Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Da Mundo_Gitano
LA CONFORMAZIONE ETNICA DELLA COLOMBIA
Secondo il censimento generale del 2005 realizzato dal Departamento Administrativo Nacional de Estadística (DANE), la popolazione colombiana che appartiene ai gruppi etnici, è la seguente:
- Popolazione indigena: 3,4% del totale, cioè 1.378.884 persone.
- Popolazione afrodiscendente: 10,5% del totale, cioè 4.261.996 persone. Incluse le popolazioni dell'Arcipelago di San Andrés, Providencia e Santa Catalina.
- Popolazione Rom: 0,001% del totale, cioè 4.832 persone.
Fonte
Los Gitanos
Sono una comunità etnica che a cavallo di diversi secoli si mantiene distante dal resto della società, per preservare la propria cultura ed identità
Poco più di 30 anni fa, era comune vedere nelle periferie dei villaggi o delle città, i grandi i gradi carri dei gitani, che arrivavano senza preavviso in qualsiasi momento dell'anno. Lì conducevano la loro vita in comunità appartate dai gadye (chi non appartiene al popolo Rom), avvicinandosi al resto degli abitanti solamente per commerciare, si trattasse di cavalli, scarpe, lavori di metallurgia o la tradizionale lettura della anno o delle carte, queste ultime praticate dalle donne. Poi levavano le tende e i carri per si spostarsi in un'altro paese.
Al giorno d'oggi, i circa 4.00 Rom di Colombia non vivono più nei carri, ma in case in differenti kumpanias-luoghi, riuniti in quartieri specifici e con luoghi di riferimento per tutti i gitani del paese. Le più grandi kumpanias sono a Girón, Bogotá e Envigado. I gruppi familiari tendono a spostarsi frequentemente in altre città o paesi vicini, di solito non molto distanti, si tratta quindi di nomadismo circolare da kumpania a kumpania.
Per i gitani il viaggiare da un osto all'altro è sinonimo di vivere bene e di indipendenza. Dall'inizio della loro esistenza non intendono soggiacere (Rif: premessa e conclusione ndr), tentando di mantenere le loro leggi, cultura e tradizioni per tutta la costa. E questa forma di vita rimane integra sino ad oggi, nelle varie comunità sparse nel mondo. Del loro luogo d'origine conservano la lingua, il romanés, che deriva dal sanscrito e che con poche variazioni è parlato da tutti i Rom nel mondo. Però è un idioma solo parlato, una trasmissione registrata solo oralmente.
La libertà è sempre stata il loro paradigma di vita e per questo è stato un popolo perseguitato attraverso la sto. Si ritiene che i primi Rom ad arrivare sul continente americano furono quelli del terzo viaggio di Colombo. Da ciò si può affermare che la loro presenza è contemporanea all'epoca coloniale. Una seconda grande ondata migratoria avvenne tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, a causa delle persecuzioni naziste, dove 500.000 gitani persero la vita.
"A differenza dell'Europa e del Medio Oriente, in Colombia nutriamo di un buon prestigio come commercianti e non esiste una xenofobia marcata. Siamo molto contenti di vivere qui, a parte la situazione di violenza che non ci premette di viaggiare con la stessa facilità del passato," dice Venecer Gómez, leader riconosciuto dei Rom in Colombia. Anche se si considerano colombiani e molti hanno i documenti, mai si sono integrati nel resto della società. Inoltre, non si accetta che una donna gitana si sposi con un gadye e se lo fa, è una vergogna per la comunità e viene espulsa dalla famiglia. Nel caso degli uomini, si accetta che si sposino con donne non appartenenti all'etnia, ma solo se queste accettano di avvicinarsi alle tradizioni. "La cultura Rom è patrilineare e gli uomini sono quelli che prendono le decisioni. Crediamo che la donna sappia adattarsi facilmente al nostro ambiente, ma che un uomo non accetterebbe di cambiare la sua forma di vita," spiega Ana Dalila Gómez, coordinatrice di Pueblo Rom (Prorom).
