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Vivere con i Rom
Di Fabrizio (del 23/03/2010 @ 09:05:41, in Kumpanija, visitato 2048 volte)

Colgo l'occasione fornita da Isabella sul gruppo Facebook Livorno con i Rom, per conoscere meglio una persona che spesso ha scritto e segnalato articoli sulla Mahalla

mgm.operemissionarie.it - Venerdi, 26 Febbraio 2010

La testimonianza di Don Agostino Rota Martir che abita in un campo Rom fuori dalla bella città di Pisa da ormai una quindicina d'anni, e oltre che essere un prete diocesano fa parte del cammino ecclesiale dell'UNPReS.
Al campo abitano circa 150 Rom, sono quasi tutti Musulmani e di varie nazionalità Slave.

CHI È IL SACERDOTE IMPEGNATO CON I ROM E CHE VIVE CON LORO? - Il "mio" impegno è quello di vivere con i Rom! Nella domanda c'è già parte della risposta...non mi considero "impegnato", termine che a volte può nascondere ambiguità e tranelli, nel senso di fare, realizzare tutta una serie di attività, di impegni per altri, per aiutare chi è nel bisogno. Quando si parla di Rom è inevitabile pensare ad una realtà lontana, distante da noi, un mondo da tenere a bada, sotto controllo, da integrare con le buone o con le cattive: è difficile "amare" qualcuno a distanza di sicurezza. Oggi vedo tanti operatori "impegnati" a favore dei Rom ma distanti da loro, incapaci di relazionarsi alla pari, di guardarli nei loro volti, più preoccupati a mantenere i ruoli ben distanti e chiari, e alla caccia di risultati da sbandierare. È un peccato perché non si rendono conto di cosa perdono: i veri poveri sono loro!
A volte si fanno anche dei Progetti per i Rom con il risultato di creare ulteriori esclusioni e divisioni e senza rendersi conto del grave danno che si sta facendo sulle vite dei Rom.
Vivere con i rom è completamente diverso da chi vive "impegnato" a favore dei Rom...innanzitutto perché le distanze pian piano si avvicinano, arrivano a toccarsi, a volte fino anche a confondersi senza che tu te ne accorga.

CHE CI FA UN PRETE TRA I ROM? - È la domanda che mi sento rivolgere una infinità di volte sia da credenti, praticanti, religiosi, non credenti o di altre religioni. Alla radice di questo interrogativo c'è la convinzione ormai acquisita da tutti che per un sacerdote, un religioso è ammirevole che spenda la sua vita per i poveri, per il loro riscatto sociale, umano...ma quale "tornaconto" se questi vive tra i Rom? Ne vale la pena? Per non parlare della sua "dignità sacerdotale" facilmente compromessa agli occhi di non pochi, per cui sei visto come uno poco affidabile , perché troppo dalla parte dei Rom, una credibilità condizionata, a punti come il permesso di soggiorno in discussione in questi giorni per gli immigrati.

L'AMORE DEL FRAMMENTO È UNA SCUOLA TEOLOGICA - Una grazia che i Rom mi hanno offerto in tutti questi anni è proprio quella di cercare di "vivere il margine", non come un handicap, un incidente di percorso, oppure come un territorio da salvare, ma di interiorizzarlo come luogo di vita, come spazio dal quale e attraverso il quale sono chiamato a leggere e scoprire frammenti di santità: l'amore del frammento è una "scuola teologica" perché educa e cura il nostro sguardo, sempre tentato a far credito su ciò che è maestoso, palpabile, eclatante o piacevole.
Invece allenare i nostri occhi per leggere quel frammento come momento di Grazia, di Gratuità, di Bellezza attraverso il quale Dio passa e visita questo popolo. Se la nostra società guarda i rom come una minaccia, Dio continua a guardarli (nonostante tutto) con tenerezza e con il sorriso. Noi preti, religiosi che abitiamo tra i Rom e Sinti lo facciamo perché arriviamo a scoprire che "il loro punto di vista" merita di essere conosciuto e che è una ricchezza per tutti.

