: il momento era arrivato.
Non abbiamo mai parlato tra noi delle ragioni più profonde che ci hanno
spinte ad andare, come del resto di quelle che ci avevano trattenute dal farlo
in passato, se non per la parte che riguarda la nostra professione, come
consulenti di Articolo 3, l’Osservatorio sulle discriminazioni nato a
Mantova proprio al Tavolo permanente per le celebrazioni del 27 gennaio.
Siamo arrivate ad Auschwitz il primo maggio, con una trentina di altre
persone e il presidente della Comunità ebraica di Mantova e
dell’Osservatorio, Fabio Norsa. Siamo arrivate con l’esperienza del
nostro lavoro – il contrasto alle discriminazioni –, con il nostro passato, ma
soprattutto con quella parte della nostra identità che ci fa appartenere
a minoranze colpite dal nazifascismo.
All’ingresso del campo ci aspettava una guida, a lei abbiamo chiesto di
anticiparci le tappe della visita e, con grande dispiacere, abbiamo appreso che
le aree dedicate al ricordo del Porrajmos o Baro Merape – il
genocidio delle persone sinte e rom – non erano (e non sono)
comprese. Alcune persone hanno mostrato insofferenza: “Guardiamo le cose
principali, non c’è tempo”. La guida non sapeva che fare, noi insistevamo;
“Dovete andare là” e ha indicato un punto che a noi pareva perso nel vuoto, il
campo è grande. Abbiamo iniziato il percorso guidato e dopo un po’ ci è arrivata
una traccia: “Ecco, quelle che cercavano gli ‘zingari’ possono andare al blocco
13, laggiù”.
Anche qui la minoranza sinta e rom resta a margine. Eppure sappiamo che
proprio ad Auschwitz esisteva lo Zigeunerlager, un complesso di baracche
destinate alle famiglie rom e sinte sterminate il 2 agosto 1944. La
liquidazione del lager era stata programmata per il maggio di quell’anno, ma
uno straordinario episodio di resistenza, da parte delle mamme
e dei papà sinti e rom, riuscì – forse per la sua imprevedibilità – a bloccare,
purtroppo solo momentaneamente, il proposito. Queste persone raccolsero le
ultime forze per resistere alle SS, si lanciarono a mani nude o con piccoli
oggetti contro di loro per salvare i bambini: «Abbiamo molte testimonianze anche
di ebrei italiani, che hanno assistito sia allo scoppio della rivolta, sia alla
liquidazione del 2 agosto. Tutti ricordano questi fatti come i più tristi e
tragici [...] perché la presenza dei bambini sinti e rom dava vita all’intero
campo e dopo il 2 agosto non c’era davvero più vita» 1. [1]
Presso il blocco 13 di Auschwitz 1 è stata aperta al pubblico
un’esposizione permanente sul genocidio dei Sinti e Rom. Il progetto è stato
ideato e realizzato sotto la supervisione del Centro culturale e di
documentazione sinti e rom di Germania in collaborazione con il Memoriale di
Auschwitz, l’associazione dei Rom di Polonia e altre organizzazioni rom di vari
paesi. A vederla eravamo in sei, mentre centinaia di persone percorrevano le
stradine in mezzo agli altri blocchi, in silenzio, ognuno con le cuffie
sintonizzate per sentire nella propria lingua spiegazioni e descrizioni: un
aiuto tecnologico che evita di ammassarsi intorno alla guida, di farla parlare
ad alta voce, e permette un ordinato flusso di persone dentro e fuori dai
blocchi. Noi ci siamo dovute staccare dal nostro gruppo, rinunciare a parte
della visita guidata, percorrere le stradine controcorrente, per poterci recare
al blocco 13. Ci hanno seguite Fabio Norsa e Cesare, il compagno di Eva.
Rabbia, angoscia e tristezza: anche lì escluse, esclusi, quasi fosse un
genocidio di secondaria importanza. Nessun altro si è unito, nessuno ha
sentito il bisogno (e il dovere) di includere il blocco 13 nel suo viaggio della
Memoria, come se non lo riguardasse, come se sinti e rom non fossero stati
perseguitati e sterminati per ragioni razziali (a qualche guida sfugge ancora un
“asociali...”).
Questo è un gradino della storia che il nostro Paese ha saltato:
non si può comprendere l’attuale situazione di emarginazione, esclusione e
discriminazione subìta dalle minoranze rom e sinta in Italia se non si comprende
quello che è avvenuto nei secoli più bui, se non si scoprono le radici dell’antiziganismo.
Il genocidio dei sinti e dei rom fa parte della storia di Italia e d’Europa,
tutti abbiamo il dovere di ricordare, perché è la storia di tutti.
Stefano Levi Della Torre lo scorso gennaio, a Mantova, ci diceva a
proposito di un grande scritto di Primo Levi: «La tregua è invece un esplicito
avvertimento per il futuro. La fine dell’orrore più grande è solo una tregua.
Ciò che è stato introdotto irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono,
proprio perché è stato potrà più facilmente prodursi di nuovo». Per i rom e per
i sinti la tregua non c’è mai stata.
