Rom e Sinti da tutto il mondo

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Di Fabrizio (del 12/04/2010 @ 09:27:10, in Italia, visitato 3599 volte)

Questo articolo del Financial Times mi è stato segnalato per primo da Eugenio Viceconte. In molti lo hanno linkato e citato, ma credo che sinora nessuno lo abbia ancora tradotto integralmente. Ci provo, anche perché l'articolo originale è ora disponibile solo ai lettori registrati ; - )

By Gabriella Bianchi in Rome

"Moriremmo piuttosto che andare via," dice Hasco Rustic, dando orgogliosamente ospitalità nel container di metallo dove vive.

Rustic è un portavoce dei 350 zingari bosniaci nel campo di Tor De Cenci che dividono con un piccolo gruppo di Macedoni ai margini meridionali di Roma. Tor De Cenci si trova dove dovrebbe sorgere la pista del progettato gran premio automobilistico di Roma, programmato per il 2013. E' anche uno dei molti insediamenti che il sindaco Gianni Alemanno intende chiudere, per raggruppare circa 6.000 zingari stranieri in una dozzina di "villaggi della solidarietà" fuori dalla città.

"Siamo stati qui per 15 anni e siamo ben integrati nella comunità. I nostri bambini vanno qui a scuola e abbiamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno - cucina, TV, doccia," dice Rustic.

A febbraio, tra le fanfare dei media, Alemanno ha fatto il primo passo nel suo Piano Nomadi di 28 milioni di euro, sigillando i cancelli di Casilino 900, il più grande campo illegale d'Europa. "Oggi si fa la storia," dichiarò. "Abbiamo cancellato questa vergogna con la cooperazione degli zingari e dei comitati cittadini."

Il piano discende dalla riprovazione pubblica quando uno zingaro rumeno assassinò una donna locale. L'evento venne strumentalizzato nella vittoria alle elezioni del 2008 di Alemanno e la chiusura di Casilino era un elemento chiave nella campagna del centrodestra nei sondaggi regionali dell'ultimo mese.

Anche se il governo centrale di Silvio Berlusconi [...] dichiarò nel 2008 "un'emergenza nomadi" nazionale, delegò le soluzioni alle autorità locali. A differenza di altre città, come Milano, che stanno sgomberando gli zingari senza proporre alternative, Roma sta cercando di mediare dei patti nei grandi campi, mentre chiude quelli più piccoli con la forza.

Ma, sotto gli occhi della comunità internazionale, Tor De Cenci sta resistendo a trasferirsi in una landa desolata a 10 km. di distanza.

I suoi residenti sono preoccupati di essere ulteriormente tagliati fuori dall'integrazione nel quartiere, specialmente i bambini affronteranno problemi nel frequentare la scuola. Un'altra paura comune è di essere obbligati a mischiarsi con comunità con inimicizie di vecchia data. Began, 27 anni e nipote di Rustic, ricorda come uno dei suoi parenti fu ucciso in una disputa in un altro campo. "Ora vogliono metterci assieme. Non se ne parla", dice.

Gli zingari che verranno trasferiti sono stati identificati, tra l'altro, per casellari giudiziari. La polizia ha preso le impronte di chi aveva più di 14 anni e preso foto segnaletiche. "Questo ci permetterà di distinguere le mele buone da quelle cattive," dice Sveva Belviso, assessora alle politiche sociali, che vuole restaurare a Roma "il decoro e la legalità". Ha detto "Non vogliamo accogliere chi infrange la legge nei campi pagati coi soldi pubblici."

Amnesty International intende fermare gli sgomberi forzati e sta premendo perché Roma riconsideri i suoi piani, dicendo che i nuovi campi sono inadeguati ed impongono la segregazione.

Navanethem Pillay, Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, questo mese ha visitato un campo e ha detto che l'Italia deve fare di più per promuovere l'integrazione. "Spostare i Rom dai campi illegali a quelli autorizzati non è una soluzione adeguata," ha detto.

Ma Roma elimina l'edilizia popolare, dice Belviso, "volente o no", Tor De Cenci deve spostarsi perché la città non può permetterselo. "Inoltre," aggiunge "il sindaco Alemanno ha programmi costanti per lo sviluppo della zona con la Formula Uno."

Ci sono 50 container vuoti tra i 200 che aspettano i nuovi arrivi a Castel Romano, un campo costruito sei anni fa. Non c'è acqua potabile e nessun albero a dar ombra. I Bosniaci che sono già lì si lamentano di dover andare a riempire i contenitori dell'acqua a 8 km. di distanza.

Belviso concede che i rinnovamenti del sindaco partiranno solo dopo il reinsediamento di tutti gli zingari. Vede Castel Romano diventare un "laboratorio di produttività", con formazione al lavoro e collocamento. Ma per questo non ci sono fondi, Roma sta cercando supporto europeo.

Date le precedenti promesse non mantenute, gli zingari di Tor De Cenci sono scettici ed hanno chiamato un avvocato per contrastare lo sgombero.

Secondo un censimento della Croce Rossa, a Roma ci sono 7.200 zingari, anche se unanimamente si ritiene che siano un migliaio di più.

Un importante sviluppo permette agli zingari dell'ex Jugoslavia di fare richiesta di protezione umanitaria per regolarizzare il loro stato. Molti degli stimati 3.500 a Roma non hanno status legale - di per sé è già un crimine. Sinora, circa 500 hanno fatto richiesta.

Thomas Hammarberg, Commissario europeo per i Diritti Umani, preme particolarmente per una risoluzione sul destino dei bambini senza status legale in Italia. L'European Roma Rights Centre, una OnG, dice che fornire protezione umanitaria agli zingari senza status era "un passo nella direzione giusta". Ma ha anche espresso preoccupazione sulla mancanza di trasparenza e sulla minaccia di espulsione che pende su quanti sono in attesa di risposta.

Gli incaricati del comune rifiutano di dichiarare quanti sinora sono stati espulsi.

Nel frattempo, circa 800 zingari, soprattutto rumeni, sono sottoposti a pressioni economiche e politiche per accettare biglietti d'autobus "per il ritorno a casa" pagati dal comune.

Dopo due anni che viveva sotto il cavalcavia Palmiro Togliatti, Marinella dice di avere raggiunto il punto di rottura vedendo suo figlio giocare a calcio nel fango usando un topo morto.  La baracca colava, mentre lei si rompeva la schiena a trasportare acqua. Mendicare era l'unica maniera di sopravvivere. Sono tornati alla cascina di sua madre a Craiova.

