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\\ Mahalla : VAI : lavoro (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 26/12/2010 @ 09:23:37, in lavoro, visitato 2151 volte)

Buongiorno a tutte/i,
dopo il finanziamento di tre borse lavoro, abbiamo deciso di finanziare tre borse di studio. I beneficiari sono tre ragazzi: Ovidiu, Marian e Belmondo, con i quali siamo venute in contatto perché i loro fratelli più piccoli nei due anni passati hanno frequentato le scuole di Rubattino.

I corsi che stanno frequentando sono gratuiti: noi copriamo per tutti e tre i ragazzi il costo dei trasporti (abbonamento ATM e treno) e a due di loro assegniamo anche un contributo mensile di 100€ ciascuno per sostenere questo percorso. Ovidiu, 15 anni, e Marian, 16 anni, frequentano dal 2 novembre 2010 la scuola bottega dell'EINAIP di Pioltello: ci sono laboratori di alfabetizzazione e socialità e molti laboratori di formazione (cucina, carpenteria, meccanica…), da frequentare per 4 pomeriggi alla settimana. Quando gli educatori ritengono che i ragazzi siano pronti, li inseriscono in un tirocinio. Per Marian, che ha già ottenuto la licenza media al CPT, il percorso di apprendimento dovrebbe essere abbastanza breve e dovrebbe essere inserito in tempi rapidi in un tirocinio. Ovidiu avrà tempi più lunghi: da due anni non va più a scuola e un tentativo di inserirlo alle medie è fallito.

Belmondo, 15 anni, sempre dal 2 novembre 2010 sta frequentando un corso di scuola bottega (in particolare di meccanica della bicicletta) presso le Vele di Pioltello. E' inserito in un gruppo molto ristretto (si tratta infatti di 6/7 ragazzi) e questo consente di fare un corso molto intensivo. Tra l'altro anche la frequenza è molto impegnativa: fino a giugno tutti i giorni dalle 9 alle 17, eccetto il lunedì mattina. Per Belmondo sarà una vera rivoluzione: dalla quarta elementare non va più a scuola e il suo italiano è piuttosto stentato.

Ovidiu da qualche tempo ha una situazione più stabile: vive in una casa di assegnazione provvisoria e suo padre lavora come muratore. Marian e Belmondo invece “abitano” in capannoni, uno regolare (o meglio tollerato) l'altro abusivo.
Per il finanziamento delle borse di studio abbiamo chiesto alle famiglie di questi tre ragazzi l'impegno a sostenerli in ogni modo in questo percorso.
Il contributo della Comunità di S Egidio è stato fondamentale, in particolare per l'individuazione dei corsi più adatti e per il lavoro svolto insieme agli educatori dell'EINAIP e delle Vele affinchè questi corsi possano avere la maggior efficacia possibile.
Grazie a tutti
Le mamme e le maestre di Rubattino

 
Di Fabrizio (del 20/12/2010 @ 09:01:58, in lavoro, visitato 1359 volte)

Segnalazione di M. Cristina Di Canio

 il link per chi legge da Facebook

L'obiettivo dell'inserimento e apprendimento lavorativo nel settore sartoriale per alcune partecipanti al progetto Formare per Fare si è concretizzato grazie alla collaborazione con il Laboratorio Manufatti Donne Rom. Il Laboratorio, inteso come percorso concreto di integrazione ed autonomia, è gestito da un gruppo di lavoro consolidato, basato sulla condivisione quotidiana del lavoro e sulla collaborazione fattiva e paritaria tra tutte le donne Rom bosniache e donne italiane che partecipano insieme alla progettazione, allo sviluppo, alla valutazione e alla gestione diretta degli spazi e delle risorse. Donne somale ed eritree sono state affettuosamente accolte dalle giovani donne Rom e si creata all'interno del Laboratorio un'atmosfera affettuosa ed accogliente che ha potenziato le abilità nell'artigianato, la fantasia e le capacità. Sono stati prodotti manufatti in stoffa, accessori per la casa e per l'abbigliamento, originali, esclusivi e curati nei dettagli.
foto di Antonella Di Girolamo tel. +393395009440

 
Di Fabrizio (del 10/12/2010 @ 09:37:11, in lavoro, visitato 1685 volte)

Da Roma_Benelux

Standartnews.com

05/12/2010 - Riporta RIA Novosti, che il governo della provincia belga delle Fiandre ha adottato un piano ed una strategia per l'integrazione sociale e professionale dei Rom provenienti in Belgio dalla Bulgaria e dalla Romania. Ai Rom verrà dato accesso a settori del mercato del lavoro soggetti a carenza di manodopera. Sinora questo accesso era negato ai cittadini della Bulgaria e della Romania, anche se i due paesi sono membri UE dal 2007.

