Lo stereotipo della "zingara" e la sessualizzazione della donna Rom
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Il fatto che la rappresentazione delle genti di colore - e delle donne di
colore, in particolare - sia stata esotizzata e finanche sessualizzata nella
percezione occidentale, non e' una novita', e i Rom non sono sfuggiti a questo
fenomeno. Scrive Borrow (1841): "Le donne e le ragazze zingare sono in grado di
accendere passione piu' che nelle descrizioni piu' audaci, in particolare in
coloro che non sono zingari, perche', naturalmente, la passione diventa piu'
violenta quando e' nota l'impossibilita' quasi assoluta di gratificazione".
Alcune premesse storiche. I Rom sono originari dell'Asia, i cui antenati,
lasciato il nord-ovest dell'India a seguito di una serie di incursioni islamiche
nell' XI secolo, sono stati progressivamente spinti in Europa sud-orientale,
dove quasi la meta' si sono stabiliti nei Balcani, e dove sono stati tenuti in
schiavitu' fino al 1864. Mentre l'altra meta' in grado di andare avanti si e'
sparsa nel resto dell'Europa. Ci sono oggi circa dodici milioni di Rom, di cui
piu' o meno otto milioni vivono nel vecchio continente e due o tre milioni si
sono stabilizzati in America e altrove, costituendo cosi' la piu' grande e
diffusa minoranza etnica del mondo. Quasi il doppio di quanti siano i danesi o
gli svedesi.
Quando i Rom sono apparsi per la prima volta in Europa, tutti credevano che
facessero parte della diffusione islamica all'interno della cristianita', e sono
stati quindi identificati con i turchi ottomani. La parola "turchi" riferita ai
Rom e' infatti ancora oggi diffusa in molti luoghi. Altra definizione impropria
usata per i Rom e' stata anche "egiziani", da cui sono derivati appunto i
termini Zingari, Gitani, Tzigani, eccetera.
Benche' esistano moltissimi riferimenti medioevali e rinascimentali riguardanti
la vera origine indiana del popolo Rom, questo fatto, col passare del tempo e'
stato dimenticato anche dagli stessi Rom. Di conseguenza, un gran numero ipotesi
errate, a volte bizzarre, sono state formulate. Tra queste, ce n'e' una che li
fa originari delle profondita' della Terra, o della Luna o di Atlantide, o li
identifica come i resti di una razza preistorica. A seconda del periodo storico
e delle credenze del momento sono stati Nubiani, o Druidi, oppure ebrei venuti
allo scoperto dopo i pogrom medioevali.
La vera origine e' stata scoperta casualmente nel 1760 quando in una universita'
olandese, uno studente che aveva imparato un po' di Romani (la lingua dei Rom)
da operai che lavoravano nella tenuta di famiglia in Ungheria, una volta
ascoltati i discorsi di alcuni studenti provenienti dall'India, che parlavano
una lingua simile, si convinse della reale provenienza del popolo Rom. Questo
porto' al primo libro mai scritto sul tema (Grellmann, 1783).
La pubblicazione del libro di Grellmann, durante l'Illuminismo, che apparve in
una edizione inglese del 1807, coincise con l'emergere di una serie di
discipline scientifiche, tra cui la botanica e la zoologia, e la necessita' di
classificare le piante e gli animali che venivano scoperti durante
l'esplorazione delle nuove colonie europee d'oltremare. Cosa che rapidamente
porto' anche alla classificazione delle popolazioni umane non europee.
E' stato proprio in quel tempo che l'idea che "mescolare le razze", sia
geneticamente che socialmente, fosse pericoloso. Un'idea che si e' diffusa
sempre piu' nella cultura e che e' stata, poi, la causa che nel XX secolo ha
portato al nazismo e alle terribili e ben note conseguenze. Ma proprio per la
sua natura proibita, l'incrocio tra razze ha acquisito anche quell'elemento
morboso di attrazione che soprattutto durante l'epoca vittoriana, ha trovato la
sua espressione in una certa arte e letteratura, con la rappresentazione di
rapporti sessuali tra colonizzatori e schiave, ovvero tra donne di colore e
maschi bianchi. La fotografia erotica del tardo XIX secolo e' infatti
caratterizzata principalmente da donne nude africane o asiatiche, e non
includeva mai immagini di donne bianche svestite.
