Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 03/03/2008 @ 09:01:18, in Italia, visitato 2105 volte)
di Nando Sigona *
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pubblicato su
OsservAzione
Della sicurezza perduta
«Prima dell’entrata della Romania nell’Unione Europea, Roma era la capitale più
sicura del mondo... Bisogna riprendere i rimpatri». Era inizio novembre e
l’allora sindaco di Roma, Walter Veltroni, non faceva prigionieri e identificava
senza esitazione i colpevoli dell’ondata di criminalità che stava allarmando i
cittadini della capitale. La tragica morte di Giovanna Reggiani a seguito della
brutale aggressione da parte di un cittadino romeno aveva scosso profondamente
la città. Il governo, che si apprestava a varare il tanto annunciato
«pacchetto sicurezza», decideva allora di estrarne alcuni provvedimenti da
rendere operativi immediatamente attraverso il decreto-legge n.181/2007.
L’obbiettivo era facilitare l’espulsione di cittadini comunitari ritenuti dalle
autorità una minaccia per la pubblica sicurezza e per la sicurezza dello Stato.
La tempistica dell’intervento è stata oggetto di critiche, talvolta da posizioni
opposte. Secondo un funzionario del dipartimento per le Pari Opportunità
intervistato nelle settimane calde dell’emergenza, «fino a non molto tempo fa la
situazione appariva sotto controllo e non di nostra competenza e, probabilmente,
abbiamo sottovalutato la portata del fenomeno». A conferma di ciò, in
un’intervista al Financial Times, Romano Prodi affermava: «nessuno poteva
prevedere un flusso di tale portata. Nessuno si aspettava un tale esodo dalla
Romania verso l’Europa».
Nonostante gli sforzi compiuti dal ministro Ferrero e dal sottosegretario De
Luca nei mesi precedenti alla crisi per stemperare la tensione e promuovere
l’integrazione dei rom, alcuni osservatori hanno evidenziato come la carenza di
coordinamento tra i vari ministeri e tra il governo centrale e i comuni abbia
indebolito l’efficacia di queste pur valide iniziative.
Il provvedimento «urgente e necessario» nelle prime ore ha riscosso
l’approvazione pressocchè unanime delle forze politiche italiane – i distinguo
sono iniziati solo dopo qualche giorno, soprattutto in sede di dibattito
parlamentare – mentre ha suscitato un coro di proteste da parte delle
associazioni e del volontariato, ma anche di importanti osservatori
internazionali, che hanno manifestato perplessità per un provvedimento che, per
quanto di portata generale nella forma, appariva nella sostanza diretto ad un
gruppo specifico di persone: i rom romeni.
Per il presidente dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa: «l’arresto
di un cittadino rumeno sospettato per l’omicidio non deve portare ad una caccia
alle streghe. Il governo italiano ha il diritto di espellere dei soggetti sulla
base di considerazioni legate alla sicurezza, ma tutte le decisioni devono
essere prese su base individuale e non collettiva».
Il 19 dicembre, due settimane prima della scadenza dei termini per la
conversione in legge, il ministro per i rapporti con il parlamento, Vannino
Chiti, riferiva all’assemblea l’intenzione del governo di rinunciare alla
conversione per dei vizi formali. Dieci giorni dopo, il 29 dicembre, un nuovo
decreto (n.249/2007) veniva inviato al presidente della repubblica per la
necessaria firma. Il nuovo provvedimento riprende ampiamente la sostanza del
decreto precedente e la estende includendo anche misure per contrastare il
«terrorismo internazionale».
A distanza di qualche mese e con le elezioni alle porte può tornare utile una
riflessione su cosa è effettivamente accaduto nei mesi trascorsi, come è stato
applicato il decreto, chi e quante persone sono state oggetto di provvedimenti
di espulsione e quale è stato il suo impatto reale sui rom.
Un nuova caccia alle streghe?
Il decreto è stato presentato dai rappresentanti del governo come una risposta
necessaria al crescente allarme sociale causato dall’arrivo in Italia di un
cospicuo numero di migranti romeni e dalla comparsa di insediamenti di fortuna
abitati soprattutto da romeni di etnia rom in tutte le maggiori città italiane.