Il 10 luglio 2008 il Parlamento europeo ha emanato la
risoluzione sul “censimento dei rom su base etnica in Italia”, che esortava le
autorità italiane ad astenersi dal procedere alla raccolta delle impronte
digitali, in quanto atto di discriminazione diretta su base razziale. Il
censimento, però, era nel frattempo già iniziato e con una schedatura contenente
etnia e credo religioso (newsletter n°4 e Rapporto 2008, p.40). Solo
successivamente è stato bloccato.
Centinaia sono gli sgomberi senza soluzione alternativa avvenuti nella sola
città di Milano, modalità in netto contrasto con la normativa internazionale
(vedi newsletter di Articolo3 n°7/2010). Dal 2008 le regioni Lombardia,
Campania, Lazio, Piemonte e Veneto sono state dichiarate ufficialmente in “stato
d’emergenza in relazione agli insediamenti delle comunità nomadi”. In molte
città italiane alcuni dei cosiddetti ‘campi nomadi’ autorizzati
istituzionalmente sono recintati, video sorvegliati 24h, presidiati da punti di
controllo di entrate e uscite. La vita delle persone rom e sinte è regolamentata
da vere e proprie leggi speciali, i “patti di legalità”. Non sono mancati casi
di cittadini italiani sinti che hanno subìto censimenti etnici nelle proprie
case, costruite su terreni privati (newsletter n°69).
Siamo tornate da Auschwitz con la sensazione profonda di una memoria
mutilata. [n.d.r. v. i Cenni storici di Eva Rizzin
che riportiamo in nota] [2]
La notizia che ci ha accolte al rientro in Italia e al lavoro è stata quella
di un modulo con intestazione di Trenitalia, gruppo Ferrovie
dello Stato, Direzione regionale Lazio, ad uso del personale per rilevare la
frequentazione di una fermata (Salone – Roma), che contiene una nota:
“nella sezione destra della casella indicare anche eventuali viaggiatori di
etnia ROM”. Le Ferrovie hanno inizialmente dichiarato di non averlo mai
utilizzato, come se questo ne cancellasse l’esistenza, e dopo pochi giorni la
direzione ha ammesso l’utilizzo, ma non la responsabilità: sarebbero stati
alcuni non meglio specificati funzionari ad aver preso l’iniziativa; non viene
detto né chi e neppure perché. Treni, binari, schede, etnia... Dentro di noi si
associa, violentemente, l’immagine del binario di Birkenau visto pochi giorni
fa: è così vicino a quel pezzo di terra, la zona B2, su cui rimane solo qualche
camino, dove sorgevano le baracche di legno dello Zigeunerlager.
Questa memoria parziale corrisponde ad una ingiustizia totale, i cui malefici
frutti siamo costretti a cogliere oggi, senza tregua. L’Italia deve fare
i conti con il proprio passato e le istituzioni – politiche e culturali
– devono dare pieno riconoscimento a tutte le persone colpite dal programma di
persecuzione e sterminio nazi-fascista. Nessuno, mai più, deve sentirsi in alcun
modo legittimato a schedare, contare, colpire un’altra persona sulla base della
sua appartenenza.
E nessuno dovrebbe sentirsi libero di ignorare queste vessazioni, ma questo è
un conto che ognuno deve fare con se stesso.
Angelica Bertellini - Laureata in filosofia del diritto
all’Università di Bologna con uno studio sul processo di Norimberga.
Eva Rizzin - Ha conseguito un dottorato di ricerca in
geopolitica all’Università di Trieste sul fenomeno dell’antiziganismo
nell’Europa allargata.
Note
[1]
1. Marcello Pezzetti, docente università di studi sulla
Shoah dello Yad Vashem, in A forza di essere Vento, dvd
documentario curato da Paolo Finzi, A edizioni..
[2]
CENNI STORICI SUL GENOCIDIO DEI ROM E DEI SINTI
Furono più di 500.000 le persone rom e sinte vittime
dello sterminio pianificato e commesso dal nazi-fascismo.
Questa è una storia spesso dimenticata e per lungo tempo
narrata con omissioni o imprecisioni. I sinti e i rom furono
perseguitati su base razziale: molti di loro furono
classificati come ‘asociali’ (era il triangolo nero quello
che nei lager contrassegnava le persone che, nella teoria
nazista, venivano definite tali), ma in realtà, come scrive
Giovanna Boursier, “furono perseguitati, imprigionati,
seviziati, sterilizzati, utilizzati per esperimenti medici,
gasati nelle camere a gas dei campi di sterminio, perché
“zingari”, e secondo l’ideologia nazista, razza inferiore,
indegna d’esistere” [Boursier 1995]. Il triangolo di colore
marrone identificava questa “razza”. In Italia solo di
recente, grazie agli studi di storici come Boursier e Luca
Bravi, è stata intrapresa una rigorosa ricerca su questa
tragedia, per troppo tempo taciuta.