"Il messaggio che vorremmo inviare è che i Rom dalla Bulgaria e dalla Romania che arrivano qui devono essere pronti a lavorare," ha commentato Geert Bourgeois, ministro fiammingo all'integrazione civica.

 

Segnalazione di Davide Castronovo

Link da C6.tv per chi legge da Facebook

Milano. Luna lavora in un centro sociale del Comune, tra vecchietti che bevono bianco e Campari o giocano a carte. La guardano perché è carina, sorride e ha 16 anni. Potrebbe essere loro nipote. Una nipote che vive in un campo rom e che non si vergogna di dirlo a nessuno, che prepara caffé e si diverte, perché le piace darsi da fare, sentirsi indipendente e libera di sognare il suo futuro, in una casa però, con sua sorella. Servizio di Claudia Bellante

 
Di Fabrizio (del 24/11/2010 @ 09:35:25, in lavoro, visitato 1587 volte)

 Link per chi legge da Facebook

La cucina è integrazione. Anche per un campo rom abusivo all'interno di uno dei quartieri più pericolosi d'Italia: Scampia. La sfida è lanciata dall'associazione "Chi rom chi no" con il progetto Kumpanìa, Percorsi Gastronomici Interculturali. Nella baracca del campo rom dove ha sede l'associazione la presentazione del progetto, che in lingua roman indica l'insieme delle famiglie appartenenti allo stesso gruppo, è stata una festa a cui ha partecipato come ospite d'onore anche un simbolo della legalità, il prefetto Andrea De Martino

 
Di Fabrizio (del 11/11/2010 @ 09:35:31, in lavoro, visitato 1726 volte)

Da Nordic_Roma (appunto personale: quasi un quadro dei tempi di Steinbeck)

Street News Service

Sono Rom e provengono dal medesimo povero villaggio in Romania. Ora sono a Copenhagen suonando l'armonica per i passanti. Catalin Tudorache e Puiu Toader fanno quello che possono per racimolare abbastanza soldi per le loro famiglie a casa - By Simon Ankjaergaard

Come per molti altri Rom, la vita in Romania è sempre stata una lotta per Catalin e Puiu. Uno stipendio medio non basta a sostenere una famiglia. In quanto Rom, sei automaticamente al livello più basso nella gerarchia sociale. La scelta tra un lavoro instabile per 3 o 4 sterline all'ora o il più basso assegno sociale di circa 1,70 sterline, sono ben lontani da coprire le spese per cibo, vestiti, gas ed elettricità. Non bastano neanche a pagare l'istruzione, cruciale ai bambini rom per rompere la spirale negativa e costruire una vita migliore per loro stessi.

Sei anni fa, Catalin e Puiu decisero di lasciare la povera casa nel villaggio di Mârgineanu, 50 km. a nord-est di Bucarest, per tentare la fortuna fuori dalla Romania. Con gli ultimi soldi comprarono un biglietto d'autobus, destinazione Copenhagen.

Da allora, hanno viaggiato avanti e indietro tra la capitale danese e Bucarest. Tre o quattro mesi in Danimarca, un mese in Romania. E non sono i soli. L'autobus del ritorno è sempre pieno di Rom poveri. Qualcuno ha racimolato solo i soldi per il biglietto. Altri hanno contratto debiti con usurai locali con l'ordine di non mostrarsi in Romania fin quando non avranno guadagnato abbastanza da cancellare il proprio debito.

Pagamenti illegali

"Per sei anni, abbiamo vissuto in questo modo, ma non è diventato più facile. Ogni giorno è ancora una lotta", dice il trentenne Catalin, che ha lasciato in Romania una moglie ed un figlio di tre anni.