Una parentesi curiosa: la piu' antica organizzazione che si e' dedicata allo
studio del popolo Rom e' stata la Gypsy Lore Society, fondata nel 1888 e che
ancora esiste. Alcuni dei suoi membri di sesso maschile - tutti non Rom - si
riferivano a loro stessi come "Ryes"; un'auto-designazione interpretata come
"chi aveva guadagnato una posizione privilegiata nel mondo Romani". In lingua
Romani "Rai" significa infatti "persona che ha autorita'", quindi puo' essere
"signore" oppure anche "poliziotto". Ma ha anche un altro specifico significato,
e si riferisce a chi, pur essendo non Rom, e' in grado di portarsi a letto una
donna Rom.
Per varie ragioni, gli occidentali hanno avuto (ed hanno tuttora), una maggiore
familiarita' con la schiavitu' degli africani nelle Americhe di quanta ne
abbiano avuta con la schiavitu' dei Rom in Europa. Per questo motivo, le
rappresentazioni inesatte degli zingari descritti nei cliche' letterari
dell'epoca, che delineavano in termini stereotipati un certo tipo di schiavo a
un pubblico vittoriano, e' sempre stato quello che ha incontrato il maggior
successo in letteratura.
In uno scritto di Ozanne (1878), si legge che gli schiavi Rom in Valacchia
avevano "labbra spesse e capelli crespi, con una carnagione molto scura, e una
forte somiglianza con la fisionomia e il carattere dei negri". Anche St. John
(1853) descrive i Rom cosi': "Gli uomini sono generalmente di alta statura,
robusti e muscolosi. La loro pelle e' nera o color rame, i capelli, densi e
lanosi, le loro labbra hanno la pesantezza dei negri, e i loro denti sono
bianchi come perle; il naso e' notevolmente appiattito, e il volto e' tutto
illuminato, per cosi' dire, dal vivo degli occhi".
Uno degli stereotipi piu' diffusi e' stato legato per lungo tempo a una
"preoccupazione sessuale" concentrata sugli uomini di colore, ritenuti essere
ossessionati dal desiderio per le donne bianche. Questo ha portato, poi, negli
anni '20 in America, alla pratica razzista di castrare gli afro-americani,
sottolineando una paura sessuale e un'insicurezza profonda insita nei maschi
bianchi di quel periodo. Anche i Rom nei Balcani venivano, ovviamente, visti
come una minaccia alla femminilita' bianca. Tra di loro vi era una categoria
chiamata "skopitsi", uomini che erano stati castrati da ragazzi il cui compito
era quello di guidare i mezzi delle donne dell'aristocrazia senza che ci fosse
paura di molestie per queste ultime. Tutto cio' lo si trova riflesso anche nel
codice civile moldavo dell'epoca, in cui si affermava che "se uno schiavo
zingaro avesse violentato una donna bianca, sarebbe stato bruciato vivo". Mentre
un rumeno che avesse "incontrato una ragazza per strada e avesse ceduto all'amore...
non avrebbe potuto essere punito".
E' questa castrazione del maschio di colore che si ritrova spesso nella
tradizione letteraria dell'epoca, e che e' ben espressa dalle parole di Gayatri
Spivak, in cui si percepisce la necessita' di "salvare le donne dagli uomini
neri". Ma questa fobia razzista riguardo alla mescolanza etnica non e' qualcosa
che riguarda solo il passato. Anche nel 1996 Shehrezade Ali ha fortemente
criticato il film di Disney "Il gobbo di Notre Dame" per la creazione di un
impulso subliminale a sfondo razziale negli atteggiamenti sociali in via di
sviluppo dei bambini. Ecco cio' che scrive:
"Ad oggi, nessuno dei personaggi femminili bianchi di Disney sono stati
accoppiati con pretendenti neri o non bianchi, mentre le donne di colore sono
esclusivamente legate a uomini bianchi, ignorando totalmente la loro etnia. E'
questo il modo che ha la Disney di essere tollerante? Perche' la Disney mette le
donne di colore in situazioni romantiche con uomini bianchi al posto di uomini
di colore? E che tipo di messaggio subliminale si pensa che recepiscano le
ragazzine nere o zingare quando e' ripetutamente implicito che l'unico eroe
salvatore che hanno e' un maschio bianco? E che dire dei piccoli ragazzi neri o
zingari che non hanno ancora avuto modo di vedere se stessi in un ruolo di eroe
protagonista in un film Disney? Che cosa si puo' dire circa la loro autostima?