La cosiddetta asocialità venne attribuita alla popolazione
rom e sinta sulla base di presunti studi nazisti, che la
volevano connessa al ‘gene dell’istinto al nomadismo’, il
Wandertrieb, e molti scienziati – tra i quali ricordiamo
Robert Ritter (psichiatra infantile), la sua assistente Eva
Justin e, non da ultimo, il famigerato dottor Mengele, che
aveva il suo studio proprio accanto allo Zigeunerlager così
da accedere agevolmente ai bambini per i suoi esperimenti –
si impegnarono in attente ricerche volte a dimostrare questa
ributtante teoria. «La presenza di questo gene nel sangue è
la dimostrazione che questi zingari sono esseri
irrecuperabili», sostenne Eva Justin nella sua tesi di
laurea, e da questo assunto prese l’avvio la seconda parte
del ‘programma’, ossia la distinzione e separazione tra
‘puri’ ed ‘impuri’. I ‘puri’, il 10% circa, erano quelli da
salvaguardare perché vivendo ancora allo ‘stadio primitivo’
– come sostenevano i nazisti – rappresentavano un patrimonio
antropologico da preservare. I mischlinge, i misti,
risultarono invece essere gli elementi più pericolosi, non
solo perché portatori di un’ulteriore anomalia – e quindi
un’imperfezione – ma anche perché, ritenendoli meno facili
da individuare, rappresentavano un rischio maggiore di
contaminazione. I nazisti presero così la decisione di
eliminarli, una decisione dettata da motivazioni
esclusivamente razziali.
Talvolta penso che se avessi avuto la sfortuna di nascere
in quell’epoca le mie sorti, forse, sarebbero state fra le
peggiori, visto che anche io sono una ‘meticcia’.
Dopo lo sterminio dei rom e dei sinti, il dottor Robert
Ritter, che fu a capo delle ricerche scientifiche che
portarono allo sterminio tornò indisturbato ad esercitare la
sua professione come psichiatra infantile. Fu anche lodato
dal nuovo governo tedesco per la sua profonda conoscenza in
fatto di rom e sinti. Eva Justin, assistente di Robert
Ritter, fu processata ed assolta.
Una sola guardia semplice di Auschwitz è stata condannata
per crimini contro i sinti e i rom.
Il riconoscimento dello status di vittime della persecuzione
nazi-fascista e la conseguente possibilità di ottenere i
risarcimenti previsti sono state per lungo tempo ostacolati,
quando non impediti. Il governo tedesco riconobbe soltanto
nel 1980 che i rom e i sinti avevano subìto una persecuzione
su base razziale.
La persecuzione fascista
I campi di concentramento non furono solamente un
fenomeno nazista, ma anche fascista italiano, su questo
penso sia importante riflettere.
Il nostro paese, l’Italia, assieme alla Germania nazista si
rese responsabile della concentrazione, deportazione e
sterminio di centinaia di migliaia di rom e sinti.
Non molti sanno che anche in Italia c’erano i campi di
internamento dove i sinti e i rom furono imprigionati e che
erano più di 50 (Agnone, Arbe, Boiano, Cosenza,
Perdasdefogu, Frignano, Tossicia, Le Isole Tremiti,
Vinchiatauro) .
Anche nella mia regione, il Friuli, c’è ne erano due: a
Gonars e a Visco, in provincia di Udine. I campi rientravano
in un’operazione pensata scientificamente, definita in ogni
dettaglio organizzativo, di pulizia etnica nella ex
Jugoslavia e di italianizzazione dell’area oggi compresa tra
Slovenia e Croazia, autorizzata personalmente da Mussolini
durante un incontro appositamente organizzato a Gorizia nel
1941. Il campo di concentramento e di sterminio di Gonars
era stato pensato inizialmente per i militari russi, ma alla
fine vi trovarono la morte anche civili sloveni tra i quali
anche molti rom e sinti – principalmente dell’area di
Lubiana – e croati [Kersevan, 2003].
Noi non ne parliamo
Molti appartenenti alla mia famiglia durante l’epoca
nazi-fascista furono perseguitati e costretti ad emigrare.
Durante la stesura della mia tesi di laurea, una tesi
inerente alla cultura della mia comunità, pensai di scrivere
un capitolo sul genocidio, cercando di raccogliere alcune
testimonianze di familiari che subirono il dramma delle
persecuzione, come la zia che avevo deciso di intervistare.
Quell’intervista non si realizzò mai: parlare dei morti non
era buona cosa, mi rispose che dei morti bisogna avere
rispetto e che quindi non si poteva e non si doveva
parlarne.
Mi trovai a vivere un forte conflitto: da una parte c’era
l’esigenza di ricordare, di raccogliere le testimonianze, di
scrivere quelle pagine vergognose della nostra storia;
dall’altra dovevo rispettare la mia cultura, ricordare il
genocidio avrebbe significato anche affrontare il delicato
tema della morte, una realtà considerata sacra all’interno
della mia comunità, aspetto di fronte al quale bisogna
mostrare il più autentico e doveroso riguardo, un rispetto
che si concretizza con il silenzio.
Il rispetto dei morti per noi sinti è uno degli aspetti
fondamentali della nostra credenza religiosa e visto che il
momento della morte rappresenta una situazione molto
delicata, molte volte si preferisce non parlarne.
Ci tengo a sottolineare che questa è stata l’esperienza
della mia comunità: non vale quindi per tutti i sinti e rom,
molti sono quelli che oggi hanno deciso di raccontare.
Spesso il termine Porrajmos, traducibile come ‘divoramento’,
viene utilizzato per indicare la persecuzione e lo sterminio
dei rom e dei sinti, molti però sono i sinti che non si
riconoscono in questo termine, tant’è che parecchi ne
ignorano il significato e quando parlano del genocidio
utilizzano il termine Baro Merape che il lingua
ròmanes/sinto significa grande morte, sterminio.
