YOUR MIDDLE EAST Gli zingari d'Irak - incontro con un popolo in
isolamento - di
Nizar Latif (giornalista freelance da Baghdad)
Il villaggio di Fuwwaar si trova presso la città di Diwaniyah, 180 km a sud
di Baghdad, ma rimane isolata dal mondo esterno - parte è dovuto al suo stile di
vita zigano e parte alla considerevole presenza dei militari, che
controllano il traffico in entrata e in uscita.
Uomini armati osservano con attenzione chi entra, in cerca di prostitute e
altri piaceri proibiti. Gli stranieri che tentano di entrare nel villaggio
vengono uccisi, sulla base di semplici sospetti, da militanti dei gruppi armati.
Fuwwaar assomiglia ad un sito archeologico nel deserto; abbandonato dalla
gente e con poche case - distrutte o in via di distruzione. Rimangono rifiuti e
poche persone, devastate da migliaia di anni di guerra. Una famiglia qui e una
lì. Le pareti delle case sono di fango e il tetto, le poche famiglie che ne
hanno uno, è di argilla. Le case rimanenti sono aperte al sole e alle
intemperie. Il villaggio manca di scuole, centri medici o di acqua potabile.
C'è una lotta in corso. Sono stati messi in discussione e combattuti da
tutti: lo stato, il governo, la costituzione, la legge, religione, costumi,
tradizioni e persino la società. La lotta segna i loro volti e corpi. Sono
invecchiati molto più velocemente rispetto alla loro controparte nella società
maggioritaria.
Sono vivi ma sopravvivono. La loro unica colpa è di essere nati così. Gli
zingari, in Irak in generale e a Diwaniyah in particolare, affrontano il
confinamento sociale e la mancanza di servizi. Il capo degli zingari di Diwaniyah,
che per ragioni di sicurezza si fa chiamare Abu Saleh, ci dice: "Patiamo
numerosi problemi e questioni: soprattutto la non esistenza di qualsiasi
servizio. Non c'è acqua, elettricità o altri servizi, oltre al confinamento
sociale e alla malevola percezione degli zingari nella società. D'estate
soffriamo la calura, in queste povere case senza elettricità. Alcuni bambini per
rinfrescarsi si gettano nelle acque dei liquami. Il nostro unico accesso
all'acqua viene dagli scarichi contaminati per uso non-domestico."
Tutta la regione affronta difficoltà simili, puntualizza Abu Saleh,
specialmente dopo l'assalto armato al villaggio di cinque anni fa.
"Ma non abbiamo altra scelta," aggiunge. "Quanti sono emigrati avevano
possibilità finanziarie ed erano di famiglia benestante, con i mezzi per
guadagnarsi da vivere. Noi non abbiamo una professione, né un lavoro, né un
salario o qualche altra fonte per guadagnarci da vivere."
Dice che la prostituzione e le altre forme di corruzione sono terminate
cinque anni fa, e che le famiglie che gestivano queste attività sono emigrate.
Quelle che ora sono qui, dice, sono estremamente povere e non hanno lavoro né
altri mezzi per vivere.
"Mendicano per mangiare!" dice. "Sono le stesse famiglie che si sono
insediate nel villaggio negli anni '70 e sono rimaste sino a oggi."
Il problema degli zingari riguardo il lavoro va oltre la mancanza di
competenze o i contatti con i reclutatori. Viene loro rifiutato a causa
della stigmatizzazione sociale. Socialmente, sono disprezzati e gli stranieri
rifiutano di socializzare con loro. Sono spalle al muro sul piano sociale,
tribale, religioso e governativo, e non viene loro permesso di condurre i propri
affari. Sono anche esclusi dai servizi della sicurezza sociale, lanciati dal
governo iracheno a protezione dei poveri nel paese.
Abu Aysir siede accanto alla strada che attraversa il villaggio, vende della
verdura appoggiata a terra. Serve per mantenere la sua famiglia di due mogli e
quattro bambini. "Nonostante tutte le sofferenze, l'assenza di servizi, la
disoccupazione, la povertà e tutte le nostre difficili condizioni," dice "la
verità è che non abbiamo praticato il terrorismo o agito contro la sicurezza del
paese."
"Non abbiamoi mai preso partito, anche nelle circostanze più dure, causando
problemi, il ché ci rende molto patriottici," aggiunge, "eppure ci sono stati
dei martiri tra il nostro popolo, che hanno perso la vita in atti di terrorismo
e violenza. Neanche per un giorno abbiamo pensato di ricorrere alla violenza e
al terrorismo, non ci apparttengono. E oggi qui, viviamo nella marginalizzazione
e nel totale disprezzo delle nostre esigenze di base, come la disponibilità di
un minimo di lavoro, di cui vivere. Non è giusto che beviamo acqua sporca dal
torrente, senza acqua potabile, elettricità e altri servizi."
