Da
Roma_Daily_News
Deutsche Welle La deportazione in Kosovo significa una vita di
miseria
La deportazione in Kosovo dalla Germania spesso minaccia la salute fisica
e mentale dei giovani, recita un nuovo rapporto UNICEF. Ardian Canaj è stato
rimpatriato contro la sua volontà e, dice, ora vive in miseria.
17/04/2012 - Peja nel Kosovo occidentale è una miserabile baraccopoli che
affoga nell'immondizia, cumuli di spazzatura vengono bruciati senza cura per
le strade. Qui è dove
Ardian Canaj dovrebbe sentirsi a casa. Il ventenne è nato e cresciuto in
Germania, ma sette mesi fa è stato deportato nel paese natale dei suoi genitori.
"Sono andato a scuola in Germania, ma ora è finita. Devo lavorare per pagare
l'affitto," spiega Canaj. Guadagna appena 100 euro al mese - un affitto ne costa
120. "Qui mi sento terribilmente. Non ho una famiglia, nessuno vicino. Non vedo
un futuro per me," dice.
Un adolescente su quattro vorrebbe uccidersi
Nel 2009 la Germania ha ottenuto il permesso di deportare i Kosovari. Il
Kosovo era considerato sicuro a sufficienza per il ritorno. Così, nel 2010, il
ministro tedesco degli interni
Thomas de Maizière firmò un accordo di rimpatrio con la repubblica del Kosovo,
che prevedeva il ritorno di circa 12.000 membri di gruppi di minoranza nei
Balcani - tra cui 6.000 bambini e ragazzi. L'UNICEF, l'organizzazione dell'ONU
per la protezione dell'infanzia, afferma che la deportazione dei giovani va
fermata se si minaccia la loro salute fisica e mentale.
E' quasi sempre questo il caso, secondo il rapporto UNICEF "Male silenzioso",
uscito a Berlino a marzo di quest'anno. "Molti adolescenti soffrono di
depressione," dice Verena Knaus, sociologa dell'UNICEF. "Ci sono bambini che
sono in stati d'ansia e che addirittura contemplano il suicidio. Un adolescente
su quattro vorrebbe uccidersi."
I problemi sono visibili
Shkëlzen Rama si chiede cosa può offrire il Kosovo a quanti sono stati
rimpatriati
Shkëlzen Rama, 52 anni, proviene dalla zona dove ora vive Canaj ed è stato
spesso testimone delle sofferenze dei bambini deportati. "Difficilmente possono
integrarsi nella società. Se sei nato e cresciuto in Germania, semplicemente non
parli albanese." E poi ci sono le differenze degli standard di vita, dice. "I
nostri figli non chiedono che una fetta di pane e peperoni dolci, ma cosa
possiamo offrire ai giovani cresciuti in occidente, abituati a pizza e gelato?"
Povertà e discriminazione
Il Kosovo è il paese più povero d'Europa, con un tasso di disoccupazione del
40%. Ma non è soltanto la povertà a rendere difficile la vita di Canaj - la sua
situazione è resa più grave dal fatto di essere un Egizio kosovaro. Serbi ed
Albanesi li chiamano zingari - un termine adoperato anche per le comunità Rom e
Askali. Gli Egizi kosovari ritengono di essere originari dell'Egitto, mentre gli
Askali dicono di essere venuti dalla Persia. Poco dopo la guerra tra Serbia e
Kosovo, i membri di tutti e tre i gruppi furono espulsi dagli Albanesi, che li
accusavano di aver collaborato con i Serbi. Oggi, Rom, Askali ed Egizi kosovari
sono ancora oggetto di discriminazioni nella loro vita quotidiana.
La deportazione distrugge le famiglie
Faruk Kelmendi ora vive senza la sua famiglia
Si aggiunga che molti di quanti sono stati deporatti, come il ventottenne Faruk Kelmendi,
trovano difficile affrontare la separazione dalle loro famiglie. Arrivò nin
Germania che aveva otto anni, assieme ai suoi genitori.
"Da quando sono dovuto tornare in Kosovo, semplicemente non ho potuto fare
niente. Non avevo lavoro o un tetto e ho dovuto dormire ogni volta nei posti più
strani," dice. "All'inizio, mia moglie mi ha aiutato finanziariamente, ma alla
fine ci siamo lasciati. Lei è ancora in Germania con nostra figlia e io sono qui
- la distanza era semplicemente troppa per mantenere il nostro rapporto." Ora
Kelmendi è completamente solo.
Povertà e solitudine - questi sentimenti dominano le vite di molti che sono
stati deportati dalla Germania. Anche Canaj le conosce bene. "Darei qualsiasi
cosa per poter tornare in Germania," dice. "Là ho lasciato dietro tutta la mia
vita."
Author: Ajete Beqiraj / nh
Editor: Andreas Illmer / mll