Il genocidio dei sinti e dei rom meriterebbe un pieno
riconoscimento commisurato alla gravità dei crimini
commessi. E’ vergognoso, ad esempio, che nell’ex campo di
internamento di Lety u Pisku (Boemia del sud, attuale
repubblica Ceca) – dove i rom e i sinti subirono torture
feroci identiche ai lager tedeschi – sia stata costruita
un’azienda di allevamento suino, anziché un degno memoriale.
Nella risoluzione del 27 gennaio 2005 emanata dal Parlamento
Europeo si invitano la Commissione Europea e le autorità
competenti ad adottare tutte le misure necessarie per
rimuovere tale azienda. Una risoluzione questa che condanna
le opinioni revisioniste e la negazione del genocidio come
vergognose e contrarie alla verità storica ed esprime
preoccupazione per l’aumento di partiti estremisti e
xenofobi e la crescente accettazione delle loro opinioni da
parte dei cittadini.
I recenti fatti nazionali dimostrano che il sentimento
anti-rom, e i numerosi pregiudizi razziali che stanno
investendo massicciamente l’Italia, rappresentano una
gravissima minaccia non solo per i sinti e per i rom, ma
anche per i valori europei e internazionali della
democrazia, dei diritti dell’uomo e dello stato di diritto e
pertanto per la sicurezza di tutti in Europa.
Per l’Unione Europea il 2007 e il 2008 dovevano essere
rispettivamente l’anno delle pari opportunità e del dialogo
interculturale, dovevano essere anni fondamentali per
promuovere la percezione della diversità come fonte di
vitalità socioeconomica, una grande occasione per cambiare
la percezione generale che si ha delle comunità rom e sinte.
Questi anni verranno invece ricordati dai sinti e i rom come
gli anni in cui l’insofferenza diffusa, la violenza e
l’intolleranza contro il diverso, l’immigrato, lo ‘zingaro’
hanno assunto i connotati espliciti della xenofobia e del
razzismo. Per noi rimarranno gli anni delle schedature,
degli sgomberi, dei commissari speciali e delle impronte
digitali. La marginalizzazione dei rom e dei sinti ha
attraversato i secoli, dalle violente persecuzioni di ieri
alla ghettizzazione imperante di oggi, passando per lo
sterminio, dimenticato, della seconda guerra mondiale. La
nostra cultura è riuscita a sopravvivere a secoli di
persecuzioni. Io non mi stanco di credere nella possibilità
di una società che rispetti le differenze, che le tuteli le
minoranze come patrimonio fondante di tutti e di tutte.
La memoria del genocidio dei rom e sinti è essenziale in
questo processo di presa di coscienza sociale, poiché fa
parte della storia comune.
Non suoni questo superfluo o retorico, in quanto la
rimozione della memoria e il revisionismo sono spesso il
primo passo verso nuove catastrofi.
Eva Rizzin
Bibliografia minima:
Boursier G., Lo sterminio degli zingari
durante la seconda guerra mondiale, in Studi storici n.2,
Roma, 1995
Boursier G., Gli zingari nell’Italia
fascista, in Italia Romaní, vol.1, a c. d. L. Piasere, Roma,
1996
Boursier G., La persecuzione degli zingari
nell’Italia fascista, in Studi storici, n.4, Roma, 1996
Boursier G., Zingari internati durante il
fascismo, in Italia Romaní, vol.2, a c. d. L. Piasere, Roma,
1999
Boursier G., Rom e sinti sotto nazismo e
fascismo, in Rivista anarchica, n°319, a 36, 2006
Bravi L., Altre tracce sul sentiero per
Auschwitz, Roma, 2002
Bravi L.,Rom e non-zingari. Vicende
storiche e pratiche rieducative sotto il regime
fascista,Roma, 2007
Bravi L., Tra inclusione ed esclusione. Una
storia sociale dell’educazione dei rom e dei sinti in
Italia, Milano, 2009
Kersevan A, Un campo di concentramento
fascista. Gonars 1942 – 1943, Udine, 2003
Williams P., Noi non ne parliamo. I vivi e
i morti tra i Manuš, Roma, 2003 _ Porrajmos. Altre tracce
sul sentiero per Auschwitz, mostra documentale curata
dall’Istituto di cultura sinta, scaricabile all’indirizzo
www.nevodrom.it
A forza di essere Vento, dvd documentario curato da
Paolo Finzi, A edizioni
Sul web: Porrajmos La persecuzione e lo sterminio
nazifascista dei Rom e dei Sinti, audio documentario
prodotto da Opera Nomadi e Radioparole, (2004):
http://www.radioparole.it/porrajmos...
University of Minnesota Driven to discover, a c. d. Ian
F. Hancock:
http://www.chgs.umn.edu/histories/v...
