Segnalato da Karin Faistnauer
Abitare in Calabria di Italia Serratore
Dall'alto di una collinetta, che dava sulla strada che da Cortale porta a
Iacurso, mia zia mi mostrava un carro di zingari, che trasportava persone
adulte, alcuni bambini, utensili, qualche mobile. "Guarda, quelli sono gli
zingari e rapiscono i bambini". Ero piccolissima e sentii un colpo allo
stomaco: avevo paura. Avevo ricevuto in realtà il peso di un pre-giudizio ed ero
spaventata. Oggi l'Italia in politica estera condivide le posizioni più retrive:
Berlusconi fa sua quella di Sarkozy sugli zingari, Fini (destra da cui dovrebbe
arrivare la luce!) è d'accordo senza riserve sul divieto francese del burqa,
ancora Berlusconi ci fa assistere alla passerella di hostess di un tipo come
Gheddafi che tanto ricorda il circo delle sue allegre estati in Sardegna. Anche
a Lamezia Terme, per parlare di un centro a noi vicino, sono famigerati gli
zingari (la città non ha mai saputo affrontare la questione), più che gli
‘ndranghetisti. Anni dopo quel mio primo incontro con il popolo dei Rom, una
zingara chiede se può entrare in casa nostra per predirci, in cambio di un po'
di cibo, il futuro. "Voliti ndivinata a fortuna?", chiede quella donna, con un
bambino in braccio. Di solito, nei nostri vicoli, dove non si sapeva cosa si
potesse rubare vista la non ricchezza, gli adulti erano soliti dire ai ragazzi:
"Chiudi la porta, potrebbe entrare qualche zingara!". Quel giorno però mia madre
forse aveva un po' più tempo, forse voleva capire e dice all'altra: "Veramente
lo sai fare?". E la zingara, pure lei stanca della maschera, risponde: "Se lo
sapessi fare, indovinerei la mia sorte". A mia madre piacque la sincerità e la
malinconia della zingara ed io vidi le due sorridere, perché si riconoscevano
simili per la condizione economica (erano entrambe povere) e per l'essere donne
e madri. In Italia oggi chi ci governa vuole in verità spingerci ad avere paura
di ciò che ci circonda, ad avere paura del futuro, e ci vuole portare alla
conservazione del pregiudizio, a non avere il coraggio di aprirci. Rispetto al
mondo ed al nuovo, noi possiamo però avere due posizioni e quella dell'apertura
è una sfida, che forse rende più sereni. Quando ricordo quel colpo allo stomaco
per le parole di mia zia o mi sento spaventata da ciò che non conosco, cerco di
ricordare e seguire la risata di mia madre e della zingara, due donne che per un
attimo si sono parlate ed hanno vinto la diffidenza.