Cio' rende visibile la continuazione del mito razzista per cui ogni donna del
pianeta, sia nera o bianca, abbia un solo eterno eroe: un uomo bianco".
Un'altra caratteristica che ricorre in questo tipo di messaggio che Shehrazade
Ali definisce razzista, e' che, alla fine, l'oggetto d'amore si rivela non
essere una Rom, dopotutto, ma una ragazza bianca che e' stata "rapita dagli
zingari" da bambina, e successivamente salvata, rendendo cosi' la relazione
romantica accettabile e persino ammirevole, in quanto entrambi i protagonisti
risultano appartenere alla stessa etnia.
Ma oltre a questa "preoccupazione sessuale" (tuttora presente anche se latente
nell'inconscio del maschio bianco) e' sempre esistito nei confronti delle
popolazioni di colore anche un profondo pregiudizio igienico oltre che morale,
in quanto viste come impure, sia spiritualmente che fisicamente. Hoyland (1816)
ha ribattuto a lungo sulla convinzione elisabettiana che la pelle scura dei Rom
fosse semplicemente a causa di sporcizia. "Gli zingari, privi della loro
carnagione bruna", scrive, "sono quelli che molto tempo fa hanno interrotto il
loro modo sporco di vivere". E Celia Esplugas (1999), nel suo grossolano saggio
pieno di inesattezze e disinformazione, rincara la dose e ribadisce che "la
pulizia e l'igiene degli zingari non e' mai riuscita a soddisfare lo standard
inglese".
Kenrick e Puxon (1972) ritengono che l'attuale odio per i Rom sia una memoria
storica che risale alla loro prima apparizione in Europa, e nasce dalla
convinzione medioevale che il nero denoti l'inferiorita' e il male che erano ben
radicati nella mente occidentale. La pelle scura di molti zingari fa dunque
essere questo popolo vittima di un pregiudizio. Il folklore europeo contiene,
infatti, una serie di riferimenti alla carnagione dei Rom. Un proverbio greco,
ad esempio, dice: "Andare dai bambini zingari e scegliere il piu' bianco". E in
yiddish esistono proverbi come: "Lo stesso sole che sbianca il lino scurisce lo
zingaro" oppure "Nessun lavaggio rende mai bianco lo zingaro nero".
A indicare il colore della pelle, una diffusa auto-ascrizione in Romani e' "Kale'",
che significa appunto "neri", mentre i gage' (i non-Rom) sono indicati nella
stessa lingua, anche da Rom dalla pelle chiara che potrebbero essere fisicamente
indistinguibili da loro, come "parne'" o "parnorre'", vale a dire "bianchi."
Questi tratti sono stati rimarcati dal viaggiatore francese Félix Colson (1839)
che visitando la Romania, dov'era prassi consolidata offrire schiave Rom come
intrattenimento sessuale ai visitatori [1], scrisse: "La loro pelle e' quasi
marrone, e alcune di loro sono bionde e belle".
Ma anche se poteva essere utilizzata sessualmente, una donna Rom non poteva
diventare la moglie legale di un uomo bianco. Un tale matrimonio veniva
considerato "un atto malvagio e cattivo", e un sacerdote che l'avesse celebrato
sarebbe stato scomunicato, come indicato in un proclama anti meticciato del 1776
da Constantin, principe di Moldavia:
"Zingari che sposano donne moldave, e anche uomini moldavi che prendono in
moglie ragazze zingare, compiono un atto che e' interamente contro la fede
cristiana, non solo perche' queste persone sono tenute a passare tutta la loro
vita con degli zingari, ma soprattutto perche' i loro figli rimarranno per
sempre in schiavitu'. Un tale atto e' odioso a Dio, e contrario alla natura
umana. Qualsiasi prete che ha avuto l'audacia di celebrare un tale matrimonio,
che e' un grande atto malvagio ed eterno, verra' rimosso dal suo incarico e
severamente punito". (Ghibanescu, 1921)
Coloro che in passato hanno scritto a proposito del trattamento degli schiavi
hanno creduto, probabilmente per liberarsi la coscienza, che i Rom fossero
effettivamente ben disposti a tale condizione. Lecca (1908) sosteneva che "una
volta fatti schiavi... sembra preferissero quello stato", e Paspati (1861) si
chiedeva se i Rom non fossero "di per se' predisposti volontariamente alla
schiavitu'". Emerit (1930), dal canto suo, riteneva che "nonostante le punizioni
che i proprietari di schiavi infliggevano a caso, gli zingari non provavano del
tutto odio per questo regime tirannico, che di tanto in tanto aveva anche qualita' paterne".
