Segnalazione di Betty Michelini
Da
La Repubblica - Palermo di Gabriele Isman
Dieci ragazzini in due stanze
con una voragine nel pavimento
"Quel palazzo poteva crollare".
Nelle parole di un vigile del fuoco, lŽepilogo
del salvataggio di due famiglie kosovare nel palazzo di via Chiappara in cui
vivevano. "Poveri bimbi - dice unŽanziana donna con le buste della spesa a Ballarò - Passano ore a chiedere lŽelemosina". A intervenire sono stati la
polizia - in mattinata una agente aveva trovato in lacrime la bimba di sei anni
da cui nasce tutta la vicenda - i vigili del fuoco e le Emergenze.
Erano circa le 10 di mattina quando la poliziotta dellŽufficio Volanti ha
trovato in via Maqueda la piccola di sei anni in lacrime. La bambina parlava un
italiano piuttosto approssimativo, e non ha saputo indicare con certezza né dove
abitasse né dove fosse finita la madre. LŽagente con grande pazienza ha chiesto
in giro e seguito le indicazioni della bambina che si è illuminata allŽaltezza
dellŽArco di Cutò. A quel punto è stata ritrovata la casa, al civico 45 di via
Chiappara. Gli agenti sono saliti e al primo piano hanno trovato altri due
bambini che venivano accuditi dal fratello più grande, sedicenne, in condizioni
igieniche carenti, tra rifiuti e escrementi di animali. "In questo grande
stanzone cŽerano dei tappeti, una stufetta elettrica, e i bambini tutti intorno.
Mobili? Ben poco. CŽè un materasso con delle scodelle sopra. "Ha presente il
campo rom della Favorita? Ci metta un tetto sopra e avrà il quadro
dellŽappartamento", dirà poi uno dei soccorritori, descrivendo i 40 metri
quadrati in cui la famiglia viveva, con un grosso buco al centro del pavimento.
E se questo era il panorama del primo stanzone, nel secondo cŽera un altro
nucleo familiare: altri kosovari, altri bambini. Sono stati dieci i minori
ritrovati: da uno a 16 anni. E mentre finalmente tornava la madre della bimba di
via Maqueda, a coordinare le operazioni cŽerano il vice questore aggiunto
Giuseppe Di Blasi per la polizia, e Mariangela Paglino e Paolo Quercia per le
Emergenze sociali del Comune.
Poi lŽarrivo dei vigili del fuoco. "Una parte dellŽappartamento deve essere
sgomberata. Abbiamo trovato crepe nel muro e problemi anche al pavimento, per i
solai di legno che sono a rischio di crolli". Più tardi il responso della
polizia municipale e dei tecnici dellŽufficio Edilizia pericolante del Comune
sarà ancora più duro: dichiarazione di inagibilità per tutto il palazzo, con
entrambi i nuclei da sgomberare.
Verso le 12, la prima famiglia è uscita da casa: la madre, con al collo un
neonato - "Avrà al massimo un anno", ha detto uno dei vigili del fuoco - e un
secondo bimbo tenuto per mano. Dietro gli altri due, con il sedicenne dagli
occhi bassi. Nessun sorriso da grandi o piccini: sono volti spaventati, scappati
dallŽincubo dellŽex Jugoslavia anni fa e di nuovo senza un tetto. Poche povere
cose da portare, mentre i vigili del fuoco venivano fermati da altri residenti
della zona per ulteriori emergenze. "Sono palazzi degli anni Venti, anche ben
costruiti. Il problema è che da troppo tempo manca la manutenzione da parte dei
proprietari e degli occupanti", dice uno dei soccorritori.
Il passaggio successivo è stato allŽufficio Immigrazione: agli adulti sono stati
notificati i provvedimenti di espulsione. Il permesso di soggiorno della madre -
rilasciato per motivi umanitari - è infatti risultato scaduto. Altri due invece
sono risultati in regola. Semplici intimazioni, senza alcun accompagnamento
coatto proprio in virtù dei tanti bambini. Ore di accertamenti anche sui
precedenti penali, mentre il Comune cercava - con qualche difficoltà - una nuova
sistemazione alle famiglie, arrivate in Italia ormai sette anni fa.
