Associazione 21 luglio 29 agosto 2013 (in foto: Dragan Trajlovic)
In una lettera inviata al sindaco di Roma Ignazio Marino, la comunità rom
insediata dallo scorso giugno in via Salviati, nella periferia est della
Capitale, chiede di non essere più costretta a vivere nei "campi" e di iniziare
nuovi percorsi condivisi di inclusione sociale. Per l'Associazione 21 luglio,
l'appello rappresenta la possibilità, per Roma, di mettere in atto quelle nuove
politiche di integrazione previste dalla "Strategia Nazionale di Inclusione dei
Rom, Sinti e Camminanti", adottata dall'Italia nel 2012.
"Caro sindaco, siamo e ci sentiamo cittadini di questa città, dove viviamo da
trent'anni - si legge in uno dei passaggi chiave della lettera, che porta la
firma di Sandor Dragan Trajlovic, portavoce della comunità -. Siamo orgogliosi
di essere cittadini italiani e cittadini d'Europa. Siamo cittadini rom che
credono nell'inclusione e che sognano di poter avere piena cittadinanza in
questa bella città. Per questo le chiediamo di ascoltare il nostro desiderio di
essere cittadini come gli altri, senza discriminazione e senza ghettizzazione".
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il video su YOUTUBE)
Lo scorso giugno i 152 rom che attualmente si trovano nell'insediamento
informale di via Salviati sono fuggiti dal "villaggio attrezzato" di Castel
Romano, dove vivevano dal 2010, in seguito a ripetuti episodi di violenza da
parte di altri abitanti del "campo".
"Vivere nel campo ci fa sentire come all'interno di un ghetto, riservato a 1300
rom - scrive al sindaco la comunità -. Sì, il campo di Castel Romano è
effettivamente un ghetto, isolato dalla città, insicuro, recintato, chiuso, dove
non esiste alcuna possibilità di inclusione sociale. Abbiamo paura per noi e per
i nostri figli, perché vivere a Castel Romano significa vivere nella sofferenza
e rinunciare al futuro. Dopo trent'anni non ce la facciamo più a vivere nei
ghetti. Costringerci a farlo rappresenta per noi un atto di discriminazione".
In seguito a un'ordinanza del sindaco, il 12 agosto scorso le forze dell'ordine
avrebbero dovuto sgomberare l'insediamento di via Salviati. Lo sgombero,
tuttavia, è stato sospeso e rimandato di alcuni giorni.
La comunità rom, ad oggi, vive nella costante tensione per un imminente
sgombero
e per il rischio di essere trasferita nuovamente a Castel Romano. Consapevole
della necessità di non poter e non voler restare nell'attuale insediamento di
via Salviati, la comunità lancia quindi un appello al sindaco per iniziare una
nuova stagione di dialogo e un percorso all'insegna dell'inclusione.
"La mia comunità è disponibile a rimboccarsi le maniche e ad assumersi delle
responsabilità per intraprendere un percorso che non ci porti più a vivere nei
campi e nel degrado, per essere inclusi, per integrare i nostri figli, per avere
un futuro migliore. Ci chiamano nomadi ma non è quello che siamo e ci
sentiamo", prosegue la lettera.
"Questo appello rappresenta la possibilità di trasformare il "problema dei rom
di via Salviati" in una opportunità storica per sperimentare
percorsi virtuosi
di inclusione sociale così come previsto e richiesto dalla Strategia
Nazionale di Inclusione di Rom, Sinti e Camminanti", afferma
l'Associazione 21 luglio.
La politica dei "campi", alimentata dalla passata Amministrazione con il Piano
Nomadi, non ha prodotto che segregazione abitativa e concentrazione su base
etnica. "Č il momento che anche a Roma, come già avviene in altre città
italiane, ai rom vengano offerte soluzioni diverse da quelle dei "campi"".
"Passare dalla ghettizzazione all'inclusione sociale: è questa la grande
occasione che Roma ha davanti a sé per dimostrarsi Capitale europea attenta ai
diritti umani e ai bisogni delle categorie più svantaggiate", conclude
l'Associazione.
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