Per cogliere l’atmosfera che si respirava lo scorso novembre, ‘un continuo
recriminare contro gli stranieri senza precedenti nella storia recente
dell’Italia’ secondo il corrispondente del quotidiano britannico The Guardian,
può essere utile ricordare le parole pronunciate in conferenza stampa dal
prefetto di Roma a seguito dell’emanazione del decreto n.181: «Firmerò subito i
primi decreti di espulsione. La linea dura è necessaria perché di fronte a delle
bestie non si può che rispondere con la massima severità».
Le reazioni al decreto sono state diverse, coprendo un arco che va da chi ha
condannato il provvedimento come razzista e in violazione dei diritti umani, a
coloro che hanno suggerito che il decreto fosse in linea con la direttiva
dell’Unione Europea sulla libertà di circolazione dei cittadini degli stati
membri nel territorio dell’UE (2004/38/CE), a coloro che hanno visto nel decreto
una risposta populista all’allarme diffuso senza alcun impatto reale, o perchè
superfluo in quanto la normativa in vigore già permetteva le espulsioni in casi
di minaccia alla pubblica sicurezza o perchè troppo limitato nella sua portata.
A partire da gennaio 2007, quando Romania e Bulgaria sono entrate nell’Unione
Europea, la minaccia di un’«invasione» di migranti provenienti da questi due
paesi verso l’Italia ha occupato spazio crescente nei media. L’arrivo dei rom
romeni, iniziato in realtà ben prima dell’allargamento con l’abolizione dei
visti nel 2000, la nascita di campi irregolari, una serie di episodi di
criminalità riportati con clamore nei media e vecchi e profondi stereotipi e
pregiudizi verso «gli zingari» hanno contribuito a creare un senso di allarme e
minaccia crescente nell’opinione pubblica.
La tragica morte di Giovanna Reggiani ha fatto esplodere le tensioni che si
andavano cumulando e ha messo in evidenza e amplificato quello che si va a
configurare come un fondamentale terreno di confronto e scontro nella campagna
elettorale in corso: la sicurezza. Molte delle posizioni espresse dai politici
dei vari schieramenti nei giorni caldi di novembre possono essere lette come
parte di una battaglia di posizione per la conquista di questo terreno. Per
Veltroni, il decreto n.181/2007 è stato «la prima iniziativa politica» del
Partito Democratico che ha rotto la classica dicotomia tra sicurezza di destra e
solidarietà di sisnistra. Anche la sinistra radicale ha provato a dare una
risposta alla questione sicurezza e mentre il senatore di Rifondazione Comunista
Caprili invitava urgentemente la sinistra a «ritrovare una connessione
sentimentale con il proprio popolo», ricordando che «i campi nomadi non sono nei
quartieri bene ma nelle periferie», il presidente della Camera dei Deputati
Fausto Bertinotti affermava che per la sinistra non è sufficiente essere
tollerante. Sull’altro versante dello spettro politico, Gianfranco Fini si
faceva portavoce del fronte anti-immigrati attraverso dichiarazioni che hanno
suscitato sconcerto tra le associazioni anti-razziste e una mezza crisi
diplomatica con la Romania.
In un’intervista al Corriere della Sera, Fini definiva i rom come «una comunità
non intergrabile nella nostra società», persone che considerano «pressoché
lecito e non immorale il furto, il non lavorare perché devono essere le donne a
farlo magari prostituendosi, e non si fanno scrupolo di rapire bambini o di
generare figli per destinarli all’accattonaggio». Fini accusa il decreto di
essere blando e dice dovrebbero essere espulse 200-250 mila persone dall’Italia.
Dalla Lega Nord, invece, è arrivato un tentativo di allargare la cornice
interpretativa dell’emergenza all’intera questione immigrazione. Umberto Bossi
sulle pagine de La Padania dichiara: «Adesso tutti parlano di rom e di romeni,
tutta l’attenzione è puntata lì. E si dimenticano che ci sono tutti gli altri
immigrati, con tutti i problemi connessi. Non sono solo i rom a creare problemi
in questo Paese». E un altro esponente del Carroccio rivendica la paternità di
alcune delle misure incluse nel decreto n.181, anche se «copiate male e troppo
tardi» dal centro-sinistra.
In generale, si può affermare che la crisi ha prodotto un impoverimento della
qualità della dialettica politica. Secondo un esponente dell’Ufficio Nazionale
Anti-discriminazioni Razziali (UNAR), «assistiamo ad un deterioramento del
dibattito politico. Ciò che una volta era considerato razzismo è ora accettabile
ed è spesso sostenuto e legittimato con un uso strumentale e inaccurato di dati
statistici».