Copyright The Financial Times Limited 2010

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Di Fabrizio (del 11/04/2010 @ 09:33:37, in musica e parole, visitato 2556 volte)

Da Roma_ex_Yugoslavia

Macedonian Information Agency

Skopje, 6 aprile (MIA) - Vorrei che ognuno vedesse la Macedonia attraverso i miei occhi, perché la mia visione è cosmopolitana. Lasciate vivere per sempre questo piccolo, ma bellissimo paese, ha detto la cantante Esma Redzepova-Teodosievska, decorata martedì dal presidente Gjorge Ivanov con l'Ordine di Merito della Macedonia.

"Attraverso la sua autenticità e la perfetta performance vocale, Esma ha promosso in tutto il mondo la musica rom e macedo[]//ne, diventando un impressionante nome internazionale nella musica", ha detto il presidente Ivanov.

Secondo lui, l'ordine è stato concesso a Redzepova-Teodosievska per l'affermazione della Macedonia, la sua grandezza musicale e il lavoro di beneficienza.

"La cerimonia di oggi si tiene solo due giorni prima dell'8 aprile, Giornata Mondiale dei Rom. La comunità rom è una parte integrale della società macedone. Esma ne è una figura di spicco per i suoi sforzi per il miglioramento della situazione sociale ed economica dei Rom. Esma è un esempio del rovesciamento delle barriere che arriva dal talento, dalla volontà e dalla perseveranza", ha sottolineato Ivanov.

Definita da molti come la "Regina Rom", Esma Redzepova-Teodosievska ha detto che quell'ordine appartiene alla sua gente, perché non avrebbe ottenuto il successo se non fosse stato per loro.

"Questo è un riconoscimento per tutti i cittadini, di tutte le nazionalità che vivono nella Repubblica di Macedonia", ha aggiunto.

Esma Redzepova-Teodosievska è nata a Skopje nel 1943. Ha ottenuto i primi successi ad un concorso canoro di Radio Skopje quando aveva 11 anni. In seguito, iniziò a cantare con l'orchestra di Stevo Teodosievski, collaborazione durata per circa 30 anni.

A seguito del loro matrimonio, Ema e Stevo adottarono 47 bambini e tennero oltre 2.000 concerti umanitari. Esma e l'ensemble Teodosievski incisero 108 singoli, 20 album, 15 CD ecc. Nel 1976, all'edizione inaugurale del "Festival della Musica e delle Canzoni Rom" a Chandigarh, India, venne ufficialmente proclamata regina della musica rom. Ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti.

ik/fd/13:33


Ultimamente sono fissato con le poesie di Paul Polansky

ESMA

Nessun altra sessantenne
vestita con informi pantaloni rossi
ed una informe camicetta rossa
che sembra una danzatrice del ventre in pensione
di duecento libbre
avrebbe potuto farcela -
lamentando nella sua canzone
di essere stata
una vergine di quattordici anni
venduta
ad un vecchio
che già aveva una moglie.

Ma Esma, scialle nero
a coprirle testa e viso,
non solo gridava la sua canzone,
ma faceva anche piangere
tutti gli uomini del pubblico.

Come un vecchio pugile.
Esma ha perso le gambe,
ma non il pugno.

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Di Fabrizio (del 11/04/2010 @ 09:07:16, in Italia, visitato 1656 volte)

Quasi 500 mila euro per 20 telecamere a circuito chiuso??!!! (negli stessi campi che si vuole chiudere : - ()

Ditemi ancora che i ladri sono gli zingari.

Per ricordare:

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Di Fabrizio (del 10/04/2010 @ 09:58:47, in Regole, visitato 2061 volte)



Per una volta affermato il principio di non discriminazione. Il cittadini Sinti possono restare, l’estrema soddisfazione del Naga

I cittadini Sinti italiani di Gambolò possono rimanere. Il TAR di Milano ha annullato, questo pomeriggio, con sentenza, l’ordinanza di sgombero del Comune della Lomellina.

Il TAR di Milano accoglie il ricorso presentato per conto dei cittadini Sinti con il patrocinio del Naga riconoscendo che:

"Non sussiste la situazione contingente di emergenza sanitaria prevista […] in quanto la comunità Sinti risiede nell’area in oggetto dal molti decenni.
[…]

Inoltre, la situazione esistente sarebbe stata causata dallo stesso Comune di Gambolò che avrebbe omesso di realizzare il campo nomadi avvalendosi del disposto della legge regionale 77 del 1989.

Il reale scopo dell’ordinanza impugnata sarebbe quello di allontanare i cittadini di etnia Sinti dal Comune di Gambolò per motivazioni politiche e razziali in violazione del disposto della legge regionale n. 77 del 1989 laddove prevede la tutela del patrimonio culturale delle etnie tradizionali nomadi e semi nomadi, nonché la partecipazione delle popolazioni nomadi alla predisposizione degli interventi che li riguardano."

"Siamo molti soddisfatti" dichiara l’avvocato Pietro Massarotto, presidente del Naga e, estensore del ricorso, "perché in controtendenza rispetto al clima dominante è stata, per una volta, riaffermata la prevalenza della tutela delle minoranze a scapito di presunti motivi di ordine pubblico, dichiarati, di fatto, dal TAR del tutto strumentali".

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Di Fabrizio (del 10/04/2010 @ 09:07:27, in Italia, visitato 1963 volte)

Segnalazione di Tommaso Vitale

Pubblicato il 07/04/2010 da Samanta

Sabato 17 e domenica 18 aprile le attiviste e gli attivisti allestiranno nelle piazze italiane dei banchetti per raccogliere firme contro il “Piano nomadi” di Roma. Al Commissario straordinario per l’emergenza nomadi, il Prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro, chiediamo di rivedere il “Piano nomadi” prestando maggiore attenzione ai diritti umani delle comunità rom. Lo abbiamo chiesto nelle piazze virtuali del web, continueremo a farlo anche nelle piazze delle nostre città.

Il “Piano nomadi” non riguarda soltanto la città di Roma perché potrebbe rivelarsi un provvedimento da replicare in altre regioni interessate dalla cosiddetta emergenza nomadi e addirittura in altri paesi europei. È importante mobilitarsi subito e mobilitarsi in massa. Per questo chiediamo l’aiuto di tutte e tutti.
Aggiorneremo l’elenco delle piazze dove sarà possibile firmare come commento a questo post. Se nella vostra città non è previsto nessun banchetto, invitate le persone a firmare l’appello online!