Di Fabrizio (del 21/05/2010 @ 12:23:32, in media, visitato 1984 volte)
Segnalazione di Giancarlo Ranaldi
Video di C6.tv (purtroppo non riesco a caricarlo)
Milano. Sono ormai settimane che il campo rom di Triboniano aspetta di sapere
il suo futuro e per questo gli abitanti di via Barzaghi avevano organizzato un
presidio davanti a Palazzo Marino. Sono le 16.15 quando dal campo nomadi
cento cinquanta persone circa si muovono per raggiungere il Comune. La polizia
blocca il corteo ed effetua una carica di alleggerimento all'angolo di via
Barzaghi. Dopo il primo contatto i rom rientrano al campo barricandosi nelle
loro case. Le forze dell'ordine isolano Triboniano bloccando gli accessi,
impedendo anche ai giornalisti di entrare. Inizialmente da lontano si vedono le
fiamme di una macchina che brucia e un enorme nube nera. In centinaia le forze
dell'ordine in tenuta anti sommossa fronteggiano la situazione. Tre i feriti tra
i rom al termine degli scontri: un bambino con il volto irritato dal gas
lacrimogeno, una bambina di 7 anni colpita da una manganellata al braccio destro
e un uomo colpito alla testa. Quattro i feriti tra gli agenti di plizia. Noi
siamo riusciti, nel tardo pomeriggio, ad accedere e raccogliere alcune
testimonianze dirette degli abitanti. Qui vi proponiamo una PRIMA parte delle
immagini dei disordini e tutte le interviste realizzate nel campo. Tra queste
anche quella di una signora (che ha scelto di non farsi riprendere in viso) che
dall'esterno ha cercato di entrare nel campo rom per portare soccorso ed è stata
bloccata. Servizo di Teo Todeschini (milanox.eu) e Angela Nittoli (c6.tv)
Di Fabrizio (del 21/05/2010 @ 09:57:21, in Italia, visitato 2057 volte)
Segnalazione di Marco Brazzoduro
XXIII Convegno Nazionale A.I.Z.O. rom e sinti
Rom, sinti e gagè: culture in dialogo?
28-29 MAGGIO 2010
Fondazione “Opera Campana dei Caduti”, Largo Padre Eusebio Iori Colle di Miravalle
Rovereto (TN)
28 MAGGIO
Ore 9.00: Saluto delle autorità
|
Lia Beltrami Giovanazzi |
Assessore alla Convivenza Internazionale Solidarietà Integrazione provincia di Trento |
On. Prof.ssa Letizia De Torre |
Deputato già Vice Ministro della Pubblica Istruzione |
Sen. Alberto Robol |
Reggente Campana dei Caduti |
|
Sindaco di Rovereto |
Presentazione del Convegno: |
Jonko Jovanovic |
Vicepresidente Nazionale A.I.Z.O. rom e sinti |
La via Europea all’inserimento |
Juan De Dios Ramirez Heredia |
Già Eurodeputato gitano, Presidente Romani Union (Spagna) |
Aspetti identitari della cultura romanì: |
Jovan Damianovic
Bajram Haliti
|
Deputato rom, Repubblica Serba
Avvocato rom, Kossovo
|
Parlare romanè |
Marcel Courthiade |
Linguista rom, Francia |
Cantare le radici
h 13:00
|
Santino Spinelli
Pranzo
|
Università di Chieti |
Società e valori sinti
|
giovani sinti |
|
Rom e sinti: tradizioni e progresso |
Kasim Cizmic
Georghita Caldararu
Osmani Bajram
|
U.N.I.R.S.I.
Delegato nazionale rumeni A.I.Z.O.
Giornalista I.R.U.
|
Conservazione e cambiamento: il ruolo delle donne |
Esma Halilovic
Prof.ssa Marcella delle Donne
|
Università “La Sapienza” di Roma |
Emergenze educative: soluzioni possibili? |
On. Prof.ssa Letizia De Torre
Prof.ssa Maria Luisa Manfredi Chiarini
|
Presidente A.I.Z.O. - Sezione Provinciale di Cremona |
Esperienze di inclusione sociale |
Graziano Halilovic |
Romà Onlus - Italia |
Rom, sinti e gagè: dialogo possibile? |
Pierluigi Casotto
Ettore Gialdi
Don Beppino Caldera
|
Assessore alle Politiche Sociali Casalmaggiore
Assessore alla Cultura Casalmaggiore
Migrantes di Trento
CARITAS
|
|
|
|
Dibattito
Interventi di :
- Ass. Sinti del Trentino
- Nevo Drom (Trento)
- Ass. Rom del Kossovo
Ore 20.30
Cocktail Tzigano con i Vagane Sinti
29 MAGGIO
Ore 9.00
Quando un’identità significa morte: ricordo dello sterminio Nazista e della ex Jugoslavia
VIDEO-interviste
|
Interviste di Carla Osella
Gnugo de Bar
Branko Sulejmanovic
|
Presidente Nazionale A.I.Z.O. rom e sinti |
|
Conclusioni del convegno |
|
Ore 11.00 Inizio cerimonia innalzamento della bandiera romani |
Sen. Alberto Robol |
Reggente Campana dei Caduti |
Dott. Francesco Squarcina
|
Commissario di governo |
|
Delegazione ufficiale rom e sinti |
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|
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Innalzamento della bandiera del popolo romanì
Inno internazionale rom “Gelem, Gelem” eseguito da Alexian Ta Le Chave
Inno nazionale Italiano
I cento rintocchi di Maria Dolens
|
Ore 13.30 Pranzo
Ore 14.30 Chiusura dei lavori
|
Dal 24 maggio al 6 giugno verrà allestita la mostra fotografica
“Rom e sinti, il popolo degli uomini” (80 fotografie)
Per informazioni:
011.749.6016 011.740.171 cellulare 348.825.7600
Desideriamo invitarvi a partecipare alla serata "MA GAVA PALAN LADI,
PALAN BURA OT CROIUTI - IO SEGUIRO' QUESTO MIGRARE, QUESTA CORRENTE DI
ALI", con cena con cibi da ricette popolari balcaniche e con I MUZIKANTI
DI BALVAL - JOVICA JOVIC E MARTA PISTOCCHI in concerto - musiche
tradizionali/popolari balcaniche e non solo, organizzata
dall'Associazione La Conta - ONLUS, che ci sarà venerdì 28 maggio
2010 alle ore 20,00 presso la CGIL - Salone Di Vittorio, in Piazza
Segesta 4 con ingresso da Via Albertinelli 14 a Milano.