Una preoccupante conseguenza di questo abbrutimento è stata l’apertura di spazi
di legittimazione per quei gruppi e movimenti di estrema destra che da tempo
fanno della lotta «contro gli zingari» il loro cavallo di battaglia. Così, se il
movimento di Storace accusa la sinistra per «i millioni di immigrati che hanno
invaso l’Italia» e chiede il dispiegamento dell’esercito, Forza Nuova tappezza
la capitale di manifesti contro i rom e comunica attraverso il suo sito che il
tempo è scaduto e che «da oggi in poi tutti gli italiani sono moralmente
autorizzati all’uso di metodi che vanno oltre le semplici proteste per difendere
i compatrioti».
Gli effetti diretti e indiretti del decreto
Al 18 dicembre 2007, il decreto aveva prodotto 408 espulsioni, di cui 262 per
motivi di pubblica sicurezza, 124 per «motivi imperativi di pubblica sicurezza»
e 22 per cessazione dei requisiti di soggiorno. Dieci giorni dopo, il 27
dicembre, a poche ore dalla decadenza del decreto, il computo era salito a 510
espulsioni, di cui 181 per motivi imperativi. Pertanto si può affermare che il
provvedimento non è stato applicato per legittimare espulsioni di massa, come
alcuni avevano temuto ed altri avevano sperato.
Rispetto alla nazionalità degli espulsi, i dati ufficiali non offrono
delucidazioni. Si tratta come è evidente di un dato sensibile viste le accuse
mosse al provvedimento di essere diretto ad un gruppo specifico. Ad ogni modi,
dalle informazioni raccolte in alcune città italiane (Roma, Milano, Napoli e
Bologna) attraverso associazioni, prefetture e giornali, sembrerebbe che i
cittadini romeni, soprattutto di etnia rom, siano il gruppo più colpito. Il dato
sembra confermato anche dal fatto che i campi, regolari e irregolari, sono stati
oggetto di un setacciamento sistematico da parte delle forze di polizia in tutta
Italia.
Ma, al di là dell’applicazione diretta del provvedimento, il decreto ha avuto
anche degli effetti collaterali, più o meno voluti, sia sul piano simbolico che
materiale.
Il decreto, infatti, riconoscendo ufficialmente l’esistenza di una «emergenza
sicurezza» ha legittimato non solo quei gruppi di estrema destra che
tradizionalmente adoperano la paura dell’altro per fare politica, ma anche
quelle autorità locali che ormai da alcuni anni – a Bologna, Cofferati ha
iniziato la sua «battaglia per la legalità» nel 2005 con ripetuti e sistematici
sgomberi degli insediamenti non autorizzati di rom romeni – contrastano
l’insediamento di rom nei loro territori con l’arma degli sgomberi. In un anno
il solo comune di Roma ha sgomberato oltre seimila persone, molte delle quali
rom.
I rom, romeni e non, anche se non rappresentano una minaccia alla pubblica
sicurezza (nonostante i controlli a tappeto gli espulsi sono stati pochi) sono
sicuramente quelli che hanno risentito maggiormente non solo del clima generale
di caccia alle streghe, ma anche dell’applicazione del decreto. La campagna di
sgomberi dei comuni, i controlli nei campi e la schedatura condotta dalla
polizia, le accuse generalizzate da parte dei politici e gli attacchi di matrice
razzista hanno contribuito a diffondere un clima di grande insicurezza tra i
rom. Molte persone hanno deciso di abbandonare le città dove vivevano per
tornare in Romania o per spostarsi in luoghi meno pericolosi. I bambini rom
hanno risentito particolarmente di queste migrazioni forzate, essendo costretti
ad abbandonare la scuola e i luoghi conosciuti. Costretti alla macchia con i
loro genitori da iniziative politiche che forse producono vantaggi elettorali
nel breve periodo, ma che sul lungo termine creano criticità, riducono la
fiducia nelle istituzioni di quelli che sarebbero nuovi cittadini e minano ogni
tentativo, pur piccolo, di integrazione che si era avviato.
* Ricercatore presso il Refugee Studies Centre,
Università di Oxford e co-fondatore di OsservAzione [www.osservazione.org]. Il
presente contributo trae spunto dai risultati di una ricerca in via di
pubblicazione condotta da OsservAzione per l’Organizzazione per la Sicurezza e
Cooperazione in Europa (OSCE) tra novembre 2007 e dicembre 2007.
