Di Fabrizio (del 26/12/2010 @ 09:23:37, in lavoro, visitato 2151 volte)
Buongiorno a tutte/i,
dopo il finanziamento di tre borse lavoro, abbiamo deciso di finanziare tre
borse di studio. I beneficiari sono tre ragazzi: Ovidiu, Marian e Belmondo, con
i quali siamo venute in contatto perché i loro fratelli più piccoli nei due anni
passati hanno frequentato le scuole di Rubattino.
I corsi che stanno frequentando sono gratuiti: noi copriamo per tutti e tre i
ragazzi il costo dei trasporti (abbonamento ATM e treno) e a due di loro
assegniamo anche un contributo mensile di 100€ ciascuno per sostenere questo
percorso. Ovidiu, 15 anni, e Marian, 16 anni, frequentano dal 2 novembre 2010 la
scuola bottega dell'EINAIP di Pioltello: ci sono laboratori di alfabetizzazione
e socialità e molti laboratori di formazione (cucina, carpenteria, meccanica ),
da frequentare per 4 pomeriggi alla settimana. Quando gli educatori ritengono
che i ragazzi siano pronti, li inseriscono in un tirocinio. Per Marian, che ha
già ottenuto la licenza media al CPT, il percorso di apprendimento dovrebbe
essere abbastanza breve e dovrebbe essere inserito in tempi rapidi in un
tirocinio. Ovidiu avrà tempi più lunghi: da due anni non va più a scuola e un tentativo di inserirlo alle medie è fallito.
Belmondo, 15 anni, sempre dal 2 novembre 2010 sta frequentando un corso di
scuola bottega (in particolare di meccanica della bicicletta) presso le Vele di
Pioltello. E' inserito in un gruppo molto ristretto (si tratta infatti di 6/7
ragazzi) e questo consente di fare un corso molto intensivo. Tra l'altro anche
la frequenza è molto impegnativa: fino a giugno tutti i giorni dalle 9 alle 17,
eccetto il lunedì mattina. Per Belmondo sarà una vera rivoluzione: dalla quarta
elementare non va più a scuola e il suo italiano è piuttosto stentato.
Ovidiu da qualche tempo ha una situazione più stabile: vive in una casa di
assegnazione provvisoria e suo padre lavora come muratore. Marian e Belmondo
invece abitano in capannoni, uno regolare (o meglio tollerato) l'altro
abusivo.
Per il finanziamento delle borse di studio abbiamo chiesto alle famiglie di
questi tre ragazzi l'impegno a sostenerli in ogni modo in questo percorso.
Il contributo della Comunità di S Egidio è stato fondamentale, in particolare
per l'individuazione dei corsi più adatti e per il lavoro svolto insieme agli
educatori dell'EINAIP e delle Vele affinchè questi corsi possano avere la
maggior efficacia possibile.
Grazie a tutti
Le mamme e le maestre di Rubattino
L'obiettivo dell'inserimento e apprendimento lavorativo nel settore
sartoriale per alcune partecipanti al progetto Formare per Fare si è
concretizzato grazie alla collaborazione con il Laboratorio Manufatti Donne Rom.
Il Laboratorio, inteso come percorso concreto di integrazione ed autonomia, è
gestito da un gruppo di lavoro consolidato, basato sulla condivisione quotidiana
del lavoro e sulla collaborazione fattiva e paritaria tra tutte le donne Rom
bosniache e donne italiane che partecipano insieme alla progettazione, allo
sviluppo, alla valutazione e alla gestione diretta degli spazi e delle risorse.
Donne somale ed eritree sono state affettuosamente accolte dalle giovani donne
Rom e si creata all'interno del Laboratorio un'atmosfera affettuosa ed
accogliente che ha potenziato le abilità nell'artigianato, la fantasia e le
capacità. Sono stati prodotti manufatti in stoffa, accessori per la casa e per
l'abbigliamento, originali, esclusivi e curati nei dettagli.
foto di Antonella Di Girolamo tel. +393395009440
05/12/2010 - Riporta RIA Novosti, che il governo della provincia belga delle
Fiandre ha adottato un piano ed una strategia per l'integrazione sociale e
professionale dei Rom provenienti in Belgio dalla Bulgaria e dalla Romania. Ai
Rom verrà dato accesso a settori del mercato del lavoro soggetti a carenza di
manodopera. Sinora questo accesso era negato ai cittadini della Bulgaria e della
Romania, anche se i due paesi sono membri UE dal 2007.