Le piazze:
Sabato 17 aprile

Albiano d'Ivrea (TO) dalle 20.00 alle 23.00 presso il Castello di Albiano
 
San Giovanni in Persiceto (BO) per tutta la giornata nella Piazza centrale
 
Ragusa Ibla dalle 18.00 alle 24.00, C.SO XXV Aprile
 
Agrigento dalle 17.00 alle 20.30 presso il Piazzale Aldo Moro
 
Milano dalle 11.00 alle 17.00 in Piazza Cordusio angolo via Mercanti
 
Ancona dalle 10.00 alle 20.00 in Piazza Roma
 

Domenica 18 aprile

Termini Imerese (PA) dalle ore 11.00 alle 13.00 in Piazza Duomo
 
Scauri (LT) dalle 10.00 alle 18.00 sul Lungomare di Scauri
 
Milano dalle 15.00 alle 18.00 presso il Barrio's Caffè, in via Barona ang. via Boffalora

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Di Sucar Drom (del 09/04/2010 @ 12:00:29, in blog, visitato 1969 volte)

Liberté, Tony Gatlif racconta il Porrajmos
Il cinema ha già mostrato più volte di poter riaccendere il ricordo d’importanti pagine storiche apparentemente destinate all’oblio. Ma quando un regista decide di affrontare un tema come lo sterminio dei Sinti e dei Rom in Europa durante la Seconda guerra mondiale, l’impegno documentario non basta. Occorre anc...

Brescia, il centro destra e il centro sinistra continuano a litigare
«Oggi avremmo potuto scrivere la "pax sinti" su questo tavolo». Alternando sarcasmo e delibere vecchie di tre anni Fabio Capra, presidente della Commissione bilancio in Loggia (ex assessore ai servizi sociali), commenta la tabella di marcia prospettata dal vicesindaco Fabio Rolfi per arrivare, in due ...

Sinti e Rom, II Summit europeo: dubbi e proposte
Programmi, fondi, progetti ma... perché le azioni destinate all'integrazione dei Rom e dei Sinti continuano a sortire "effetti limitati"? Il 9 marzo l'Aula ha discusso della difficile situazione della più vasta minoranza etnica europe...

Roma, Piano Nomadi: fotosegnalamento e spostamenti assurdi ma anche partecipazione
Centinaia di Rom trasferiti. Le loro case abbattute. Ben 6.500 persone «ridislocate» in una decina di campi di cui due ancora da costruire. Dopo lo sgombero di 400 rom dal Casilino 700 e di 600 dal Casilino 900 - una «vera svolta» secondo il sindaco Alemanno - il Piano Nomadi del Comune sembra fermo in attesa di una schiarita. E secondo il popolo rom sarà...

Roma, lo Zecchino d'Oro cerca bambini rom ed extracomunitari
Partono da Roma le selezioni per la prossima edizione dello Zecchino d'Oro. A presentare il tour alla ricerca dei piccoli cantanti è il sindaco della Capitale nella sala delle Ban...

Roma, pubblicato assurdo libretto dalla Croce Rossa romana
E’ stato pubblicato il 23 marzo 2010, sul sito della Croce Rossa Italiana (interamente scaricabile) un documento che contiene le linee guida per l’accesso ai “campi nomadi”, curato da Marco Squicciarini, resp...

II Summit Europeo sulla condizione dei Rom e dei Sinti
Il secondo vertice europeo sull'inclusione dei rom si svolgerà a Córdoba (Spagna), l'8 e il 9 aprile 2010, in occasione della Giornata Internazionale dei Rom e dei Sinti, come un evento chiave della presidenza spagnola del Consiglio...

Lo Zecchino d'Oro offre un'opportunità alle comunità sinte e rom
L’Istituto di Cultura Sinta è stato contattato da Daniela Giuliani dell’Antoniano perché avrebbero l’intenzione di selezionare una bambina o un bambino sinto o rom per la prossima edizione dello Zecchino d’Oro. Ma non solo perché stann...

Prignano sulla Secchia (MO), memorie del Porrajmos la persecuzione dei Sinti e dei Rom sotto il fascismo
La Federazione Rom Sinti Insieme e il Comune di Prignano sulla Secchia invitano tutti alla commemorazione “Memorie del Porrajmos la persecuzione dei Sinti e dei Rom sotto il fascismo” che si terrà a presso la Sala Convegni del Municipio di Prignano sulla Secchia sabato 10 aprile 2010, dalle o...

Córdoba, Rom e Sinti: rispettare i diritti!
La situazione degli sgomberi a Milano e il "piano nomadi" del Comune di Roma, ma anche il riconoscimento come minoranza etnico-linguistica e il problema delle discriminazioni. Saranno queste le istanze che la Federaz...

Rom e Sinti, la Commissione europea interviene
Le comunità Rom e Sinte, la più consistente minoranza etnica dell'Unione europea, continuano a trovarsi confrontate a una discriminazione e a una segregazione persistenti. In una relazione pubblicata oggi la Commissione europea sollecita gli Stati membri a usare i fondi dell'UE ai fini de...

Giornata Internazionale dei Sinti e dei Rom
Noi romá, romá senza paura, non sappiamo se qui staremo bene o male, ma ci restiamo. Andiamo dappertutto, m...

Roma, il Pd chiede ad Almanno di seguire la strada tracciata dal Sindaco Veltroni
"Risalgono a maggio e a novembre del 2009 le richieste formalizzazione dal Pd di un Consiglio straordinario sui contenuti del Piano nomadi. Al di là della disponibilità verbale del sindaco, apprese a mezzo stampa nei giorni immediatamente successivi alla formalizzazione, ad oggi continua la suppon...

Amnesty International: stop agli sgomberi forzati
"Azioni concrete contro la discriminazione, la povertà, e l’esclusione dei Rom in Europa". Le chiede all’Unione europea Amnesty International, durante il secondo summit Ue sui Rom e sui Sinti che si sta concludendo a Cordoba...

Rom e Sinti in Europa
Per il secondo anno consecutivo è arrivato dagli Stati Uniti il messaggio di Hillary Rodham Clinton, Segretario di Stato americano per la Giornata Internazionale dei Rom e dei Sinti. Il messaggio della Clinton, a nome del Presi...

Articolo Permalink Commenti Oppure (0)  Storico >>  Stampa Stampa
 
Di Fabrizio (del 09/04/2010 @ 09:38:52, in Kumpanija, visitato 2416 volte)

Da Baltic_Roma (interessante ma lunghetto. Potete farcela, lo so)

Roma Buzz Aggregator Bruxelles 10 marzo 2010 - concetti chiave di Ian Hancock  

Al primo incontro della Commissione Europea sul popolo romanì (in tutto il testo si usa il termine romanì per comprendere le varie popolazioni rom, sinte, kalé e romanichals, ndr) nel settembre 2008, il presidente José Manuel Barroso disse "la drammatica situazione dei Rom in Europa non può essere risolta a Bruxelles", e premeva perché quella "non diventasse solo un'altro incontro di chiacchiere". L'unica decisione presa fu di indire un altro incontro. Così ora ci troviamo un'altra volta a Bruxelles, e siamo proprio qui a discutere su come risolvere la drammatica situazione. Non lasceremo niente di irrisolto, continueremo a cercare e forse potremo esplorare nuove direzioni che ci porteranno alle soluzioni che tutti noi cerchiamo.