Sarà una serata piacevole e conviviale con MUZIKANTI DI BALVAL con
Jovica Jovic - fisarmonica cromatica e Marta Pistocchi - violino in
concerto di musiche tradizionali/popolari balcaniche, rom e sinti,
festose, gioiose e capaci dare emozioni uniche. Si potranno inoltre
apprezzare i cibi da ricette popolari balcaniche, preparati con passione
e cura dai nostri cuochi e, se lo si desidera, associarsi all'
Associazione La Conta - ONLUS, per contribuire alla realizzazione del
progetto associativo di solidarietà sociale e di valorizzazione della
cultura popolare. Per la serata è richiesto a ciascuno un contributo
all'Associazione di 25,00 euro.
MUZIKANTI DI BALVAL - Jovica Jovic, fisarmonica - Marta Pistocchi,
violino
Due musicisti all'apparenza molto diversi tra loro che si incontrano
nelle sonorità della musica balcanica: Jovica Jovic è un maestro della
fisarmonica cromatica, musicista di lunga carriera e custode della
tradizione popolare del suo paese d'origine, la Serbia; Marta Pistocchi
violinista italiana appassionata di musica rom, ha raccolto e condivide
questa preziosa eredità in un passaggio di saperi che supera i confini
geografici e culturali.
I Muzikanti sono la realizzazione di un autentico incontro di culture,
che si esprime in un linguaggio musicale originale, fantasioso, libero,
vitale. Ritmi incalzanti, intervalli orientaleggianti e virtuosismi si
alternano a melodie struggenti dal potere evocativo, in una combinazione
di esotismo ed energia che emoziona ogni tipo di pubblico (www.myspace.com/imuzikanti)
Per ragioni organizzative vi saremo grati se confermate la vostra
presenza alla serata con cena prima possibile ma comunque entro e non
oltre mercoledì 26 maggio 2010 all'indirizzo
laconta@intrefree.it
Vi saremo altresì grati se vorrete dare diffusione elettronica
all'iniziativa di cui sopra e/o diffondere la stessa tra le persone che
ne possono esservi interessate. Vi ringraziamo in anticipo.
Di Fabrizio (del 20/05/2010 @ 22:36:23, in Italia, visitato 2950 volte)
del Gruppo EveryOne
Milano, 20 maggio 2010. Mentre attendevano in piazza della Scala una delegazione di circa 300 Rom dal Triboniano (in un primo momento ce ne erano stati comunicati la metà), i rappresentanti di alcune organizzazioni per i Diritti Umani milanesi venivano raggiunti da una notizia sconcertante: "I Rom sono usciti pacificamente dal campo, senza striscioni né cartelli, senza dar vita ad alcun corteo, ma un poderoso spiegamento di forze di polizia li ha fermati, intimando loro di rientrare nell'insediamento, perché la manifestazione non era autorizzata. I Rom hanno risposto che, come liberi cittadini, avevano diritto a spostarsi liberamente e che eventualmente la polizia avrebbe potuto intervenire, sempre civilmente, perché la libertà di manifestazione è sancita dalla Costituzione, davanti a Palazzo Marino, dove un presidio era stato annunciato per le 18". Intanto alcuni operatori umanitari e difensori dei Diritti Umani chiedevano un incontro urgente con il vicesindaco o l'assessore alla sicurezza, per protestare contro l'operazione poliziesca e assicurarsi che le autorità cittadine evitassero qualsiasi azione aggressiva da parte degli agenti, in attesa che gli attivisti si spostassero presso il campo di via Triboniano. Nessun rappresentante del Comune di Milano accettava di incontrare la delegazione, mentre un portavoce dell'amministrazione comunale comunicava agli attivisti che il vicesindaco e l'assessore si trovavano già presso l'insediamento. Nel frattempo i Rom venivano pressati dalle forze dell'ordine, che con un'azione preordinata li caricavano. Pochi minuti dopo, il seguente comunicato stampa del Gruppo EveryOne riassumeva la catena di eventi presso il Triboniano:
Segnalazioni di azioni violente da parte delle forze dell'ordine contro famiglie Rom del Triboniano
"Ci stanno pervenendo in questi minuti numerose segnalazioni, confermate da alcuni fotoreporter di agenzie di stampa e quotidiani nazionali, secondo le quali le forze dell'ordine milanesi avrebbero caricato pesantemente gli abitanti del campo Rom di Triboniano, impedendo con la forza a 300 uomini, donne e bambini dal recarsi pacificamente e non in forma di corteo al presidio convocato oggi alle 18 dalle associazioni umanitarie di fronte a Palazzo Marino". Lo dichiarano Roberto Malini, presente al presidio di fronte al Comune di Milano, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti con lui del Gruppo EveryOne, organizzazione per i Diritti Umani. "In questo momento la Polizia è all'interno del campo. I Rom sono stati caricati da un cordone di agenti mentre tentavano di uscire dal Triboniano e recarsi pacificamente al presidio, poi la Polizia ha impedito l'accesso a noi attivisti e all'interno del campo è iniziata una tremenda caccia all'uomo tuttora in corso" ha raccontato Stefano, attivista che assiste le famiglie del Triboniano, raggiunto al telefono poco fa da Pegoraro.