"Il messaggio che vorremmo inviare è che i Rom dalla Bulgaria e dalla Romania
che arrivano qui devono essere pronti a lavorare," ha commentato Geert Bourgeois,
ministro fiammingo all'integrazione civica.
Milano. Luna lavora in un centro sociale del Comune, tra vecchietti che
bevono bianco e Campari o giocano a carte. La guardano perché è carina, sorride
e ha 16 anni. Potrebbe essere loro nipote. Una nipote che vive in un campo rom e
che non si vergogna di dirlo a nessuno, che prepara caffé e si diverte, perché
le piace darsi da fare, sentirsi indipendente e libera di sognare il suo futuro,
in una casa però, con sua sorella. Servizio di Claudia Bellante
La cucina è integrazione. Anche per un campo rom abusivo all'interno di uno
dei quartieri più pericolosi d'Italia: Scampia. La sfida è lanciata
dall'associazione "Chi rom chi no" con il progetto Kumpanìa, Percorsi
Gastronomici Interculturali. Nella baracca del campo rom dove ha sede
l'associazione la presentazione del progetto, che in lingua roman indica
l'insieme delle famiglie appartenenti allo stesso gruppo, è stata una festa a
cui ha partecipato come ospite d'onore anche un simbolo della legalità, il
prefetto Andrea De Martino
Sono Rom e provengono dal medesimo povero villaggio in Romania. Ora sono a
Copenhagen suonando l'armonica per i passanti. Catalin Tudorache e Puiu Toader
fanno quello che possono per racimolare abbastanza soldi per le loro famiglie a
casa - By Simon Ankjaergaard
Come per molti altri Rom, la vita in Romania è sempre stata una lotta per
Catalin e Puiu. Uno stipendio medio non basta a sostenere una famiglia. In
quanto Rom, sei automaticamente al livello più basso nella gerarchia sociale. La
scelta tra un lavoro instabile per 3 o 4 sterline all'ora o il più basso assegno
sociale di circa 1,70 sterline, sono ben lontani da coprire le spese per cibo,
vestiti, gas ed elettricità. Non bastano neanche a pagare l'istruzione, cruciale
ai bambini rom per rompere la spirale negativa e costruire una vita migliore per
loro stessi.
Sei anni fa, Catalin e Puiu decisero di lasciare la povera casa nel
villaggio di Mârgineanu, 50 km. a nord-est di Bucarest, per tentare la fortuna
fuori dalla Romania. Con gli ultimi soldi comprarono un biglietto d'autobus,
destinazione Copenhagen.
Da allora, hanno viaggiato avanti e indietro tra la capitale danese e
Bucarest. Tre o quattro mesi in Danimarca, un mese in Romania. E non sono i
soli. L'autobus del ritorno è sempre pieno di Rom poveri. Qualcuno ha racimolato
solo i soldi per il biglietto. Altri hanno contratto debiti con usurai locali
con l'ordine di non mostrarsi in Romania fin quando non avranno guadagnato
abbastanza da cancellare il proprio debito.
Pagamenti illegali
"Per sei anni, abbiamo vissuto in questo modo, ma non è diventato più facile.
Ogni giorno è ancora una lotta", dice il trentenne Catalin, che ha lasciato in
Romania una moglie ed un figlio di tre anni.
Pone la sua armonica in grembo e si accende una sigaretta. Nella luce fioca
sotto il ponte della stazione Noerrebrola gente è come un flusso uniforme.
Inspira e sorride a più gente che può. Servizio Clienti. Forse gli getteranno
una o due monete nella giacca stesa a terra la prossima volta che passeranno.
