Di Admin (del 01/05/2005 @ 00:00:01, in blog, visitato 3253 volte)
Benvenuto in dBlog 2.0 CMS Open Source, la piattaforma Open Source per il tuo Blog. Grazie a dBlog puoi disporre di moltissime funzionalità e vantaggi tra cui:
Tecnologia diffusa dBlog CMS Open Source utilizza la collaudatissima coppia Microsoft ASP 3.0 + DataBase Microsoft Access, è pertanto molto facile trovare un hosting che ne permetta l'utilizzo ed altrettanto semplice reperire informazioni per eventuali modifiche.
Installazione semplice dBlog CMS Open Source non richiede installazioni particolari, è infatti sufficiente scaricare il file, scompattarlo e pubblicare l'ambiente cosí com'è (contiene già l'utente amministratore).
Contenuto flessibile: testo e foto dBlog CMS Open Source è sia un Weblog che un Photoblog infatti è organizzato in due aree che prevedono la possibilità di pubblicare sia articoli che fotografie.
Feed RSS, Atom e PermaLink In dBlog CMS Open Source sono state integrate due delle più comode funzionalità tipiche dei blog il Feed RSS 0.91 e Atom 0.3 per la condivisione degli articoli ed il PermaLink che permette un link diretto verso il contributo.
Commenti degli utenti dBlog CMS Open Source permette di associare i commenti dei navigatori ai singoli articoli o fotografie (sia in popup che nella pagina), l'amministratore può disabilitare questa funzionalità con un clic.
Filtro parolacce dBlog CMS Open Source permette all'amministratore di filtrare alcuni termini nei commenti da parte degli utenti.
Classifiche dei contenuti dBlog CMS Open Source prevede una classifica degli articoli più letti e delle fotografie più visitate. L'amministratore può disabilitare questa funzionalità con un clic.
Upload integrato Un componente per l'upload permette di utilizzare dBlog CMS Open Source da qualsiasi computer dotato semplicemente di browser, ma di sfruttare anche la possibilità di pubblicare un file multimediale o un allegato.
Header dinamico dBlog CMS Open Source permette di gestire in maniera dinamica le fotografie e le citazioni che compaiono nell'intestazione, lasciando all'amministratore la scelta dei contenuti da mostrare
Stampa ottimizzata dBlog CMS Open Source permette ai navigatori di visualizzare e stampare i post e le fotografie in un formato adatto, senza la grafica del sito
Utenti online dBlog CMS Open Source permette di abilitare la visualizzazione del numero di utenti collegati in un determinato momento. L'amministratore può disabilitare questa funzionalità con un clic.
Calendario perpetuo dBlog CMS Open Source dispone di un comodo calendario perpetuo che permette di visualizzare a colpo d'occhio i giorni in cui sono stati pubblicati dei contributi.
Ricerca interna dBlog CMS Open Source è corredato di una funzione che permette di reperire velocemente informazioni effettuando una ricerca per parola chiave sia tra gli articoli che tra le fotografie. L'amministratore può disabilitare questa funzionalità con un clic.
Sondaggi interattivi dBlog CMS Open Source permette di effettuare sondaggi a risposta chiusa tra i visitatori, di visualizzare graficamente la situazione attuale dei voti e di mantenerne lo storico. L'amministratore può disabilitare questa funzionalità con un clic.
Compatibilità con gli standard Nella versione standard dBlog CMS Open Source funziona allo stesso modo su tutti i principali browser disponibili grazie al supporto XHTML e CSS W3C compliant.
Meta tag dinamici dBlog CMS Open Source è orientato all'indicizzazione sui motori di ricerca, le Keyword per i post e le fotografie vengono generate in automatico per ogni pagina
Gestione remota completa dBlog CMS Open Source è interamente gestibile online grazie ad un Pannello di controllo ad accesso riservato da quale è possibile controllare l'intera piattaforma ed ogni sua funzionalità: per utilizzare la piattaforma dBlog sia come utente che come amministratore serve solo ed esclusivamente un browser web.
Multi-utente dBlog CMS Open Source prevede tre tipologie di utenza ovvero gli utenti, i collaboratori e gli amministratori. Rispettivamente gli utenti sono coloro che visitano il blog e scrivono/leggono i commenti, i collaboratori sono coloro che possono pubblicare articoli e fotografie, mentre gli amministratori sono coloro che gestiscono il sistema.
Testi dinamici ed esterni Tutti i testi, i messaggi, gli errori, i colori, etc visualizzati nella piattaforma sono personalizzabili dinamicamente ed in maniera visuale tramite un apposito pannello dettagliato, è quindi possibile localizzare (tradurre) il software in ogni lingua.