Ulteriori testimonianze confermavano l'incredibile abuso: "Gli attivisti e i reporter possono vedere con i loro occhi scene da incubo: donne e uomini Rom pesti e sanguinanti, bambini feriti e intossicati dai lacrimogeni, perdita di controllo da parte degli uomini in divisa, che colpiscono alla cieca con i loro manganelli. Una bambina è stata percossa con violenza a un braccio, un giovane Rom zampilla sangue dalla fronte".
La polizia impediva ai fotografi di fare il loro dovere e documentare il massacro, ma foto e video girano già in rete. "Ci sentiamo di dire alla luce di quanto sta accadendo," prosegue EveryOne, "che siamo totalmente a fianco dei nuclei familiari Rom di via Triboniano, anche nel caso in cui sia in atto una ribellione alla riferita violenza da parte delle forze dell'ordine. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, infatti, sancisce la ribellione a tutte le forme di violenza e discriminazione quale diritto inviolabile dell'uomo, e come Gruppo sui Diritti Umani, ci dichiariamo pronti a scendere in campo, nella forma nonviolenta che da sempre ci caratterizza, accanto alle famiglie Rom per contrapporre - anche rischiando di ricevere gli stessi abusi - la ragione dei Diritti Umani alla violenza e alla persecuzione che le colpiscono".
La cronaca da parte degli Antirazzisti Milanesi (condivisibile al 100% in ogni considerazione)
Ore 16: circa 300 rom si avviano a piedi per prendere il tram 14 e recarsi al presidio indetto per le 18 sotto Palazzo Marino. L'obiettivo del presidio era semplicemente quello di comunicare alle autorità cittadine la piattaforma rivendicativa degli abitanti (qui allegata). Una proposta di accordo che, se accettata avrebbe significato l'abbandono volontario del campo sotto sgombero. Ma percorsi neanche 200 metri uno sbarramento di Polizia bloccava la strada e con fare arrogante intimava ai rom di tornare indietro perché la manifestazione non era autorizzata (falso! dato che erano stati presi accordi precisi con la DIGOS) e spingendo affinché i rom facessero una delegazione di sette persone per andare ad incontrare l'assessore Mojoli. I rom rifiutano la proposta e al primo accenno di proseguire vero il capolinea del 14 parte la prima carica. Come al solito le donne in prima fila, come al solito le vittime non possono combattere: una bambina di due anni ne esce con la faccia segnata dal manganello e parecchie caviglie risultano gonfiate dai calci Ore 17: dopo un lungo e inutile parlamentare, i rom decidono di tornare indietro, agguerriti più che mai e improvvisano barricate in mezzo alla strada. la manifestazione, nei fatti, si concentra in via Triboniano. La richiesta è sempre la stessa: una risposta alle rivendicazioni unitarie di tutti e quattro i campi sotto sgombero. Anche la risposta è sempre la stessa. Decine di cellulari scaricano agenti, che con ampi cordoni in antisommossa bloccano entrambi gli accessi al campo anche a chi ovviamente stava accedendo dal presidio ormai saltato in centro città Ore 18,30: Scatta l'ordine di attacco. I cordoni si muovono contro i rom che cominciano ad opporre una forte resistenza. Diverse cariche violente vengono affrontate dagli abitanti del campo. Per ben tre volte l'esercito anti-rom è costretto ad arretrare perché i rom contrattaccano. Ma alla fine numeri e soprattutto violenza armata prevalgono. Lacrimogeni e manganelli costringono i rom all'interno dei campi che continuano a cercare di resistere e contrattaccare. Da qui in poi non è dato sapere cosa stia davvero accadendo. I solidali che sopraggiungono trovano la strada sbarrata. Non resta che lanciare un accorato appello ad accorrere verso Triboniano. La resistenza dei rom ha assunto davvero tratti eroici e se oggi la battaglia antifascista riveste un qualche significato e valore universale questo è il momento di dimostrarlo. Il fascismo, sempre di più, è quello dello stato. La resistenza che sgorga dalle viscere della società, è l'unica vera risposta all'altezza della situazione.
Di Fabrizio (del 20/05/2010 @ 20:04:48, in Regole, visitato 2193 volte)
Un lungo comunicato (che riporto qua sotto) mi informava che stasera alle
18.00 in piazza Scala c'era un presidio dei Rom. Ero lì per intervistare
qualcuno di loro, ed avere qualche parere dai diretti interessati.