Oggi ha guadagnato 55 corone (£6.20). Più in là in Frederikssundvej, dove il
quarantatreenne Puiu lascia che i brani di "Somewhere Over the Rainbow"
soddisfino i clienti del supermercato, il reddito della giornata è di 30 corone
(£3.40).
"Il nostro reddito dipende dal clima e dalla stagione", dice Puiu. "Quando
piove, guadagniamo quasi niente, perché la gente è troppo occupata a cercare di
evitare la pioggia." Suonare l'armonica è l'occupazione principale dei due
amici, che però sono più contenti quando ottengono qualche lavoro occasionale.
"Ci pagano illegalmente, così non posso dire per chi lavoro. Significherebbe
non lavorare più per lui," dice Puiu, che deve racimolare i soldi per sua moglie
e tre bambini. "Talvolta sono altri Rumeni che ci raccomandano. Altre volte,
sono i capi del commercio che ci trovano per strada e chiedono se vogliamo
aiutarli. A volte Danesi, altre volte stranieri", dice.
In quel momento, d'improvviso Puiu smette di parlare e si sbraccia
entusiasticamente verso un uomo in tuta da jogging all'altro lato della strada.
"E' l'Arabo", dice con un gran sorriso.
"E' mio amico. Ha assunto sia Catalin che me diverse volte. Abbiamo costruito
un muro per lui ed anche altre cose. A volte ci paga bene, perché sa che il
denaro va alle nostre famiglie. E mi ha dato questa. Gratis." Puiu indica
l'armonica.
L'Arabo zigzaga lungo la strada e stringe calorosamente la mano di Puiu. Puiu
lo interroga sulle prospettive di lavoro. L'uomo scruta pensieroso e sembra non
promettere troppo. Alla fine si stringe nelle spalle. "Forse. Ho il vostro
numero di cellulare, Puiu. Ti chiamerò."
"E' mio amico," ripete Puiu e lo segue con gli occhi mentre l'altro si
immerge nuovamente nella via trafficata. "E' per lui che possiamo prendere
l'autobus per Copenhagen e per tornare."
Oltre a lavorare come muratori, Catalin e Puiu hanno montato controsoffitti
in cartongesso e fatto lavori di pulizia. Il pagamento avviene sempre in
contanti. Non dispongono di conti bancari e i loro principali non intendono
informare le autorità fiscali. I salari variano da poche centinaia di corone a
qualche migliaia, dipende dalla quantità di lavoro. Sanno perfettamente di
essere scelti per un lavoro soltanto perché sono a buon mercato. Ma non importa:
anche uno stipendio ben al di sotto del minimo salariale danese può fare
meraviglie per le famiglie a Mârgineanu.
Puiu ripone l'armonica, accende un'altra sigaretta e ingoia una pillola per
l'ulcera. Agita lo sporco tubetto delle pillole. "Mi costano 500 corone (£56.20) al
mese. Devo prendere sei pillole al giorno. L'ulcera è peggio dei miei calcoli
renali," dice. Scuote le spalle e si avvia verso il rifugio di Catalin. Sono due
km. e mezzo di strada. Il biglietto dell'autobus è troppo caro.
Senza tetto
Catalin accoglie Puiu con un sorriso. Conosce la routine. Il lavoro ora, come
ogni giorno, è di immaginare dove andranno a passare la notte. La notte scorsa
hanno dormito da un amico rumeno, ma stanotte non c'è spazio. Sono tornati a
Copenhagen in 50 dal villaggio, e così hanno iniziato a telefonare e cercare di
trovare un tetto sopra la testa prima che scenda l'oscurità. Spesso la risposta
è negativa -come oggi. Altri sono arrivati prima di loro.
Puiu e Catalin restano insieme. Tendono a rimanere isolati dal resto della
popolazione rom il più possibile. Non vogliono unirsi al grande gruppo di Rom
che si accomodano nei campi o nelle fabbriche abbandonate. Hanno paura di finire
negli arresti di massa, come quello di Copenhagen lo scorso luglio, quando la
polizia ha sgomberato un campo e una fabbrica. 23 Rom sono stati deportati.