Gli zingari sono stati soggetti di numerosi brutali attacchi da parte di Al
Qaeda e di militanti sciiti, in diverse città dell'Irak. Attacchi che hanno
lasciato migliaia di morti; donne, bambini e uomini, senza alcun intervento da
parte del governo, che è rimasto in silenzio.
Una giovane di ventotto anni, Shakir, dice: "Cinque anni fa, fanatici delle
milizie sciite hanno lanciato centinaia di attacchi contro il nostro villaggio,
e hanno bruciato le nostre case. Con le loro spade hanno macellato brutalmente
le nostre donne, uomini e bambini. Hanno smembrato i loro corpi e tagliato le
teste dalle nuche. Nel contesto sociale delle tribù arabe, tagliare la testa
dalla parte posteriore del collo rappresenta il più basso grado per morire e che
il valore è zero. E' una forma di odio e disumanizzazione essere uccisi
brutalmente. Questi militanti sciiti si distinguevano nell'ucciderci e
torturarci."
Aggiunge: "Il governo e i funzionari iracheni furono ciechi e sordi ai
crimini brutali di cinque anni fa. Secondo me, li hanno persino appoggiati, dato
che la maggioranza dei politici sono fanatici sciiti." Secondo Shakir, dozzine
di famiglie lasciarono il villaggio per stabilirsi in città più sicure, e molte
di quelle rimaste hanno perso, almeno, due o tre componenti, uccisi dalle
milizie estremiste sciite.
La famiglia di
Abu Saleh è tra queste. Ha diviso il resto del suo clan in 22 piccoli gruppi,
mandandoli a mendicare, una dura soluzione, ma l'unica che permettesse di
mantenersi uniti.
"Ho diviso il mio clan in piccoli gruppi, composti da una o due famiglie, e
li mandati in diverse provincie irachene," spiega. "Era l'unico modo per
guadagnare qualcosa senza essere riconosciuti dalle milizie che cercano sempre
di ucciderci, o da altra gente che potesse riconoscerci e rifiutarsi di darci
qualcosa. Uno zingaro non è in grado di ottenere un lavoro, perché la gente
comune si sentirebbe in disgrazia e disonorata, se lo facesse. Inoltre, il
governo iracheno è sempre più dominato da islamisti fanatici, e mai assumerebbe
degli zingari. Ci trattano come animali."
Il gruppo sarà via per un mese e oltre. Al loro ritorno nel villaggio,
dovranno condividere quanto guadagnato con le altre famiglie che mancano di un
reddito. Prima del 2003, Fuwwaar ospitava oltre 1.700 zingari. Oggi sono meno di
200.
"L'isolamento mi fa sognare il momento che sentirò di appartenere al resto
della razza umana e dell'umanità," dice Sama, 22 anni. "La solitudine di questo
posto senza vita, ti fa vivere un dolore e una pena che uccidono lo spirito. La
sera vado verso il deserto qua vicino e penso a cosa ci riserva il futuro. La
scena di bambini miseri e vecchie stanche seduti in circolo di fronte a una
delle case del villaggio, che ricordavano i giorni passati e ora, mentre si
chiedevano dove sarebbero finite, tra le altre cose, è stato una dei motivi che
mi ha spinto a lasciare la mia amara realtà e cercare la solitudine, solo per
scoprire che noi tutti non siamo responsabili della tragedia che stiamo
vivendo."
Perché pagare per errori mai commessi, si chiede. Ma è anche preoccupa anche
di lasciare la comunità, perché neanche fuori ci sarebbero garanzie di successo.
Dov'è la speranza, si chiede.
"Abbiamo il diritto di rimproverare i nostri antenati?" si chiede un'anziana
che da giovane vendeva il proprio corpo. "No, non li biasimo. Siamo destinati ad
essere zingari ed in questo modo dobbiamo vivere."
Molte delle donne del villaggio sono disposte a fare tutto il necessario per
provvedere alle loro famiglie. Dentro il villaggio possono lavorare e sentirsi
rispettate, lontano dagli insulti e dalle umiliazioni del mondo esterno. Dice Um-Suhair,
sarta: "Qui c'è un'infinità di donne che sanno cucire e tessere benissimo, e
sono pronte a lavorare in qualsiasi professione decente, per guadagnarsi da
vivere e aiutare le loro famiglie. Soffriamo la percezione della comunità, in
quanto siamo considerate estranee al quadro dello stato e dell'umanità, inoltre
non siamo Iracheni. Il mio lavoro sono il cucito e la maglieria, ma gli affari
non sono più quelli di una volta. L'immigrazione, la povertà e l'indigenza
prevalente nel paese, trasformano ogni attività artigianale in fallimentare e
non redditizia."
