Colgo l'occasione fornita da Isabella sul gruppo Facebook
Livorno con i Rom, per conoscere meglio una persona che spesso ha scritto e
segnalato articoli sulla Mahalla
mgm.operemissionarie.it - Venerdi, 26 Febbraio 2010
La testimonianza di Don Agostino Rota Martir che abita in un campo Rom fuori
dalla bella città di Pisa da ormai una quindicina d'anni, e oltre che essere un
prete diocesano fa parte del cammino ecclesiale dell'UNPReS.
Al campo abitano circa 150 Rom, sono quasi tutti Musulmani e di varie
nazionalità Slave.
CHI È IL SACERDOTE IMPEGNATO CON I ROM E CHE VIVE CON LORO? - Il
"mio" impegno è
quello di vivere con i Rom! Nella domanda c'è già parte della risposta...non mi
considero "impegnato", termine che a volte può nascondere ambiguità e tranelli,
nel senso di fare, realizzare tutta una serie di attività, di impegni per altri,
per aiutare chi è nel bisogno. Quando si parla di Rom è inevitabile pensare ad
una realtà lontana, distante da noi, un mondo da tenere a bada, sotto controllo,
da integrare con le buone o con le cattive: è difficile "amare" qualcuno a
distanza di sicurezza. Oggi vedo tanti operatori "impegnati" a favore dei Rom ma
distanti da loro, incapaci di relazionarsi alla pari, di guardarli nei loro
volti, più preoccupati a mantenere i ruoli ben distanti e chiari, e alla caccia
di risultati da sbandierare. È un peccato perché non si rendono conto di cosa
perdono: i veri poveri sono loro!
A volte si fanno anche dei Progetti per i Rom con il risultato di creare
ulteriori esclusioni e divisioni e senza rendersi conto del grave danno che si
sta facendo sulle vite dei Rom.
Vivere con i rom è completamente diverso da chi vive "impegnato" a favore dei
Rom...innanzitutto perché le distanze pian piano si avvicinano, arrivano a
toccarsi, a volte fino anche a confondersi senza che tu te ne accorga.
CHE CI FA UN PRETE TRA I ROM? - È la domanda che mi sento rivolgere una infinità
di volte sia da credenti, praticanti, religiosi, non credenti o di altre
religioni. Alla radice di questo interrogativo c'è la convinzione ormai
acquisita da tutti che per un sacerdote, un religioso è ammirevole che spenda la
sua vita per i poveri, per il loro riscatto sociale, umano...ma quale "tornaconto" se questi vive tra i Rom? Ne vale la pena? Per non parlare della
sua "dignità sacerdotale" facilmente compromessa agli occhi di non pochi, per
cui sei visto come uno poco affidabile , perché troppo dalla parte dei Rom, una
credibilità condizionata, a punti come il permesso di soggiorno in discussione
in questi giorni per gli immigrati.
L'AMORE DEL FRAMMENTO È UNA SCUOLA TEOLOGICA - Una grazia che i Rom mi hanno
offerto in tutti questi anni è proprio quella di cercare di "vivere il margine",
non come un handicap, un incidente di percorso, oppure come un territorio da
salvare, ma di interiorizzarlo come luogo di vita, come spazio dal quale e
attraverso il quale sono chiamato a leggere e scoprire frammenti di santità:
l'amore del frammento è una "scuola teologica" perché educa e cura il nostro
sguardo, sempre tentato a far credito su ciò che è maestoso, palpabile,
eclatante o piacevole.
Invece allenare i nostri occhi per leggere quel frammento come momento di
Grazia, di Gratuità, di Bellezza attraverso il quale Dio passa e visita questo
popolo. Se la nostra società guarda i rom come una minaccia, Dio continua a
guardarli (nonostante tutto) con tenerezza e con il sorriso. Noi preti,
religiosi che abitiamo tra i Rom e Sinti lo facciamo perché arriviamo a scoprire
che "il loro punto di vista" merita di essere conosciuto e che è una ricchezza
per tutti.
COME SEI STATO ACCOLTO? - A volte ci può essere il rischio e la tentazione di
costruire la nostra "santità" sulla pelle dei poveri che si vuole assistere: più
sono disgraziati più veniamo santificati! Sono riconoscente a tanti Rom che mi
hanno accolto per come sono, mi hanno aperto la porta per entrare nella loro
vita, a volte facendomi sentire come parte della loro stessa vita, condividendo
anche momenti intensi di gioia, di dolore, di amarezze e speranze...questo mi ha
dato la possibilità di raccogliere frammenti di autentica santità, che mi
aiutano a leggere e ridire il Vangelo e la mia fede sotto una luce nuova. Farci
santi insieme: se sono prete tra i Rom è anche per lasciarmi fare dalla loro "Santità".