Pone la sua armonica in grembo e si accende una sigaretta. Nella luce fioca sotto il ponte della stazione Noerrebrola gente è come un flusso uniforme. Inspira e sorride a più gente che può. Servizio Clienti. Forse gli getteranno una o due monete nella giacca stesa a terra la prossima volta che passeranno. Oggi ha guadagnato 55 corone (£6.20). Più in là in Frederikssundvej, dove il quarantatreenne Puiu lascia che i brani di "Somewhere Over the Rainbow" soddisfino i clienti del supermercato, il reddito della giornata è di 30 corone (£3.40).

"Il nostro reddito dipende dal clima e dalla stagione", dice Puiu. "Quando piove, guadagniamo quasi niente, perché la gente è troppo occupata a cercare di evitare la pioggia." Suonare l'armonica è l'occupazione principale dei due amici, che però sono più contenti quando ottengono qualche lavoro occasionale.

"Ci pagano illegalmente, così non posso dire per chi lavoro. Significherebbe non lavorare più per lui," dice Puiu, che deve racimolare i soldi per sua moglie e tre bambini. "Talvolta sono altri Rumeni che ci raccomandano. Altre volte, sono i capi del commercio che ci trovano per strada e chiedono se vogliamo aiutarli. A volte Danesi, altre volte stranieri", dice.

In quel momento, d'improvviso Puiu smette di parlare e si sbraccia entusiasticamente verso un uomo in tuta da jogging all'altro lato della strada. "E' l'Arabo", dice con un gran sorriso.

"E' mio amico. Ha assunto sia Catalin che me diverse volte. Abbiamo costruito un muro per lui ed anche altre cose. A volte ci paga bene, perché sa che il denaro va alle nostre famiglie. E mi ha dato questa. Gratis." Puiu indica l'armonica.

L'Arabo zigzaga lungo la strada e stringe calorosamente la mano di Puiu. Puiu lo interroga sulle prospettive di lavoro. L'uomo scruta pensieroso e sembra non promettere troppo. Alla fine si stringe nelle spalle. "Forse. Ho il vostro numero di cellulare, Puiu. Ti chiamerò."

"E' mio amico," ripete Puiu e lo segue con gli occhi mentre l'altro si immerge nuovamente nella via trafficata. "E' per lui che possiamo prendere l'autobus per Copenhagen e per tornare."

Oltre a lavorare come muratori, Catalin e Puiu hanno montato controsoffitti in cartongesso e fatto lavori di pulizia. Il pagamento avviene sempre in contanti. Non dispongono di conti bancari e i loro principali non intendono informare le autorità fiscali. I salari variano da poche centinaia di corone a qualche migliaia, dipende dalla quantità di lavoro. Sanno perfettamente di essere scelti per un lavoro soltanto perché sono a buon mercato. Ma non importa: anche uno stipendio ben al di sotto del minimo salariale danese può fare meraviglie per le famiglie a Mârgineanu.

Puiu ripone l'armonica, accende un'altra sigaretta e ingoia una pillola per l'ulcera. Agita lo sporco tubetto delle pillole. "Mi costano 500 corone (£56.20) al mese. Devo prendere sei pillole al giorno. L'ulcera è peggio dei miei calcoli renali," dice. Scuote le spalle e si avvia verso il rifugio di Catalin. Sono due km. e mezzo di strada. Il biglietto dell'autobus è troppo caro.

Senza tetto

Catalin accoglie Puiu con un sorriso. Conosce la routine. Il lavoro ora, come ogni giorno, è di immaginare dove andranno a passare la notte. La notte scorsa hanno dormito da un amico rumeno, ma stanotte non c'è spazio. Sono tornati a Copenhagen in 50 dal villaggio, e così hanno iniziato a telefonare e cercare di trovare un tetto sopra la testa prima che scenda l'oscurità. Spesso la risposta è negativa -come oggi. Altri sono arrivati prima di loro.

Puiu e Catalin restano insieme. Tendono a rimanere isolati dal resto della popolazione rom il più possibile. Non vogliono unirsi al grande gruppo di Rom che si accomodano nei campi o nelle fabbriche abbandonate. Hanno paura di finire negli arresti di massa, come quello di Copenhagen lo scorso luglio, quando la polizia ha sgomberato un campo e una fabbrica. 23 Rom sono stati deportati.