COME SEI STATO ACCOLTO? - A volte ci può essere il rischio e la tentazione di costruire la nostra "santità" sulla pelle dei poveri che si vuole assistere: più sono disgraziati più veniamo santificati! Sono riconoscente a tanti Rom che mi hanno accolto per come sono, mi hanno aperto la porta per entrare nella loro vita, a volte facendomi sentire come parte della loro stessa vita, condividendo anche momenti intensi di gioia, di dolore, di amarezze e speranze...questo mi ha dato la possibilità di raccogliere frammenti di autentica santità, che mi aiutano a leggere e ridire il Vangelo e la mia fede sotto una luce nuova. Farci santi insieme: se sono prete tra i Rom è anche per lasciarmi fare dalla loro "Santità".
Ecco, cerco di vivere il mio sacerdozio attraverso la Grazia di Dio che a volte si manifesta con la stessa generosità e bellezza anche dentro la vita dei Rom, come all'interno delle nostre bellissime cattedrali.

COME VIVI LE TUE GIORNATE? - Credo che la maggioranza sia convinta che al campo io viva pieno di impegni, di attività, di iniziative...quando racconto come passo il mio tempo molti rimangono quasi delusi perché mi vorrebbero preso a "strappare" dai Rom tutto quello che ai nostri occhi appare come un problema, un disagio. A chi vede i rom come un problema si applica bene quello che dice un proverbio Africano: "a guardare sempre dalla stessa parte il collo si irrigidisce".
Credo che a volte solo lo "stare dentro" è un annuncio del Vangelo rivolto alla mia società, esser lì presente evitando la tentazione di cercare scappatoie o ansiosi di trovare vie d'uscita comode e veloci. Non è certo facile spiegare, che almeno per me il problema non sono tanto i Rom con i loro stili di vita diversi dal nostro. Il problema che sento più vero ora , è il nostro sguardo su di loro; è uno sguardo quasi sempre indagatore, arrogante, malato e irrigidito, a volte anche quando li avviciniamo con l'intenzione aiutarli. Quanto vorrei allora, che la mia presenza, la mia amicizia con i Rom servisse soprattutto a cambiare questo nostro sguardo malato che rischia di contagiare l'intera nostra società. Mi piace allora pensare che la mia "missione tra i Rom" sia rivolta soprattutto verso la nostra società, la nostra Chiesa stessa quando non mostra sufficiente coraggio per ispirarsi al Vangelo di Gesù e che per non disturbare troppo l'opinione della nostra gente, rimane in disparte e in silenzio, anche di fronte alla nostra cattiveria che maltratta, umilia, calpesta con disinvoltura i Rom nelle nostre città, allora "piango perché voi non piangete" (Santo curato d'Ars).

COME I ROM TI AIUTANO A RISCOPRIRE LA TUA VOCAZIONE SACERDOTALE? - Come per i monaci il convento diventa il loro "luogo per abitare se stessi", per me lo è il campo dove vivo da anni, è il luogo dove devo imparare a fare attenzione, ad avere cura, a ricostruire legami spezzati, a vivere la pazienza e la fedeltà al Vangelo, a leggere il mondo. Dentro questo luogo sono chiamato a contemplare la Pazienza di Dio, capace di dispensare il bello e il buono ovunque, anche là dove nessuno investirebbe un briciolo di un suo talento.
L'anno sacerdotale coincide con i miei 25 anni di sacerdozio, spesso i chiedo come sarebbe stato se non avessi incontrato in questo cammino i Rom e la Chiesa che vive in mezzo a loro. Penso che sarebbe stato più povero spiritualmente ed umanamente!
So solo che hanno contribuito molto a cambiarmi dentro, mi hanno "sbendato", ad esempio, del "ruolo di prete" che spesso non aiuta a relazionarci alla pari con chi incontriamo. Spesso perché noi preti pensiamo di essere troppo in vetrina. Mi educano a saper vivere nella provvisorietà e a dar valore a ciò che è veramente essenziale nella vita, come ad esempio a dare importanza alla relazione, all'ascolto, dell'altro e a non fermarmi all'apparenza... Una caro nostro amico, un sacerdote francese "zingaro" Claude Dumas, ci disse questa estate riguardo il rapporto Rom-Chiesa: "...invita la Chiesa a ridere con i poveri, a cantare con gli emarginati, a giocare con i delinquenti...chi non ha compreso che invitare alla tavola della festa è più importante che dare da mangiare, chi non ha recepito che il tempo delle condivisioni, della gratitudine, del sorriso è più importante del dono di beni di consumo...". Per me prete uno dei doni più belli ricevuto dal cammino con i Rom, e che in un certo senso mi aiuta a rileggere la mia vocazione sacerdotale, è proprio questo sedersi con loro-ridere-piangere-condividere-insieme anche a mani vuote, perché la "Parola di Dio abiti tra voi nella sua ricchezza" (Colos. 3,16)