C'è chi è ancora nomade.
Da L'Espresso local
IL CASO A SANNAZZARO
Un carovana di 120 persone accampata nel parcheggio dello stadio, devono
sgomberare in due giorni
"Non allontanateci ancora"
I nomadi: vogliamo mandare a scuola i nostri bambini
SANNAZZARO - 20 novembre 2008 "Ci mandano via da ogni posto, o quasi. Noi
vorremmo fermarci più di un giorno o due, per mandare a scuola i bambini e
trovare lavoro". La carovana di roulotte - una trentina, circa 120 persone - è
arrivata a Sannazzaro l’altra sera, occupando il parcheggio vicino al campo
sportivo. Un’ordinanza del sindaco impone lo sgombero entro 48 ore. Ma i nomadi
protestano, vorrebbero maggior tolleranza da amministrazione e residenti. Sono
tutti imparentati fra loro, il grande gruppo famigliare degli Hudorovich.
Originari del Montenegro, che hanno lasciato dopo la seconda guerra mondiale,
"siamo cittadini italiani a tutti gli effetti - dicono i capi della comunità,
Mario e Franco, cugini di 54 e 56 anni - però ci sentiamo discriminati".
Ieri all’ora di pranzo mangiavano all’aperto, sui tavoli da campeggio vicino ai
caravan. Un bicchiere di vino rosso anche per gli ospiti, la storia del clan da
raccontare.
"I primi Hudorovich sono arrivati in Veneto dopo la guerra, perché in patria -
quella terra dove era nata la vostra regina Elena - si faceva la fame". Si sono
moltiplicati, "siamo sparsi in tutto il Nord Italia, con almeno quattro o cinque
figli per ogni donna". Tutte con i capelli sciolti e lunghi, a qualunque età.
Gonnelloni multicolor come da copione, orecchini grandi e luccicanti. Oggi in
Italia si contano tre o quattrocento Hudorovich, parenti più meno stretti, dice
Mario. Si spostano suddivisi in gruppi più piccoli, che si formano e si separano
di stagione in stagione. Quello arrivato a Sannazzaro è numeroso, con molte
giovanissime mamme e bambini. Le donne curano i figli e realizzano piccoli
oggetti di rame, portacenere e soprammobili, che vendono di casa in casa. Uomini
e ragazzi fanno gli stagnini: "Per esempio, andiamo nei ristoranti a chiedere se
hanno pentole rotte e le aggiustiamo. Affiliamo i coltelli". Ma per trovare
qualche cliente, "si deve rimanere almeno qualche giorno nello stesso posto, a
cercare qualche contatto".
Niente foto in primo piano, "perché altrimenti quando ci presentiamo a cercare
lavoro dicono ecco gli zingari, e ci mandano via". Alla vita nomade certo non
vogliono rinunciare: "Una casa fra quattro mura l’ho avuta - dice il cugino
Franco - ma l’ho venduta, non ci resistevo. Soprattutto d’estate".
Ma la vita raminga crea anche problemi: "La gente che ci crede tutti ladri, e
poi far studiare i bambini è complicato". Questo però è ovvio: "Certo, non
possono andare tutto l’anno nella stessa scuola, lo sappiamo benissimo anche
noi". Ma "se ci lasciano stare almeno qualche settimana nello stesso posto,
possiamo mandarli in una classe a imparare qualcosa. Mica è possino andare in
una scuola solo due giorni".
Le mamme cercano di dare qualche insegnamento, "fanno come possono". Ma molto
presto, a dieci anni o poco più, soprattutto i maschi iniziano a lavorare con
gli adulti. "Noi Hudorovich paghiamo le tasse e ci comportiamo bene. Quando ce
ne andiamo da un posto, lasciamo tutto in ordine e pulito". Sottolineano i capi
clan: "Siamo italiani come gli altri, andiamo regolarmente a votare. Lo Stato e
quindi anche i sindaci dovrebbero aiutarci. In questo piazzale dove siamo ora,
non ci sono nemmeno i collegamenti per l’acqua". Di fronte al parcheggio
diventato campo nomadi c’è una fila di villette a schiera. Dai residenti un coro
di proteste: "Servono aree attrezzate per i girovaghi. Perché le amministrazioni
non si organizzano?"