di Giovanni Fez su
il
Cambiamento - 25 Febbraio 2014
In bicicletta partendo dalla foce del Danubio e attraversando l’Asia alla
caccia di immagini, suoni e parole: è l’impresa cui si accingono Daniele
Giannotta ed Elena Stefanin. Al loro progetto hanno dato anche un nome,
Cycloscope, "per raccontare contraddizioni e conflitti, tradizioni ed evoluzioni
culturali, meraviglie naturali e disastri ambientali nelle ex repubbliche
dell’Unione Sovietica".
Elena Stefanin e Daniele Giannotta sono una coppia di trentenni; il loro
progetto si chiama Cycloscope e nasce dall'idea di un "ciclo di cicli" "perché
sia solo il primo di una lunga serie". Si tratta di un viaggio in bicicletta
dalla foce del Danubio attraverso l'Asia Centrale alla ricerca di immagini,
suoni e parole: una serie di reportage che racconti contraddizioni e conflitti,
tradizioni ed evoluzioni culturali, meraviglie naturali e rischi ambientali
delle ex Repubbliche Sovietiche.
"Ognuno dei dieci reportage che gireremo tratterà di un tema specifico, legato
al territorio che attraverseremo - dicono - Il viaggio partirà dalla Romania,
dove il 10% della popolazione è composta da cittadini rom. Rom e Sinti sono la
più numerosa minoranza europea, tra i 10 e i 12 milioni di persone. Non hanno
uno stato, non ne hanno mai voluto uno. La loro storia, o meglio la loro
diaspora, ha avuto origine in India intorno all'anno 1000: è stata ed è ancora
un continuo susseguirsi di rifiuto e persecuzioni. Una volta arrivati in Europa
ha avuto inizio una lunga serie di violenze legalizzate (in tutti i paesi
europei, nessuno escluso): venivano marchiati a fuoco, impiccati, "uccidere uno
zingaro" non implicava nessuna sanzione ed anzi, si veniva incoraggiati a farlo.
Fino ad arrivare al Porrajmos, il "divoramento", il genocidio compiuto nei campi
di concentramento della seconda guerra mondiale che si concluse con lo sterminio
di un numero imprecisato di Rom e Sinti, dai 500.000 a un milione e mezzo. In
Romania i Rom continuano a vivere ai margini della società. Siamo curiosi anche
di incontrare i rom di Buzescu, un piccolo paesino di 4.500 abitanti nella
regione della Valacchia, 100 chilometri ad est di Bucarest. Qui vivono quasi
solo Rom ricchi (quindi in realtà non molti), Buzescu viene descritto un po' da
tutti come il regno del kitsch anche se in realtà le case sì, sono kitsch, ma
mettono allegria".
"Per quanto riguarda le tematiche ambientali ci occuperemo dell'evaporazione del
Lago Aral, una delle più grandi tragedie ambientali del pianeta, ma della quale
la maggior parte delle persone è all'oscuro. Il lago Aral è stato, da tempo
immemorabile e fino a pochi anni addietro, il quarto lago del mondo per
superficie, adesso è quasi uno stagno. Negli anni ’40 il governo sovietico
decise di deviare i suoi principali affluenti, l’Amu Darya e il Syr Darya allo
scopo di irrigare la circostante regione desertica nel tentativo di incrementare
la coltivazione di riso, cereali e cotone. Il lago Aral cominciò ad evaporare
negli anni ’60 perdendo una media di 50 cm di acqua all’anno. Questo imprudente
esperimento ha generato negli anni inaspettati cambiamenti climatici, gravi
problemi per la salute della popolazione e devastato la robusta economia della
regione, basata sulla pesca. Nel 2007 la portata del lago fu quantificata come
ridotta del 90% rispetto a quella originale. Visiteremo questa regione durante
il nostro viaggio, cercando di dare il nostro piccolo contributo alla visibilità
di questa tragedia".
Elena e Daniele non si fermeranno qui.
"In Kazakhstan andremo anche alla ricerca di ciò che rimane della secolare
cultura nomade, ormai quasi estinta. Sotto il governo di Stalin, tra il 1928 ed
il 1931, i nomadi kazaki, che costituivano la maggior parte della popolazione,
sono stati costretti a diventare coltivatori. Questi tentativi ebbero il solo
effetto di far morire di fame il bestiame e di far scappare i nomadi. La
carestia si generalizzò nell'autunno 1931, facendo iniziare le fughe di massa
della popolazione verso altre regioni dell'URSS e verso la Cina. In due anni,
tra 1931 e 1933, la popolazione del Kazakhstan era diminuita di più di 2 milioni
di persone (su una popolazione totale di 6,5 milioni). Oggi, circa l’1% della
popolazione del Kazakhstan conduce ancora uno stile di vita nomade. Indagare e
comprendere le antiche tradizioni nomadi e le loro evoluzioni sarà l’obiettivo
del nostro reportage".