CMS ed editor visuale dBlog CMS Open Source dispone di un Content Management System grazie al quale è possibile gestire tutto il contenuto ed il materiale relativo senza nessuno strumento aggiuntivo oltre al browser e senza disporre di alcuna conoscenza ASP. Grazie ad un potente editor WYSIWYG integrato è inoltre possibile produrre testi multimediali e formattati senza scrivere codice HTML.
Scheduling dei contenuti La pubblicazione del contenuto prevede la possibilità di schedularne l'uscita per una data futura, il sistema si preoccuperà in automatico di gestire la visualizzazione ai navigatori.
Statistiche interne dBlog CMS Open Source dispone di un piccolo sistema di statistiche che a colpo d'occhio permette di comprendere i numeri del blog.
Moderazione dei commenti dBlog CMS Open Source permette di moderare e cancellare i commenti inviati dagli utenti, ad esempio per limitare fenomeni di spam.
File manager integrato dBlog CMS Open Source integra uno strumento per la gestione delle fotografie e dei file multimediali, è dunque sempre possibile cancellarli anche dopo l'upload sul server.
Manutenzione del DataBase dBlog CMS Open Source dispone di uno strumento per la compressione periodica del database Access, in maniera tale da garantire nel tempo un corretto funzionamento e uno storico dei backup
Template personalizzabili dBlog CMS Open Source permette di modificare agevolmente il template grafico del sito, separando il layout dal codice di programmazione, in questo modo ogni web designer può rivedere (anche completamente!) l'impostazione del sito senza modificare per nulla la programmazione. Inolte, grazie a questa caratteristica, i futuri aggiornamenti saranno completamente trasparenti poiché non andranno ad intaccare i layout modificati.
Requisiti Per l'utilizzo della piattaforma non è necessario acquistare alcuna licenza, ma semplicemente sottoscrivere la licenza GPL relativa a dBlog. Il servizio di Hosting invece dovrà disporre di un server Windows 2000 o Windows 2003 con supporto ASP, di almeno una cartella con i permessi di scrittura ed eventualmente di un componente per l'invio delle mail (dBlog contiene già il codice di Persist ASPEMail, Microsoft CDONTS e Microsoft CDOSYS). dBlog è già predisposto anche per l'utilizzo su Aruba che offre ai suoi clienti in hosting caratteristiche strutturali abbastanza particolari.
Licenza dBlog Open Source è distribuito sotto licenza GPL standard (il testo completo è disponibile nel pacchetto del software) può quindi essere utilizzato negli ambiti previsti dalla licenza stessa, il copyright rimane in qualsiasi caso di mia proprietà.
Ringraziamenti e consigli Un grazie particolare a Visuddhi, Spidergirl, Salvatore e tutti quelli che hanno collaborato in qualche modo a dBlog. Se desideri dare maggiore visibilità al tuo blog utilizza i servizi di Blogitalia.it "la directory italiana dei blog".
Contatti Per qualsiasi dubbio, per contribuire o per semplici richieste di informazioni fai riferimento al sito ufficiale.
Di Fabrizio (del 01/05/2005 @ 00:28:58, in Kumpanija, visitato 2394 volte)
di Dusan Ristic
Amalipen - Amicizia Carissimi, per 5 anni ho ricevuto tonnellate di lettere che mi chiedevano come entrare in contatto con Rom, Sinti, Viaggianti di tutto il mondo. E' per questo che ho deciso di creare una comunità che possa riunirci. Potete mettere le vostre foto, indicare un vostro profilo e cercare persone che condividano i vostri interessi. Scambiare esperienze, storie ed informazioni. Potete creare forum di discussione e blog. Ascoltare musica in streaming. Naturalmente, l'iscrizione è gratuita!
Romalen. Ka' si tumaro than. Kate shaj te pindzaren tumare phralen thaj phenjan pe sasti Luma. Shaj te putaren tumaro muj thaj muken tumaro glaso savorenge, Vi Romenge vi Gadzenge. Phenen neso katar tumende, tumari organizacija, festivali vaj so godi mangen. Shuven tumaro gindo pe Romengi situacija Roden thaj arakhen buci, arakhen tumare amalen thaj amaljinan, sikaven tumare personalne vaj fotografie kathar tumare aktivitetura, bijava, manifestacije thaj konferencije.
Di Fabrizio (del 02/05/2005 @ 02:05:54, in media, visitato 4580 volte)
E' il titolo di un libro di Claudio Fracassi, che ho riletto da poco. Descrive come una cosa siano le notizie e un'altra i fatti.
