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Irak
Di Fabrizio (del 05/03/2013 @ 09:05:28, in Kumpanija, visitato 1540 volte)

YOUR MIDDLE EAST Gli zingari d'Irak - incontro con un popolo in isolamento - di Nizar Latif (giornalista freelance da Baghdad)

Il villaggio di Fuwwaar si trova presso la città di Diwaniyah, 180 km a sud di Baghdad, ma rimane isolata dal mondo esterno - parte è dovuto al suo stile di vita zigano e parte alla considerevole presenza dei militari, che controllano il traffico in entrata e in uscita.

Uomini armati osservano con attenzione chi entra, in cerca di prostitute e altri piaceri proibiti. Gli stranieri che tentano di entrare nel villaggio vengono uccisi, sulla base di semplici sospetti, da militanti dei gruppi armati.

Fuwwaar assomiglia ad un sito archeologico nel deserto; abbandonato dalla gente e con poche case - distrutte o in via di distruzione. Rimangono rifiuti e poche persone, devastate da migliaia di anni di guerra. Una famiglia qui e una lì. Le pareti delle case sono di fango e il tetto, le poche famiglie che ne hanno uno, è di argilla. Le case rimanenti sono aperte al sole e alle intemperie. Il villaggio manca di scuole, centri medici o di acqua potabile.

C'è una lotta in corso. Sono stati messi in discussione e combattuti da tutti: lo stato, il governo, la costituzione, la legge, religione, costumi, tradizioni e persino la società. La lotta segna i loro volti e corpi. Sono invecchiati molto più velocemente rispetto alla loro controparte nella società maggioritaria.

Sono vivi ma sopravvivono. La loro unica colpa è di essere nati così. Gli zingari, in Irak in generale e a Diwaniyah in particolare, affrontano il confinamento sociale e la mancanza di servizi. Il capo degli zingari di Diwaniyah, che per ragioni di sicurezza si fa chiamare Abu Saleh, ci dice: "Patiamo numerosi problemi e questioni: soprattutto la non esistenza di qualsiasi servizio. Non c'è acqua, elettricità o altri servizi, oltre al confinamento sociale e alla malevola percezione degli zingari nella società. D'estate soffriamo la calura, in queste povere case senza elettricità. Alcuni bambini per rinfrescarsi si gettano nelle acque dei liquami. Il nostro unico accesso all'acqua viene dagli scarichi contaminati per uso non-domestico."

Tutta la regione affronta difficoltà simili, puntualizza Abu Saleh, specialmente dopo l'assalto armato al villaggio di cinque anni fa.

"Ma non abbiamo altra scelta," aggiunge. "Quanti sono emigrati avevano possibilità finanziarie ed erano di famiglia benestante, con i mezzi per guadagnarsi da vivere. Noi non abbiamo una professione, né un lavoro, né un salario o qualche altra fonte per guadagnarci da vivere."

Dice che la prostituzione e le altre forme di corruzione sono terminate cinque anni fa, e che le famiglie che gestivano queste attività sono emigrate. Quelle che ora sono qui, dice, sono estremamente povere e non hanno lavoro né altri mezzi per vivere.

"Mendicano per mangiare!" dice. "Sono le stesse famiglie che si sono insediate nel villaggio negli anni '70 e sono rimaste sino a oggi."

Il problema degli zingari riguardo il lavoro va oltre la mancanza di competenze o i contatti  con i reclutatori. Viene loro rifiutato a causa della stigmatizzazione sociale. Socialmente, sono disprezzati e gli stranieri rifiutano di socializzare con loro. Sono spalle al muro sul piano sociale, tribale, religioso e governativo, e non viene loro permesso di condurre i propri affari. Sono anche esclusi dai servizi della sicurezza sociale, lanciati dal governo iracheno a protezione dei poveri nel paese.

Abu Aysir siede accanto alla strada che attraversa il villaggio, vende della verdura appoggiata a terra. Serve per mantenere la sua famiglia di due mogli e quattro bambini. "Nonostante tutte le sofferenze, l'assenza di servizi, la disoccupazione, la povertà e tutte le nostre difficili condizioni," dice "la verità è che non abbiamo praticato il terrorismo o agito contro la sicurezza del paese."

"Non abbiamoi mai preso partito, anche nelle circostanze più dure, causando problemi, il ché ci rende molto patriottici," aggiunge, "eppure ci sono stati dei martiri tra il nostro popolo, che hanno perso la vita in atti di terrorismo e violenza. Neanche per un giorno abbiamo pensato di ricorrere alla violenza e al terrorismo, non ci apparttengono. E oggi qui, viviamo nella marginalizzazione e nel totale disprezzo delle nostre esigenze di base, come la disponibilità di un minimo di lavoro, di cui vivere. Non è giusto che beviamo acqua sporca dal torrente, senza acqua potabile, elettricità e altri servizi."