Alla fine ha vinto ancora la solidarietà: i due nuclei sono stati ospitati da
parenti a Palermo. Nella mattinata i soccorritori dicevano: "Dobbiamo far di
tutto per non separare le famiglie". Alla fine, in qualche modo, sono stati
ascoltati. Restano quegli occhi bassi, le paure sul volto, i ricordi indelebili
di una guerra neppure troppo lontana nellŽex Jugoslava, la speranza fallita di
un futuro migliore. Palermo come il Kosovo: per quelle famiglie lŽobiettivo
resta sempre la sopravvivenza.
CONTINUA...
Parlano i commercianti che conoscevano le due famiglie fuggite dalla ex
Jugoslavia e arrivate in città nel 2001
"Erano venti, chiedevano lŽelemosina"
I vicini di casa "Li abbiamo sempre aiutati dandogli da mangiare"
LŽedificio è stato sgomberato Gli sfollati si sono sistemati da parenti
"Loro vivono qui in via Chiappara da quattro, cinque anni. Noi li conosciamo
bene". Dai banchi del mercato di Ballarò, i commercianti osservano curiosi
lŽandirivieni di poliziotti e vigili del fuoco dal palazzo di via Chiappara, e
raccontano la storia di quelle due famiglie kosovare di etnia rom. "Prima
cŽerano almeno venti bambini lì dentro. Li vedevamo andare a chiedere
lŽelemosina qui intorno, dalla mattina alla sera. Poi, poche settimane fa, una
delle famiglie se nŽè andata e ne sono rimaste due, con una decina di bambini.
Noi li aiutiamo come possiamo: cŽè chi gli porta del pane, chi della carne, chi
della frutta, chi della verdura. Ma là dentro pare sia davvero un accampamento".
Furti tra i banchi non ne risultano: "No, qui non hanno mai rubato. Sono bravi,
e noi li
aiutiamo", ribadisce un anziano venditore. Si nota pietà negli occhi e nelle
voci dei commercianti. Nessuno spende parole dŽodio verso quelle famiglie. Un
bambino di 10 anni esce dal palazzo e torna con una barretta di cioccolata. "Me
lŽhanno regalata qui al mercato", dice sorridente e furbo, mentre se la mangia
con una certa avidità, e per lui è certamente la cosa più buona del mondo.
"Sono bambini simpatici - dicono da un altro banco - che fanno tenerezza. Lo
sappiamo tutti che chiedono lŽelemosina nei dintorni di via Maqueda". E cosa
accade se tornano dalle questue quotidiane con pochi soldi? Nessuno sa
rispondere. "Escono la mattina, con i genitori o soli, e tornano la sera. Tutti
i giorni va così", dicono dai banchi, e qualcun altro racconta lŽattaccamento
dei genitori ai propri bambini: "Non hanno mai dato problemi, ma guai a toccare
o trattar male i bambini. Diventano belve".
Dalla terrazza del secondo piano si nota persino una parabola satellitare, e
anche pezzi di muro pronti a cedere. Ma pare che quella zona del palazzo a
rischio di crollo sia disabitata da tempo. "Si vede che avevano cominciato dei
lavori, ma non li hanno mai terminati", dice uno dei vigili del fuoco. Dal
palazzo esce una donna sulla sessantina, con i capelli tinti di rosso in modo
piuttosto artigianale: "No, non vivo qui. Sono ospite. Io vivo a Gela" e senza
che nessuno glielo chieda, aggiunge: "Ho il permesso di soggiorno. Volete
vederlo?". Su come sia arrivata da Gela e da quale parte del palazzo sia uscita
la signora, resta il mistero, mentre lei si allontana. I bambini usciranno ore
dopo, verso la questura, e da qui verso le case di amici e parenti. La loro
odissea non è ancora finita.