Fu Bayle St. John (1853), che baso' il suo saggio interamente su cio' che aveva
scritto Grellman e che (come il creatore di Carmen Bizet) non aveva mai
incontrato un Rom in vita sua, che per primo scrisse che gli zingari erano "una
razza molto bella, le donne in particolare. Queste formose, scure di pelle,
bellissime donne, riescono a stupirci solo a pensare a come certi occhi, certi
denti e tali figure possano esistere nell'atmosfera soffocante delle loro
tende". Preoccupandosi pero' di aggiungere, secondo la morale pudica dell'epoca
vittoriana, che era "dispiaciuto di dover ammettere la loro indole estremamente
dissoluta". Al carattere lussurioso delle donne zingare accenna anche Celia Esplugas (1999): "La sfiducia nel comportamento morale degli zingari e' estesa
al loro comportamento sessuale e gli uomini non Rom vengono attratti dal mistero
di questa razza, dalla bellezza delle donne, e dal loro stile di vita molto
libero".
La presunta mancanza di morale tra gli zingari e' stata esplicitata con veemenza
nelle critiche alle loro pratiche sessuali che hanno sempre descritto un totale
disinteresse per la decenza e il rispetto verso il corpo, in particolare da
parte delle donne zingare. Per questo, in gran parte nell'arte, nella musica e
nella letteratura del XIX secolo, la zingara e' stata caratterizzata da
stereotipi quali lo spirito libero, forte, deviante, esigente, sessualmente
eccitante, seducente, e indifferente ai sentimenti altrui [2]. Questa
costruzione romantica della donna zingara puo' essere letta come una
contrapposizione alla donna bianca, corretta, controllata, casta, e sottomessa
come l'ideale vittoriano europeo richiedeva.
Certi atteggiamenti maschili, come quelli di St. John ed altri, cioe' di parlare
della donna zingara senza averne mai incontrata una, sono ancora oggi presenti.
Nel 1981, sulla rivista Cosmopolitan, e' apparso un articolo scritto dallo
specialista in arti marziali Dave Lowry, dal titolo: "Che cosa si prova ad
essere una ragazza zingara", dove mentre l'autore sostiene di aver consentito a
una ragazza Rom, Sabinka, di raccontare la propria vita, e' chiaro fin
dall'inizio che Sabinka e' Dave Lowry stesso. Un indizio per la motivazione che
puo' spingere un uomo bianco adulto ad affrontare un tema del genere e' in primo
luogo da riferirsi alla "libido maschile" e alle "fantasie erotiche senza fine".
Ma in nessun luogo la diffusione di questa immagine erotica della donna zingara
e' piu' evidente come sul sito d'aste eBay, dove le "sexy camicette zingare"
vengono offerte ogni giorno, pubblicizzate da procaci modelle dalle
caratteristiche tutte Rom. Un altro sito, "La Zingara", informa il visitatore
che gli zingari sono normalmente di pelle scura con audaci occhi lampeggianti,
ma non e' raro trovarne dai capelli oro o cremisi... la maggior parte vivono in
carri chiamati
vardo, perennemente in viaggio... il fuoco e' il centro della vita
familiare zingara... e tante altre piccole o grandi stronzate spacciate per
verita'.
Due altri siti che forniscono dettagli del tutto inventati della cultura Romani,
appartengono a Morrghan Savistr'i, una donna che si dichiara Rom nata in
America, e Allie Theiss, una sedicente discendente dei Rom provenienti dalla
Transilvania. Sul
suo sito (adesso non piu' funzionante e in vendita, dato lo
strepitoso successo avuto - ndr), la signora Savistr'i, affermava di essere una
Maga del Caos e una
Shuvani, la cui occupazione principale sarebbe stata quella
di elaborare alcuni rituali Rom per la pulizia e la purificazione, piu' recenti
e meno complessi di quelli tradizionali che per la maggior parte i Rom non sono
in grado di fare a causa della scarsita' dei materiali, nonche' per la quantita'
di tempo richiesta per svolgerli adeguatamente. La signora Savistr'i ci faceva
anche sapere che aveva due gatti, di nome Fuzz Face e Mr. Pants, dei quali ci
raccontava tutte quante le peripezie.