Gli zingari sono stati soggetti di numerosi brutali attacchi da parte di Al Qaeda e di militanti sciiti, in diverse città dell'Irak. Attacchi che hanno lasciato migliaia di morti; donne, bambini e uomini, senza alcun intervento da parte del governo, che è rimasto in silenzio.

Una giovane di ventotto anni, Shakir, dice: "Cinque anni fa, fanatici delle milizie sciite hanno lanciato centinaia di attacchi contro il nostro villaggio, e hanno bruciato le nostre case. Con le loro spade hanno macellato brutalmente le nostre donne, uomini e bambini. Hanno smembrato i loro corpi e tagliato le teste dalle nuche. Nel contesto sociale delle tribù arabe, tagliare la testa dalla parte posteriore del collo rappresenta il più basso grado per morire e che il valore è zero. E' una forma di odio e disumanizzazione essere uccisi brutalmente. Questi militanti sciiti si distinguevano nell'ucciderci e torturarci."

Aggiunge: "Il governo e i funzionari iracheni furono ciechi e sordi ai crimini brutali di cinque anni fa. Secondo me, li hanno persino appoggiati, dato che la maggioranza dei politici sono fanatici sciiti." Secondo Shakir, dozzine di famiglie lasciarono il villaggio per stabilirsi in città più sicure, e molte di quelle rimaste hanno perso, almeno, due o tre componenti, uccisi dalle milizie estremiste sciite.

La famiglia di Abu Saleh è tra queste. Ha diviso il resto del suo clan in 22 piccoli gruppi, mandandoli a mendicare, una dura soluzione, ma l'unica che permettesse di mantenersi uniti.

"Ho diviso il mio clan in piccoli gruppi, composti da una o due famiglie, e li mandati in diverse provincie irachene," spiega. "Era l'unico modo per guadagnare qualcosa senza essere riconosciuti dalle milizie che cercano sempre di ucciderci, o da altra gente che potesse riconoscerci e rifiutarsi di darci qualcosa. Uno zingaro non è in grado di ottenere un lavoro, perché la gente comune si sentirebbe in disgrazia e disonorata, se lo facesse. Inoltre, il governo iracheno è sempre più dominato da islamisti fanatici, e mai assumerebbe degli zingari. Ci trattano come animali."

Il gruppo sarà via per un mese e oltre. Al loro ritorno nel villaggio, dovranno condividere quanto guadagnato con le altre famiglie che mancano di un reddito. Prima del 2003, Fuwwaar ospitava oltre 1.700 zingari. Oggi sono meno di 200.

"L'isolamento mi fa sognare il momento che sentirò di appartenere al resto della razza umana e dell'umanità," dice Sama, 22 anni. "La solitudine di questo posto senza vita, ti fa vivere un dolore e una pena che uccidono lo spirito. La sera vado verso il deserto qua vicino e penso a cosa ci riserva il futuro. La scena di bambini miseri e vecchie stanche seduti in circolo di fronte a una delle case del villaggio, che ricordavano i giorni passati e ora, mentre si chiedevano dove sarebbero finite, tra le altre cose, è stato una dei motivi che mi ha spinto a lasciare la mia amara realtà e cercare la solitudine, solo per scoprire che noi tutti non siamo responsabili della tragedia che stiamo vivendo."

Perché pagare per errori mai commessi, si chiede. Ma è anche preoccupa anche di lasciare la comunità, perché neanche fuori ci sarebbero garanzie di successo. Dov'è la speranza, si chiede.

"Abbiamo il diritto di rimproverare i nostri antenati?" si chiede un'anziana che da giovane vendeva il proprio corpo. "No, non li biasimo. Siamo destinati ad essere zingari ed in questo modo dobbiamo vivere."

Molte delle donne del villaggio sono disposte a fare tutto il necessario per provvedere alle loro famiglie. Dentro il villaggio possono lavorare e sentirsi rispettate, lontano dagli insulti e dalle umiliazioni del mondo esterno. Dice Um-Suhair, sarta: "Qui c'è un'infinità di donne che sanno cucire e tessere benissimo, e sono pronte a lavorare in qualsiasi professione decente, per guadagnarsi da vivere e aiutare le loro famiglie. Soffriamo la percezione della comunità, in quanto siamo considerate estranee al quadro dello stato e dell'umanità, inoltre non siamo Iracheni. Il mio lavoro sono il cucito e la maglieria, ma gli affari non sono più quelli di una volta. L'immigrazione, la povertà e l'indigenza prevalente nel paese, trasformano ogni attività artigianale in fallimentare e non redditizia."