Prima di iniziare questo incontro molto importante, mi è stato chiesto di condividere con voi alcuni pensieri sull'attuale situazione dei Rom, tanto dalla prospettiva contemporanea che da quella storica, e di fornire alcuni spunti sui principali elementi che dovrebbero essere considerati quando si pianificano le future politiche ed i programmi per l'inclusione dei Rom.

I due decenni passati hanno visto enormi cambiamenti sia per il popolo romanì, che per quanti ci studiano e lavorano con noi. Per molti romanì, questi cambiamenti hanno significato adattarsi un'altra volta a nuovi ambienti tipicamente ostili, cercando sicurezza nel lavoro, nell'istruzione, nell'alloggio e nell'assistenza sanitaria e legale. Per il mondo non-romanì ha significato fare posto ai nuovi arrivati, che si presentano con un bagaglio complesso di stereotipi ed un'eredità di persecuzioni.

Dopo il collasso del comunismo venti anni fa, centinaia di migliaia di Rom dell'Europa orientale si sono riversati verso ovest in cerca di una vita migliore. Per gli occidentali, una colorita ed assolutamente inoffensiva popolazione che era ristretta nell'opinione pubblica a film e libri di racconti, improvvisamente divenne una presenza reale ed evidentemente minacciosa. Questo non ha riguardato la sola Europa occidentale; pure nei paesi d'oltreoceano ci sono stati casi simili, basta vedere la ricezione ostile dei Rom dalla Repubblica Ceca e dall'Ungheria in Canada, per esempio.

Quattro anni fa in Italia c'erano 180.000 Romanì, ma oggi sono meno di un quarto di quel numero. Tra loro, quelli dalla Romania sono meno di 6.000, 4.500 dei quali sono incarcerati, soprattutto per accattonaggio, furto, resistenza ed ingresso illegale (queste cifre - di cui ignoro la fonte - non corrispondono ai dati ufficiali sulla presenza di Rom e Sinti in Italia, ndr). Questi sono, incidentalmente, proprio gli stessi crimini esposti nello Zigeunerbuch di Dillman del 1905, che spianò la strada al genocidio nazista. Non ci sono proiezioni certe di quanti Rom siano ora apolidi attraverso l'Europa, anche se le stime danno un numero di 10.000 in Bosnia, 1.500 in Montenegro, 17.000 in Serbia e 4.090 in Slovenia.

I rapporti rilasciati dall'Agenzia UE per i Diritti Fondamentali lo rendono chiaro in maniera cristallina: il razzismo contro i Rom è dappertutto in crescita attraverso l'Europa. Oggi i Rom sono poveri, marginalizzati, disoccupati e senza casa (o mal alloggiati) come mai in passato. Sono tanto lontani dal vivere la vita di normali cittadini nel loro paese come lo erano prima dell'espansione UE, e vengono fatti paragoni con l'atmosfera della Germania negli anni '30. Negli ultimi due anni, almeno dieci Rom sono stati uccisi - e questi sono solo i casi riportati. Si stima che l'80% degli incidenti di antiziganismo non siano stati denunciati. Le famiglie sgomberate lasciate per strada dopo che i loro insediamenti sono stati demoliti sono particolarmente vulnerabili ad atti di violenza di bande ostili. Sono comuni pestaggi e violenze.

Nel settembre 2001, un lancio d'agenzia della BBC dichiarava che il Consiglio d'Europa "ha lanciato una rovente condanna sul trattamento dell'Europa verso la comunità zigana, dicendo che sono oggetto di razzismo, discriminazioni e violenza... le Nazioni Unite dicono che sono il più serio problema nei diritti umani in Europa." Un editoriale di The Economist nel 2005 descriveva i Romanì in Europa come "in fondo ad ogni indicatore socio-economico: i più poveri, i più disoccupati, i meno istruiti, con la più bassa aspettativa di vita, i più dipendenti dal welfare, i più imprigionati e più segregati." Un rapporto UE la chiamava "una delle più importanti questioni politiche, sociali ed umanitarie nell'Europa di oggi". Siamo a metà nel Decennio dell'Inclusione Rom, ma chiaramente i risultati degli sforzi per arrivare ad un cambiamento devono essere ancora giudicati, e sinora non abbiamo fatto molto bene.

Pure quanti sono passati prima di noi non hanno avuto successo. Stavo leggendo recentemente un rapporto di quarant'anni fa, pubblicato da Studi Sovietici, che descriveva la situazione dei Rom in un particolare paese del blocco orientale. Vi si dice che mentre il sistema aveva creato tutti i prerequisiti necessari per affrontare il "problema Zingaro", quei "prerequisiti" non stavano funzionando. Quel "problema Zingaro" era descritto come "mancanza di comprensione della formula deterministica Marxista" da parte dei Rom, incolpati per aver ereditato le nozioni pre-comuniste del capitalismo e, con una o due eccezioni, gli Zingari erano ancora "mendicanti, ladri, violenti ed un flagello nel paese," cito da un rapporto governativo. Eravamo da rimproverare perché eravamo deliberatamente antisociali aderendo alla nostra distinta identità, dato che come popolo, dicevano, provenivamo dallo stesso ceppo razziale della popolazione non-romanì. Ciò contraddice, tra l'altro, un ministro degli esteri rumeno, che dichiarava pubblicamente non molto tempo fa che la criminalità è una caratteristica razziale, che ci pone a parte dal resto della popolazione. Non soddisfacevamo la definizione di Stalin di nazionalità, sostenevano quei rapporti, perché "non possedevamo né un comune territorio, né una cultura comune ed un unico modo di vita." L'ideologia marxista diede ai Rom un'identità sociale, ma non una etnica.

Quattro decenni di comunismo non sono bastati a risolvere il loro "problema Zingaro", ed altre due decadi che sono passate non hanno compiuto molto. E vero che abbiamo visto un certo numero di cambiamenti positivi, per esempio il governo ceco ha recentemente bandito il Partito dei Lavoratori, in quanto xenofobo ed una minaccia alla democrazia, citando espressamente i suoi attacchi contro i Rom. Ma per ogni passo avanti, c'è chi opera contro di noi. Il governo francese è appena finito sotto le critiche per aver mancato di fornire una sistemazione adeguata ed il diritto di voto ai Viaggianti; il più recente rapporto sulla Svizzera della Convenzione Quadro per la Protezione delle Minoranze Nazionali ha detto che non stava studiando la possibilità di ratificare la Convenzione 169 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro a causa delle preoccupazioni che il trattato potrebbe significare per i Rom; il Canada sta progettando una nuova legge sull'immigrazione che darà al Ministero dell'Immigrazione il potere di dichiarare quale paese sia sicuro in Europa, così da stabilire da quali paesi non possano arrivare i rifugiati. Possiamo prevedere che tutti i paesi UE rientreranno in questa lista, cioè che con la nuova legge i Rom non potranno più chiedere asilo in Canada.