Ecco, cerco di vivere il mio sacerdozio attraverso la Grazia di Dio che a volte
si manifesta con la stessa generosità e bellezza anche dentro la vita dei Rom,
come all'interno delle nostre bellissime cattedrali.
COME VIVI LE TUE GIORNATE? - Credo che la maggioranza sia convinta che al campo
io viva pieno di impegni, di attività, di iniziative...quando racconto come
passo il mio tempo molti rimangono quasi delusi perché mi vorrebbero preso a
"strappare" dai Rom tutto quello che ai nostri occhi appare come un problema, un
disagio. A chi vede i rom come un problema si applica bene quello che dice un
proverbio Africano: "a guardare sempre dalla stessa parte il collo si
irrigidisce".
Credo che a volte solo lo "stare dentro" è un annuncio del Vangelo rivolto alla
mia società, esser lì presente evitando la tentazione di cercare scappatoie o
ansiosi di trovare vie d'uscita comode e veloci. Non è certo facile spiegare,
che almeno per me il problema non sono tanto i Rom con i loro stili di vita
diversi dal nostro. Il problema che sento più vero ora , è il nostro sguardo su
di loro; è uno sguardo quasi sempre indagatore, arrogante, malato e irrigidito,
a volte anche quando li avviciniamo con l'intenzione aiutarli. Quanto vorrei
allora, che la mia presenza, la mia amicizia con i Rom servisse soprattutto a
cambiare questo nostro sguardo malato che rischia di contagiare l'intera nostra
società. Mi piace allora pensare che la mia "missione tra i Rom" sia rivolta
soprattutto verso la nostra società, la nostra Chiesa stessa quando non mostra
sufficiente coraggio per ispirarsi al Vangelo di Gesù e che per non disturbare
troppo l'opinione della nostra gente, rimane in disparte e in silenzio, anche di
fronte alla nostra cattiveria che maltratta, umilia, calpesta con disinvoltura i
Rom nelle nostre città, allora "piango perché voi non piangete" (Santo curato
d'Ars).
COME I ROM TI AIUTANO A RISCOPRIRE LA TUA VOCAZIONE SACERDOTALE? - Come per i
monaci il convento diventa il loro "luogo per abitare se stessi", per me lo è il
campo dove vivo da anni, è il luogo dove devo imparare a fare attenzione, ad
avere cura, a ricostruire legami spezzati, a vivere la pazienza e la fedeltà al
Vangelo, a leggere il mondo. Dentro questo luogo sono chiamato a contemplare la
Pazienza di Dio, capace di dispensare il bello e il buono ovunque, anche là dove
nessuno investirebbe un briciolo di un suo talento.
L'anno sacerdotale coincide con i miei 25 anni di sacerdozio, spesso i chiedo
come sarebbe stato se non avessi incontrato in questo cammino i Rom e la Chiesa
che vive in mezzo a loro. Penso che sarebbe stato più povero spiritualmente ed
umanamente!
So solo che hanno contribuito molto a cambiarmi dentro, mi hanno "sbendato", ad
esempio, del "ruolo di prete" che spesso non aiuta a relazionarci alla pari con
chi incontriamo. Spesso perché noi preti pensiamo di essere troppo in vetrina.
Mi educano a saper vivere nella provvisorietà e a dar valore a ciò che è
veramente essenziale nella vita, come ad esempio a dare importanza alla
relazione, all'ascolto, dell'altro e a non fermarmi all'apparenza... Una caro
nostro amico, un sacerdote francese "zingaro" Claude Dumas, ci disse questa
estate riguardo il rapporto Rom-Chiesa: "...invita la Chiesa a ridere con i
poveri, a cantare con gli emarginati, a giocare con i delinquenti...chi non ha
compreso che invitare alla tavola della festa è più importante che dare da
mangiare, chi non ha recepito che il tempo delle condivisioni, della
gratitudine, del sorriso è più importante del dono di beni di consumo...". Per
me prete uno dei doni più belli ricevuto dal cammino con i Rom, e che in un
certo senso mi aiuta a rileggere la mia vocazione sacerdotale, è proprio questo
sedersi con loro-ridere-piangere-condividere-insieme anche a mani vuote,
perché
la "Parola di Dio abiti tra voi nella sua ricchezza" (Colos. 3,16)