Non ho potuto farlo: in piazza c'erano solo
Ventila (vecchia conoscenza dei
lettori), che in effetti abita nel campo di Triboniano, qualcuno del comitato
antirazzista, una delegazione del comitato di Rubattino e Roberto Malini
del gruppo EveryOne.
Era successo che ai Rom è stato IMPEDITO CON LA FORZA di manifestare,
perché un cordone di polizia ha impedito loro di uscire dal campo di Triboniano,
effettuando una carica che si è conclusa con alcuni Rom contusi.
Una delegazione ha tentato di farsi ricevere in Comune per chiedere la
rimozione del blocco di polizia, ma non è stata neanche fatta entrare nel
palazzo.
A questo punto da piazza Scala si sono spostati verso il campo di Triboniano,
per capire quale fosse la situazione. Io son tornato a casa per darvi almeno
queste scarne notizie, che lascio a voi giudicare. Vi farò sapere appena
possibile se ci son aggiornamenti.
COMUNICATO STAMPATriboniano, i Rom, le Ong e gli operatori umanitari in presidio davanti a
Palazzo Marino Milano, 19 maggio 2010. Domani, giovedì 20 maggio, a partire dalle 18 si
terrà un presidio pacifico davanti a Palazzo Marino, in piazza della Scala.
La manifestazione è stata promossa dalla comunità Rom di via Triboniano, per
protestare contro i continui sfratti che mettono sulla strada famiglie
indigenti e contro il progetto dello smantellamento del campo, programmato a
partire dal 30 giugno, senza alternative abitative e inclusive sufficienti
all'emergenza umanitaria. Organizzazioni per i Diritti Umani e centri
antirazzisti sosterranno il presidio. "E' il primo passo per la difesa del
nostro diritto all'esistenza e alla dignità," affermano senza esitazioni i
rappresentanti delle comunità Rom riunitesi in assemblea domenica scorsa. Il
Gruppo EveryOne, che ha scritto una lettera al vicesindaco e alla Casa della
Carità, chiedendo l'interruzione degli sfratti e l'avvio di politiche in
linea con la Carta dei diritti fondamentali della persona nell'Ue, sarà
presente al presidio. "Negli ultimi anni il Comune di Milano ha perso una
grande opportunità civile," spiegano i leader dell'organizzazione Roberto
Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, "perché ha avuto a disposizione
tanti milioni di euro, ma ha investito tutto quel denaro in una forsennata
caccia all'uomo, attuando sgomberi irresponsabili in estate e in inverno,
mettendo sulla strada bambini, donne e malati. Ha murato case abbandonate,
acquistato centinaia di telecamere di sorveglianza, distolto la polizia
municipale dai suoi compiti utili alla collettività per trasformarla in una
milizia etnica. La Commissione europea e l'Alto Commissario Onu per i
Diritti Umani hanno condannato tali procedure, contro cui sono state aperte
procedure di infrazione. Ora tocca al Triboniano, un campo che sta per
essere sacrificato alla realtà dell'Expo, attorno a cui gravita ogni genere
di malapolitica e malaffare". Vi è una certa preoccupazione, da parte delle
istituzioni locali, dopo i moti di protesta verificatisi al Triboniano
giovedì 13, quando alcuni rappresentanti della comunità di via Triboniano
hanno eretto barricate, dato fuoco a copertoni e a un'auto, messo alcune
bombole in mezzo alla strada. L'Assemblea di via Triboniano e gli
Antirazzisti Milanesi assicurano che il presidio si svolgerà in modo
pacifico: "La manifestazione si prefigge esclusivamente lo scopo di
consegnare e rendere pubblica alla una proposta di soluzione della vicenda
che rappresenta la volontà di tutti gli abitanti del campo. Le famiglie si
rendono infatti disponibili a lasciare l'insediamento purché vengano
salvaguardati i loro diritti fondamentali: un’abitazione degna e sostenibile
per i 100 nuclei familiari; la garanzia di continuità scolastica per tutti i
bambini; la fine di ogni gestione esterna degli interessi e dei diritti
della comunità". La Croce Rossa Italiana e la Croce Rossa Romena visiteranno
il campo nei prossimi giorni con una delegazione, per verificare le
condizioni di salute degli insediati, per accertare che le famiglie verranno
risistemate in alloggi adeguati e che siano previsti dopo il trasferimento
programmi di inclusione, come prevedono gli accordi internazionali. "Al
Triboniano rischia di verificarsi una spaventosa tragedia umanitaria,"
comunica l'ufficio stampa della sezione Diritti Umani del Circolo
"Generazione Italia" di Milano, "ed è importate evitarla. Dopo le proteste
di giovedì, si è parlato dei Rom come di facinorosi e violenti. Chi conosce
la situazione del campo, però, si rende conto che per i 700 esseri umani lì
residenti non esistono più diritti né opportunità di vita. Quando un gruppo
sociale viene perseguitato, è sancito il suo diritto alla ribellione: lo
afferma la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Domani, però, la
protesta si svolgerà in modo tranquillo, anche perché è auspicabile da parte
delle autorità cittadine iniziare finalmente ad ascoltare i Rom del
Triboniano, evitando di delegare le loro scelte e il loro destino ad
associazioni che non hanno motivo di rappresentarli".
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
+39 393 4010237 :: 39 331 3585406
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