La recente vicenda del bambino Rom rapito da un centro dell'infanzia, è un esempio di come giornali e tv (gli stessi blog) costruiscono le notizie, lasciando a "noi consumatori" appena un vago sentore di realtà virtuale. Lo affermo polemicamente, ma con tutta l'innocenza di cui dispongo: ho letto, ho visto la tv, aggiungiamoci Internet, non saprei raccontare effettivamente cosa è successo e soprattutto il come e perché.
Ci provo lo stesso, come milanese, a ricostruire una parte di cosa sta succedendo. In questa realtà, purtroppo il caso di quel bambino è soltanto il piccolo pezzo di una storia più grande, più complicata, più noiosa(almeno, siete avvisati).
Dove nasce questa storia: Attorno a Cimitero Maggiore e Quarto Oggiaro i primi Rom (Harvati) appaiono a metà anni '60. Lo sviluppo successivo dei campi sosta, dove si spostano i primi gruppi, trasformano quella zona in centro di arrivo, per i Khorakhané 15 anni fa e oggi per i Rumeni. Le strutture comunali assicurano una capienza di 100 persone, ma attualmente le presenze girano stabilmente tra i 500 e i 2000. Per non dilungarmi troppo, [QUI] in risposta a un primo "tentativo d'inchiesta" giornalistico.
Scandali, miseria e giornali: Non bastassero questi problemi, anzi forse proprio per questi, a fine luglio 2004 iniziano a girare voci di un'indagine su traffico minori e prostituzione infantile tra i Rom rumeni di un campo "satellite" clandestino. Ne scrive anche il Corriere, è agosto, periodo morto per i giornali.
Indiscrezioni, pareri personali e indagini - Da una parte, la mia personale opinione è che non esista un popolo di solo angeli o demoni, e che se ci fossero Rom o gajè implicati in storie simili, nessuno li vorrebbe in un campo, ma dovrebbero nascondersi in una qualche baraccopoli sotto i piloni dell'autostrada. - Dall'altra, il sospetto, sempre personale, che il Corriere abbia cercato il solito scoop, perché tempo due giorni la notizia sparisce. Non so, può anche essere dovuto al fatto che indagini così delicate siano "secretate".
Per chi si fosse perso la notizia, le indiscrezioni dell'estate scorsa riguardavano un giornalista rumeno che per un'inchiesta si era spacciato per pedofilo, e aveva fatto richieste in questo senso ad alcuni Rom in quella zona. Da lì, sembra iniziare l'indagine poliziesca. Quasi contemporaneamente (leggendo i giornali del mese scorso), una pattuglia trova da quelle parti un piccolo in stato di apparente abbandono (non ne farò il nome, dopo spiego perché), lo accompagna in un Centro per l'Infanzia e denuncia i "presunti" genitori. Se le due cose sono collegate alla medesima indagine, o siano due fatti separati, non lo sapremo.
Mentreforseprosegue l'indagine Provo a tenermi informato. Scrivendo sui Rom e sapendo quanto l'argomento sia insidioso, io per primo devo verificare quanto scrivo. Conosco qualcuno che risiede in quei campi, sia comunali che "clandestini" e qualche operatore. Però la situazione tra il Cimitero Maggiore sino ai margini della tangenziale, è quella di una bomba sempre pronta ad esplodere. Alcuni "informatori" li ho persi da un anno. A febbraio (proprio a cavallo del + famoso caso di Lecco), riporto la notizia (ripresa anche dai giornali) della ritirata di Opera Nomadi dalla gestione di quell'area. Una polemica che covava dallo scorso autunno: [QUI] e [QUI] le due campane. Polemica che contrappone Comune, Opera Nomadi e volontari vari (tra cui un agguerrito centro sociale) e che in parole povere sancisce la "cantonalizzazione" (o balcanizzazione?) di quegli insediamenti (e i Rom stessi) tra chi si appoggia a un gruppo piuttosto che all'altro. Con spiacevoli effetti collaterali per l'informazione: l'interesse dei vari contendenti diviene difendere il proprio orticello, enfatizzando i lati negativi del proprio "impegno". Nessuno o quasi presta più attenzione a quelle realtà che anche in quella Stalingrado operano nello sport, nell'associazionismo, nel mondo del lavoro, perché la situazione sia meno infernale e la parola "integrazione" non diventi una sigla vuota.