Le tradizioni si sono preservate sino ad oggi e la donna riveste in questo un ruolo importante, essendo quella che tramanda ai bambini la lingua e i costumi. Il processo di divenire più partecipi nella vita dello stato, è cominciato circa nove anni fa e sta dando i suoi frutti. Uno di questi è che i bambini ed i giovani frequentano la scuola, mentre prima se ne tenevano lontani per mantenere intatti i riferimenti della loro cultura.
Però la maggioranza abbandona dopo la scuola primaria, perché è costume sposarsi o iniziare a lavorare molto giovani. Una delle paure maggiori tra i Rom è perdere la propria identità, e anche se sempre marcata in maniera chiara la loro differenza etnica, lentamente si stanno spostando ad essere un popolo invisibile per la società colombiana. E la Colombia inizia a vederli come stranieri.
Tomado de: Semana. Edición Especial "Destino Colombia". Edición No. 1278. Octubre 30 a Noviembre 6 de 2006. Bogotá, D.C. - En la web
PROTSESO ORGANIZATSIAKO LE RROMANE NARODOSKO KOLOMBIAKO / PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE COLOMBIA, (PROROM) Organización Confederada a Saveto Katar le Organizatsi ay Kumpeniyi Rromane Anda´l Americhi, (SKOKRA)
(Libano)
Mehdi Lebouacher
Agence France Press
GAZA: Seduta sul gradino della porta di casa, Narem aspira nervosamente una
sigaretta, e sospira: "Siamo stati ballerini e cantanti. Ora siamo niente." In
Europa sono denominati Zingari o Rom. A Gaza, sono i Nawar, gente con una
tradizione ancestrale nella canzone e nel ballo, che si è sparsa per i secoli
nel Medio Oriente.
Ma qui, l'aumento della dottrina islamica che ha accompagnato l'inizio della
seconda rivolta palestinese sei anni, fa ha suonato il colpo mortale per il modo
di vivere dei Nawar, li ha spinti ad elemosinare e li ha resi cittadini di
seconda categoria in una società regolata da regole rigide.
"La nostra vita era la migliore. Abbiamo portato i vestiti più belli,
abbiamo mangiato i piatti migliori. Abbiamo cantato Umm Kalthum, Abdel-Halim
Hafez durante i matrimoni e le celebrazioni. Eravamo liberi," dice Narem, 35
anni, gettando rapidamente una sciarpa per coprire i suoi capelli scuri e
fluenti ogni volta che passa un'automobile.
"Non abbiamo imparato in scuole, ma in casa. Con noi, si comincia a cantare e
ballare mentre da bambini," dice. "Mia madre ha ballato, la mia nonna prima di
lei e la mia bisnonna anche."
Per decadi, i Nawar hanno vagato da città a città nella striscia di Gaza e nel
Medio Oriente, mostrando i loro canti e balli.
Fatima, 49 anni, era un cantante.
"Siamo andato di città in città, a Rafah, Khan Yunis, Jabaliya. Installavamo le
tende e suonavamo l'oud ed i tamburi. Alcuni di noi hanno vagato fino
all'Egitto, alla Siria ed al Giordano, "sospira Fatima.
"La vita era dolce come miele," bisbiglia, alzando gli occhi al cielo.
L'istituzione dell'autorità palestinese nel 1994, a seguito degli accordi di
pace di Oslo fra Israeliani e Palestinesi, l'aveva resa ancora più dolce.
Convinti che presto avrebbero avuto il loro stato, i Palestinesi erano
nell'umore per celebrare.
"Con l'arrivo dell'autorità palestinese, sono stati costruiti dei club in riva
al mare. C'era il Sunset, il Baida," dice lo
sceicco Abu Mohammed, il patriarca del quartiere Nawar di Gaza.
Ma lo scoppio della seconda rivolta palestinese nel mese di settembre del 2000,
condotta da Hamas, ha cambiato tutto.
"Gli estremisti hanno bruciato e chiuso tutti i club. Hanno detto che era haram,
proibito alle ragazze di ballare e cantare," dice Abu Mohammed dice, vestito in
suo abito lungo consumato e sbiadito. "La nostra vita antica è sparita nell'aria
sottile e non ritornerà."
