Dopo oltre
cinque anni, niente sembra cambiato
di LUIGI SPEZIA
Il reportage: "Ci hanno distrutto la baracca, ora siamo qui, tra i cespugli. Non
cacciateci più". Il difficile lavoro dei volontari della "Piccola Carovana"
Gli "invisibili" sono dappertutto, nelle praterie di Bologna, nascondono le loro
tende nei parchi e nei campi trascurati, sempre più lontani dalla città,
inseguiti dalle forze dell'ordine e per niente amati dai residenti. A Casteldebole, le ruspe hanno distrutto anche gli alberi, per spazzare via le
tende. Cataste di tronchi divelti accanto alle misere cose ridotte a poltiglia.
Tornate ad essere rifiuto, come del resto erano state prima di essere riusate.
La scena non cambia, dai tempi di Cofferati. A Casteldebole, vicino a villa
Ranuzzi, le ruspe hanno sgomberato decine di rom romeni non più tardi di dieci
giorni fa. Sono rimaste solo le tracce della caccia agli "invisibili", qualcuno
ha rialzato una tenda un po' più distante. "Due settimane fa qui c'era un
villaggio rom, ci saranno state cinquanta persone. Era alla fermata dell'86,
loro identificano i luoghi così. Quanto costa il lavoro di una ruspa? Se i soldi
spesi dal Comune per questi interventi venissero usati per realizzare dei
percorsi di reinserimento, sarebbe tutto di guadagnato. Gli sgomberi non
risolvono il problema. Ed è chiaro che l'invisibilità, la mancanza di una casa e
di un lavoro aumenta il ricorso all'illegalità".
Daniele Bergamini è presidente della coop Piccola Carovana, di cui è socio anche
don Giovanni Nicolini. L'associazione per conto del Comune segue le famiglie rom
sgomberate anni fa dal Reno, ora quasi tutte (una quarantina) dotate di
alloggio. Ma i volontari non perdono di vista gli "invisibili", i romeni
arrivati dopo gli sgomberi del Reno che cercano scampo dalle ruspe negli
anfratti dei parchi e dei campi, da Borgo Panigale a Casteldebole, dal Navile al
Reno, dalla collina ai Prati di Caprara a via Bassa dei Sassi. Famiglie
disseminate, spesso con bambini piccoli "e da anni ormai i servizi sociali non
se ne occupano più, quando arriva la polizia o i vigili per uno sgombero, le
assistenti sociali non ci sono", dice Elisa Trimeni, volontaria del gruppo che
in via Triumvirato incontra una donna rom di 23 anni con tre figli, il più
grande di sette anni. Niente foto. I suoi occhi nerissimi, appena sa che c'è un
giornalista, si riempiono di terrore: "Adesso mi portano via i figli?".
Elisa e Daniele le regalano un pacco di pasta, lei racconta che hanno distrutto
la sua baracca in via Bencivenni e ora la famiglia vive nascosta tra i cespugli,
"ma i vigili e i carabinieri vengono sempre a cacciarci via". E' di Brca, vicino
a Craiova, "ma la mia casa è piccola e non c'è da mangiare. Qui mio marito ogni
tanto trova un piccolo lavoro". I volontari la invitano ad un incontro, magari
potrebbero trovarle un alloggio meno precario. I bambini ridono sull'altalena.
Anche nei boschi dei Prati di Caprara, a due passi dalla maternità del Maggiore,
le ruspe hanno lasciato le tracce dei cingoli e i cumuli dei rifiuti. Qualcuno
vive ancora lì. Ecco un uomo e una donna che si dileguano tra alberi e radure.
Qualche tenda di cellophane e tracce di fuochi recenti. Anche qui, una volta,
c'erano decine di rom: "Le nostre stime dicono che attualmente a Bologna ci sono
dai 100 ai 150 "invisibili" - dice Bergamini - vanno e tornano, non vanno mai
via del tutto. Li trovi magari a dormire al pronto soccorso dell'ospedale, a
fare la doccia al dormitorio del Lazzaretto, a girare sui treni o a chiedere
aiuto nelle parrocchie, alcune delle quali sono molto sensibili. Noi portiamo
cibo, diamo consulenza psicologica. Una famiglia che viveva a Borgo Panigale
l'abbiamo fatta rimpatriare con un aiuto economico. Ma ci vuole di più".