Denti, ospedali, assistenza, cittadini e no...
Di Fabrizio (del 11/03/2012 @ 09:04:11, in blog, visitato 1847 volte)
NO(b)LOGO
Alcuni giorni fa in nel post
Zingaro
anche se ti fa male un dente! mi facevo qualche domanda sull'assistenza
sanitaria.
Scrivevo:
L'esercizio abusivo della professione medica è un reato, farsi curare i
denti, anche se sei uno zingaro, dovrebbe essere un diritto.
Ancora una volta per lo scribacchino la vittima passa per colpevole e neanche un
dubbio lo sfiora sul fatto che sarebbe parte della sua professione cercare di
capire perché parte della popolazione residente a Roma si debba avvalere di un
circuito clandestino per ottenere anche solo la cura odontoiatrica.
L'amico Fabrizio, che è un'impagabile memoria storica di tutto ciò che accade
nell'universo Rom, mi segnalava che questo modo "pittoresco" di raccontare la
tragedia della mancata assistenza non è affatto una novità.
Ad esempio in Mahalla riportava già nel 2006 "una gustosa storia" di dentisti
arabi improvvisati, di sorrisi etnici a 24 carati, e di tutto il ciarpame
razzista con cui la stampa fa passare la negazione di un diritto costituzionale
come una bizzarria etnica.
Ed il fenomeno della mancata assistenza nella stampa mainstream viene fatto
passare come "una storia di colore" e scivola nel dimenticatoio ... magari
lasciando solo echi nella stampa della corporazione dei dentisti preoccupata per
la concorrenza sleale:
IlDentale - Un altro abusivo siriano, nomade, scoperto
dai carabinieri a Roma
La notizia vera, quella che un buon giornalista dovrebbe evidenziare, invece
esce solo oggi sull'onda di un comunicato stampa, riservata alle pagine più
nascoste dei quotidiani.
Il diritto alla salute non esiste ... neanche per i cittadini neo comunitari.
Tanto più non esiste se sei Rom.
Riporto qui l'articolo che ha come fonte la meritoria azione del
NAGA
Lombardia, senza cure mediche fino a 40 mila immigrati comunitari
Luisa, 4 anni, è stata rifiutata da due ospedali, Paolo Pini e Buzzi, prima di
riuscire a trovare un odontoiatra e un cardiologo che la visitassero (al San
Paolo).
Ha i denti in pessimo stato, ma ha anche una cardiopatia congenita. E
l'intervento alla bocca può essere eseguito solo in un ospedale con l'assistenza
di un cardiologo. Il guaio di Luisa è di essere romena.
Da quando, nel 2007, Romania e Bulgaria sono entrati a far parte dell'Unione
europea, è molto più difficile per gli immigrati neocomunitari farsi curare dal
sistema sanitario italiano.
In particolare in Lombardia, visto che la regione finora non ha fatto nulla per
aiutarli. Infatti hanno diritto alle cure mediche solo coloro che hanno un
lavoro in regola oppure la Tessera europea di assicurazione malattia (Team) che
viene rilasciata dal Paese d'origine.
Non tutti i romeni e i bulgari hanno però la Team. Di conseguenza i disoccupati
e persino i familiari a carico di chi ha un'occupazione in regola non hanno
diritto alle cure. Secondo il Naga, associazione di medici volontari, in
Lombardia sono dai 20 mila ai 40mila senza assistenza sanitaria (circa 6mila a
Milano). "E fra questi i più emarginati sono i rom", afferma Piero Massarotto.
Per due mesi, novembre e dicembre 2011, il Naga ha raccolto i dati di 167
pazienti comunitari che si sono presentati all'ambulatorio gestito dai volontari
in via Zamenhof, per capire che tipo di accoglienza trovano nelle strutture
sanitarie pubbliche di Milano. E i risultati sono sconfortanti: nonostante siano
in Italia in media da cinque anni e mezzo, due su tre (116 persone) è stato
visitato solo dal Naga o da altre associazioni, ma mai da ospedali o da
ambulatori pubblici. 68 hanno ricevuto assistenza anche dai pronto soccorso.
La
situazione dei bambini è addirittura peggiore: su 71 casi, risulta che 29 non
sono mai stati visitati da un medico in vita loro, 28 dai pronto soccorso e 13
solo da medici di organizzazioni di volontariato (la somma è maggiore dei casi
perché alcuni hanno ricevuto visite da diverse realtà). Inoltre, 17 non sono mai
stati vaccinati e di 13 i genitori non ricordavano quali vaccinazioni avessero
fatto. I risultati dello studio, realizzato insieme a Casa per la pace di
Milano!, Centro internazionale Helder Camara e Sant'Angelo solidale onlus, sono
stati presentati questa mattina nella sede del Naga.
La Lombardia rappresenta un caso particolare. Molte Regioni infatti per evitare
che ci fossero persone senza assistenza sanitaria sono corse ai ripari
istituendo il codice Eni (Europei non iscritti), che apre le porte di ospedali e
medici di base. La Lombardia no: in una circolare (la 4 del 2008) ha
riconosciuto a tutti il diritto alla salute, ma non ha stabilito come. E così i
romeni e bulgari privi di qualsiasi tessera sanitaria quando si presentano ai
centri prenotazione degli ospedali per visite ambulatoriali vengono rifiutati. E
non hanno possibilità di scegliere un medico di base, senza il quale non è
possibile avere la prescrizione per i farmaci. Sono cittadini comunitari, ma per
la Regione Lombardia di serie B. In un sistema sanitario che burocraticamente
dipende tutto da codici, il fatto di essere senza tessera trasforma l'ammalato
in un fantasma. "Da quando appartengono all'Unione europea dovrebbero avere più
di diritti, ma in realtà solo sulla carta", sottolinea Piero Massarotto. In
effetti gli stranieri irregolari extracomunitari hanno diritto all'assistenza
sanitaria, perché il Testo unico sull'immigrazione riconosce loro la possibilità
di ottenere il codice Stp (Straniero temporaneamente presente). Romeni e bulgari
no.
Nei casi gravi i pronto soccorsi rappresentano un'ancora di salvezza. Ma anche
qui non mancano i problemi. La stragrande maggioranza viene dimesso senza alcuna
ricetta medica e, non avendo il medico di base, non possono acquistare i
farmaci.
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