E' quasi prevedibile che qualsiasi rapporto formale sui Rom userà la parola problema; una rapida ricerca che ho fatto il mese scorso su Internet delle parole "problema Zingaro (Gypsy problem nell'originale, ndr)" scrivendo questa presentazione, mi ha ridato oltre 22.000 risultati. Ripeto: una ricerca su Internet delle parole "Gypsy problem" mi ha ridato oltre 22.000 risultati.

Dovrebbe forse essere più apertamente riconosciuto che abbiamo anche un problema gadjo; dopotutto, quei 22.000 risultati su Internet non sono originati con noi. Ma la realtà è che noi Romanì e voi gadjè abbiamo tanti problemi l'un l'altro. E devono essere affrontati [...] proprio come in un matrimonio riuscito le parole chiave sono comunicazione e compromesso.

Vivo, come un numero crescente di Romanì, con un piede in due mondi, e posso identificare diverse di queste tematiche da entrambe le prospettive. Il mondo non-Romanì ci vede come eterni outsider, che non vogliono ancora adattarsi, viventi di furti ed inganni, che tutto prendono mentre non contribuiscono a niente, eccetto forse l'intrattenimento - urlanti, sporchi e con una coda di disordine dietro di noi.

Dal nostro punto di vista, il problema più schiacciante con i gadjé è il razzismo. E' direttamente alla base e sostiene gli altri problemi - quelli della povertà, della disoccupazione, della scuola, della sanità e della casa, e nei diritti umani e civili. La povertà di alcune popolazioni romanì è assolutamente opprimente. Nel 2006 un rapporto della Banca Mondiale diceva "I Rom sono il gruppo a rischio più povero in molti paesi dell'Europa Centrale ed Orientale. Sono più poveri di altri gruppi, più facili a cadere nella povertà, e più facili a rimanere poveri. In alcuni casi i tassi di povertà per i Rom sono dieci volte superiori a quelli dei non-Rom. Una recente ricerca ha trovato che quasi l'80% dei Rom in Romania e Bulgaria vivevano con meno di $4,30 al giorno... persino in Ungheria, uno dei paesi di nuovo accesso più prospero, il 40% dei Rom vivono sotto la linea di povertà." George Orwell scrisse che "il primo effetto di povertà è che uccide il pensiero." Benché vederci come vittime, è un gioco a perdere; dobbiamo usare le nostre capacità per cambiare la nostra situazione, e se non abbiamo queste capacità dobbiamo acquisirle. Infine, dobbiamo contare su noi stessi. Il mondo fuori non risolverà per noi i nostri problemi e se ce lo aspettiamo, sarà una lunga lunga attesa.

Quindi, che fare?

Una gran targa sul muro del mio ufficio recita che L'Istruzione è il Passaporto per la Libertà. Lo credo fermamente, e insisto perché facciamo dell'istruzione la nostra più alta priorità nelle discussioni che seguono qui a Bruxelles. Non elaborerò sulle questioni più pesanti che provengono dal razzismo, la soluzione verrà una volta che adeguati programmi educativi verranno progettati ed applicati. Così come questioni riguardo il lavoro e la casa esistono a causa del razzismo, la loro soluzione arriverà attraverso l'istruzione. E non parlo semplicemente di educare il popolo romanì, ma anche la popolazione non romanì.

Ho puntualizzato recentemente in una pubblicazione che la vaghezza riguardo l'identità romanì ha permesso la manipolazione con indifferenza di chi ci è estraneo, e questo mi porta al punto focale del mio discorso [...]. Se avessimo saputo chi siamo, e avessimo avuto la possibilità di essere ascoltati, avremmo potuto dire la nostra su come siamo ritratti. Se un giornalista vuol dire che siamo originari dell'Egitto, come è successo di recente, chi siamo noi per dire che non è così, e cosa diremmo per correggerla, e dove mai sarebbe ascoltata e conosciuta questa protesta? Abbiamo perso noi la nostra storia molti anni fa così non possiamo raccontarla, ed il mondo non-romanì non si tirato indietro nel fornire varie identità al posto nostro. Non credo che potremo fare la storia se non ne conosciamo la nostra; Alain Besançon ha detto che "un uomo senza memoria è assolutamente plasmabile. E' ricreato in tutti i momenti. Non può guardarsi indietro, neanche sentire una continuità con sé stesso o preservare la sua identità." Finché i racconti sugli Zingari influenzeranno i giornalisti ed il ritratto romanzesco che ne consegue, finché gli esperti dell'ultimo momento nei media saranno fiduciosi di poter scrivere senza nessun controllo, finché la loro immaginazione avrà le briglie sciolte, continueremo ad "essere ricreati ad ogni momento," come dice Besançon, senza mai il controllo della nostra identità.

Senza istruzione non possiamo essere articolati, manchiamo di una voce abbastanza forte. Ci lamentiamo, ma non siamo uditi. Ci recente cinque membri dell'Alleanza Civica Rom presenti ad una conferenza sui Rom a Bucarest, sono stati allontanati quando hanno criticato l'inazione del governo. La loro voce è stata soffocata. Senza istruzione non possiamo dire chi siamo e da dove veniamo, e come abbiamo avuto la forza e la determinazione di sopravvivere a secoli di persecuzioni, schiavitù e genocidio ed essere ancora qui. Quando avremo i nostri educatori, avvocati e dottori, non avremo più bisogno di appoggiarci al mondo esterno, e di andare dai gadjé con le mani protese. Fintanto continueremo a farlo, non saremo mai rispettati. A tal riguardo, non vogliamo che i non-romanì ci amino, ma vogliamo il loro rispetto.

I programmi di studi per i Rom devono essere pianificati con attenzione. Promuoveranno l'integrazione o l'assimilazione? Le generazioni più anziane saranno confortate nel sapere che non si tratta di convertire i loro figli in gadjé, cosa che è la grande paura tra i Romanì d'America. A sua volta, la formazione sui romanì nelle scuole pubbliche deve presentare la nostra storia e cultura in maniera uniforme.