La sofferenza si estende alle strade che portano al villaggio, dice, e degli attacchi da parte delle tribù che lo circondano, che rendano pericoloso entrare ed uscire dal villaggio. Molte donne sono state violentate o uccise.

Gli zingari iracheni, conosciuti anche localmente come Kaulia, hanno radici che affondano in India e Spagna. Secondo il ministero iracheno dei diritti umani, questi zingari formano una minoranza etnica tra le 50.000 e le 200.000 persone. Sono insediati in villaggi e insediamenti, di solito isolati ai margini delle città e paesi, sono presenti nelle provincie di Baghdad e AlBasra, Ninawa e Diyala, inoltre in alcuni villaggi delle pianure del sud, come Al-Muthanna and Diywaniyah. Erano tribù nomadi sino agli anni '70, l'Irak riconobbe loro la cittadinanza nei primi anni '80. Erano parte della comunità irachena, in quanto si occupavano dell'intrattenimento. Le piccole comunità hanno tradizioni e costumi molto differenti dal resto del paese.

Ma, nonostante il loro rifiuto da parte della società, l'arte zingara ha catturato l'interesse degli iracheni e trovato una strada attraverso la TV e le stazioni radio, queste ultime popolari soprattutto nell'Irak rurale. Prima che arrivassero alle trasmissioni TV, gli Iracheni avevano l'abitudine di chiedere agli zingari l'intrattenimento per le feste di matrimonio e le celebrazioni all'aperto, dove le donne zingare ballavano e cantavano dietro compenso. Le femmine zingare diventarono delle star nella scena artistica irachena. Le canzoni zingare sono parte fondamentale di quelle irachene, e i cantanti zingari sono sinonimo di cantanti folk. Raramente c'è una festa  senza che venga suonata una melodia gitana.

Dice Laith Abdul Latif, ricercatore ed esperto di genealogia: "Il termine Al-Kaulia si applica alle tribù indiane le cui donne guadagnavano di vivere con l'adulterio, la danza nr il clero durante i servizi religiosi, altre cercando piacere. Altre provenivano dal tempio indiano di re Kaul, da cui il nome. Le origini degli zingari Kauli vengono dall'India."

Nonostante il fatto che parlino arabo e che siano musulmani, come loro stessi dichiarano, continua Laith Abdul Latif, la carnagione scura e i tratti affilati li distinguono dal resto della popolazione. Gli zingari si lamentano della discriminazione riguardo a terminologia, le loro caratteristiche di spicco indiane, e le loro pratiche della danza, prostituzione, intrattenimento e di affittare le donne. Dice Widad Hatem, presidente della commissione sui diritti umani della provincia di Diwaniyah: "Dalle ricognizioni che effettuiamo attorno al villaggio degli zingari, abbiamo scoperto diversi problemi che sono gli stessi degli altri residenti nella regione: assenza di elettricità e acqua potabile, disoccupazione dovuta a discriminazione etnica e disprezzo sociale. In quanto funzionari, assieme alla commissione sui diritti umani, dobbiamo fornire soccorso alla regione, assieme ai servizi necessari, quali energia elettrica, acqua potabile e presidi medici."

Aggiunge che, la chiave è spostare l'interesse dalle autorità preposta e dalla presidenza del consiglio, verso la direzione del prendersi  cura e interesse di questo gruppo sociale, che ha sofferto sia il disprezzo comunitario che le difficoltà di vita.

"L'area è stata rifornita di tre serbatoi di acqua potabile, installati in diverse posizioni del villaggio.  Inoltre, la direzione municipale sta progettando di rimuovere i detriti ed eseguire la manutenzione stradale. I nostri sforzi congiunti, combinati con quelli delle organizzazioni della società civile, cercano di introdurre agevolazioni per cucito e tessitura, laboratori, un progetto di riciclaggio dei rifiuti o qualsiasi altro schema nell'area, perché la loro interazione con la società esterna non passi attraverso sofferenze o molestie, dovendo mendicare - una pratica che blocca qualsiasi strada.

Ma dice che il lavoro nel cercare di migliorare le loro condizioni è reso più difficile a causa dello stigma sociale. Vede barriere, non solo politiche, ma anche con i leader civili e politci. E' dice che tutto è diventato più impegnativo dopo la partenza delle organizzazioni USA che avevano contribuito sinora. Ora si sta affrontando una battaglia in salita nell'aiutare un gruppo così marginalizzato, in un paese dalle poche risorse.

"Ciò che mi rattrista," dice, "è quando si parla degli zingari, si parla di loro come qualcosa di sporco e ripugnante. Siamo tutti esseri umani e dovremmo essere trattati ugualmente. Questo dice l'Islam."