Da
ChiAmaMilano
Monica è una Rom Romena che ce l’ha fatta perché
ha avuto un’occasione, ma ha ancora paura a dichiarare davvero chi è
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Monica ha gli occhi grandi e non li abbassa mai, nemmeno quando gli si velano di
lacrime ricordando il 1998, il suo primo anno in Italia, a Milano, passato a
chiedere l’elemosina e a vivere con il marito in un furgone nel campo di via
Barzaghi.
Quell’attimo in cui gli si affaccia alla memoria quel ricordo doloroso è solo
una parentesi in una conversazione in cui Monica, che ha imparato l’italiano più
leggendo i romanzi che guardando la televisione, pacata e ironica rivendica
dignità per sé e tutti i Rom come lei.
Perché Monica è una zingara, giunta clandestinamente dalla Romania quasi dieci
anni fa. Oggi è regolare, vive in affitto in un appartamento, fa la
collaboratrice domestica, suo marito lavora in una cooperativa e i suoi figli
vanno a scuola.
Il suo datore di lavoro, un noto professionista milanese, ha piena fiducia in
lei. Ha un ottimo rapporto con i suoi vicini di casa che spesso vanno a prendere
il caffè da lei.
Ma il suo datore di lavoro e i suoi vicini non sanno che Monica, suo marito e i
suoi figli sono Rom.
Romena regolare, Rom “clandestina”, Monica non vuole che si sappia la verità
sulla sua storia: troppi i pregiudizi, troppa la paura di perdere la fiducia, il
lavoro, gli amici, di vedere andare in frantumi tutto quello che si è
conquistata in dieci anni “senza rubare mai, cercando di vivere dignitosamente
anche quando eravamo in via Barzaghi, anche quando andavo a chiedere l’elemosina
provando una vergogna immensa, ma non avevo di che dare da mangiare ai miei
figli e nessuno mi dava un lavoro perché ero una zingara.”
Quel periodo è lontano, un brutto ricordo ma Monica –che sta studiando da
mediatrice culturale e tra un paio di mesi darà l’esame– ha rinunciato, almeno
pubblicamente, ad una parte di sé, della propria identità. Perché, anche se la
sua storia è la dimostrazione che qualora siano offerte delle opportunità per
riconquistare dignità e cittadinanza esse vengono colte, il pregiudizio è
l’altra faccia della paura di perdere tutto, di essere ricacciati al di fuori
dei margini di una società che sembra non possa fare a meno degli stereotipi e
delle angosce securitarie.
Beniamino Piantieri