Messina: a un anno dal lancio del progetto di autocostruzione di abitazioni per
i rom promosso dal Comune, quasi ultimati 10 appartamenti dove abitano
complessivamente 70 rom che prima vivevano in un campo fatiscente: costo
complessivo solo 150 mila euro.
Chiudere un campo e permettere a rom e sinti di vivere in casa, si può fare:
costa anche dieci volte meno di un campo attrezzato, risparmiano i cittadini e
ne beneficiano tutti in termini di integrazione. È quanto sta succedendo a
Messina, dove ad un anno dal lancio del progetto di autocostruzione di
abitazioni per i rom promosso dal Comune, sono stati realizzati e quasi ultimati
ben 10 appartamenti dove ci abitano complessivamente 70 rom che prima vivevano
in un campo fatiscente: costo complessivo dell'operazione? Solo 150 mila euro.
Proprio nella giornata internazionale per i Rom, che si celebra oggi, a fare il
punto con Redattore Sociale sull'andamento dei lavori è l'ex assessore alle
politiche per l'Integrazione multietnica, Dario Caroniti, uno dei promotori del
progetto "Casa e/è lavoro" prima del commissariamento del Comune di Messina.
"L'ultima parte del progetto si sta esaurendo proprio in queste settimane -
spiega Caroniti -. Sono ormai completati i lavori degli ultimi quattro
appartamenti". Tuttavia, le 10 famiglie allargate sono già tutte in casa.
Il progetto è stato realizzato per iniziativa del Comune e grazie ai fondi messi
a disposizione dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Gli
appartamenti, inoltre, resteranno di proprietà del Comune. "Per i primi anni i
rom non pagheranno l'affitto perché si terrà conto del loro lavoro - ha spiegato
Caroniti -, poi, dopo 5 o 6 anni, cominceranno a pagare un canone sociale. I rom
non hanno partecipato alle spese, ma hanno lavorato". In fase di avvio del
progetto, dieci rom sono stati coinvolti in un percorso di formazione promosso
dalla Scuola Edile, al termine del quale sono stati consegnati gli attestati per
la sicurezza sul lavoro. E sono stati loro, insieme a ditte specializzate, a
rimettere a nuovo stabili abbandonati all'interno della città. "Alcuni
appartamenti si trovano vicino al capolinea del tram - spiega Caroniti -,
all'inizio di una zona residenziale. Erano appartamenti al pian terreno
abbandonati nel degrado più totale. Altri appartamenti, invece, si trovano in un
villaggio di Messina centro e sono stati realizzati partendo da una scuola
chiusa". Non sono situati nel centro storico, spiega Caroniti, ma non sono
neanche in periferia: sono nel centro urbano, "in quartieri popolari dove si è
verificato un inserimento completo per la maggior parte dei rom".
Il progetto realizzato a Messina, racconta Caroniti, è il primo sull'isola, ma
in Italia di esperienze di questo tipo ce ne sono altre. Come quella di Padova,
dove sono state costruite alcune abitazioni, sempre in autocostruzione. È il
Villaggio della Speranza, seguito dall'Opera nomadi di Padova Onlus e realizzato
grazie al finanziamento del Comune di Padova e dell'allora Ministero della
Solidarietà sociale. In questo caso, sono 12 i nuclei di famiglie sinte che
hanno lasciato uno dei due campi di Padova per trasferirsi nelle 12 abitazioni
realizzate, anche in questo caso, non lontane dal centro della città. "Il
progetto si è concluso nel 2009 - racconta Marta Silvi, operatrice dell'Opera
nomadi Padova -. Le famiglie sono tutte entrate in casa e sono tutte sistemate
negli alloggi che funzionano perfettamente, consentendo la chiusura del campo di
via Tassinari. Erano tre macronuclei, tutte con parentela tra di loro: circa 30
persone". I costi per la realizzazione delle abitazioni, in questo caso, sono
stati maggiori di quelli del progetto siciliano. Si parla di circa 750 mila
euro, ma per abitazioni nuove. "Il comune di Padova ha messo a disposizione il
terreno e la prima parte dei finanziamenti - spiega Silvi -. Il resto dei fondi
sono arrivati dall'allora Ministro della Solidarietà sociale, Ferrero. Gli
alloggi sono di proprietà del Comune e le famiglie che vi risiedono pagano
l'affitto in base all'Isee".
In tutti e due i casi, inoltre, è bastato un solo anno di lavoro dalla posa
della prima pietra per vedere il progetto realizzato. Un po' più lunghe le fasi
di progettazione, ma alla fine, spiegano i responsabili dei vari progetti, non
ci sono stati intoppi e lungaggini. Quel che balza agli occhi, però, è il costo
netto dei due progetti confrontati con le spese che affrontano le
amministrazioni comunali per tenere in piedi campi attrezzati. Uno su tutti,
l'esempio di Roma, dove secondo l'associazione 21 luglio, da anni impegnata
nella difesa dei diritti dei rom, i costi procapite per i rom residenti nei
campi voluti dal "Piano nomadi" sono ben più alti. Prendendo in considerazione
il nuovo campo della Barbuta, infatti, tra costi di realizzazione (stimati
dall'associazione in 10 milioni di euro per accogliere 600 persone) e di
mantenimento (circa 450 euro al mese a persona, secondo la 21 luglio), per
singolo rom il Comune di Roma arriva a spendere oltre 20 mila euro. Per una
comunità di 70 persone, come a Messina, si supera quota 1,5 milioni di euro,
contro i 150 mila utilizzati in Sicilia. Le case realizzate dagli stessi rom e
sinti, inoltre, non hanno un costo annuo. Hanno comportato soltanto una spesa
iniziale, nel caso di Messina inferiore di dieci volte alla stima della 21
luglio per la capitale, restano di proprietà del Comune, gli inquilini pagano
regolarmente affitto e utenze e soprattutto risiedono all'interno del tessuto
sociale da cui troppo spesso sono tagliati fuori.
Fonte: Redattore Sociale