Dopo l'inizio della seconda intifada, i cinema a Gaza sono stati chiusi o
bruciati, vietata la vendita di alcool, i vestiti sostituiti dalle camicie
lunghe-collegate e le prestazioni dei Nawar non furono più accolte
favorevolmente.
"Che cosa possiamo ora fare, volare via? No, elemosiniamo nei bazar," dice Narem,
rattristata dai ricordi felici.
Malgrado le difficoltà, i Nawar non desiderano andare via.
Sono stati su questa terra per i secoli e la considerano la loro patria.
"Hanno una storia molto lunga," dice Allen Williams, direttore del Centro di
Ricerca dei Dom per Medio Oriente ed l'Africa del Nord, un gruppo con base a
Cipro.
"In ogni società, cristiana o musulmana, i Dom hanno passato con le stesse
difficoltà," dice Williams. "Non hanno una voce in Medio Oriente. Per le
centinaia dei anni, essere cantanti e ballerini è stato il loro ruolo
tradizionale nella società.
"Quando c'è isolamento, non c'è possibilità da andare a scuola, cantare e
ballare è una di quelle abilità tradizionali che imparano e si passano dai
genitori ai loro bambini".
Oggi i Nawar a Gaza vivono sotto l'occhio di una società che ha sostituito le
celebrazioni con la violenza e la morte.
La miseria che ha accompagnato il raffreddamento delle relazioni con l'occidente
dopo che Hamas ha formato un governo in marzo, è stata esacerbata dall'offensiva
di quattro mesi dell'Israele a Gaza dopo che i militanti ha catturato un soldato
israeliano verso la fine di giugno.
"La prospettiva della gente qui è cambiata," dice Narem. "quando cantate davanti
alla gente, vi guardano in un determinato senso. Quando elemosinate ad un
mercato, vi guardano con disdegno."
"La gente qui pensa che siamo prostitute e pensano che tutti i nostri giovani
siano ladri," dice Hayat, una delle figlie di Fatima.
Agitata, aggiunge "ma siamo anche figli del popolo palestinese ed abbiamo il
diritto di essere rispettati e vivere come tutti."
Oggi, conservare le loro tradizioni, i Nawar si nascondono.
"Organizziamo le celebrazioni in famiglia e non un singolo sconosciuto può
venire," Hayat dice. "cantiamo e balliamo per noi stessi. È meglio così."
Nasce il Forum dei Rom di Colombia: Il Forum è un evento promosso dall'Istituto Distrettuale della Cultura e Turismo - IDCT -, il Municipio di Bogotà, con la collaborazione del Museo Nazionale e formato dal "proceso organizativo del pueblo Rom de Colombia" (PROROM) nel quadro dei "Progetti culturali del carnevale delle bambine e bambini 2006: come vorrei essere? da dove vengo? dove vado, come sono?".Questo evento fa parte di una strategia del processo organizzativo gitano in Colombia, tendente a promuovere e dare visibilità al popolo gitano a Bogotà.
Il popolo Rom è uno dei quattro popoli fondanti del paese: come lo sono i popoli indigeni, gli afrocolombiani e i mezzo-sangue. Siamo un popolo nomade, transumante e libertario, andiamo per tutta la nostra patria che è il mondo, l'orizzonte, l'ignoto, il nostro cuore. Noi Rom abbiamo una sola religione: la libertà, in cambio rinunciamo alla ricchezza, al potere, alla scienza, alla gloria, a tutto quanto limita la nostra passione. La nostra forma di vivere la vita si traduce nel comprendere i tre tempi in uno solo... qui e adesso.
Parliamo poco di pace, perché ci piace viverla, nella nostra forma che mira alla soluzione dei conflitti, da un punto di vista civile e cosmopolita: la Kriss romaní.
Abbiamo portato alla società bogotana, colombiana e del mondo la nostra forma di regolare i conflitti e una diversa alternativa di sviluppo, nella letteratura, nella musica,, nell'esoterismo, nella psicologia, nella cucina, nellescienze sociali, tra le altre.