Allie Theiss, invece, scrive libri di
magia gitana e amore. Confessa al lettore di non sapere di dove i Rom siano
originari (e' una che ha studiato molto - ndr), ma non importa quali siano le
loro vere origini, perche' gli zingari sono apprezzati per le loro notevoli
abitilita' psichiche e per il dono che hanno di attirare la buona fortuna,
oppure per rovinare una vita con una maledizione. Tutti, dice la signora Theiss,
sono nati con tale dono, ma cio' che rende innati i loro poteri e' il rapporto
che hanno con la natura. Il loro legame con gli spiriti della vita all'aria
aperta permette al loro dono di evolversi in modo naturale. Inoltre non vagano
piu' per il mondo in una roulotte trainata da cavalli, ma si sono modernizzati e
viaggiano in auto, in autobus e in aereo".
Tre libri che raccontano stupidita' piu' o meno simili sono: "Cuore zingaro" di
Sasha White. (Puo' un uomo piegato alla sedentarieta' convincere una donna dallo
spirito libero a rischiare il suo Cuore Zingaro? Attenzione: questo libro
contiene immagini esplicite di sesso con linguaggio contemporaneo). Isabella
Jordan: "Zingari, Vagabondi e Calore: un'Antologia del Romanzo Erotico"
(Perdetevi negli occhi scuri e nella sfera di cristallo di un'amante zingara!) E
infine la serie di Alison Mackie "Cronache zingare" ("In ogni letto matrimoniale
che Tzigany de Torres costruisce insieme alla moglie, gitana, egli conferisce un
fascino potente: quello che garantisce per una vita il piacere di fare l'amore...")
E poi aggiunge: "Quello che mi qualifica a scrivere di zingari? Ebbene, ho avuto
una tata andalusa che si chiamava Ahalita"; una giustificazione non infrequente
tra gli scrittori bianchi che vogliono scrivere di non bianchi (si veda ad
esempio Sue Monk Kidd: "La vita segreta delle api"). E' in questo modo che l'identita'
Romani rimane ancora in gran parte controllata dal mondo non Romani, dal cinema
di Hollywood e da romanzieri e giornalisti della domenica come quelli che ho
citato.
In ogni caso, per concludere, che un'etichetta etnica possa essere
metaforicamente applicata non e' necessariamente offensivo. Spesso puo'
accadere, ma gli stereotipi non sono dannosi fintanto che sono riconosciuti come
tali. E' noto infatti che nella filmografia i mafiosi non rappresentano tutti
gli italiani, e che l'Italia ha dato anche Botticelli, Leonardo e Michelangelo.
Oggi, con una maggiore copertura dei media e l'accesso a siti web informativi,
l'ignoranza non puo' piu' essere usata come una giustificazione. La gente deve
arrivare quindi a capire che il termine letterario "zingari" e' qualcosa di
molto diverso dai Rom, la cui vera storia e' complessa e in costante movimento.
Percio' le ragioni che portano alla perpetuazione inesorabile del mito della
zingara in quanto oggetto di desiderio sessuale devono essere cercate altrove,
ed esaminate a parte. Non per questo dobbiamo dire addio a Carmen, Esmeralda e
alle loro sorelle di fantasia, pero' dovremmo riconoscerle per chi e per quello
che realmente sono.
Note:
[1] E 'stata proprio questa consuetudine ad essere in gran parte responsabile
del fatto che molti zingari sono ormai di pelle chiara. Tra le belle ragazze, le
piu' gradite erano quelle di pelle piu' chiara e bionde, e le figlie
indesiderate di queste unioni sessuali automaticamente diventano schiave,
facendo aumentare nelle successive discendenze i tratti parne', rendendo sempre
meno visibili quelli kale'.
[2] Il fascino per il mondo proibito e tabu' delle donne zingare, in musica
e'caratterizzato al meglio con l'opera Carmen, che ne' e' l'immagine
predefinita: gitana spagnola disponibile sessualmente e promiscua e nei suoi
affetti.
Per il post mi sono liberamente ispirata alla lettura del libro di Ian Hancock:
"Danger! Educated Gypsy: Selected Essays"
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