Ricevo da Sara
Dal
Secolo XIX
21 luglio 2008 Donata Bonometti - C’è una bambina rom di un anno e mezzo che
si è "persa" per la città. Non la trova la mamma, non la trova il suo avvocato.
Il tribunale dei minori è fermo nel negare ogni tentativo di incontro, di
avvicinamento di una madre, fin qui non colpevole di alcun reato, e soprattutto
impedisce a una bimba così piccola e che non conosce ovviamente una parola di
italiano, di rivedere un volto familiare dopo cinque mesi di separazione.
Sembrerebbe una storia alla rovescia. Chi è perennemente messo all’indice come
ladro di bambini, si trova nella condizione di chiedere che fine hanno fatto i
suoi.
La macchina della giustizia ha i suoi tempi, spesso anche rispettabili, ma
l’avvocato Enrico Bet, il cui studio legale è specializzato sul diritto della
famiglia e dei minori, e nel caso specifico è il riferimento di questa famiglia
rom-romena, si chiede con preoccupazione in che stato d’animo viva questa
piccola missing.
Ricoverata inizialmente al Gaslini, non per malattia ma per offrirle
temporaneamente un letto, in seguito potrebbe essere stata data in affido a una
famiglia, oppure mandata in una struttura.
«Certo è che per interrompere i rapporti fra genitori e figli devono essersi
consumati atti gravissimi di abbandono morale e materiale. E per quel che
riguarda la madre non mi risulta sussistano», precisa l’avvocato.
Quanto al padre, il discorso è diverso. Nell’inverno scorso l’uomo, che abita
con la moglie e la figlia e con un fratello con la sua famiglia, (quest’ultimo
persona abbastanza perbene con un lavoro regolare), in un appartamento (forse
occupato abusivamente) nei pressi di Milano, litiga con la moglie e se ne va
trascinando con sé la bambina.
Dopo qualche settimana lo intercettano mentre scende dal traghetto su una
Porsche Cayenne, la bambina sul sedile posteriore e quindici chili di cocaina.
Fa la fine che merita: in galera.
Ma anche per la bambina inizia un percorso quasi punitivo, segregante: prima in
ospedale al Gaslini, poi chissà. L’avvocato Bet racconta di aver chiesto più
volte al tribunale un incontro protetto, anche alla presenza dei carabinieri,
pur di far vedere la mamma alla piccola, per rassicurarla, per dimostrarle che
la mamma non è stata inghiottita dal nulla. Dice: «Che mai può passare nella
testolina di una bimba di quell’età se non vede la sua mamma da mesi?». Ma il
permesso gli è stato negato. Non è riuscito neppure a sapere dove la bambina è
stata accolta. Ancora dal Gaslini, da una comunità, da una famiglia?
Si dice che siano in corso delle indagini supplettive su questa famiglia che è
senza dubbio squinternata, e siccome nei vari interrogatori sono tutti caduti in
contraddizione più volte, pare ci sia il fondato sospetto che la madre in
qualche modo sapesse. Di più: che fosse complice. Che avesse acconsentito
all’uso della bambina per distrarre i finanzieri. Fondato sospetto ma fin qui
non confermato da alcuna prova, garantisce l’avvocato Bet. E per la bambina, che
non c’entra proprio niente, la punizione dell’allontanamento. «E comunque sia -
commenta Bet - fermo restando che fin qui la complicità della madre non è stata
provata, se ci mettessimo a togliere i figli a tutti coloro che spacciano, ci
sarebbero le comunità che scoppiano».
Il giudice Marina Besio conferma il fatto che la bambina è stata separata da
mesi oramai dalla madre e che non è stato concesso un incontro. Premette «Mi sto
occupando di questa bambina, tanto quanto mi occupo degli altri. E non vorrei
che si speculasse sul fatto che è una bambina rom». Insomma stessi tempi e
stessi modi.
Il magistrato precisa che le indagini supplettive non riguardano eventuali reati
commessi dalla madre, perché questa indagine non è sua competenza, ma sta
svolgendo un’inchiesta per accertare le capacità genitoriali di questa donna, le
risorse educative. Insomma sta cercando di capire se è una madre in grado di
esserlo. Successivamente deciderà se restituire o no la piccola alla sua
famiglia.