Invece si spostano verso l'area di Amager - in metropolitana, ma senza biglietto. Risalgono e camminano in un parchetto. Qui è dove dormono se non hanno la fortuna di trovare sistemazione da amici. Hanno scelto un boschetto, nascosto lontano dalle panchine piene di graffiti e dai sentieri. Con le teste appoggiate sulle loro piccole borse sportive, parlano tra loro con calma finché non sono interrotti dalla vibrazione del cellulare di Catalin. Al telefono c'è sua moglie. Ha bisogno urgente di soldi. Catalin deve deluderla. Ha soltanto 400 corone (£45), così ci vorrà molto tempo prima che possa tornare a casa. Ma Puiu dovrà aspettare anche di più. Tira fuori 80 corone (£9) dalla tasca. Sono tutti i suoi averi.

"Non possiamo tornare a casa finché non abbiamo almeno 2.000 corone (£225) in contanti per la famiglia," dice Catalin con un sospiro. "Durante un buon mese, possiamo guadagnare fino a 2.500 corone (£280), ma dobbiamo togliere 1.000 corone (£110) per cibo e sigarette. E dobbiamo considerare che il biglietto del bus per il ritorno costa 1.000 corone."

Spesso ci vogliono tre o quattro mesi perché i due abbiano abbastanza soldi per tornare a casa dalle loro famiglie. E dopo, occorre un altro mese per guadagnare denaro per un nuovo viaggio in autobus sino a Copenhagen. Di solito cercano di trovare lavoro come manovali, ma spesso i posti di lavoro sono presi da manodopera a basso costo proveniente da paesi ancora più a est.

La soluzione finale è di affidarsi agli strozzini. E con loro, parte la spirale del debito. "Ho avuto diverse volte in prestito i soldi del biglietto del bus," dice Catalin. "Quel debito dev'essere pagato ed è per questo che devo guadagnare di più quando sono in Danimarca. E poi ci vuole più tempo prima che possa rivedere mio figlio e mia moglie," sospira.

Sente di trascurare la sua famiglia con le sue lunghe assenze, ma Puiu non è d'accordo. Può darsi che il loro cuore appartenga a Mârgineanu, ma è la necessità che li ha spinti in Danimarca. Puiu pone la domanda retorica: "Cos'altro dovremmo fare? Non possiamo guadagnare abbastanza in Romania da provvedere alle nostre famiglie e pagare l'istruzione dei figli. Non è negligenza. E' una necessità."

Schiocca l'indice destro nel palmo della mano per sottolineare l'argomento. "Se ne avessi la possibilità, certo che starei in Romania. Ma è impossibile. Fintanto che la Romania rimarrà povera, viaggeremo verso i paesi più ricchi per far soldi. E' così semplice."

Originally published by Hus Forbi, Denmark. © www.streetnewsservice.org

 
Di Fabrizio (del 03/11/2010 @ 09:39:26, in lavoro, visitato 1824 volte)

Da Hungarian_Roma

* - 29/10/2010 scrive Szabolcs Szûcs:

Riportano i giornali canadesi che dei Rom ungheresi sono stati trattati come schiavi da una famiglia ungherese ad Hamilton, Ontario, e le autorità comunali hanno emesso un mandato relativo a traffico di persone contro 10 membri della famiglie.

I sospettati avrebbero attirato più di 16 persone da Pápa verso il Canada con la promessa di una vita migliore e di opportunità di lavoro.

Al loro arrivo [le vittime] erano costrette a lavorare gratis e a lasciare i loro benefici sociali. I sospetti aguzzini trattenevano i documenti delle vittime, le chiudevano in uno scantinato e davano loro avanzi di cibo. Tutte le vittime conosciute sono maschi.

E' il più grande reato di traffico di persone mai scoperto in Canada e gli imputati potrebbero essere i primi nel paese ad essere condannati per questo crimine. Ferenc Dömötör, Ferenc Dömötör Jr., Gyöngyi Kolompár, Gizella Kolompár, Lajos Dömötör, Ferenc Kolompár, Gizella Dömötör, Attila Kolompár, Gyula Dömötör e Zsanett Kolompár sono ricercati dalla Polizia Canadese a Cavallo. Nove di loro sono accusati di tratta.

Il caso è arrivato all'attenzione dicembre scorso quando uno dei Rom è riuscito a protestare pubblicamente sul modo in cui erano trattati. Prima le vittime non erano state in grado di rivolgersi alle autorità, perché erano sorvegliati strettamente e non parlavano bene l'inglese.