Nel contempo, siamo parte di questa nazione, in cui arrivammo quando era ancora una colonia, prima della repubblica, siamo parte della Colombia plurietnica e multiculturale e parte della diversitò di questo paese.
Chiarimento non richiesto: Uno dei limiti delle cronache di Mahalla è di focalizzarsi sull'Europa e un certo eccesso di razionalità. Ma i Rom sono veramente una grande famiglia presente in tutti gli angoli del globo, con caratteristiche proprie che mutano da un paese all'altro. Ad esempio, la numericamente piccola colonia presente in Sud America, a differenza dell'Europa dove si chiede un posto dove vivere, chiede il rispetto della loro condizione di nomadi, e una difesa di questa cultura. Temi abbastanza lontani da quelli europei, ma che fanno parte di un patrimonio culturale universale, ma non univoco. Per noi, la possibilità di ascoltare accenti diversi e lontani, meno razionali, che sono lo stesso cultura e tradizione.
Milano Festa del quartiere S. Ambrogio domenica 17 settembre
presso la sede dell'Opera Nomadi Milano via De Pretis 13 (rotonda della Fontana) ATM 71/59 - 74
dalle ore 15.00
- Giochi di ruolo interattivi a squadre
- Banchetto con libri, DVD e documentazione
Per conoscere i Rom e come vivono gestito da
Fatevi vivi numerosi!
Riporto l'articolo de La Stampa che mi sembra il più completo e vivace. E poi si sa, in Mahalla piacciono le favole, meglio ancora se spruzzate di un po' di neorealismo:CRONACHE NELL’ACCAMPAMENTO DI TOR CERVARA TRECENTO PERSONE CHE NON POTREBBERO PERMETTERSI UN MEDICO RIMPIANGONO IL LORO «DENTISTA» DENUNCIATO DALLA POLIZIAIl cavadenti dei Rom Su una Mercedes attrezzatissima curava carie e faceva ponti sempre in oro, come piace ai nomadi9/9/2006 di Francesco La Licata ROMA. Si chiama Alain e fa il cavadenti. Non il dentista, no, proprio il cavadenti, come direbbe Tex Willer di un barbiere che vanta una certa praticaccia di odontoiatria in un villaggio sperduto della frontiera del West. Solo che qui non siamo nella prateria, nè al confine polveroso del Messico di metà Ottocento. Siamo a Tor Cervara, periferia romana attraversata dalla bretella che porta sulla Roma - L’Aquila. E’ nata qui la storia di Alain il dentista degli zingari, l’uomo della Provvidenza per le comunità Rom che un medico vero non se lo potrebbero mai permettere. Adesso Alain è stato preso, come si dice, in flagrante con l’attrezzatura intera e il suo «studio ambulante» tutto racchiuso dentro la sua «Mercedes Classe A» color amaranto. Gli hanno detto che non potrà «esercitare» più e non gli restituiranno i ferri del mestiere, cosa che parrebbe anche logica vista l’assenza di «certificazione» della specializzazione vantata. Eppure non sempre ciò che sembra logico riesce ad avere una sua consequenzialità, specialmente in questo pezzo di territorio ridotto ad una specie di limbo dove ribollono umori contrastanti quali possono essere quelli dei pochi abitanti della borgata e quelli dei tre campi nomadi che ormai avvolgono il perimetro di Tor Cervara. I Rom, infatti, non sono contenti di ciò che è accaduto ad Alain e giurano: «E’ un brav’uomo, molto generoso. Non ha mai fatto male a nessuno, anzi. Lo conosciamo da vent’anni e non ci siamo mai dovuti lamentare di lui». L’Italia invisibile E’ una storia dell’Italia sommersa, quella del dentista senza licenza amato come un benefattore. Anche se va in scena a due passi dalla Capitale opulenta. Comincia la mattina del 5 di settembre in uno dei tre insediamenti Rom di Tor Cervara: quello di via della Martora, a cinquecento metri dagli uffici del Dipartimento della Polstrada del Lazio. Il campo, ma il termine rischia di non rendere appieno la precarietà del luogo, ospita due-trecento persone in un terreno fangoso adibito a tutto, anche a deposito rifiuti. In una simile cornice, perciò, non potevano passare inosservati la Mercedes e lo stesso «dottor Alain», ma i suoi «pazienti» lo chiamano Halili, «vestito con abiti puliti e ben stirati». La curiosità muove il fuoristrada