Di Fabrizio (del 02/03/2008 @ 09:07:04, in lavoro, visitato 3474 volte)
Antica Sartoria Rom Cooperativa Sociale a r.l. 952, via Nomentana, 00137 Roma Partita Iva e Codice Fiscale: 08962791003 Tel.: 3392357366 – 3887437524
Martedì 4 marzo 2008 alle 12.00 Presso La Città dell’Altra Economia (largo Dino Frisullo, ex Mattatoio)
SFILATA degli abiti realizzati dall’ANTICA SARTORIA ROM.
E’ la manifestazione conclusiva del progetto “Ritagliamoci il Futuro” promosso dal FORUM AMBIENTALISTA e finanziato dalla Provincia di Roma. Gli abiti sono stati realizzati secondo il criterio del riuso e riciclo
segnalazione di Marco Brazzoduro
Di Fabrizio (del 01/03/2008 @ 09:38:07, in media, visitato 2708 volte)
Da
Lameziaweb
Un film che racconta i Rom di Scordovillo grazie anche al contributo
dell'amministrazione comunale di Roma. Determinante anche il sostegno del Comune
lametino che ha patrocinato l'opera nata nell'ambito de "Il teatro che non
c'era", il laboratorio gratuito voluto dal Comune per i giovani aspiranti attori
della città e dell'hinterland.
«Quando ho chiesto ad alcuni rom quali fossero i loro sogni, mi hanno
risposto che non erano capaci di sognare perché i sogni erano così piccoli da
non essere più tali». Francesco Pileggi, regista lametino, racconta com'è nata
l'idea di realizzare "'Ninni 'ninni ad occhi aperti", un film cortometraggio nel
campo rom di Scordovillo: un'opera a metà tra la fiction e il documentario che
con sensibilità e rispetto mostra la drammatica realtà nella bidonville degli
zingari, nel pieno centro cittadino.
Un anno di lavoro trascorso insieme ai nomadi, che tali non sono più, perché
vivono ormai stabilmente sul territorio e ben volentieri hanno accettato di
essere protagonisti di se stessi.
«I film normalmente intesi», spiega Pileggi, «finiscono con l'ultimo ciack, e
gli attori escono di scena. In questo caso i protagonisti hanno continuato a
portarsi addosso il film della loro vita: le immagini, le scene, le battute che
da sempre vivono e si ripetono con loro». Il leit-motiv dell'opera è il sogno
che si personifica in Cosimo, un giovane rom che continua a girare per il campo
vendendo «sogni belli e quasi nuovi, sogni già sognati per tutti». Lo strillone
dell'immaginazione girovaga tra baracche e container trasportando su una
carriola delle cassette di legno per fare la raccolta differenziata dei rifiuti.
Una scena paradossale che suscita ilarità, ma anche profonda riflessione proprio
nel ghetto che nell'immaginario collettivo è sinonimo solo di sporcizia, lezzo
maleodorante e delinquenza. Accostamenti con cui il regista si avvicina molto
alla visione e all'idea pasoliniana dell'emarginazione e del disagio sociale.
"'Ninni 'ninni ad occhi aperti" sarà rappresentato domani sera in anteprima
nazionale a Roma, nella Biblioteca Villa Mercede del quartiere San Lorenzo. Alla
proiezione del cortometraggio parteciperà Massimo Converso, presidente nazionale
dell'Opera Nomadi, ed il vicesindaco di Lamezia Elvira Falvo.
Pileggi, aspettando l'anteprima, ringrazia chi ha collaborato con lui per la
realizzazione del lavoro: da Rosy De Sensi dell'associazione "La strada" a Maria
Concetta Ciliberti e Francesco Palaia che hanno curato le foto di scena, ad
Achille Iera che si è occupato del backstage. Un particolare ringraziamento va a
Ninfa Vescia, docente del Centro territoriale permanente della scuola
"Fiorentino" dov'è maturata l'idea del cortometraggio, in seguito ad un
laboratorio di cinema curato da Pileggi proprio con i rom.
Tante le persone che hanno collaborato in maniera concreta e fattiva perché gli
zingari lametini riuscissero a mostrare un'altra immagine del loro mondo, contro
lo stereotipo del pregiudizio e del luogo comune. "'Ninni 'ninni ad occhi
aperti" vede molte giovani nomadi protagoniste della scena: una vera rivoluzione
per la cultura patriarcale degli zingari che hanno ringraziato il regista.
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