Il Canada ha lanciato un'indagine e dopo 10 mesi ha emesso gli avvisi di garanzia.

Le accuse a Ferenc Dömötörs e agli altri includono quella di aver insegnato agli immigrati come truffare le autorità canadesi.

Altri due membri della famiglia sono accusati dello stesso reato. Il capo del gruppo sembra essere Ferenc Dömötör senior, descritto dal procuratore della corona Sandra Antoniani come il capo del gruppo criminoso di Rom ungheresi, composto da parenti di vario grado. Durante un'audizione Ferenc Dömötör ha negato le accuse, dicendo di essere stato minacciato dalla polizia e dalle autorità canadesi, a causa della sua discendenza rom.

La maggior parte delle vittime sono ritornate in Ungheria.

Il ministro canadese dell'immigrazione, Jason Kenney, ha detto che il crimine organizzato ha portato queste persone in Canada a rubare i loro benefici sociali. Ha detto che molti cittadini ungheresi sono migrati nel paese, ma dei 2.500 che nel 2009 hanno richiesto asilo in Canada, solo tre l'hanno visto accolto.

Nota dell'editore: Il Kyiv Post è un membro fondante del New Europe News Network, assieme ad altri giornali in lingua inglese. I media includono il Krakow Post in Polonia, The Budapest Times in Ungheria, The Slovak Spectator di Bratislava, Slovacchia, The Sofia Echo in Bulgaria e The Prague Post nella Repubblica Ceca. In base ad un accordo informale, i giornali condividono articoli nelle versioni stampate e online con gli altri membri del network.

 
Di Fabrizio (del 29/10/2010 @ 09:27:01, in lavoro, visitato 2103 volte)

Segnalazione di Orhan Tahir

 Il link per chi legge da Facebook

Aldo, Bibi e i loro due figli restaurano una fonte battesimale

 
Di Fabrizio (del 23/09/2010 @ 09:35:08, in lavoro, visitato 1585 volte)

Segnalazione di Alberto Maria Melis

Petizione in favore di Cirque Tzigane Romanes: http://www.petitions24.net/cirqueromanes

COMITATO DI SOSTEGNO al  CIRQUE TZIGANE ROMANES

Il circo famigliare zigano ROMANES a Parigi, è oggi parte del paesaggio artistico europeo.

"Noi zigani, siamo accusati di tutto e soprattutto di mandare i nostri bambini a mendicare e rubare, occorrerebbe una buona volta per tutte sapere cosa si vuole: chiedo ai parlamentari francesi di non gettare i miei bambini per strada e permettere loro di apprendere e di esercitare il mestiere che hanno scelto" Alexandre ROMANES

Al fine di permettere al Cirque ROMANES di continuare la sua attività, noi membri di questo collettivo chiediamo alle autorità francesi:

  • di ridare ai musicisti rumeni del Cirque ROMANES i permessi di lavoro che sono stati loro ingiustamente ritirati
  • di autorizzare il Cirque ROMANES ad impiegare gli artisti rumeni e bulgari con cui lavorano da anni
  • di chiedere al Pubblico Ministero di abbandonare le accuse contro il Circo ed i suoi dirigenti, per la partecipazione dei loro figli allo spettacolo
  • di proporre ai parlamentari francesi di avere la gentilezza di non proibire ai bambini del Circo di esercitare il più presto possibile uno dei rari mestieri ancora apprezzati dalla gioventù
 
Di Fabrizio (del 05/08/2010 @ 09:08:44, in lavoro, visitato 1916 volte)

Da Roma_Daily_News

SEVİM SONGÜN - ISTANBUL - Hürriyet Daily News

27/07/2010 - La recente introduzione di nuovi chioschi per venditori di fiori sta agitando i venditori di fiori per le vie di Istanbul, un gruppo dove sono predominanti i membri della comunità rom cittadina. I venditori si lamentano di essere stati allontanati dalle loro bancarelle ed esprimono preoccupazione sui prezzi regolamentati e sulle ore di lavoro nei nuovi chioschi.

I rom costituiscono una parte sostanziale dei venditori di strada di Istanbul che vendono fiori. DAILY NEWS foto, Mehveş KONUK

Un'iniziativa municipale di introdurre nuovi chioschi perla vendita di fiori, preoccupa i venditori di strada di Istanbul, la maggior parte membri della comunità rom cittadina, per la perdita delle loro bancarelle o per la paura di essere obbligati ad adottare pratiche nuove ed inaccettabili.