della squadra di polizia giudiziaria della Polstrada e l’intervento del sostituto commissario Guido Martino. Chi sarà quell’elegantone che confabula coi Rom? Sono gli stessi zingari che svelano l’identità di Alain ai poliziotti coi quali sono già in contatto per via dei normali e quotidiani (e tranquilli, in verità) problemi di ordine pubblico. Agli agenti viene detto: «E’ il nostro dentista, lo conosciamo, è a posto». Ma i poliziotti, si sa, sono curiosi assai. E allora si passa al controllo dei documenti della macchina, «regolarmente acquistata in Italia». Si scopre che Alain K. è cittadino francese nato in Libano, sposato con una donna originaria di Casablanca, padre di tre figli di quattro, quindici e diciannove anni. Ma la sorpresa maggiore viene dalla Mercedes: borse colme di aghi, siringhe, trapani da dentista, pinze, aspiratore, anestetici. E poi l’attrezzatura per la costruzione delle protesi e, soprattutto, dei denti d’oro, i preferiti dai Rom perchè ritenuti una specie di «status symbol». In auto c’è persino un piccolo gruppo elettrogeno che Alain usava per alimentare l’attrezzatura elettrica: una necessità visto che la corrente non è un bene di consumo nelle capanne dei Rom. E lui, il «dottore», gira parecchio per gli accampamenti, anche fuori Roma: a Milano, a Palermo, a Macerata. Insomma, sembra essere molto richiesto. La mutua fai-da-te Ma Alain non è laureato, non è neppure in grado di esibire un diploma di odontotecnico. Così la denuncia è d’obbligo (abuso di titolo) ed anche il sequestro dell’attrezzatura. Per i Rom è la fine della mutua improvvisata. Già, perchè il cavadenti applicava tariffe assolutamente concorrenziali. «Guarda miei denti», dice al cronista un donna toccando il giallo dell’oro che esalta l’arcata superiore. «Li ha messi lui e mi ha fatto pagare niente... dieci... venti euro. Mai avuta infezione, mai febbre. Quando lo chiami arriva subito, non come in ospedale che dicono sempre “torna dopo”». Lo conoscono da vent’anni, Halili il dottore. E lui conferma: «Sono una brava persona, tutti sanno chi sono. La polizia mi ha fermato altre volte ma sempre mi ha lasciato l’attrezzatura, tutti sanno che so lavorare. Non faccio il dentista, qualche volta ho tirato giù un dente, ma quando era facile. Io costruisco i denti e lavoro con l’oro, senza truffe. Mi sento rovinato, magari mi restitussero gli attrezzi per le protesi, giuro che non farei altro che quel lavoro, senza interventi sui pazienti». Alain ha 57 anni e vive a Nettuno. E’ quello che si potrebbe definire uno straniero integrato. I figli che studiano, la moglie lavora partime in una farmacia, il mutuo per l’acquisto della casetta da pagare. Resta lontana, la fuga dal Libano: «Siamo fuggiti... non ricordo... forse 34 anni fa. C’era la guerra civile... Mio padre era medico, siamo una famiglia di tradizione, faceva il dentista. Lui è morto in Libano, anche mia madre. Mio fratello venne in Italia, a Napoli, sposò una italiana. Adesso è morto. Io invece sono andato in Francia. Poi mi sono trasferito in Italia: faccio questo lavoro da più di vent’anni. Non so fare altro e sono diplomato, giuro. Il mio diploma è in Libano, ma come si fa a cercarlo in una situazione come quella di oggi? Io ho cercato di tornare a casa, ma ogni volta ho incontrato guerre e violenza. Sono una persona onesta, vivo nel vostro paese da più di vent’anni e non ho mai sgarrato». Gli viene in soccorso la moglie che sussurra nella cornetta: «Aiutatelo. Quegli arnesi sono il pane dei nostri figli. Mio marito è una brava persona, gli ho detto tante volte di procurarsi la copia di quel maledetto diploma...». Neppure lei, forse, come Alain, riesce a comprendere l’importanza di un attestato. Non sono forse contenti i pazienti del marito? Torna alla mente lo zingaro di Tor Cervara che garantisce: «Lui lavora con l’oro della sterlina, è il migliore».E rivediamo il sorriso “luccicante” della signora con la bandana e la gonna lunga e sgargiante che ripete: «E’ bravissimo, dottore».
