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Ballarò, il ghetto dei bimbi kosovari
Di Fabrizio (del 07/12/2008 @ 09:32:02, in casa, visitato 2322 volte)

Segnalazione di Betty Michelini

Da La Repubblica - Palermo di Gabriele Isman

Dieci ragazzini in due stanze con una voragine nel pavimento "Quel palazzo poteva crollare".

Nelle parole di un vigile del fuoco, lŽepilogo del salvataggio di due famiglie kosovare nel palazzo di via Chiappara in cui vivevano. "Poveri bimbi - dice unŽanziana donna con le buste della spesa a Ballarò - Passano ore a chiedere lŽelemosina". A intervenire sono stati la polizia - in mattinata una agente aveva trovato in lacrime la bimba di sei anni da cui nasce tutta la vicenda - i vigili del fuoco e le Emergenze.

Erano circa le 10 di mattina quando la poliziotta dellŽufficio Volanti ha trovato in via Maqueda la piccola di sei anni in lacrime. La bambina parlava un italiano piuttosto approssimativo, e non ha saputo indicare con certezza né dove abitasse né dove fosse finita la madre. LŽagente con grande pazienza ha chiesto in giro e seguito le indicazioni della bambina che si è illuminata allŽaltezza dellŽArco di Cutò. A quel punto è stata ritrovata la casa, al civico 45 di via Chiappara. Gli agenti sono saliti e al primo piano hanno trovato altri due bambini che venivano accuditi dal fratello più grande, sedicenne, in condizioni igieniche carenti, tra rifiuti e escrementi di animali. "In questo grande stanzone cŽerano dei tappeti, una stufetta elettrica, e i bambini tutti intorno. Mobili? Ben poco. CŽè un materasso con delle scodelle sopra. "Ha presente il campo rom della Favorita? Ci metta un tetto sopra e avrà il quadro dellŽappartamento", dirà poi uno dei soccorritori, descrivendo i 40 metri quadrati in cui la famiglia viveva, con un grosso buco al centro del pavimento. E se questo era il panorama del primo stanzone, nel secondo cŽera un altro nucleo familiare: altri kosovari, altri bambini. Sono stati dieci i minori ritrovati: da uno a 16 anni. E mentre finalmente tornava la madre della bimba di via Maqueda, a coordinare le operazioni cŽerano il vice questore aggiunto Giuseppe Di Blasi per la polizia, e Mariangela Paglino e Paolo Quercia per le Emergenze sociali del Comune.

Poi lŽarrivo dei vigili del fuoco. "Una parte dellŽappartamento deve essere sgomberata. Abbiamo trovato crepe nel muro e problemi anche al pavimento, per i solai di legno che sono a rischio di crolli". Più tardi il responso della polizia municipale e dei tecnici dellŽufficio Edilizia pericolante del Comune sarà ancora più duro: dichiarazione di inagibilità per tutto il palazzo, con entrambi i nuclei da sgomberare.

Verso le 12, la prima famiglia è uscita da casa: la madre, con al collo un neonato - "Avrà al massimo un anno", ha detto uno dei vigili del fuoco - e un secondo bimbo tenuto per mano. Dietro gli altri due, con il sedicenne dagli occhi bassi. Nessun sorriso da grandi o piccini: sono volti spaventati, scappati dallŽincubo dellŽex Jugoslavia anni fa e di nuovo senza un tetto. Poche povere cose da portare, mentre i vigili del fuoco venivano fermati da altri residenti della zona per ulteriori emergenze. "Sono palazzi degli anni Venti, anche ben costruiti. Il problema è che da troppo tempo manca la manutenzione da parte dei proprietari e degli occupanti", dice uno dei soccorritori.