Ho già menzionato i media. Mentre potrebbero essere un potente alleato, sono assolutamente l'opposto. Un quarto di secolo fa Kenedi Janós scrisse "i media di massa, in maniera velata, e spesso esplicita, incitano l'opinione in una direzione anti-zingara." I giornali disseminano regolarmente opinioni spacciandole per notizie. I giornali plasmano la mente delle persone. Creano attitudini. Quando il più grande quotidiano rumeno, Evenimentul Zilei, scrisse che "Si ritiene che gli Zingari siano geneticamente inclini a diventare criminali" ripeteva le ragioni di Hitler per lo sterminio dei Romanì nel III Reich. Quando un altro giornale rumeno, Cronica Romana, avvisa i clienti a non fare affari con un venditore perché "il colore della sua pelle" è indicativo del suo essere "poco credibile", il messaggio è chiaro. E questa non è un'attitudine ristretta alla sola Europa centrale e orientale. In Inghilterra titoli come "Zingari! Non potete entrare!" dal Sunday Express o quello del Sun "Quanto tempo prima di mandarli fuori a calci?", per esempio, hanno infiammato l'ostilità pubblica e segnato l'opinione pubblica con l'antiziganismo. Sono rimasto scioccato nell'apprendere che la Foreign Press Association ha appena premiato la produzione della BBC "Bambini Zingari Ladri" col Media Award per la miglior Storia Televisiva dell'Anno. La mossa irresponsabile da parte della BBC, nel trasmetterlo per la seconda volta nonostante le proteste delle organizzazioni romanì in seguito alla prima proiezione sei mesi fa, a cui la Foreign Press Association ha replicato che lo scopo di "aumentare la comunicazione e la comprensione tra le ricche diversità delle culture di questo mondo e la comunità globale" è un travisamento. Dal documentario non arriva nessuna comprensione della situazione di quei bambini, ed in nessun modo ha presentato la nostra "ricca cultura". Invece ha aiutato a rafforzare ancora di più la crescente romafobia in Bretagna, il paese dove sono nato, assicurando nuovi titoli d'odio nei giornali. Il documentario è stato presentato anche in Italia ed in Belgio, e sono arrivate proteste dal Centro Belga per l'Uguaglianza e dall'Autorità di Supervisione dei Media per gli Audiovisivi del Belgio.

Anche la stampa d'intrattenimento può perpetuare stereotipi, come solitamente quelli di romanzesco, di magico e mistero. Due titoli recentemente pubblicati sono quello di Sasha White "Cuore Zingaro"; leggo sulla copertina: "Può un uomo piegato alla sedentarietà convincere una donna dallo spirito libero... a rischiare il suo Cuore Zingaro? Attenzione: questo libro contiene immagini esplicite di sesso con linguaggio contemporaneo," e quello di Isabella Jordan "Zingari, Vagabondi e Calore: un'Antologia del Romanzo Erotico", che recita ai lettori: "Perdetevi negli occhi scuri e nella sfera di cristallo di un amante zingaro!"

Anche i film presentano i Romanì in maniera negativa, soprattutto quelli di intrattenimento. Ora con Il Lupo Mannaro, un anno fa guardavamo Drag Me to Hell e prima Thinner. La prima esperienza con gli Zingari dei miei studenti fu attraverso la versione disneyana del Gobbo di Notre Dame. Su internet c'è un link apposta per "Film zingari maledetti (Gypsy curse movies, ndr)", e digitandolo su Google ritorna oltre 64.000 risultati.

Mentre nel documentario della BBC c'era un rapido riferimento alle vergognose esperienze provate dai Rom nell'Europa di oggi, non è stato fatto nessun tentativo o analisi per spiegare come si sia arrivati a questa situazione, nessuna spiegazione della profonda eredità psicologica che i Rom rumeni hanno ereditato da 550 anni di schiavitù, a dire il vero neanche una menzione a questa schiavitù, quando sono stati gli ex schiavisti a ricevere un indennizzo dal governo per la loro perdita, quando non è stato creato nessun programma per aiutare l'integrazione degli ex schiavi romanì, non istruiti e senza un soldo, nella società libera. Non c'è menzione in quel documentario neanche al fatto che dopo l'Olocausto i sopravvissuti romanì al genocidio ritornarono dai campi senza alcun aiuto, senza indennizzi di guerra, a ricostruire le loro vite frantumate in un mondo ostile dove le leggi contro di loro erano ancora in vigore.

I Cinesi dicono che l'inizio della saggezza è chiamare le cose col loro nome esatto. Se trattiamo gli "Zingari" come un popolo unico, una "comunità", stiamo semplificando una situazione complessa ed ignorando le grandi differenze che distinguono le differenti popolazioni romanì. A luglio2007, Newsweek International pubblicò una storia intitolata "In tutto il mondo, la gente sta abbracciando la cultura dei Rom", ma naturalmente non abbiamo una singola cultura, e le culture che abbiamo di sicuro non sono abbracciate dai popoli di tutto il mondo. [...] I Kaale finnici ed i Calé spagnoli hanno tra loro più differenze che similitudini; i Romanichals differiscono considerevolmente dai Kalderasha, e così via. Queste differenze sono state usate per negare alle popolazioni romanì qualsiasi identità etnica condivisa, ed invece per usare criteri sociali e comportamentali per definirci. La citazione di prima da Studi Sovietici è un esempio di quel modo di pensare, e tante volte ho ripetuto le parole del sociologo ceco Jaroslav Sus, che osservava come ci fosse "un'opinione assolutamente falsa che gli Zingari formino una nazionalità o una nazione, che abbiano una propria cultura nazionale, una propria lingua nazionale."

Invece di pensare negativamente in termini di identità, sulle cose che rendono differente un gruppo dall'altro, dovremmo pensare a tutto ciò che condividiamo in termini di lingua, cultura ed ascendenza. Dopo tutto, è il patrimonio che abbiamo portato in Europa. Le caratteristiche che ora ci dividono sono state acquisite dal mondo non-romanì.

Torniamo a quelli che secondo me sono i principali punti in questione.

Primo: procederemo guardando ai Rom d'Europa come una popolazione definita etnicamente o socialmente? E' chiaro che sinora si è trattato soprattutto del secondo caso, cosicché Romanì e non-Romanì sono stati solitamente raggruppati assieme, ad esempio dalle varie organizzazioni e festival Rom e di Zingari Viaggianti. Certamente, la causa comune è la ragione perché differenti gruppi lavorino insieme, e se è il caso continuino a farlo. Ma insisto che non è stata fatta abbastanza opera di conoscenza sulla distinzione culturale dei popoli romanì, distinzione di cui si deve tener conto, per esempio, nelle aree dell'insegnamento o della casa. Il fatto è che differenti sottogruppi romanì non sono ansiosi di lavorare tra loro, avendone la possibilità, lasciati soli con gruppi non- romanì che, dal punto di vista romanì, sono dopotutto gadjé.

Se i Rom devono essere guardati etnicamente, ci sono diverse questioni che saltano fuori immediatamente. Difatti, possiamo parlare di UN  popolo romanì? Bene, la risposta è sì e no. Provo a spiegarmi meglio.