Invece si spostano verso l'area di Amager - in metropolitana, ma senza
biglietto. Risalgono e camminano in un parchetto. Qui è dove dormono se non
hanno la fortuna di trovare sistemazione da amici. Hanno scelto un boschetto,
nascosto lontano dalle panchine piene di graffiti e dai sentieri. Con le teste
appoggiate sulle loro piccole borse sportive, parlano tra loro con calma finché
non sono interrotti dalla vibrazione del cellulare di Catalin. Al telefono c'è
sua moglie. Ha bisogno urgente di soldi. Catalin deve deluderla. Ha soltanto 400
corone (£45), così ci vorrà molto tempo prima che possa tornare a casa. Ma Puiu
dovrà aspettare anche di più. Tira fuori 80 corone (£9) dalla tasca. Sono tutti
i suoi averi.
"Non possiamo tornare a casa finché non abbiamo almeno 2.000 corone (£225) in
contanti per la famiglia," dice Catalin con un sospiro. "Durante un buon mese,
possiamo guadagnare fino a 2.500 corone (£280), ma dobbiamo togliere 1.000
corone (£110) per cibo e sigarette. E dobbiamo considerare che il biglietto del
bus per il ritorno costa 1.000 corone."
Spesso ci vogliono tre o quattro mesi perché i due abbiano abbastanza soldi
per tornare a casa dalle loro famiglie. E dopo, occorre un altro mese per
guadagnare denaro per un nuovo viaggio in autobus sino a Copenhagen. Di solito
cercano di trovare lavoro come manovali, ma spesso i posti di lavoro sono presi
da manodopera a basso costo proveniente da paesi ancora più a est.
La soluzione finale è di affidarsi agli strozzini. E con loro, parte la
spirale del debito. "Ho avuto diverse volte in prestito i soldi del biglietto
del bus," dice Catalin. "Quel debito dev'essere pagato ed è per questo che devo
guadagnare di più quando sono in Danimarca. E poi ci vuole più tempo prima che
possa rivedere mio figlio e mia moglie," sospira.
Sente di trascurare la sua famiglia con le sue lunghe assenze, ma Puiu non è
d'accordo. Può darsi che il loro cuore appartenga a Mârgineanu, ma è la
necessità che li ha spinti in Danimarca. Puiu pone la domanda retorica:
"Cos'altro dovremmo fare? Non possiamo guadagnare abbastanza in Romania da
provvedere alle nostre famiglie e pagare l'istruzione dei figli. Non è
negligenza. E' una necessità."
Schiocca l'indice destro nel palmo della mano per sottolineare l'argomento.
"Se ne avessi la possibilità, certo che starei in Romania. Ma è impossibile.
Fintanto che la Romania rimarrà povera, viaggeremo verso i paesi più ricchi per
far soldi. E' così semplice."
Riportano i giornali canadesi che dei Rom ungheresi sono stati trattati come
schiavi da una famiglia ungherese ad Hamilton, Ontario, e le autorità comunali
hanno emesso un mandato relativo a traffico di persone contro 10 membri della
famiglie.
I sospettati avrebbero attirato più di 16 persone da Pápa verso il Canada con
la promessa di una vita migliore e di opportunità di lavoro.
Al loro arrivo [le vittime] erano costrette a lavorare gratis e a lasciare i
loro benefici sociali. I sospetti aguzzini trattenevano i documenti delle
vittime, le chiudevano in uno scantinato e davano loro avanzi di cibo. Tutte le
vittime conosciute sono maschi.
E' il più grande reato di traffico di persone mai scoperto in Canada e gli
imputati potrebbero essere i primi nel paese ad essere condannati per questo
crimine. Ferenc Dömötör, Ferenc
Dömötör Jr., Gyöngyi Kolompár, Gizella Kolompár, Lajos Dömötör, Ferenc Kolompár,
Gizella Dömötör, Attila Kolompár, Gyula Dömötör e Zsanett Kolompár sono
ricercati dalla Polizia Canadese a Cavallo. Nove di loro sono accusati di
tratta.