Da Zenit.org
LOURDES, France, AUG. 21, 2006 (Zenit.org).- Il 50° pellegrinaggio degli zingari alla Vergine di Lourdes è iniziato venerdì scorso con la partecipazione di 7.000 persone circa.
I "figli del vento" sono arrivati in città con circa 1.300 carovane.
Il primo pellegrinaggio ebbe luogo tra il 31 agosto e il 3 settembre 1957, merito di un'iniziativa dei cappellani zingari di Francia, assistiti dalle Sorelle Nazarene di Charles de Foucauld.
Circa 1.500 parteciparono al primo pellegrinaggio. Erano accompagnati, tra gli altri, dall'allora padre Roger Etchegaray che era cappellano per gli zingari della diocesi di Bayonne.
Oggi e martedì, il cardinal Etchegaray, presidente in pensione del Concilio Pontificale per la Giustizia e la Pace, prenderà parte ai momenti chiave del pellegrinaggio.
Sull'argomento
Ricevo e porto a conoscenza:
Valery Novoselsky. Editor of Roma Virtual Network.
Carissimi!
Come editore di Roma Virtual Network per la mia pagina http://idw.idebate.org/roma/ avrei bisogno del vostro aiuto. Cerco informazioni su Rom, bene integrati nella società maggioritaria e che, nel contempo, non abbiano perso la loro identità etnica. Presenterei queste persone allo scopo di rompere i pregiudizi negativi che permeano l'Europa centrale e del sudest.
NB: i testi devono preferibilmente essere in romanes, inglese, russo o ebraico. Il testo deve contenere:
- Nome
- Anno di nascita
- Paese di residenza
- Professione
- Una breve biografia
- Foto (se disponibile)
Da inviare per email a romale@zahav.net.il
Baxt, sastipe! Kind regards, Valery Novoselsky. Editor of Roma Virtual Network. Razgrad, Bulgaria
Dear all! As an editor of IDEA`s Roma web page on http://idw.idebate.org/roma/ I`ll be grateful, if you would assist me with reliable information on well-known and well-respected activists of international Roma movement. For example, in a such format: Name Date of birth Country of birth Country of residence Position within the movement Brief description of activities Recommended article on the Net Photo (if available) You can send me an info about the leader of your NGO or even about yourself, if he/she or you are already known due to his/her or your continous work for Roma cause. Write me at romale@zahav.net.il
Baxt, sastipe! Kind regards, Valery Novoselsky. Editor of Roma Virtual Network. Razgrad, Bulgaria
Ricevo da Alexian Santino Spinelli e
porto a conoscenza:
IERI NOTTE, 09/08/06 è VENUTO A MANCARE IL NOSTRO AMICO, FIGLIO,
PERCUSSIONISTA ANGELO DI MENNO DI BUCCCHIANICO.
NON AVEVA ANCORA 18 ANNI, MA ERA GIA' GRANDE A LIVELLO UMANO E MUSICALE.
VE NE DIAMO IL TRISTE ANNUNCIO CON IL CUORE A PEZZI.
I PROSSIMI CONCERTI SONO RIMANDATI A DATA DA DESTINARSI.
QUANTI DI VOI VOLESSERO INVIARE UN PENSIERO, UNA FOTO DI ANGELO O UNA FRASE,
POSSONO FARLO TRAMITE QUESTO MAIL, NOI PROVVEDEREMO A FARLI AVERE ALLA FAMIGLIA.
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