Un'origine militare per i Romanì non è una nuova idea, in un secolo e un quarto di ricerche, studiosi come Goeje, Clarke, Leland, Burton, Kochanowski, Bhalla, Courthiade, Mróz, Haliti, Lee e Knudsen hanno concordato su questa ipotesi - l'invasione ghaznavida nel primo quarto dell'XI secolo portò alla fuga dall'India. Il lavoro di Soulis, Fraser, Marushiakova & Popov e più recentemente di Marsh hanno ancora di più dimostrato che fu l'espansione dell'Islam il principale fattore nella migrazione dei nostri antenati dall'Asia all'Europa durante il periodo medievale. Non scenderò qui nei dettagli storici e linguistici, sono presentati in un libro sui miei scritti di Dileep Karanth che a breve verrà pubblicato dall'Università di Hertfordshire. L'importante ora è capire che i nostri antenati non furono mai un popolo unico con un'unica lingua quando lasciarono l'India, ma includevano diverse componenti etnolinguistiche.

Altrove ho argomentato che come la nostra lingua, la nostra identità come Rom proviene dal periodo sedentario anatolico, lo status preciso di Indiani e la varietà dei linguaggi si cristallizzarono nella lingua e nel popolo romanì, particolarmente sotto l'influenza dei Greci bizantini. Non c'erano "Rom" prima dell'Anatolia.

Qui vorrei avanzare una prospettiva differente che, ritengo, fornisca un'alternativa di comprensione alla questione dell'identità, e sul perché la questione dell'identità confonda giornalisti e sociologi, e perché ci causi così tanti problemi.

Alla luce dei dettagli delle nostre origini e della nostra storia sociale condivisa o meno, bisogna trarre alcune conclusioni: Primo, che si tratta di una popolazione composita sin dall'inizio, che allora venne definita in base all'occupazione piuttosto che sull'etnia; Secondo, che mentre le componenti originarie - linguistiche, culturali e genetiche - sono tracciabili in India, essenzialmente costituiamo una popolazione che ha acquisito la sua identità e lingua in Occidente (accettando l'Impero Bizantino, cristiano e di lingua greca, come culturalmente e linguisticamente "occidentale"), e Terzo, che l'ingresso in Europa da quella che attualmente è la Turchia non avvenne come un popolo singolo, ma attraverso diverse migrazioni più piccole e forse in un intervallo di due secoli. Questi fattori combinati hanno creato una situazione in un certo senso unica, siamo cioè una popolazione di origine asiatica che ha passato essenzialmente l'intero periodo della sua esistenza in Occidente. Siamo il proverbiale pezzo quadrato che si tenta di infilare in un foro rotondo.

Visto che la popolazione era frammentata e si spostava in Europa nello stesso periodo in cui emergeva come identità etnica, non c'è senso di essere mai stati un popolo singolo ed unificato in un posto in determinato periodo. Possiamo parlare di "centro di ritenzione diretta" consistente di fattori genetici, linguistici e culturali tracciabili dall'Asia ed evidenti in misura maggiore o minore in tutte le popolazioni che si identificano come romanì, ma dobbiamo anche essere coscienti che tutte queste aree sono state aumentate attraverso il contatto coi popoli e le culture europee, e sono gli accrescimenti posteriori che rappresentano le differenze a volte estreme tra gruppo e gruppo.

Per qualcuno, la cultura romanì "pura" è stata praticamente diluita, talvolta da deliberate politiche governative come in Ungheria o Spagna nel XVIII secolo, anche se tali popolazioni sono nondimeno guardate come "zingaresche" dalla società maggioritaria sulle basi di apparenze, vestiti, nomi, occupazioni e stazionamento e come tali trattate, senza avere una tradizionale comunità etnica in cui cercare rifugio. All'estremo opposto sono le popolazioni romanì di numeri sostanziali, come i Vlax o i Sinti, che vigorosamente mantengono lingua e cultura e che a causa di ciò sono tenute fuori dall'accesso alla società europea maggioritaria. A causa di questa, non esiste una soluzione educativa unica buona per tutti i gruppi. Abbiamo bisogno di programmi specifici per gruppo - nel quadro delle più ampie specifiche nazionali.

Mentre questi forniranno la conoscenza di un'origine comune e della storia precedente, e spiegheranno le nostre differenze, non devono intendersi per unire tutti i gruppi in uno. Resta da vedere quale tipo di relazioni creeranno, ma idealmente dovrebbe ottenersi una sorte di comunanza - nei numeri c'è la forza.

Il secondo punto che vorrei fosse discusso riguarda i danni psicologici dovuti alle persecuzioni - non soltanto la paura che i Rom vivono giornalmente in molte parti, paura che ha effetti tanto mentali quanto fisici, ma il danno psicologico più profondo che la storia ha modellato. Non credo che vi sia stata data la dovuta attenzione. Nel 988 in Austria, nell'anniversario dell'Anschlüss, i sopravvissuti romanì raccontarono al reporter del London Times di essere ancora tormentati dalla paura delle ricorrenti persecuzioni naziste. Ci sono storie di isolate famiglie romanì nell'estremo est d'Europa che credono che i nazisti siano ancora al potere.

Alcuni Romanì pagano altro, un'eredità più pesante - una prospettiva di vita trasmessa da centinaia d'anni di schiavitù. Per oltre cinque secoli, i Rom Vlax non hanno avuto alcun potere decisionale. Questo ha creato un punto di vista che vede la situazione di Roma creata da chi non lo è, ed avendo questi generato il problema, sono a loro volta responsabili del trovare una soluzione. Non avendo autonomia interna o potere di risolvere i problemi, gli schiavi dovevano rivolgersi ai gadjé per ogni cosa. Se, per secoli, un popolo ha vissuto in una società dove ogni singola cosa, incluso cibo, vestiti e persino la/lo sposa/o era fornito dall'esterno, a discrezione del padrone, e l'ottenere qualsiasi extra, favori inclusi, dipendeva dal rapporto con quel padrone, si installa così il presupposto che è così che si sopravvive nel mondo. E mentre la schiavitù è stata abolita da un secolo e mezzo, sopravvivono rimasugli di quel modo di pensare. Non solo l'assistenza ed i beni materiali sono ricercati all'esterno piuttosto che nella comunità, ma anche il coltivare contatti utili ed influenti fuori dal mondo romanì è una priorità, e diviene un segno di prestigio. Uno può diventare il leader ella sua comunità su questa semplice base. Questo modo di pensare non incoraggia l'auto-determinazione o l'iniziativa personale, ma prima di essere individuato e cambiato, dev'essere compreso.