Il caso è arrivato all'attenzione dicembre scorso quando uno dei Rom è
riuscito a protestare pubblicamente sul modo in cui erano trattati. Prima le
vittime non erano state in grado di rivolgersi alle autorità, perché erano
sorvegliati strettamente e non parlavano bene l'inglese.
Il Canada ha lanciato un'indagine e dopo 10 mesi ha emesso gli avvisi di
garanzia.
Le accuse a Ferenc Dömötörs e agli altri includono quella di aver insegnato
agli immigrati come truffare le autorità canadesi.
Altri due membri della famiglia sono accusati dello stesso reato. Il capo del
gruppo sembra essere Ferenc Dömötör senior, descritto dal procuratore della
corona Sandra Antoniani come il capo del gruppo criminoso di Rom ungheresi,
composto da parenti di vario grado. Durante un'audizione Ferenc Dömötör ha
negato le accuse, dicendo di essere stato minacciato dalla polizia e dalle
autorità canadesi, a causa della sua discendenza rom.
La maggior parte delle vittime sono ritornate in Ungheria.
Il ministro canadese dell'immigrazione, Jason Kenney, ha detto che il crimine
organizzato ha portato queste persone in Canada a rubare i loro benefici
sociali. Ha detto che molti cittadini ungheresi sono migrati nel paese, ma dei
2.500 che nel 2009 hanno richiesto asilo in Canada, solo tre l'hanno visto
accolto.
Nota dell'editore: Il Kyiv Post è un membro
fondante del New Europe
News Network, assieme ad altri giornali in lingua inglese. I media includono il Krakow Post in Polonia, The Budapest Times in
Ungheria, The Slovak Spectator di
Bratislava, Slovacchia, The Sofia Echo in Bulgaria e The Prague Post nella
Repubblica Ceca. In base ad un accordo informale, i giornali condividono
articoli nelle versioni stampate e online con gli altri membri del network.
Il circo famigliare zigano ROMANES a Parigi, è oggi parte del paesaggio
artistico europeo.
"Noi zigani, siamo accusati di tutto e soprattutto di mandare i nostri bambini a
mendicare e rubare, occorrerebbe una buona volta per tutte sapere cosa si
vuole: chiedo ai parlamentari francesi di non gettare i miei bambini per strada
e permettere loro di apprendere e di esercitare il mestiere che hanno scelto" Alexandre ROMANES
Al fine di permettere al Cirque ROMANES di continuare la sua attività, noi
membri di questo collettivo chiediamo alle autorità francesi:
di ridare ai musicisti rumeni del Cirque ROMANES i permessi di lavoro
che sono stati loro ingiustamente ritirati
di autorizzare il Cirque ROMANES ad impiegare gli artisti rumeni e
bulgari con cui lavorano da anni
di chiedere al Pubblico Ministero di abbandonare le accuse contro il
Circo ed i suoi dirigenti, per la partecipazione dei loro figli allo
spettacolo
di proporre ai parlamentari francesi di avere la gentilezza di non
proibire ai bambini del Circo di esercitare il più presto possibile uno dei
rari mestieri ancora apprezzati dalla gioventù
27/07/2010 - La recente introduzione di nuovi chioschi per venditori di fiori
sta agitando i venditori di fiori per le vie di Istanbul, un gruppo dove sono
predominanti i membri della comunità rom cittadina. I venditori si lamentano di
essere stati allontanati dalle loro bancarelle ed esprimono preoccupazione sui
prezzi regolamentati e sulle ore di lavoro nei nuovi chioschi.
I rom costituiscono una parte sostanziale dei venditori di strada di Istanbul
che vendono fiori. DAILY NEWS foto, Mehveş KONUK
Un'iniziativa municipale di introdurre nuovi chioschi perla vendita di
fiori, preoccupa i venditori di strada di Istanbul, la maggior parte membri
della comunità rom cittadina, per la perdita delle loro bancarelle o per la
paura di essere obbligati ad adottare pratiche nuove ed inaccettabili.
