di Giulio Cavalli | 31 gennaio 2013
Una lettera, chiara ed efficace, dal campo Rom di Baranzate:
"Mancano due settimane alla data che tormenta le nostre notti e i nostri giorni.
Il 15 febbraio, secondo quanto Infrastrutture Lombarde Spa ha detto ad alcuni di
noi, verranno a sgomberare il nostro campo, a due passi da Rho, proprio a
ridosso dell'autostrada dei Laghi, nel territorio di Baranzate. Un campo che
sorge su terreni che abbiamo regolarmente comprato, circa 25 anni fa, e in cui
viviamo da allora.
Devono fare l'Expo, ci dicono. Devono costruire una strada di collegamento tra
Molino Dorino e l'autostrada. Siamo proprio nel mezzo, dobbiamo andare via.
Sono venuti da noi quelli di Infrastrutture Lombarde Spa, a metà settembre del
2012, hanno scattato delle foto. Alle nostre case e alla nostra terra. Ci hanno
fatto firmare delle carte. Anzi le hanno fatte firmare a chi non sa leggere né
scrivere in italiano. Ci hanno detto che erano per la privacy. In realtà erano
documenti che stabilivano la presa in possesso dei terreni ad un prezzo
bassissimo, sette euro a metro quadro.
Sette euro, tanto valgono per loro la nostra vita, la nostra storia, due decenni
di vita in un terreno comprato da noi. Un terreno edificabile, adesso. Quando ci
hanno fatto pagare le multe per le casette che abusivamente abbiamo costruito
sui nostri campi, non siamo riusciti ad ottenere la variazione di destinazione
d'uso da agricolo ad edificabile. Non era possibile. Non potevano mettere in
regola i tetti che abbiamo tirato su per i nostri figli.
Poi, però, con l'avvento dell'Expo, il cambio di destinazione è stato
magicamente possibile ed è stato inserito nel nuovo Pgt. Che strano. D'altra
parte, noi Rom, per loro, valiamo molto meno di un'esposizione internazionale.
Ma lo sappiamo già. Non ci stupisce. Noi non pretendiamo di essere lasciati
nelle nostre terre. Possiamo anche abbandonare il campo, pacificamente. Vogliamo
che il prezzo di vendita sia quello di mercato, ma di questo e delle procedure
ingannevoli utilizzate nei nostri confronti si stanno occupando i nostri legali.
Quello che più ci preme, ora, è che la nostra dignità venga rispettata.
Chiediamo solo di non essere mandati in mezzo ad una strada. Lo chiediamo per i
nostri figli. Che studiano qui in zona per migliorare, per costruirsi un
avvenire in questo Paese in cui sono nati.
Vogliamo che i nostri bambini, che ci emozionano quando leggono e scrivono in
italiano, non vengano allontanati dalle loro scuole e dalla rete di amicizie che
hanno costruito con fatica. Vogliamo che non perdano la quotidianità
conquistata, nonostante le tante difficoltà, dai propri genitori.
Chiediamo al Comune di Milano, che continua a prendere tempo senza darci una
garanzia chiara e una risposta precisa, quantomeno di attrezzare un'area, non
lontana dal campo, dove poter continuare a vivere in attesa di una soluzione. E
all'assessore Granelli chiediamo di farlo prima che arrivi lo sgombero. E che ci
dia una scadenza certa, non oltre mercoledì 6 febbraio, per presentarci la sua
soluzione e dirci chiaramente cosa accadrà. Non siamo terremotati, è vero, ma
siamo 350 persone, alcuni anziani e qualche malato, che in una notte potrebbero
perdere tutto. Ci sono dei neonati, 60 bambini vanno a scuola, 2 ragazzi
frequentano con orgoglio le superiori, non siamo "involuti" come fa comodo
credere e far credere.
Se Milano è una città che ama i diritti, una città di inclusione, ci dimostri
davvero di esserlo. Anche se noi non siamo elettori, non siamo portatori di
voti, abbiamo comunque dei diritti. Il diritto di non vedere i nostri figli
finire sotto un ponte, senza un tetto, fuori dalla scuola ed estromessi dal loro
futuro. Dal loro diritto al futuro. Che in un Paese civile dovrebbe essere
universale.
Gli abitanti del campo Rom di Baranzate"