Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.
Quanto segue è uno dei miei soliti minestroni, messo per iscritto tentando di
dar ordine a diverse idee senza un'orbita precisa. Ribollita, che è un minestrone da mangiarsi
freddo, a qualche giorno dalla cronaca. Insomma, sfogo e (forse) ragionamento,
dove ai classici ingredienti della ribollita aggiungerò quel tanto necessario di
piccante, come si addice alla cucina della MAHALLA.
I prezzemolini
All'inizio erano le vallette, poi furono le veline, infine le prezzemoline.
Trent'anni e passa di storia televisiva, di un paese dove la politica si è fatta
televisione. Prezzemoline erano quelle star (tarde o acerbe) di cui nessuno ha
mai capito bene la funzione, ma che spuntavano fuori ad ogni trasmissione, a
volte per un balletto, talvolta solo per ridere o sorridere, altre (ahinoi!) per
fornire il loro parere su qualsiasi cosa passasse in mente al conduttore.
Parabola di persone assolutamente inutili e fuori contesto, che non si
rassegnano a stare lontano dai riflettori. Ma si sa, se una cosa funziona per il mondo femminile, zitti zitti i maschi
se ne appropriano.
L'ascaro
Avrebbe dovuto capirlo da tempo (quando passò da editorialista
del Corriere a firma del Giornale) che i tempi stavano cambiando. Era convinto
di aver trovato un suo ruolo, remunerato, nella nostra società: giornalista
ben visto negli ambienti "giusti", parlamentare europeo, con una marea di
confratelli immigrati da linciare (almeno virtualmente, visto l'impossibilità di
farlo fisicamente). Il suo capolavoro: la conversione (fatto estremamente
privato) al cattolicesimo, vissuta come un vero e proprio evento mediatico.
E poi, una triste china discendente verso l'oblio. Provò a far
parlare nuovamente di sé, quando annunciò urbi et orbi che visto che non gli
piaceva il nuovo papa, non giocava più a fare il convertito. La risposta
altrettanto urbi et orbi, destre ecclesiali comprese, fu "Magdi chiiii?"
Lo sapevamo (non ditemi di no...) che alla nomina di un
ministro all'integrazione, il nostro avrebbe rimesso fuori la testolina, per
dare la sua opinione, sprezzante e credo non richiesta. Non richiesta, non
decisiva (chi mai gli ha dato retta?), giusto per ricordarci della sua
tutto sommato inutile esistenza.
I crociati
Ma l'ascaro è il caso (estremo) di altoparlante, e la voce? La troviamo nelle persone di
Salvini (il pragmatico) e
Borghezio
(il fattone) di un partito che in 20 e passa anni ha promesso e minacciato di
tutto:
dalle carrozze riservate ai milanesi, al portare un maiale
(suppongo leghista) ad urinare dove si potevano edificare le moschee. Un partito di
massa e governo che tra una promessa e una minaccia, s'è quasi dissolto per un
rapporto molto creativo con le finanze (altrui) e poi s'è risolidificato, ma i due punti fondanti,
autonomia fiscale e politica, non ha mai cercato nemmeno di realizzarli.
Pragmatico e fattone a minacciare, come sempre, sfracelli,
contro questo povero ministro: "i governatori del nord faranno argine..." Me li
immagino, questi coraggiosi governatori, e mi sorge un dubbio, ma se non li ho
visti, schierati a falange, neanche quando il governo era loro, cosa vogliono
adesso? L'immigrazione, gli sbarchi dei "clandestini" è storia loro, adesso che
ci sono (con tanti problemi che è inutile negare), ragionare sull'integrazione
mi pare la cosa più logica.
Perché, come nel Medio Evo, i crociati in questi 20 (ricordo:
20) anni e passa, hanno fatto una figura da cioccolatai: la gente, i famosi
migranti, arrivavano qualsiasi cosa, qualsiasi rito scaramantico si
inventassero. Che gli si appioppasse l'etichetta di clandestini, che ci fossero
CIE o CPT, che si affondassero le loro zattere o si perseguissero i pescatori che li soccorrevano
(un respiro di umanità, infine), che ci fossero sgomberi e retate... Sono
arrivati lo stesso, sono in mezzo a noi, e con noi lavorano, mangiano, figliano.
Che, la figura di cioccolataio, l'han fatta in tanti, mica
solo a destra:
Livia Turco e Giorgio Napolitano vi ricordano qualcosa?
Eppure, entrambe lamentano che la loro stessa legge (che probabilmente non
li sente ed è ancora lì) non la riproporrebbero. Man mano
che tra destra e sinistra politiche crescevano gli steccati, si confondevano le
acque tra destra e sinistra sociale, a partire dai sindacati, per arrivare alle
galassie dei non-garantiti, degli incazzati, dei senza bandiera. E, mentre i
buonisti rifluivano nel virtuale, il "cattivismo reale" di ogni declinazione
politica prendeva le leve del potere.
