Stranieriinitalia.it - Avv. Mascia Salvatore
Non è un opinione, è un crimine punito dalla legge. Ecco come riconoscerlo e
combatterlo
11 febbraio 2013 - Il convincimento che la razza, il colore, la discendenza, la
religione, l'origine nazionale o etnica siano fattori determinanti per nutrire
avversione nei confronti di individui o gruppi, è un pregiudizio, una forma
irrazionale di intolleranza, ma è anche e soprattutto un crimine punito dalla
legge italiana.
La costituzione italiana condanna ogni forma di razzismo, e all'articolo 3
recita: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di
opinioni politiche, di condizioni personali e sociali". E per cittadini si
intendono anche quelli stranieri che si trovano nel nostro Paese.
Infatti, in base all'art. 2 del T.U. n. 286 del 1998, ai cittadini extraue
"comunque presenti sul territorio", lo Stato deve garantire il rispetto dei
diritti inviolabili dell'uomo, che rientrano nella categoria dei diritti civili.
L'uguaglianza tra le persone è alla base di ogni società democratica la quale
deve, quindi, provvedere attraverso le proprie istituzioni a prevenire e
tutelare l'intera collettività da atti o comportamenti discriminatori.
Espressione di questa esigenza sono le innumerevoli leggi a livello nazionale,
comunitario e internazionale, che nel corso degli anni hanno gettato le basi per
contrastare sempre più il razzismo (L. 654/1975; D. Lgs. 215/2003 e D. Lgs.
216/2003 attuativi di direttive comunitarie; D. Lgs. 198/2006).
Considerata la gravità di tale fenomeno, sono previste delle pene molto dure per
i colpevoli.
Secondo la legge n.654 del 1975 chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate
sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o
commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o
religiosi, è punito con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa
fino a 6.000 euro.Mentre chiunque commette o istiga a commettere atti di
violenza o di provocazione alla violenza per gli stessi motivi, è punito con la
reclusione da sei mesi a quattro anni.
Riconoscere le discriminazioni
Ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione,
esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore,
l'ascendenza, l'origine o la convinzione religiosa è considerato dalla legge
italiana discriminatorio (art.43 del d.lgs. 286/98).
Possono essere considerati fattori di discriminazione anche i motivi linguistici
o di provenienza geografica.
Si tratta di un comportamento illegittimo anche se non è intenzionale, perché
comunque distrugge o compromette il riconoscimento, il godimento o l'esercizio
dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Spesso è difficile valutare ciò che è considerata discriminazione e quindi
razzismo. Per questa ragione la legge si è preoccupata di definire meglio questo
concetto oltre che di fornire una tutela specifica per quelle discriminazioni
che si verificano nei luoghi di lavoro e nei rapporti con le pubbliche
amministrazioni o con esercenti commerciali.
Compie un atto di discriminazione:
1) il pubblico ufficiale che nell'esercizio delle sue funzioni compia o ometta
atti nei riguardi di un cittadino straniero che, soltanto a causa della sua
condizione di straniero o di appartenente ad un determinata razza, religione,
etnia o nazionalità, lo discriminino ingiustamente;
2) chiunque imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire beni o
servizi offerti al pubblico ad uno straniero soltanto a causa della sua
condizione di straniero o di appartenenza ad un determinata razza, religione,
etnia o nazionalità (prezzi differenziati al bar);
3) chiunque illegittimamente imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di
fornire l'accesso al lavoro, all'abitazione, all'istruzione, alla formazione e
ai servizi sociali e socio assistenziali allo straniero regolarmente
soggiornante in Italia , soltanto in ragione della sua condizione di straniero o
di appartenente ad un determinata razza, religione, etnia o nazionalità
(locazione di immobili);
4) il datore di lavoro o i suoi preposti i quali compiano qualsiasi atto o
comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando, anche
indirettamente, i lavoratori in ragione della loro appartenenza ad una razza, ad
un gruppo etnico o linguistico, ad una confessione religiosa, ad una
cittadinanza.
Cosa fare quando si subisce una discriminazione
Azione Civile
Chi è stato vittima di un atto discriminatorio da parte di un privato o di un
ufficio pubblico può ricorrere all'autorità giudiziaria ordinaria per domandare
la cessazione del comportamento pregiudizievole e la rimozione degli effetti
della discriminazione.
A tal fine la vittima della discriminazione può presentare, personalmente o
avvalendosi di un Avvocato o di un associazione, un ricorso presso la
cancelleria del Tribunale Civile della città in cui dimora A supporto delle
prove fondamento del ricorso possono essere forniti anche elementi desunti da
dati di carattere statistico, dai quali si può presumere l'esistenza di atti,
patti o comportamenti discriminatori (es. assunzioni, regimi contributivi,
assegnazione delle mansioni e qualifiche, trasferimenti, licenziamenti, ecc.
dell'azienda interessata).Spetta poi al convenuto (colui che ha commesso l'atto
discriminatorio) provare l'insussistenza della discriminazione. Il giudice, una
volta accertato che c'è stato un atto discriminatorio, accoglie il ricorso
ordinando che si ponga fine al comportamento discriminatorio e che ne vengano
rimossi gli effetti. Potrà inoltre condannare il colpevole a risarcire i danni
eventualmente subiti, anche non patrimoniali Il giudice può, inoltre, ordinare
la pubblicazione del provvedimento, per una sola volta e a spese del convenuto,
su un quotidiano di tiratura nazionale. In caso di condanne a carico di datori
di lavoro che abbiano avuto dei benefici monetari sia statali che regionali, o
che abbiano contratti di appalto per l'esecuzione di opere pubbliche, servizi o
forniture, il giudice comunica i provvedimenti alle amministrazioni che hanno
disposto la concessione del beneficio o l'appalto. Il beneficio può, quindi,
essere revocato e, nei casi più gravi di discriminazione, può essere disposta
l'esclusione del responsabile per due anni da qualsiasi ulteriore concessione di
agevolazioni (finanziarie o creditizie) o da qualsiasi appalto.
Se l'ordinanza del giudice non viene appellata entro 30 giorni, diviene
definitiva a tutti gli effetti.
Azione Penale
Insieme al diritto di chiedere la cessazione del comportamento, è prevista la
possibilità di presentare una denuncia/querela al Tribunale Penale del luogo in
cui si è verificato l'evento oggetto del reato con cui chiedere l'arresto di chi
commette una discriminazione.
Anche in questo caso il giudice, dopo aver accertato la responsabilità di chi ha
commesso il reato, può disporre il risarcimento dei danni materiali e morali a
favore della vittima del reato che si sia costituito parte civile nel processo.
Inoltre il giudice può disporre, ulteriormente alla pena, sanzioni accessorie
che prevedono obblighi particolari per il colpevole.
Questi potrà essere obbligato a prestare attività non retribuita a favore della
collettività per finalità di pubblica utilità; potrà prevedersi la sospensione
della patente di guida, del passaporto e di documenti validi per l'espatrio per
un periodo non superiore ad un anno; potrà disporsi il divieto di partecipare ad
attività di propaganda elettorale per le elezioni politiche o amministrative.