Il bimbo rapito: Non mi sono potuto fare un'opinione se la storia riguardi un bambino sottratto ai genitori, o siano disattenti/colpevoli i genitori, o se effettivamente ci sia dietro un racket. Per chi come me ha provato a tenersi estraneo ai giochi politici o di bande di cui scrivevo prima, è impossibe ricostruire i fatti al di sopra delle parti: uno smentisce l'altro (Rom o organizzazioni, non fa differenza) e recarsi da quelle parti, di questi periodi, è altamente sconsigliato se non c'è chi garantisce la tua presenza. Il Corriere, a notizia calda, spara un'intervista a un sedicente rappresentante della comunità. In pratica, questo rappresentante dice che il bambino non era maltrattato, ma è stato sottratto a forza dalla famiglia, quindi i suoi genitori l'hanno rivoluto con loro. Per terminare, visto il trattamento subito, quei genitori non si fidano della giustizia italiana, e si appoggiano alla giustizia e all'omertà degli altri Rom.
Non mi interessa giudicare quelle affermazioni, anche se possono avere una loro logica, come è notato QUI.
Noto solo che il Corriere ha fatto quello che dovrebbe fare qualsiasi organo di informazione: ascoltare tutte le parti in causa, tenere separatii giudizi dalle cronache. Ma quello che nell'articolo è solo accennato, cioè la contrapposizione nasce "anche" dalla miseria, nasconde un altro fatto: su questa situazione di miseria stanno litigando quanti offrono assistenza. Creando di fatto una situazione di "tutti contro tutti": la persona citata nell'intervista, che rappresenterebbe la comunità, se va bene rappresenta se stesso e i suoi interessi.
Il bambino torna in istituto: E'la fine di questa storia. Se la polizia ci sia arrivata da sola, se avesse già dei sospetti sul mediatore del caso, o se l'omertà tra i Rom non abbia funzionato - insomma, come è stato risolto, sembra non interessare più. E chissà se è mai interessato a qualcuno, primi fra tutti gli organi di informazione che ne hanno scritto: da una parte giocando sull'orrore per un bambino rapito da genitori e schiavisti (l'orrore è dato dal mettere assieme quei due termini che la nostra logica rifiuta di accomunare), dall'altra, con le foto di quel minore, di sua sorellina, dei genitori, "dimenticandosi" di aver sottoscritto un accordo, la Carta di Treviso, che proibisce, nell'interesse del minore, questi comportamenti lesivi della sua privacy, passata, presente o futura.
Allora, per lo stesso rispetto, il nome di quel minore non me lo ricordo, ma tra i mezzi d'informazione poco seri elenco: Corriere, Giorno, Panorama, Ansa, TGCOM, Repubblica
Rimane da scoprire cosa cambierà in quel Far West che TUTTI hanno contribuito a creare. Ma di questo ne scriverò un'altra volta.
PS: Comunque, il libro di Fracassi, può servire anche a capire, meglio di 500 commenti, qualcosa sulla vicenda Calipari, se poi può interessare, date anche un'occhiata [QUI]
Di Fabrizio (del 03/05/2005 @ 19:45:57, in Europa, visitato 2049 volte)
postato da Marije Goinga
Studio sulla discriminazione di Rom e Sinti contenuto nel progetto quadro Monitor racisme en extreem-rechts
Rom e Sinti non sono particolarmente inclini a rivelare la loro esperienza con le discriminazioni. Gli "incidenti" non vengono riportati e qualche volta la polizia compila rapporti ufficiali. Esiste una comune diffidenza tra Rom e Sinti e la società olandese. Oltre al linguaggio, contribuisce la paura di peggiorare la propria situazione invece di migliorarla. Secondo i ricercatori, tutto ciò è profondamente radicato ed è vitale rompere il ciclo vizioso della mutua diffidenza. Un ruolo centrale nelle relazioni interetniche è dato dalle agenzie governative. I ricercatori ritengono che per ottenere risultati il governo deve approntare una politica di lungo termine nel cooperare con quanti stiano già lavorando con Rom e Sinti a livello locale o nazionale.
Riguardo allo status sociale di Rom e Sinti, la loro posizione nella società può essere definita problematica e quasi disperata la loro situazione nella scolarizzazione e nel campo del lavoro, peggiore di tutti gli altri gruppi minoritari. Mancano siti di sosta temporanea per quanti vivono nei caravan. Il maggior problema è dato dalla persistente sfiducia reciproca tra Rom e Sinti dauna parte e la società olandese dall'altra. Questo ha portato a una situazione di stabile pregiudizio e di trattamento differenziato. Le stesse politiche governative ne soffrono. Il governo mostra di richiedere agli stati esteri un trattamento per Rom e Sinti, che non vuole offrire in casa propria. Comunque sono ancora risibili gli sforzi governativi per ridurre la marginalità di Rom e Sinti.