Il comune ha detto che i venditori di strada sono liberi di affittare i nuovi
chioschi o continuare a lavorare nei vecchi, ma i venditori lamentano che la
compagnia che sta installando questi chioschi obbliga chi li affitta ad
indossare abiti "adeguati" e anche "intende scoraggiare i venditori di strada".
I venditori lamentano di essere obbligati a lasciare le loro bancarelle nelle
strade, per le misure indirette prese dagli incaricati della ditta di consulenza
Birikim, che sta costruendo i chioschi di fiori dopo avere vinto la gara indetta
da Kültür A.Ş., una corporazione commerciale fondata nel 1989 all'interno della
Municipalità Metropolitana di Istanbul o İBB.
I funzionari della compagnia hanno rifiutato di commentare o fornire
qualsiasi informazione sulla questione.
Emine Çetinbaşlar, che vende fiori di fronte all'università Bahçeşehir,
ha detto ad Hürriyet Daily News & Economic Review che gli incaricati della
ditta hanno installato un chiosco proprio accanto al suo, dopo che lei aveva
detto di non volerne affittare uno dalla compagnia. Çetinbaşlar ha aggiunto
che l'università le aveva precedentemente rinnovato il permesso, cosicché non
aveva bisogno di affittare un chiosco.
Metin Salih Şentürk, a capo dell'Associazione Fioristi di Kuştepe
dell'omonimo quartiere di Istanbul, dice che sebbene i funzionari di İBB
avessero assicurato il gruppo che i chioschi sarebbero stati costruiti lontani
dalle bancarelle dei venditori di strada, circa 15 chioschi sono stati
recentemente installati vicino a dove i Rom vendono fiori.
I venditori dicono di essere riluttanti ad affittare questi chioschi, dato
che dovrebbero vendere fiori a prezzi regolamentati e non sarebbero in grado di
trattare con i compratori, una cosa che Çetinbaşlar dice far parte del suo
lavoro.
Dice: "Vendo fiori agli studenti. A volte non hanno abbastanza denaro, ed io
posso preparare fiori per due lire turche. A volte non hanno proprio soldi, ed
io do lo stesso dei fiori, che mi pagheranno quando avranno i soldi."
I venditori che affittassero i chioschi, dovrebbero anche prevedere ore di
lavoro obbligatorio, cosa che molti venditori di strada hanno contestato. Şentürk
ha detto al Daily News che nei chioschi costruiti da Birikim i venditori devono
lavorare dalle 7 del mattino sino a mezzanotte.
Secondo Şentürk, alcuni funzionari della ditta hanno invitato i
venditori rom di fiori e detto loro che le venditrici avrebbero dovuto indossare
minigonne e truccarsi, se volevano lavorare nei nuovi chioschi. "Siamo
estremamente disturbati da queste regole presentate ai fioristi," dice Şentürk.
"Una settantenne che ha detto ai funzionari di non poter accettare regole
simili, è stata allontanata dalla sala della riunione."
Il comune di Istanbul ha detto al Daily News con una dichiarazione scritta
che i venditori di strada sono stati informati sulle prassi dei nuovi chioschi,
incluso un codice di abbigliamento che prevede pantaloni neri, T-shirt bianca ed
un grembiule per le venditrici. "Essere truccate non è obbligatorio, ma ai
venditori è stato detto che sarebbe più opportuno un aspetto pulito, elegante e
ben curato," recita la dichiarazione, aggiungendo che gli affittuari dovrebbero
prestare attenzione anche alla pulizia dei chioschi.
Dice Şentürk che ci sono circa 400 banchi di fiori in tutta Istanbul, ed
i venditori pagano prezzi differenti per il posto su strada ai vari comuni
locali.
Il comune di Istanbul ha pianificato un'installazione iniziale di 56
chioschi, 40 dei quali sono pronti. Quanti hanno lavorato come venditori di
fiori nella stessa area per almeno cinque anni avranno la priorità
nell'affittare i nuovi chioschi, dichiara İBB, aggiungendo che gli affitti
per i chioschi saranno minori a quelli degli spazi alternativi.
Şentürk ha detto che i venditori di fiori non erano ancora stati
informati sugli affitti, ma che non erano a conoscenza delle altre condizioni.
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