di Massimiliano Perna - 20 gennaio 2013 -
Altreconomia
Nel campo Rom di Baranzate vivono circa 350 persone, la maggior parte
proprietarie del terreno, acquistato circa 25 anni fa. Un anno fa iniziano le
procedure di esproprio per i cantieri della manifestazione internazionale. Lo
sgombero potrebbe essere avviato già il 15 febbraio
L'Expo 2015 si avvicina e i lavori proseguono a ritmo frenetico. Uscendo dalla
Fiera di Rho e proseguendo verso Baranzate, oltre al carcere di Bollate adesso
ci sono anche i cantieri a imporsi alla vista degli automobilisti. A pochi
chilometri dalla Fiera c'è una via lunga, piena di buche e pozze di acqua e
fango, circondata da un mosaico di muretti e reti di cinta su cui si adagiano
lamiere e vegetazione. È l'ingresso del campo Rom di Baranzate, dove vivono
circa 350 persone, la maggior parte proprietarie del terreno, acquistato circa
25 anni fa. Un agglomerato di casette costruite abusivamente, ma semplici e
ordinate, dentro le quali vivono famiglie con bambini e anziani. Un luogo
lontano dalla città, dove la vita scorreva con le sue dinamiche quotidiane fino
a prima che l'Expo 2015 portasse tensione.
Il 21 dicembre 2011, infatti, sul sito della Regione Lombardia, sul Corriere
della Sera e su Il Giorno viene pubblicato un avviso di esproprio dei terreni
dell'area in cui verranno eseguiti i lavori di realizzazione di una bretella che
collegherà Molino Dorino all'A8 (l'autostrada "dei Laghi"). Un'infrastruttura
che passerà esattamente sopra il terreno agricolo che ospita il campo.
Nove mesi dopo, il 13 e 14 settembre 2012, alcuni rappresentanti di
Infrastrutture Lombarde S.p.a., società incaricata dalla Regione, si presentano
al campo accompagnati da polizia e vigili urbani: scattano foto, visitano ogni
abitazione e fanno firmare dei moduli di "presa in possesso" dei terreni, per un
valore di appena sette euro al metro quadro.
Il 12 dicembre, ai proprietari dei terreni, non a tutti (per via di un errore di
indirizzo: come destinazione è indicata Milano e non Baranzate), vengono inviate
le raccomandate con le quali si avvisa che il 15 febbraio il terreno dovrà
essere liberato, pena lo sgombero coatto con l'ausilio della forza pubblica.
Una domenica, Viviana, una volontaria che da 2 anni, in assoluto silenzio, si
spende per dare una mano a queste persone, che la considerano "una di famiglia",
decide di accompagnarmi al campo. Passiamo casa per casa, riceviamo la cortese
accoglienza di Vlad, Giuliano e tanti altri, che vivono con enorme ansia
l'approssimarsi del 15 febbraio. La loro preoccupazione è per i figli, che vanno
a scuola, studiano e per i quali l'espulsione dal campo sarebbe una tragica
frattura con quella che, in tanti, chiamano "integrazione". "Ho due figli che
vanno a scuola – afferma Vlad - e sono nati in Italia, anche se so che per la
legge questo non conta. Quando mia figlia scrive in italiano mi emoziono e mi
sento orgoglioso. Perché per loro voglio un futuro diverso, migliore. Se ci
buttano per strada come faremo?". "Quando sono venuti quelli di Infrastrutture
Lombarde – prosegue Vlad - io non ero in casa, hanno fatto firmare mia moglie
che è analfabeta e ha siglato con una X. Poi ho scoperto che si trattava della
cessione del terreno, tra l'altro ad un prezzo bassissimo".
A casa di Milan arrivo mentre stanno cenando. Per senso di ospitalità sbarazzano
rapidamente e mi fanno sedere al loro tavolo, offrendomi subito dell'acqua e il
pane che la moglie ha appena sfornato. Ha lo sguardo sveglio ed è pronto ad
arrivare fino alla Corte Europea di Strasburgo per far valere i propri diritti:
"Da qui, senza un'alternativa non me ne vado. Siamo pacifici e disposti a
trattare, ma devono darci una soluzione che eviti che la mia famiglia finisca in
mezzo alla strada".
Anche la comunità Rom e Sinti si è mobilitata promuovendo incontri con gli
assessori del Comune di Milano (che ha la competenza sulla zona), Majorino e
soprattutto Granelli, per cercare una soluzione che impedisca a ben 350 persone,
tra cui una settantina di bambini, più donne e anziani (c'è anche un uomo malato
e in dialisi), di finire per strada, senza un tetto e senza alcuna tutela. Gli
abitanti del campo hanno anche nominato dei legali, al fine di difendere i
propri diritti ed opporsi alle procedure attuate da Infrastrutture Lombarde.
Il Comune, dal canto suo, ha fissato per il 23 gennaio un incontro con i
rappresentanti della comunità, per proporre delle soluzioni. L'assessore
Granelli, attraverso il suo ufficio stampa, afferma: "Ci stiamo già occupando
della vicenda, stiamo facendo valutazioni e studiando proposte che formuleremo
nel corso dell'incontro del 23 gennaio con i diretti interessati. Preferiamo
parlarne direttamente con loro, senza anticipare nulla alla stampa".
Pressoché identica la posizione del sindaco Pisapia. Il suo portavoce, Marco
Dragoni, ci dice: "A fine mese ci sarà una riunione tra il Comune e i soggetti
coinvolti nella vicenda e in quella sede sarà stabilito cosa fare. Questo è il
metodo migliore per affrontare i problemi. Fino ad allora l'Amministrazione non
ritiene di dover fare dichiarazioni che possano anticipare eventuali decisioni
che saranno valutate nell'incontro già fissato".
Nessuno vuole sbilanciarsi, ma intanto nel cuore di tutte le persone incontrate
al campo risiede la stessa angoscia. Il primo pensiero è per la famiglia, per i
figli e per la scuola. Bambini come gli altri, educati e dolci, ospitali e con
gli occhi curiosi a seguire le parole che scambio con i loro padri e le loro
madri. C'è un'enorme senso della dignità nelle parole che ascolto e c'è anche il
rispetto per le forze dell'ordine che "fanno il proprio lavoro". C'è la speranza
riposta in Pisapia ("è stato avvocato di molti Rom", sussurra un uomo) e
nell'assessore Granelli. Non ci sono parole violente, né atteggiamenti
aggressivi. Questa gente vuole solo continuare a vivere e a far crescere i
propri figli, sperando che siano più forti e preparati degli stereotipi
insopportabili, dell'emarginazione e dell'indifferenza che viene a loro
riservata.
Pochi giorni fa (il 14 gennaio) il Comune di Milano ha approvato la mozione a
favore del progetto "Expo dei Popoli", un coordinamento di Ong, associazioni,
reti della società civile che lavora per la realizzazione del Forum dei Popoli
in programma per il 2015 a Milano, in concomitanza con l'Expo. Se davvero può
esistere un Expo dei Popoli, allora sarebbe bene che sia il Comune sia le
associazioni che lavorano al Forum si impegnassero affinché ne facciano parte
tutti i popoli. Compresi quelli che da soli lottano per i loro diritti in un
campo alle porte di Milano.