Il rapporto fa parte del progetto Monitor racisme en extreem-rechts che Anna Frank House ha redatto con l'Università di Leida. Può essere richiesto a:
Anne Frank House, Research & Documentation Department, P.O. Box 730, 1000 AS Amsterdam, Tel: +31 (0) 20 5567100 Fax: +31 (0) 020 4272703 documentatie@annefrank.nl Al costo di 8 euro (più spese di spedizione)
Di Fabrizio (del 03/05/2005 @ 23:54:36, in Italia, visitato 1900 volte)
E' il terzo appello che mi arriva oggi. In realtà avevo già visto le foto il 29 e non mi sembravano tanto chiare. Certo che non capita tutti i giorni che la polizia ti faccia spogliare per strada...
Venerdì pomeriggio 29 aprile è pervenuta alla redazione di Radio Sherwood una telefonata, da parte di una studentessa che ha voluto denunciare un abuso nei confronti di alcune ragazze rom a cui ha assistito di persona.
La ragazza ha raccontato quello a cui ha visto in stazione a Padova, assieme ad altre persone, tra cui una giornalista allontanata dai carabinieri.
I fatti, come raccontati alla radio, riguardano un fermo da parte dei carabinieri di alcuni rom sospettati di avere della cocaina. In particolare le ragazze fermate sarebbero state spogliate, denudate e? visitate? dalle mani dei militari per tutto il corpo...
A testimonianza delle sue parole, la studentessa ha spedito a Radio Sherwood delle foto, fatte con telefono cellulare, che alleghiamo sia alla notizia, sia alla testimonianza audio della studentessa.
Di Fabrizio (del 04/05/2005 @ 13:39:52, in media, visitato 3281 volte)
da Adrian Marsh
Cari amici e colleghi,
Nel link indicato qui sotto, trovate un'eccellente selezione di film della durata di un minuto, realizzati da giovani Rom durante un laboratorio di settembre 2004.
Torniamo a parlare della Cap Anamur: durante questa settimana sono accadute due cose importanti. La prima è che uno dei trentacinque immigrati espulsi illegalmente dall'Italia nello scorso mese di luglio è stato rintracciato: si chiama Sylvester Weah, ha 21 anni, è originario della Sierra Leone. Ne racconteremo la storia. La seconda è che alcuni lettori hanno espresso incredulità rispetto alla vicenda dei riconoscimenti di nazionalità "a vista" di cui avevamo parlato sette giorni fa a proposito della storia di Fatawu Lasisi, l'unico ex della Cap Anamur che ancora vive (da clandestino) in Italia. Li capiamo, non è facile credere che uno Stato come il nostro possa affidare il destino di un uomo al parere di un funzionario consolare che, dopo un colloquio di pochi minuti, ne stabilisce la nazionalità: nigeriano, sudanese o ghanese. Anche noi abbiamo sperato che fosse un caso isolato. Purtroppo non era così. E quel che è accaduto a Sylvester Weah lo dimostra.
Chi volesse saperne di più troverà la storia di Fatawu (e della guerra che l'Italia gli ha dichiarato) nell'indice di questa rubrica. Ma per seguire la storia del suo compagno di sventura, Sylvester Weah, basterà ricordare che dei trentasette naufraghi della Cap Anamur, ben trentacinque nel luglio del 2004 furono espulsi dall'Italia prima che la magistratura si pronunciasse sul loro ricorso. E che quando la pronuncia dei giudici arrivò - a loro favorevole - erano ormai stati rispediti in vari paesi africani. Quelli dove, secondo il riconoscimento "a vista", avevano la cittadinanza.
Sylvester, dopo lo sbarco a Porto Empedocle, aveva detto di venire dalla Sierra Leone. Ma, esaminato dal console del Ghana su incarico del nostro ministero, era stato dichiarato appunto ghanese. S'era disperato. Aveva spiegato di aver vissuto in Ghana, ma solo dopo essere fuggito dalla Sierra Leone, dove la sua famiglia era stata vittima di feroci persecuzioni politiche. In definitiva, aveva dato una spiegazione credibile, quanto meno da verificare, di quelle inflessioni che avevano indotto il console ghanese a dichiararlo suo connazionale. Fatica inutile. Il verdetto era stato ormai pronunciato. E, a quanto pare, non prevedeva appello.
Anche questo, temiamo, potrebbe apparire incredibile. Eppure fu compiuto veramente il tentativo di impedire agli avvocati di entrare nel Centro di permanenza temporanea di Caltanissetta per parlare coi loro clienti. Ricorda la senatrice Tana De Zulueta: "Telefonai al prefetto e gli feci notare che in quel modo l'Italia si esponeva al rischio di una sanzione per violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Dopo un quarto d'ora gli avvocati finalmente ebbero il permesso di entrare. Era stato, si scusarono i responsabili del Centro, uno spiacevole equivoco".