Il passaggio successivo è stato allŽufficio Immigrazione: agli adulti sono stati notificati i provvedimenti di espulsione. Il permesso di soggiorno della madre - rilasciato per motivi umanitari - è infatti risultato scaduto. Altri due invece sono risultati in regola. Semplici intimazioni, senza alcun accompagnamento coatto proprio in virtù dei tanti bambini. Ore di accertamenti anche sui precedenti penali, mentre il Comune cercava - con qualche difficoltà - una nuova sistemazione alle famiglie, arrivate in Italia ormai sette anni fa.

Alla fine ha vinto ancora la solidarietà: i due nuclei sono stati ospitati da parenti a Palermo. Nella mattinata i soccorritori dicevano: "Dobbiamo far di tutto per non separare le famiglie". Alla fine, in qualche modo, sono stati ascoltati. Restano quegli occhi bassi, le paure sul volto, i ricordi indelebili di una guerra neppure troppo lontana nellŽex Jugoslava, la speranza fallita di un futuro migliore. Palermo come il Kosovo: per quelle famiglie lŽobiettivo resta sempre la sopravvivenza.

CONTINUA...

Parlano i commercianti che conoscevano le due famiglie fuggite dalla ex Jugoslavia e arrivate in città nel 2001
"Erano venti, chiedevano lŽelemosina"

I vicini di casa "Li abbiamo sempre aiutati dandogli da mangiare"
LŽedificio è stato sgomberato Gli sfollati si sono sistemati da parenti

"Loro vivono qui in via Chiappara da quattro, cinque anni. Noi li conosciamo bene". Dai banchi del mercato di Ballarò, i commercianti osservano curiosi lŽandirivieni di poliziotti e vigili del fuoco dal palazzo di via Chiappara, e raccontano la storia di quelle due famiglie kosovare di etnia rom. "Prima cŽerano almeno venti bambini lì dentro. Li vedevamo andare a chiedere lŽelemosina qui intorno, dalla mattina alla sera. Poi, poche settimane fa, una delle famiglie se nŽè andata e ne sono rimaste due, con una decina di bambini. Noi li aiutiamo come possiamo: cŽè chi gli porta del pane, chi della carne, chi della frutta, chi della verdura. Ma là dentro pare sia davvero un accampamento". Furti tra i banchi non ne risultano: "No, qui non hanno mai rubato. Sono bravi, e noi li aiutiamo", ribadisce un anziano venditore. Si nota pietà negli occhi e nelle voci dei commercianti. Nessuno spende parole dŽodio verso quelle famiglie. Un bambino di 10 anni esce dal palazzo e torna con una barretta di cioccolata. "Me lŽhanno regalata qui al mercato", dice sorridente e furbo, mentre se la mangia con una certa avidità, e per lui è certamente la cosa più buona del mondo.

"Sono bambini simpatici - dicono da un altro banco - che fanno tenerezza. Lo sappiamo tutti che chiedono lŽelemosina nei dintorni di via Maqueda". E cosa accade se tornano dalle questue quotidiane con pochi soldi? Nessuno sa rispondere. "Escono la mattina, con i genitori o soli, e tornano la sera. Tutti i giorni va così", dicono dai banchi, e qualcun altro racconta lŽattaccamento dei genitori ai propri bambini: "Non hanno mai dato problemi, ma guai a toccare o trattar male i bambini. Diventano belve".

Dalla terrazza del secondo piano si nota persino una parabola satellitare, e anche pezzi di muro pronti a cedere. Ma pare che quella zona del palazzo a rischio di crollo sia disabitata da tempo. "Si vede che avevano cominciato dei lavori, ma non li hanno mai terminati", dice uno dei vigili del fuoco. Dal palazzo esce una donna sulla sessantina, con i capelli tinti di rosso in modo piuttosto artigianale: "No, non vivo qui. Sono ospite. Io vivo a Gela" e senza che nessuno glielo chieda, aggiunge: "Ho il permesso di soggiorno. Volete vederlo?". Su come sia arrivata da Gela e da quale parte del palazzo sia uscita la signora, resta il mistero, mentre lei si allontana. I bambini usciranno ore dopo, verso la questura, e da qui verso le case di amici e parenti. La loro odissea non è ancora finita.

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