\\ Mahalla : Articolo : Stampa
Lamezia Terme
Di Fabrizio (del 06/08/2008 @ 09:34:30, in casa, visitato 1952 volte)

Da Roma_Francais

LE MONDE | 31.07.08 | 13h19

LAMEZIA TERME (ITALIE) ENVOYÉ SPÉCIAL - I fiori di plastica abbelliscono le finestre delle baracche. I bambini giocano in mezzo ai contenitori d'acqua. La biancheria asciuga sul filo spinato. Il campo rom di Lamezia Terme, in Calabria, incastrato tra la pendenza della ferrovia, il recinto dell'ospedale ed un muro di 4,5 metri di altezza per 50 di lunghezza, è un ghetto con un solo accesso, il tunnel sotto la strada ferrata.

"Il muro c'era già quando siamo arrivati, ma era più basso", si ricorda Massimo che è cresciuto qui. "Poco a poco, i residenti l'hanno alzato e messo del filo spinato per impedirci di saltare dall'altra parte." Massimo, cognome italiano come tutti quelli della famiglia: Berlingeri. Il muro separa dal resto della città degli italiani da generazioni, con meno diritti e condizioni di vita inumane.

"Zi' Antonio", la memoria del campo, ricorda in dialetto locale e con un forte accento calabrese: "Prima di andare a dormire, chiamo una dozzina di giovani che vengano coi bastoni e mi aiutino a cacciare i ratti dalla baracca." Attorno, si conviene. Se non sono i ratti, sono le blatte. Un alloggio degno: è quello che domandano le 84 famiglie che sono istallate in questo campo "provvisorio" dal 1982.

E se si parla loro del censimento dei Rom in corso, aggirano la questione con un gesto della mano. Qui, dove vive la più forte comunità rom del Sud dopo Napoli, non è questo il problema. Anche se siano riunite tutte le condizioni per accedere agli alloggi sociali, è tutto bloccato. "E' un vicolo cieco", riconosce il sindaco della città, Gianni Speranza. "Il rialloggiamento in stabili ad affitto moderato è la sola soluzione, e finirà per arrivare, ma quel giorno, spiega, temo una guerriglia contro i Rom."

I Rom sono accusati di provocare fumi tossici incendiando i pneumatici per ricavarne materiale da rivendere. Si rimprovera loro di avere trasformato i dintorni del campo in uno scarico di rifiuti ingombranti o tossici. "Più facile per i privati o le imprese girare un biglietto di 10 o 20 euro tra di loro per sbarazzarsi dei rifiuti, che seguire la filiera obbligatoria con i costi che comporta", spiega Antonio Rocca, dell'associazione Ciarapani. Da qui l'amalgama, Rom, criminalità. L'associazione vuole mostrare che esiste un'altra via: ha messo in piedi una cooperativa incaricata dal comune di raccogliere le immondizie. "Grazie al mio lavoro, sono riuscito a trovare un alloggio in città", spiega Massimo, fiero della sua uniforme di spazzino. "Sono dei cittadini. E' scandaloso rinchiuderli in un ghetto, quando avrebbero diritto, come tutti, alla scolarizzazione, alla formazione, alle opportunità di lavoro e ad un alloggio", spiega Marina Galati, presidente dell'associazione. Ma la paura ei Rom, denunciata dalla sinistra, dalle associazioni cattoliche e della difesa dei diritti, allontana tutte le soluzioni. Il muro di Lamezia Terme non è pronto a cadere.

Salvatore Aloïse
Article paru dans l'édition du 01.08.08

PS: Di Marina Galati, segnalo "Fare cittadinanza insieme ai rom"