Qualche giorno dopo, i trentacinque naufraghi della Cap Anamur furono espulsi e caricati sulla forza su alcuni aerei. Sylvester si ritrovò ad Accra.
Evidentemente, quanto all'individuazione della nazionalità, le autorità consolari e la polizia di frontiera del Ghana applicano criteri diversi. Infatti, Sylvester, che in Italia era stato dichiarato ghanese dal console del Ghana, all'aeroporto di Accra non fu riconosciuto come tale dalle guardie di frontiera ghanesi. Sì, può sembrare uno scioglilingua, ma è una tragedia. Per un attimo la polizia ghanese pensò di rispedirlo in Italia. Ma come, visto che l'Italia l'aveva appena mandato via? Fu così che Sylvester - precipitato nel limbo dei senza patria grazie all'incontro tra la burocrazia mediterranea e quella africana - fu lasciato libero. Che si arrangiasse, insomma, e andasse dove gli pareva.
In tasca non aveva né un documento valido né un soldo. Ma aveva un oggetto prezioso, un telefonino, che un giornalista gli aveva fatto avere di nascosto mentre si trovava recluso nel Centro di Caltanissetta. Quel cellulare era il suo unico contatto col mondo.
Il giornalista, senza grandi speranze, il giorno dopo la partenza dell'aereo per Accra compose il numero del cellulare. In quel momento Sylvester era appena uscito dall'aeroporto di Accra e, a piedi, vagava alla ricerca di un passaggio per arrivare a Kumasi, una città del Ghana dove era transitato durante la fuga verso l'Europa e sperava di trovare qualcuno che gli desse un posto per dormire e qualcosa da mangiare. Lo squillo del cellulare gli parve un sogno. Rispose subito e raccontò con la voce rotta dal pianto quel che gli era capitato. Capì che non era rimasto solo.
Cominciò un rapporto che non si è mai spezzato e che è anche la ragione per cui di Sylvester, unico tra i trentacinque espulsi della Cap Anamur, non si sono perse le tracce.
E' una forma un po' speciale di adozione a distanza. Neanche tanto speciale, a pensarci bene, visto che Sylvester da bambino è rimasto orfano di madre e del padre da anni non ha alcuna notizia. Dall'Italia non solo gli è arrivato un aiuto economico ma anche un appoggio per proseguire la battaglia legale per il riconoscimento del diritto d'asilo. A settembre è riuscito finalmente ad avere dalla Sierra Leone un passaporto e un certificato di nascita. Le prove, credeva definitive, che il console ghanese, l'esperto in riconoscimenti 'a vista', aveva preso un abbaglio. Ha fotocopiato i documenti e li ha inviati al suo avvocato italiano che li ha portato fino all'ufficio del giudice.
Ma c'era un errore. Uno di quelli che si chiamano "errori materiali". Sul passaporto i funzionari della Sierra Leone avevano sbagliato il nome di famiglia. Anziché Weah, cognome paterno dichiarato in Italia, c'era scritto il cognome del nonno, Seth. Tutti gli altri dati corrispondevano perfettamente. Era appunto un errore materiale, evidente, uno di quegli errori che una volta rilevati vengono semplicemente corretti. Almeno quando colpiscono i diritti di un cittadino italiano. Nel caso di Sylvester è bastato perché il ricorso venisse respinto e l'espulsione confermata.
Gli è rimasta la speranza, cioè quel cellulare che continua a funzionare. L'ultima telefonata è di pochi giorni fa. Sylvester sta seguendo un corso di informatica e non ha perso la speranza di raggiungere l'Europa. Sta anche studiando una lingua. Il tedesco.
(La storia di Sylvester Weah ci è stata raccontata da Karl Hoffmann).
Di Fabrizio (del 04/05/2005 @ 16:45:06, in blog, visitato 1779 volte)
Leggo su MediaEducation.bo: Ho chiesto a uno dei tantissimi operatori coinvolti nel progetto ISIS, Cosimo Avigliano, di scrivere un articolo per questo blog relativo al progetto, a questa esperienza che si sta facendo grande e importante per l'inclusione sociale dei minori a rischio seguiti dai tribunali dei minori di alcune regioni del sud Italia. E' un'impresa notevole e faccio i miei complimenti a tutte le persone coinvolte, dagli organizzatori agli operatori fino ai ragazzi che attraverso il loro blog iragazzidiisis stanno dando spazio al loro notevole lavoro! In bocca al lupo!
Amelia
(Continua) basta seguire il link di sopra.
Ho visitato il loro blog. Quello che avevo tentato di fare con Il vento e il cuore edizione online. Per il momento, il mio progetto è fermo. Per fortuna, vedo che qualcuno ce la fa.