Il comune ha detto che i venditori di strada sono liberi di affittare i nuovi chioschi o continuare a lavorare nei vecchi, ma i venditori lamentano che la compagnia che sta installando questi chioschi obbliga chi li affitta ad indossare abiti "adeguati" e anche "intende scoraggiare i venditori di strada".

I venditori lamentano di essere obbligati a lasciare le loro bancarelle nelle strade, per le misure indirette prese dagli incaricati della ditta di consulenza Birikim, che sta costruendo i chioschi di fiori dopo avere vinto la gara indetta da Kültür A.Ş., una corporazione commerciale fondata nel 1989 all'interno della Municipalità Metropolitana di Istanbul o İBB.

I funzionari della compagnia hanno rifiutato di commentare o fornire qualsiasi informazione sulla questione.

Emine Çetinbaşlar, che vende fiori di fronte all'università Bahçeşehir, ha detto ad Hürriyet Daily News & Economic Review che gli incaricati della ditta hanno installato un chiosco proprio accanto al suo, dopo che lei aveva detto di non volerne affittare uno dalla compagnia. Çetinbaşlar ha aggiunto che l'università le aveva precedentemente rinnovato il permesso, cosicché non aveva bisogno di affittare un chiosco.

Metin Salih Şentürk, a capo dell'Associazione Fioristi di Kuştepe dell'omonimo quartiere di Istanbul, dice che sebbene i funzionari di İBB avessero assicurato il gruppo che i chioschi sarebbero stati costruiti lontani dalle bancarelle dei venditori di strada, circa 15 chioschi sono stati recentemente installati vicino a dove i Rom vendono fiori.

I venditori dicono di essere riluttanti ad affittare questi chioschi, dato che dovrebbero vendere fiori a prezzi regolamentati e non sarebbero in grado di trattare con i compratori, una cosa che Çetinbaşlar dice far parte del suo lavoro.

Dice: "Vendo fiori agli studenti. A volte non hanno abbastanza denaro, ed io posso preparare fiori per due lire turche. A volte non hanno proprio soldi, ed io do lo stesso dei fiori, che mi pagheranno quando avranno i soldi."

I venditori che affittassero i chioschi, dovrebbero anche prevedere ore di lavoro obbligatorio, cosa che molti venditori di strada hanno contestato. Şentürk ha detto al Daily News che nei chioschi costruiti da Birikim i venditori devono lavorare dalle 7 del mattino sino a mezzanotte.

Secondo Şentürk, alcuni funzionari della ditta hanno invitato i venditori rom di fiori e detto loro che le venditrici avrebbero dovuto indossare minigonne e truccarsi, se volevano lavorare nei nuovi chioschi. "Siamo estremamente disturbati da queste regole presentate ai fioristi," dice Şentürk. "Una settantenne che ha detto ai funzionari di non poter accettare regole simili, è stata allontanata dalla sala della riunione."

Il comune di Istanbul ha detto al Daily News con una dichiarazione scritta che i venditori di strada sono stati informati sulle prassi dei nuovi chioschi, incluso un codice di abbigliamento che prevede pantaloni neri, T-shirt bianca ed un grembiule per le venditrici. "Essere truccate non è obbligatorio, ma ai venditori è stato detto che sarebbe più opportuno un aspetto pulito, elegante e ben curato," recita la dichiarazione, aggiungendo che gli affittuari dovrebbero prestare attenzione anche alla pulizia dei chioschi.

Dice Şentürk che ci sono circa 400 banchi di fiori in tutta Istanbul, ed i venditori pagano prezzi differenti per il posto su strada ai vari comuni locali.

Il comune di Istanbul ha pianificato un'installazione iniziale di 56 chioschi, 40 dei quali sono pronti. Quanti hanno lavorato come venditori di fiori nella stessa area per almeno cinque anni avranno la priorità nell'affittare i nuovi chioschi, dichiara İBB, aggiungendo che gli affitti per i chioschi saranno minori a quelli degli spazi alternativi.

Şentürk ha detto che i venditori di fiori non erano ancora stati informati sugli affitti, ma che non erano a conoscenza delle altre condizioni.

 
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