Per finire vorrei dire qualcosa su quanti talvolta sono chiamati pasaxèrja in Vlax americano. E' una parola che significa "passeggeri" e si riferisce non a quanti genuinamente vogliono lavorare con noi e ci aiutano nel cambiamento - sono benvenuti - ma invece a chi si è attaccato al carrozzone dell'Industria Zingara, chi ne ottiene un guadagno, scrive una o due cose su di noi quando l'argomento è scottante, e poi sparisce. E' gente che non ci conosce socialmente, e non ha comprensione sulla mentalità o cultura romanì. L'autore di uno dei più quotati lavori sull'etnopolitica dei Rom dell'Europa Orientale, ora dice nell'introduzione del suo libro "Non amo molto gli Zingari", un altro libro altrettanto di alto profilo sul trattamento dei Rom nell'Olocausto include le parole secondo cui noi siamo "con poche eccezioni, un popolo pigro, bugiardo, ladro e straordinariamente sordido...gente eccessivamente sgradevole da avere intorno". Questo tipo di persone servono a se stesse, prendono ma non danno niente. Parliamo anche di cosa fare a tal proposito.

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Di Fabrizio (del 08/04/2010 @ 09:14:06, in Italia, visitato 1656 volte)

Ricevo da Marco Brazzoduro

Prignano sulla Secchia - Sala Convegni del Municipio
10 aprile 2010

Fra il 1940 e il 1943 a Prignano sulla Secchia fu istituito un campo di concentramento in cui furono internati 79 cittadini italiani appartenenti alla minoranza dei Sinti, una popolazione perseguitata durante il periodo fascista poiché considerata una razza inferiore da eliminare. A ricordo di quegli eventi sarà collocata una targa in Municipio, nell’area in cui era stato costruito il campo.
Con questa iniziativa l’Amministrazione Comunale, in collaborazione con l’Istituto Scolastico “F. Berti” e l’Istituto storico di Modena, intende proseguire lungo il percorso di recupero della memoria per raccontare luoghi, vicende e personaggi che hanno scritto la storia della nostra

Alle ore 9.00 i ricercatori dell’Istituto di Cultura Sinta di Mantova approfondiranno le tematiche legate al mondo dei Sinti e dei Rom con gli allievi della classe terza della scuola secondaria di primo grado

Durante la mattinata sarà possibile conoscere dal vivo la tradizione musicale dei Sinti
La cittadinanza è invitata a partecipare

10.30
Saluto delle Autorità
Saluto del Presidente della Federazione Rom e Sinti insieme
Saluto di Angela Benassi, Vice presidente Istituto storico di Modena

10.50
Intervento della Prof.ssa Paola Trevisan, Docente dell’Università di Verona
La persecuzione dei Sinti e dei Rom durante il regime fascista

a seguire
Testimonianze dirette e letture degli alunni dell’Istituto Comprensivo Berti

12.20
conclusioni del Presidente della Provincia di Modena Emilio Sabattini

12.30
Scoprimento della targa in ricordo delle famiglie sinte internate a Prignano fra il 1940 e il 1943

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Di Fabrizio (del 08/04/2010 @ 08:50:13, in Kumpanija, visitato 1772 volte)

Segnalazione di Alessandra Meloni

Per ascoltare la registrazione, clicca sull'immagine

In occasione della giornata mondiale di Rom e Sinti, che si celebra in tutto il mondo l'8 aprile, dedichiamo la puntata de L'Arca dei Diritti ad approfondire e capire quali sono le condizioni di vita di questa popolazione in Europa e in particolare nel nostro paese. L'intento è ancora una volta quello di comprendere il perché del diffuso razzismo nei confronti di una minoranza che vive da anni ogni forma di discriminazione e che, come gli ebrei, ha vissuto durante il periodo nazi-fascista, un vero e proprio olocausto. Delle ragioni storiche e sociali del dilagare di fenomeni discriminatori abbiamo discusso con numerosi ospiti.
Sono intervenuti: Alessandra Meloni, del coordinamento dei diritti sociali, economici e culturali della sezione Italiana di Amnesty International, Luca Bravi docente presso l'università di Firenze e autore del libro " “Tra inclusione ed esclusione, una storia sociale dell’educazione dei Rom e dei Sinti in Italia”, Alexian Santino Spinelli, rom italiano, musicista e docente universitario, Marcello Maneri, ricercatore presso il dipartimento di sociologia e ricerca sociale, della facoltà di Sociologia dell'università degli studi di Milano Bicocca, Fernando Vasco Chironda dell' Ufficio Campagne e Ricerca di Amnesty International Italia, Umiza Halilovic, portavoce del campo rom Cesare Lombroso di Roma.

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Di Fabrizio (del 07/04/2010 @ 09:16:45, in media, visitato 1554 volte)

Scrive Isabella da Livorno

Ora, che il Tirreno scriva le locandine per vendere le copie del suo giornale e non per informare, ormai, lo sappiamo. Che gli "zingari" siano odiati da tutti, pure, e che nemmeno i sacerdoti della Chiesa livornese nutrano nei loro confronti sentimenti positivi, pure questa è cosa nota.

Devo ammettere però che vedere tutte e tre queste cose riassunte in un articolo di cronaca, questa mattina.. mi ha turbato non poco.

Per chi si fosse perso la notizia: "dieci nomadi circondano e derubano religioso", sfilandogli di tasca 320 euro. Certo, chi ha voluto leggere l'articolo, come al solito, scopre che solo il giornalista (e pare anche il parroco) ha la certezza di come si sono svolti i fatti: in realtà il diacono si è accorto dell'ammanco dei soldi soltanto quando i rom se ne sono andati. Niente flagranza di reato e, per quel che ne so, in Italia vige ancora l'innocenza fino a prova contraria.

Credo sia scontato ma opportuno sottolineare che i mezzi di informazione possono svolgere, attraverso il linguaggio che scelgono di usare, un ruolo attivo nel fomentare diffidenza, razzismo e xenofobia. Inoltre l'enfasi attribuita a episodi di cronaca riguardanti rom, migranti e in genere "l'altro"; la "etnicizzazione" dei reati e delle notizie e più in generale la drammatizzazione e criminalizzazione dei fenomeni migratori sono tutti elementi che contribuiscono a creare un'informazione distorta e xenofoba.

Nel sito della campagna "Giornalisti contro il razzismo", sostenuta da alcuni Ordini dei giornalisti di altre città, si riporta la volontà di mettere al bando parole con una connotazione negativa, come quelle usate nell'articolo: "nomadi" e "zingari" o come come "clandestino", "extra-comunitario" e "vu-cumprà", con la convinzione che un linguaggio corretto e appropriato, quindi rispettoso di tutti, sia la premessa necessaria per fare buona informazione.

C'è da tempo una discussione su questo che la nostra stampa locale sembra ignorare del tutto.

Sarebbe davvero troppo chiedere al Tirreno di interrogarsi su questo?

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