La Cgil Milano: "Lavoro-nero e immigrati, controlli nelle aziende non alle frontiere" Si accende il dibattito dopo le affermazioni del generale Pollari (Sismi) secondo il quale per combattere l'immigrazione clandestina occorre debellare la piaga del lavoro nero. Per la Camera del lavoro di Milano è necessario spostare "i controlli dai confini dello Stato al territorio per verificare se le aziende favoriscono l'illegalità". Le reazioni di Ds, Caritas e An
MILANO - "Maggiori diritti per tutti, anche per gli immigrati, equivale ad avere una maggior sicurezza per tutti, residenti italiani compresi. E se lo dice anche il Sismi possiamo stare tranquilli". Marida Bolognesi, deputata Ds, presidente della commissione Affari sociali della Camera nella passata legislatura, commenta l'intervento di Nicolò Pollari (capo del Sismi) apparso sulla rivista del Sisde a proposito di immigrazione. "Va colpito il lavoro nero - sostiene il generale - solo così spezzeremo il legame che alimenta l'immigrazione clandestina". Il dibattito pubblicato da Gnosis e rilanciato da ilPassaporto.it crea attenzione e reazioni.
Bolognesi (Ds): anche i minori penalizzati dalla Bossi-Fini "E' stato messo il dito sulla piaga. Il vero problema è il governo dei flussi e della manodopera - insiste la deputata livornese - Abbiamo una domanda più alta delle offerte regolari. Ed è interessante che chi si occupa di sicurezza veda questa come soluzione. I diritti di cittadinanza , il diritto più in generale nel lavoro, diventa una soluzione ai problemi di sicurezza. E significa che vanno cambiati i termini della questione dei flussi migratori gestita dalla legge Bossi-Fini", insiste Marida Bolognesi che esprime una preoccupazione. "Proprio ieri in commissione infanzia abbiamo saputo del continuo invio alle polizie di altri paesi dei minori non accompagnati. C'è un'applicazione ulteriormente restrittiva della Bossi-Fini fra il comitato minori stranieri e il ministero degli Esteri. I ragazzi di 10-12 anni invece di essere accolti in case-famiglia vengono rispediti ad un mittente. E' un mittente che non offre loro nessun tipo di garanzia. Un altro caso di diritto negato che alimenterà nuove fughe e nuove clandestinità".
Don Colmegna (Caritas): snellire la burocrazia Persino don Virgilio Colmegna della Caritas Ambrosiana è d'accordo con quanto sostiene il generale Pollari: "Io sono convinto che il problema sia quello del lavoro nero. Colpire il lavoro nero significa impedire la moltiplicazione delle cause degli arrivi e delle permanenze irregolari. In generale il problema è quello dell'efficienza degli strumenti legislativi. C'è una differenza importante fra effettive richieste di lavoro e situazione burocratica. A Milano ci vogliono 12 mesi per un permesso di soggiorno, lo rilascia assurdamente la questura che dovrebbe invece occuparsi semplicemente della cause che impediscono il rilascio di un permesso. Va cambiata la legge non tanto in termini ideologici, ma in termini di funzionalità. L'econonia reale trova delle strade che l'ingessamento delle procedure impedisce di tradurle in diritto".
La Cgil: controlli nelle aziende non alle frontiere La Cgil di Milano, dopo aver letto i contenuti del dibattito promosso dai servizi di sicurezza, interviene con una propria posizione politica. E propone. Controlli ispettivi sulle aziende, spostando l'azione di polizia dalle frontiere al territorio. Maurizio Crippa illustra la posizione della Camera del Lavoro milanese: "E’ vero. Il lavoro nero sta alla base dell’illegalità. Siamo favorevolmente impressionati dall’analisi di Nicolò Pollari che individua nel lavoro nero la causa principale dell’illegalità. Se abbandoniamo la visione esclusivamente ideologica e politica della Bossi-Fini (l’immigrazione si controlla bloccando i confini e quindi l’entrate) ci rendiamo conto che la necessità di manodopera a buon mercato favorisce un flusso migratorio parallelo ai flussi (con quote per altro scarse ed irrilevanti rispetto alla domanda). Occorre quindi un controllo ispettivo rigoroso sulle aziende, spostandolo dalle frontiere al territorio, e soprattutto serve una maggiore consapevolezza delle imprese e delle associazioni di categoria, nel ricercare intese con le parti sociali atte a tutelare i diritti delle persone nei luoghi di lavoro applicando i contratti nazionali e favorendo azioni positive nei confronti dei lavoratori di altre culture. Inoltre sarebbe importante intervenire sui criteri di ingresso nel Paese pensando a permessi di ingresso di almeno sei mesi per ricerca lavoro. Così si potrebbe eliminare il mercato nero delle braccia e il conseguente sfruttamento della manodopera gestito da caporali e malavita organizzata".