Chi c'era e chi c'è
Vi risulta che qualcuno abbia valutato, anche minimamente, come serie le
invettive (perché di proposte, credo non si possa parlare) di Salvini e
Borghezio?
Lo sanno loro per primi, hanno fallito e si sono coperti di ridicolo tra i
loro stessi sodali di un tempo, che fanno finta di non conoscerli. Così
son passati dal "scendi il porco che lo piscio" al "pisciare loro
come cani randagi
per marcare il territorio", d'improvviso diventato estraneo e
smemorato. Sindrome da prezzemolino di ritorno.
Ma, uscendo dalla metafora e dalla puzza, dopo la sinistra qualcosista, la
destra populista, quella tecnica ed il papocchio attuale, siamo fermi a 20 anni
fa. Le politiche "cattiviste" forse sono state messe in castigo, ma quella
attuale non mi sembra una squadra di passisti da montagna capace di recuperare
il ritardo.
C'è da rimediare con urgenza, e il nuovo ministro dell'integrazione potrebbe
essere la persona giusta, soprattutto quando esordisce:
CHIUSURA DEI CIE e
RICONOSCIMENTO DELLA CITTADINANZA. E' il minimo, è il dovuto, ma ci vuole
ancora coraggio per dirlo in Italia.
La casalinga
Borghezio, e non solo lui, probabilmente non se n'è reso conto, ma dare della
"casalinga" ad una stimata professionista finita a fare il ministro, è un
complimento. Abbiamo avuto nelle cronache, in Parlamento e al governo il fior
fiore delle vallette, delle veline, delle prezzemoline e dei prezzemolini,
attente/i ad alternare una commissione parlamentare con l'appuntamento dal
parrucchiere... e i risultati li abbiamo visti!. Finalmente, la faccia
della mia vicina, di una collega, di una persona che intravedi reale.
Che Cécile, reale e presente lo è veramente (e spero continui ad esserlo).
Quasi tutti quanti in Italia da anni hanno operato sui temi del razzismo e
dell'immigrazione possono dire di averla conosciuta, di aver scambiato una
chiacchiera o un caffè assieme. Leggo una sua
quasi-biografia di tempi non sospetti
(pagg. 27-36) ed è la storia, dura, di studi all'università, rapporti col mondo
cattolico, il lavoro, la politica, le radici. C'è poco di inquietante, c'è
determinazione e volontà. Determinazione e volontà che sino a ieri ci facevano
paura, le avremmo rinchiuse nei CIE o a pulire i cessi. Saperla ministro
non è solo soddisfazione, è guardarsi allo specchio e vedere una parte bella di
se stessi.
Una bella immagine, circondata da squali vecchi e nuovi.
Lo specchio non è (ancora) la realtà
Leggevo, sempre su
Corriere Immigrazione, di una soddisfazione simile, e della
consapevolezza di sapere chi è l'attuale ministro degli interni. Vallacapì chi
ha più potere... Anzi no, forse lo sappiamo.
In questi giorni Cécile Kashetu Kyenge ha incassato apprezzamenti e
solidarietà, dovuti certo, ma le belle parole non cambiano i 20 anni di ritardo,
non accorciano la strada da fare. Purtroppo, i supereroi esistono solo nei fumetti, o nella realtà virtuale in
cui a molti piace crogiolarsi. Cécile Kashetu Kyenge non ha alcuna possibilità
di farcela da sola, visti i suoi compagni di cordata.
Però, CHIUSURA DEI CIE e RICONOSCIMENTO DELLA CITTADINANZA (e del resto, ne
parliamo tra pochissimo), prima ancora che essere proposte giuste o sbagliate
sono proposte, ripeto NECESSARIE. Necessarie a smontare l'impianto, razzista e
classista insieme, degli ultimi 20 anni, che ci ha consegnato l'immagine
dell'immigrato come una persona aliena, da isolare e rinchiudere. Alla base di
quelle due proposte c'è quello che possiamo (dobbiamo) fare da subito: creare le
condizioni per agire, per giocare, per discutere assieme, NOI E GLI ALTRI.
Partendo dalle proprie realtà, di quartiere, comunali, magari riprendendo il
senso di FEDERALISMO che è diventato una parolaccia di destra, ma è uno dei
tanti patrimoni dispersi della sinistra che fu.
Perché (vorrei terminare, prima che non ce la facciate più), c'è
l'ultimo ingrediente di questa ribollita: resto ancora convinto che politica non
è una cosa sporca, non è neanche un recinto dove rinchiudere stimati
professionisti o poveri idealisti: è lavorare assieme, e soprattutto immaginare,
costruire, difendere il mondo in cui agiremo.
Altrimenti, ancora una volta, avremo "sacrificato" chi avrebbe potuto, UNA
FACCIA DA CASALINGA COME NOI.
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