Reset 5 marzo 2013 di Francesca Gnetti -
Da Reset-Dialogues on Civilizations
La Barbuta è l'ultimo "villaggio attrezzato" destinato alla comunità rom
costruito a Roma e il primo inaugurato dall'attuale amministrazione comunale. E'
recintato e provvisto di un sistema di videosorveglianza e di identificazione e
di un registro all'entrata e all'uscita. Famiglie intere composte anche da otto
persone vivono in container le cui dimensioni variano tra i 24 e i 40 metri
quadrati. Il centro abitato più vicino è a due chilometri e mezzo di distanza e
per raggiungerlo si deve camminare su una strada senza marciapiede. A La Barbuta
e negli altri sette insediamenti attrezzati della capitale vivono quasi duemila
minori, mentre altri 1.200 si trovano negli insediamenti informali sparsi sul
territorio del comune.
Il rapporto
Rom(a) underground presentato a Roma il 19 febbraio
dall'Associazione 21 Luglio denuncia come le politiche del Piano Nomadi
inaugurato dal sindaco Gianni Alemanno tra febbraio e giugno del 2009 non solo
non salvaguardano i diritti dei minori rom, ma spesso creano le condizioni che
ne favoriscono la violazione. Abitazioni inadeguate, mancanza di spazi esterni
in cui giocare, condizioni igienico-sanitarie critiche, la distanza dalla scuola
condizionano fortemente la possibilità di inclusione sociale dei minori rom,
limitano le loro opportunità di crescita, scoraggiano la frequenza scolastica e
quindi compromettono il loro diritto all'istruzione, alla sanità, alla
sicurezza, al gioco e alla famiglia. "Nascere rom a Roma significa avere più
probabilità di essere sottopeso, di avere patologie fisiche e psicologiche, di
vivere l'esperienza del carcere, di essere esclusi dalla società", ha detto il
presidente dell'Associazione 21 Luglio, Carlo Stasolla, durante la presentazione
del rapporto.
Ma le condizioni di vita delle comunità rom nel resto d'Europa non sono molto
migliori, tanto che il 5 aprile 2011 la Commissione europea ha adottato il
'Quadro dell'Ue per le strategie nazionali di integrazione dei rom fino al 2020'
con cui invita gli Stati membri a mettere in atto politiche volte a migliorare
la situazione sociale ed economica dei rom.
Alcuni studi hanno dimostrato che la
maggior parte delle famiglie rom che vivono in Europa presenta una speranza di
vita inferiore in media di dieci anni rispetto al resto della società. E un
rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Undp) del 2009 ha
denunciato che nei paesi dell'Europa orientale i tassi di mortalità infantile
dei bambini rom sono da due a sei volte più alti rispetto a quelli dei bambini
non rom a causa della maggiore esposizione ai rischi, della discriminazione
nell'accesso ai servizi pubblici e sanitari e della mancanza di informazioni.
Il sentimento anti-rom che si respira in molte società europee si traduce spesso
in politiche locali e nazionali che hanno come diretto risultato la segregazione
della comunità rom dal resto della società, in aperta violazione degli obblighi
internazionali, tra cui l'articolo 2 della
Convenzione internazionale sui
diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, che specifica che tutti i minori
devono essere tutelati "a prescindere da ogni distinzione di razza, di colore,
di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o
dei suoi genitori, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro
situazione finanziaria".
Con una popolazione stimata tra i 10 e i 12 milioni di persone in Europa (di cui
circa sei milioni all'interno dell'Unione) i rom sono la più grande minoranza
etnica nel vecchio continente. Sono per la maggior parte cittadini europei, ma
questo non li sottrae dal rischio di marginalizzazione, di violazione dei
diritti umani e di attacchi razzisti in quasi tutti i paesi in cui vivono. E
poco conta l'orientamento politico dei governi, come dimostra il caso della
Francia, dove lo smantellamento dei campi rom, uno dei cavalli di battaglia
dell'ex presidente Nicolas Sarkozy, non si è fermato con l'elezione del
socialista Francois Hollande a maggio dello scorso anno.
Persino nella civile Germania ai rom è di fatto
negato il diritto di lavorare
legalmente (benché infatti i migranti provenienti dalla Bulgaria e dalla Romania
possano risiedere legalmente in Germania in quanto cittadini dell'Unione Europea
dal 2007,
per il momento le leggi sul lavoro impediscono loro di svolgere un
impiego che potrebbe essere occupato da un tedesco), mentre la prospettiva di
abolire nel 2014 le restrizioni straordinarie alla libera circolazione dei
cittadini bulgari e romeni ha scatenato nel Regno Unito la fobia di una
migrazione in massa dei rom.
Un rapporto della Caritas sull'impatto della crisi
europea ha invece denunciato che in Portogallo i rom sono tra i gruppi sociali
vulnerabili maggiormente colpiti dalle misure di austerità varate dal governo
per far fronte alle difficoltà finanziarie.
In Ungheria, Bulgaria e Repubblica Ceca gli attacchi contro i cittadini rom a
opera dei gruppi di estrema destra sono quasi all'ordine del giorno. Il mese
scorso la proposta di una formazione politica di estrema destra romena di
offrire 300 euro a ogni donna rom che accetti di essere sterilizzata è stata
avallata anche dal presidente dei giovani liberali Rares Buglea e il sindaco di
Baia Mare, una città dell'arretrato nord del paese, ha ordinato la costruzione
di muri attorno alle aree abitate dai rom. A Bucarest i rom sono concentrati nei
sobborghi più degradati della città, dove mancano fognature, acqua potabile ed
elettricità e l'organizzazione non governativa Romani Criss ha documentato
cinquanta casi negli ultimi dieci anni di rom attaccati o uccisi in incidenti
con la polizia.
In Slovacchia migliaia di bambini rom sono ancora costretti a frequentare scuole
speciali per allievi con problemi mentali, oppure sono segregati in classi
separate per evitare i contatti con gli altri studenti.
Lo scorso aprile le autorità serbe hanno sgombrato il campo di Belvil, alla
periferia di Belgrado, dove vivevano oltre mille persone, che non erano state
adeguatamente informate e che sono state costrette a traslocare in container
disseminati in insediamenti difficilmente accessibili oppure a spostarsi nel sud
del paese.
In questo contesto, gli obiettivi comuni nei confronti dei cittadini rom posti
dalla Commissione Europea a complemento della strategia politica "Europa 2020" a
sostegno dell'occupazione, della produttività e della coesione sociale,
risultano di importanza fondamentale. Secondo il Quadro dell'Unione, i settori
in cui occorre impegnarsi a livello nazionale per migliorare l'integrazione dei
rom sono l'accesso all'istruzione, l'occupazione, l'assistenza sanitaria e
l'alloggio. Secondo Viviane Reding, commissaria Ue per la Giustizia e
vicepresidente della Commissione, gli Stati membri hanno realizzato il loro
impegno presentando diverse strategie, ma devono però "cambiare marcia e
intensificare le loro azioni prendendo misure più concrete, fissando obiettivi
chiari, stanziando finanziamenti appositi e stabilendo validi meccanismi di
monitoraggio e valutazione". Un'evoluzione che sembra ancora difficilmente
realizzabile in Italia, soprannominata "il paese dei campi", dove nella realtà
sotterranea e invisibile della comunità rom si compromettono ogni giorno il
presente e il futuro di migliaia di giovani.