"In Georgia andremo a conoscere una particolare tecnica tradizionale di
viticoltura. Nel 2006 il governo russo ha posto l’embargo sull’importazione dei
vini georgiani e moldavi. Il mercato russo rappresentava circa l’85%
dell’esportazione vinicola. L’embargo russo, che dietro futili motivazioni
igieniche cela in realtà ragioni politiche, ha messo in ginocchio la produzione
del più antico vino del mondo. Da qualche anno, anche grazie al presidio di Slow Food e al lavoro di diversi enti locali, si punta di nuovo sui metodi
tradizionali di vinificazione, a rischio di estinzione. Principale
caratteristica di questi metodi è l’utilizzo di vasi interrati in terracotta (Qvevri)
nei quali viene fatta fermentare tutta la vinaccia insieme al mosto. La
macerazione può arrivare fino a sei mesi. I vini georgiani così prodotti
risultano tutti diversi poiché racchiudono le caratteristiche del luogo in cui
sono stati prodotti. Oltre al vino, cercheremo di approfondire un altro tema dal
forte impatto ambientale, la produzione di energia idroelettrica. In particolare
della centrale idroelettrica Khudoni: il progetto prevede la costruzione di una
diga ad arco in cemento dell'altezza di circa 200 metri, situata circa 34 km a
monte della diga Enguri, nei piani la Khudoni HPP avrà una capacità di 700 MW,
con una produzione di 1,7 miliardi di kw, sarà inoltre completata da una serie
di altre centrali idroelettriche a monte, anch'esse sul fiume Enguri. Secondo i
calcoli del governo, la costruzione della Khudoni HPP incrementerebbe del 20% la
produzione elettrica del paese, per un costo di 1,2 miliardi di dollari ed una
durata dei lavori di 5-6anni.
Sembra un progetto impressionante che potrebbe produrre letteralmente tonnellate
di energia pulita, ma è questa energia davvero pulita? Qual è il prezzo e chi lo
pagherà? Il progetto Khudoni non è una idea nuova. Fu bloccato dalle ong nei
primi anni 1990, tra questi un ruolo importante è stato giocato da Green
Alternative. Secondo questa associazione il progetto Khudoni è un'opera ad alto
rischio di disastro ecologico, intensifica la devastazione di foreste e di
habitat della fauna selvatica, la perdita di popolazioni di specie fluviali e il
degrado dei bacini imbriferi a monte, a causa della inondazione della zona
serbatoio in una delle regioni montuose più straordinarie della Georgia. La
parte superiore del bacino del fiume Enguri combina foreste sub-alpine e
praterie, ambienti rocciosi e tundra alpina. La zona è ben conosciuta per la sua
fauna endemica. Questa include diverse specie forestali di uccelli, una comunità
di grandi rapaci e uccelli. Stambecchi, camosci, orsi bruni, lupi, linci,
caprioli e cinghiali sono abbastanza comuni. L'impatto cumulativo delle centrali
Khudoni, Enguri e Tobari avrà effetti negativi sulla qualità delle acque, sulle
esondazioni naturali e sulla composizione della fauna fluviale. Se questo non
fosse ancora abbastanza, il progetto "richiede il reinsediamento di un certo
numero di villaggi unici (tra cui Khaishi), il sito di Khudoni si trova a Zemo
Svaneti (Alta Svanezia), una zona di bellezza unica. Preservata dal suo lungo
isolamento, la regione caucasica dell'Alta Svanezia è un eccezionale esempio di
paesaggio montano, constellato da decine di villaggi medievali e case-torri. Il
villaggio di Khaishi comprende ancora più di 200 delle proprie rinomate ed
inusuali costruzioni, utilizzate nella storia sia come abitazioni, che come
postazioni di difesa contro gli invasori che hanno afflitto la regione in epoca
medievale e precedenti. La regione Zemo Svaneti è entrata a far parte del
patrimonio mondiale dell'UNESCO nel 1996. Il numero di villaggi da inondare
sarebbe 14, patrie di 769 persone, 524 ettari di terreno, mentre in uno studio
preliminare banca mondiale le persone da "ricollocare" sarebbero più di 1600. Il
processo di reinsediamento è legato ad un altro problema, la controversia sulla
proprietà della terra. Secondo la burocrazia georgiana la maggior parte di
queste terre non appartengono ufficialmente a nessuno, il governo ne ha quindi
disposto il trasferimento agli investitori per la cifra simbolica di 1 USD. Si
tratta di più di 1500 ettari di terreno, tra cui terreni agricoli, boschi,
strade, infrastrutture, eccetera. Secondo Tabula, dopo aver raggiunto un accordo
con il governo della Georgia, Trans Electrica ha deciso di restituire queste
terre alla popolazione, aiuterà la gente del posto a registrarle, a spese della
società stessa, e solo allora inizierà con l'acquisizione dei terreni. A tal
fine, la società ha assunto una società canadese , RePlan. Ad oggi tutto questo
è ancora unicamente un proclama".
Elena e Daniele chiedono però l’aiuto di chi, come loro, vuole saperne di più.
"La realizzazione di questo progetto non è semplice, richiede molto lavoro di
documentazione e anche risorse economiche. Per ora abbiamo trovato due sponsor,
Extrawheel, che ci fornirà i rimorchi per le biciclette, e l’officina di
riparazione bici Pedalando, che si occuperà di preparare le biciclette per il
viaggio. Per chiunque volesse contribuire alla nostra avventura c'è la nostra
pagina di
crowdfunding".