Premessa: la notizia è già vecchia e digerita, l'informazione online ha
tempi spietati.
Parto allora da un mese fa, 18 settembre:
Grecia, vi ricordate? Nella foto c'è tutto e il suo contrario:
maniche corte estive, un trenino per turisti (o per bambini), passanti
indifferenti, una signora grassa, la fisarmonica e... la protagonista di cui non
sappiamo niente.
LA FOTO INDIGNA IL WEB era il commento riportato da tutti i media, che poi
sono gli stessi che quando si parla di cose mooooolto più serie, ripetono che
l'Italia rischia di fare la fine della Grecia. Già, ma forse intendono altro.
INDIGNARSI: so che è un sentimento comune (non azzardatevi a
chiamarci BUONISTI, siamo solo umani). A me successe al tempo della
vicenda di
Natalka: bruciata viva da una molotov a Kosice. Poi, la lunghissima degenza,
la solidarietà che sollevò il suo caso in uno dei paesi più razzisti d'Europa,
solidarietà che fu più forte dei commenti (postumi) sprezzanti e derisori dei
neonazisti, e dei perbenisti che accusarono i genitori di voler speculare su
quanto era successo. Ma quante volte una persona può indignarsi, per quanto
tempo? A ogni cronaca simile mi sento più povero e deprivato, nel senso di
impotente.
Neanche un mese dopo la Grecia,
indignazione, di nuovo. Siamo a Napoli, e suona nella mente un campanello
d'allarme: perché li vicino ci fu il pogrom di Ponticelli, a Torregaveta due ragazzine
rom annegarono nell'indifferenza generale, in città ci fu l'omicidio di
Petru Birladeanu.
Leggo l'articolo e il quadro è diverso dalle cronache passate: la gente del
quartiere ha preso le parti della romnì e del bambino, ha cercato come poteva di
aiutarla.
Lo stesso appare nell'altro video di
Leggo: gente normalissima, che non si pone il problema di essere giudicata
razzista o antirazzista. Poi, torna quel sottile veleno che i giornali sanno
distribuire così bene: "La donna, che probabilmente non è la madre, è
sparita dopo aver strappato di dosso gli abitini bruciati alla piccola."
Cosa si intende con probabilmente non è la madre? La donna è
sparita, come racconta Leggo, o ha ricevuto le prime cure dal benzinaio, come
scrive il Corriere del Mezzogiorno? E, ammesso che abbia importanza, quale paura
può avere una madre rom a Napoli?
Napoli, ma potrebbe essere Grecia, Milano, Parigi o Mosca... Anche con la
gente migliore del mondo, si vive sapendo che essere Rom comporta dei rischi,
magari da parte di qualcuno che non c'è con la testa, e che se ci si trova a
Ponticelli, a Opera, alle Vallette nel momento sbagliato, la pazzia può
diventare collettiva.
Con i bambini, visto che l'infanzia è sacra, che diventano il bersaglio per
misurare il disprezzo etnico. Non solo nei fatti, provatevi a leggere qualche
commento sui forum razzisti, per perdere ogni fiducia nel futuro di questa
umanità.
Oppure no, un po' di fiducia rimane. Qualche anno fa, passai per una
brutta depressione. Non mi guarirono gli psichiatri o altri specialisti. Fu un
campo rom, uno di quelli che sono il simbolo mediatico del degrado. Pieno di
amici che conoscevo da anni e della loro unica ricchezza: un esercito costante
di figli. Giocando con loro, iniziai a migliorare.