La sofferenza si estende alle strade che portano al villaggio, dice, e degli
attacchi da parte delle tribù che lo circondano, che rendano pericoloso entrare
ed uscire dal villaggio. Molte donne sono state violentate o uccise.
Gli zingari iracheni, conosciuti anche localmente come Kaulia, hanno radici
che affondano in India e Spagna. Secondo il ministero iracheno dei diritti
umani, questi zingari formano una minoranza etnica tra le 50.000 e le 200.000
persone. Sono insediati in villaggi e insediamenti, di solito isolati ai margini
delle città e paesi, sono presenti nelle provincie di Baghdad e AlBasra,
Ninawa e Diyala, inoltre in alcuni villaggi delle pianure del sud, come
Al-Muthanna and Diywaniyah.
Erano tribù nomadi sino agli anni '70, l'Irak riconobbe loro la cittadinanza nei
primi anni '80. Erano parte della comunità irachena, in quanto si occupavano
dell'intrattenimento. Le piccole comunità hanno tradizioni e costumi molto
differenti dal resto del paese.
Ma, nonostante il loro rifiuto da parte della società, l'arte zingara ha
catturato l'interesse degli iracheni e trovato una strada attraverso la TV e le
stazioni radio, queste ultime popolari soprattutto nell'Irak rurale. Prima che
arrivassero alle trasmissioni TV, gli Iracheni avevano l'abitudine di chiedere
agli zingari l'intrattenimento per le feste di matrimonio e le celebrazioni
all'aperto, dove le donne zingare ballavano e cantavano dietro compenso. Le
femmine zingare diventarono delle star nella scena artistica irachena. Le
canzoni zingare sono parte fondamentale di quelle irachene, e i cantanti zingari
sono sinonimo di cantanti folk. Raramente c'è una festa senza che venga
suonata una melodia gitana.
Dice Laith Abdul Latif, ricercatore ed esperto di genealogia: "Il termine Al-Kaulia
si applica alle tribù indiane le cui donne guadagnavano di vivere con
l'adulterio, la danza nr il clero durante i servizi religiosi, altre cercando
piacere. Altre provenivano dal tempio indiano di re Kaul, da cui il nome. Le
origini degli zingari Kauli vengono dall'India."
Nonostante il fatto che parlino arabo e che siano musulmani, come loro stessi
dichiarano, continua Laith Abdul Latif, la carnagione scura e i tratti affilati
li distinguono dal resto della popolazione. Gli zingari si lamentano della
discriminazione riguardo a terminologia, le loro caratteristiche di spicco
indiane, e le loro pratiche della danza, prostituzione, intrattenimento e di
affittare le donne. Dice Widad Hatem, presidente della commissione sui diritti
umani della provincia di Diwaniyah: "Dalle ricognizioni che effettuiamo attorno
al villaggio degli zingari, abbiamo scoperto diversi problemi che sono gli
stessi degli altri residenti nella regione: assenza di elettricità e acqua
potabile, disoccupazione dovuta a discriminazione etnica e disprezzo sociale. In
quanto funzionari, assieme alla commissione sui diritti umani, dobbiamo fornire
soccorso alla regione, assieme ai servizi necessari, quali energia elettrica,
acqua potabile e presidi medici."
Aggiunge che, la chiave è spostare l'interesse dalle autorità preposta e
dalla presidenza del consiglio, verso la direzione del prendersi cura e
interesse di questo gruppo sociale, che ha sofferto sia il disprezzo comunitario
che le difficoltà di vita.
"L'area è stata rifornita di tre serbatoi di acqua potabile, installati in
diverse posizioni del villaggio. Inoltre, la direzione municipale sta
progettando di rimuovere i detriti ed eseguire la manutenzione stradale. I
nostri sforzi congiunti, combinati con quelli delle organizzazioni della società
civile, cercano di introdurre agevolazioni per cucito e tessitura, laboratori,
un progetto di riciclaggio dei rifiuti o qualsiasi altro schema nell'area,
perché la loro interazione con la società esterna non passi attraverso
sofferenze o molestie, dovendo mendicare - una pratica che blocca qualsiasi
strada.
Ma dice che il lavoro nel cercare di migliorare le loro condizioni è reso più
difficile a causa dello stigma sociale. Vede barriere, non solo politiche, ma
anche con i leader civili e politci. E' dice che tutto è diventato più
impegnativo dopo la partenza delle organizzazioni USA che avevano contribuito
sinora. Ora si sta affrontando una battaglia in salita nell'aiutare un gruppo
così marginalizzato, in un paese dalle poche risorse.
"Ciò che mi rattrista," dice, "è quando si parla degli zingari, si parla di
loro come qualcosa di sporco e ripugnante. Siamo tutti esseri umani e dovremmo
essere trattati ugualmente. Questo dice l'Islam."