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Quei rom in fuga tra tende e sgomberi così è nata la città degli invisibili/Foto
Di Fabrizio (del 03/11/2011 @ 09:21:38, in Italia, visitato 1672 volte)

Dopo oltre cinque anni, niente sembra cambiato

di LUIGI SPEZIA

Il reportage: "Ci hanno distrutto la baracca, ora siamo qui, tra i cespugli. Non cacciateci più". Il difficile lavoro dei volontari della "Piccola Carovana"

Gli "invisibili" sono dappertutto, nelle praterie di Bologna, nascondono le loro tende nei parchi e nei campi trascurati, sempre più lontani dalla città, inseguiti dalle forze dell'ordine e per niente amati dai residenti. A Casteldebole, le ruspe hanno distrutto anche gli alberi, per spazzare via le tende. Cataste di tronchi divelti accanto alle misere cose ridotte a poltiglia. Tornate ad essere rifiuto, come del resto erano state prima di essere riusate. La scena non cambia, dai tempi di Cofferati. A Casteldebole, vicino a villa Ranuzzi, le ruspe hanno sgomberato decine di rom romeni non più tardi di dieci giorni fa. Sono rimaste solo le tracce della caccia agli "invisibili", qualcuno ha rialzato una tenda un po' più distante. "Due settimane fa qui c'era un villaggio rom, ci saranno state cinquanta persone. Era alla fermata dell'86, loro identificano i luoghi così. Quanto costa il lavoro di una ruspa? Se i soldi spesi dal Comune per questi interventi venissero usati per realizzare dei percorsi di reinserimento, sarebbe tutto di guadagnato. Gli sgomberi non risolvono il problema. Ed è chiaro che l'invisibilità, la mancanza di una casa e di un lavoro aumenta il ricorso all'illegalità".

Daniele Bergamini è presidente della coop Piccola Carovana, di cui è socio anche don Giovanni Nicolini. L'associazione per conto del Comune segue le famiglie rom sgomberate anni fa dal Reno, ora quasi tutte (una quarantina) dotate di alloggio. Ma i volontari non perdono di vista gli "invisibili", i romeni arrivati dopo gli sgomberi del Reno che cercano scampo dalle ruspe negli anfratti dei parchi e dei campi, da Borgo Panigale a Casteldebole, dal Navile al Reno, dalla collina ai Prati di Caprara a via Bassa dei Sassi. Famiglie disseminate, spesso con bambini piccoli "e da anni ormai i servizi sociali non se ne occupano più, quando arriva la polizia o i vigili per uno sgombero, le assistenti sociali non ci sono", dice Elisa Trimeni, volontaria del gruppo che in via Triumvirato incontra una donna rom di 23 anni con tre figli, il più grande di sette anni. Niente foto. I suoi occhi nerissimi, appena sa che c'è un giornalista, si riempiono di terrore: "Adesso mi portano via i figli?".
Elisa e Daniele le regalano un pacco di pasta, lei racconta che hanno distrutto la sua baracca in via Bencivenni e ora la famiglia vive nascosta tra i cespugli, "ma i vigili e i carabinieri vengono sempre a cacciarci via". E' di Brca, vicino a Craiova, "ma la mia casa è piccola e non c'è da mangiare. Qui mio marito ogni tanto trova un piccolo lavoro". I volontari la invitano ad un incontro, magari potrebbero trovarle un alloggio meno precario. I bambini ridono sull'altalena.

Anche nei boschi dei Prati di Caprara, a due passi dalla maternità del Maggiore, le ruspe hanno lasciato le tracce dei cingoli e i cumuli dei rifiuti. Qualcuno vive ancora lì. Ecco un uomo e una donna che si dileguano tra alberi e radure. Qualche tenda di cellophane e tracce di fuochi recenti. Anche qui, una volta, c'erano decine di rom: "Le nostre stime dicono che attualmente a Bologna ci sono dai 100 ai 150 "invisibili" - dice Bergamini - vanno e tornano, non vanno mai via del tutto. Li trovi magari a dormire al pronto soccorso dell'ospedale, a fare la doccia al dormitorio del Lazzaretto, a girare sui treni o a chiedere aiuto nelle parrocchie, alcune delle quali sono molto sensibili. Noi portiamo cibo, diamo consulenza psicologica. Una famiglia che viveva a Borgo Panigale l'abbiamo fatta rimpatriare con un aiuto economico. Ma ci vuole di più".