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Roma_Francais
LE MONDE | 31.07.08 | 13h19
LAMEZIA TERME (ITALIE) ENVOYÉ SPÉCIAL - I fiori di plastica abbelliscono le
finestre delle baracche. I bambini giocano in mezzo ai contenitori d'acqua. La
biancheria asciuga sul filo spinato. Il campo rom di Lamezia Terme, in Calabria,
incastrato tra la pendenza della ferrovia, il recinto dell'ospedale ed un muro
di 4,5 metri di altezza per 50 di lunghezza, è un ghetto con un solo accesso, il
tunnel sotto la strada ferrata.
"Il muro c'era già quando siamo arrivati, ma era più basso", si ricorda
Massimo che è cresciuto qui. "Poco a poco, i residenti l'hanno alzato e messo
del filo spinato per impedirci di saltare dall'altra parte." Massimo, cognome
italiano come tutti quelli della famiglia: Berlingeri. Il muro separa dal
resto della città degli italiani da generazioni, con meno diritti e condizioni
di vita inumane.
"Zi' Antonio", la memoria del campo, ricorda in dialetto locale e con un
forte accento calabrese: "Prima di andare a dormire, chiamo una dozzina di
giovani che vengano coi bastoni e mi aiutino a cacciare i ratti dalla baracca."
Attorno, si conviene. Se non sono i ratti, sono le blatte. Un alloggio degno: è
quello che domandano le 84 famiglie che sono istallate in questo campo
"provvisorio" dal 1982.
E se si parla loro del censimento dei Rom in corso, aggirano la questione con
un gesto della mano. Qui, dove vive la più forte comunità rom del Sud dopo
Napoli, non è questo il problema. Anche se siano riunite tutte le condizioni per
accedere agli alloggi sociali, è tutto bloccato. "E' un vicolo cieco", riconosce
il sindaco della città, Gianni Speranza. "Il rialloggiamento in stabili ad
affitto moderato è la sola soluzione, e finirà per arrivare, ma quel giorno,
spiega, temo una guerriglia contro i Rom."
I Rom sono accusati di provocare fumi tossici incendiando i pneumatici per
ricavarne materiale da rivendere. Si rimprovera loro di avere trasformato i
dintorni del campo in uno scarico di rifiuti ingombranti o tossici. "Più facile
per i privati o le imprese girare un biglietto di 10 o 20 euro tra di loro per
sbarazzarsi dei rifiuti, che seguire la filiera obbligatoria con i costi che
comporta", spiega Antonio Rocca, dell'associazione Ciarapani. Da qui l'amalgama,
Rom, criminalità. L'associazione vuole mostrare che esiste un'altra via: ha
messo in piedi una cooperativa incaricata dal comune di raccogliere le
immondizie. "Grazie al mio lavoro, sono riuscito a trovare un alloggio in
città", spiega Massimo, fiero della sua uniforme di spazzino. "Sono dei
cittadini. E' scandaloso rinchiuderli in un ghetto, quando avrebbero diritto,
come tutti, alla scolarizzazione, alla formazione, alle opportunità di lavoro e
ad un alloggio", spiega Marina Galati, presidente dell'associazione. Ma la paura
ei Rom, denunciata dalla sinistra, dalle associazioni cattoliche e della difesa
dei diritti, allontana tutte le soluzioni. Il muro di Lamezia Terme non è pronto
a cadere.
Salvatore Aloïse
Article paru dans l'édition du 01.08.08
PS: Di Marina Galati, segnalo "Fare
cittadinanza insieme ai rom"