Prosperini (An): ognuno a casa propria Il consigliere regionale di Alleanza nazionale, Gianni Prosperini, quasi ventimila preferenze in Lombardia nelle ultime elezioni, uno degli uomini che ha raccolto più voti per sostenere il progetto-Formigoni, rappresenta i duri e puri contro gli stranieri. "Io sono contro l'immigrazione, ognuno stia a casa sua. L'immigrazione è eticamente e praticamente dannosa: sia per chi vede arrivare gente di tutti i tipi, sia per chi si muove. E poi questi stranieri vengono solamente per vivere alle spalle degli italiani. A Milano ci sono 200.000 immigrati. Quanti lavoreranno davvero? Mah, non più di 30.000. Il lavoro nero? Lo fanno anche gli italiani e lo promuovono gli imprenditori che guardano al loro profitto. E praticano la delocalizzazione del lavoro. Spostano le fabbriche dove si paga meno la gente. Del resto è un'Europa allargata degli imbecilli. Se si pensa che un mungitore di vacche italiano costa dieci volte un mungitore di vacche polacco... Vediamo alla fine chi ci rimette. Comunque il problema è semplice. C'è lavoro? Quei pochi stranieri che vengono qui a lavorare devono avere un permesso di soggiorno rapido, non aspettare mesi e mesi come accade ora. Più che un permesso di soggiorno deve essere un ticket. Scaduto il contratto, scaduto il ticket e... fuori dalle scatole". (05 maggio 2005 - ore 16.04)
Di Fabrizio (del 06/05/2005 @ 16:27:52, in Italia, visitato 1820 volte)
Essere occidentali significa, prima che un'espressione geografica o una scelta ideologica, far parte di una CASTA, che si identifica nel processo storico che ha generato: - rivoluzione borghese; - industrializzazione; - accumulazione capitalista; - socialismo e lotte di classe; - stati nazionali; ed essere convinti che tutti gli altri popoli, ovunque si trovino nella loro storia, economia, ideologia, prima o poi rifaranno la stessa strada. Magari con qualche errore di percorso: se Cina o Iran (faccio due esempi a caso tra i tanti) usano il carcere e la violenza contro i diritti d'opinione, si pensa che lo facciano perché siano ancora incrostati di vecchie ideologie illiberali.
A volte (lo confesso) anch'io leggo qualcosa di intelligente, da quando ho scoperto che la difficoltà di comprensione non c'entra con la stupidità o l'intelligenza del testo. Subito dopo, sono andato a ricontrollare Reporter sans frontiers, che nel suo barometro 2005 indica: - 22 giornalisti uccisi dal 1 gennaio a oggi; - 105 gli imprigionati; - oltre a loro, in prigione 3 assistenti dell'informazione e 76 "cyberdissidenti"; - è il quinto mese che sono stati rapiti Florence Aubenas e Hussein Hanoun al-Saadi... che nell'Iraq odierno, rappresentano meglio di tante parole lo stato dell'informazione indipendente: da zittire o da sbeffeggiare. Non per niente, l'unico punto d'accordo tra i tanti contendenti in quel paese è: i giornalisti possono restare solo se addomesticati.
In casa nostra, Indymedia è minacciata di sequestro a causa di un fotomontaggio sul papa. Dire che il papa è nazista, ha la stesso valore che ironizzare sul capo del governo perché è un tappo. Il mese scorso è stato un fiorire di battute sul "pastore tedesco", il "papa nero", "Giovanni Paolo III Reich". Perché Indymedia no e tutti gli altri sì?
Procreazione assistita, il 12 giugno si avvicina. Come è capitato a suo tempo coi referendum sul divorzio o sull'aborto, non sento la necessità di ricorrervi, ma non capisco perché dovrei impedire a chi ne abbia la necessità, di fane uso. Quindi, so benissimo come voterò, anche per questo non me ne sono occupato più di tanto (lo so, è COLPA MIA). Ditemi, è vero che non se ne parla affatto? Sapreste indicarmi un sito, una trasmissione, dove si possano confrontare le ragioni del sì e quelle del no, senza scadere nelle solite risse? Insomma, un confronto democratico, come diciamo di essere. Seconda domanda: e se la soluzione rimanesse andare all'estero, che valore morale avrebbe essere contrari, visto che il "peccato" rimane, ma accessibile solo a chi può pagarselo?
Non avete l'impressione, che da "occidentali" ci stiamo trasformando in quegli esempi che a parole vogliamo combattere?
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