nuova Agenzia Radicale lunedì 05 marzo 2012 di FLORE MURARD-YOVANOVITCH
Strano come, nell'indifferenza generale, i "campi rom" vadano a
fuoco in questo Paese. Ultimo di una lunga catena, da Ponticelli a oggi,
l'incendio del 2 marzo scorso (valutato come accidentale ma avvenuto a poca
distanza da una manifestazione organizzata dal Pdl contro i "nomadi") del campo
del Parco della Marinella a Napoli, con due feriti; dopo i ripetuti incendi di
gennaio nel insediamento di viale Maddalena.
Una ripetizione che fa dichiarare a Rodolfo Viviani, presidente
dell'associazione radicale "Per la Grande Napoli": "Assistiamo a una drammatica
catena di fatti che è impossibile ricondurre a casualità. Campagne stampa,
interventi repressivi, incendi".
A seguito del tentato pogrom di Torino, nel dicembre scorso, un
embrione di reazione anti-razzista sembrava nascere nella società civile, ma
sembra, a posteriori, più un'onda emotiva in reazione alla strage dei senegalesi
a Firenze che vera presa di coscienza della drammatica crescita in Italia dell'antiziganismo,
dell'odio contro questa minoranza specifica.
Anche da vittime, i Rom sono trattati in secondo piano. Invece
è allarmante l'escalation dal 2008 a oggi, che spesso non viene nemmeno
raccontata dai media, di aggressioni e attacchi razzisti particolarmente gravi
contro i campi rom nelle vicinanze di grandi città come Milano, Napoli, Pisa,
Roma e Venezia; con incendi dolosi che hanno talvolta messo in pericolo la vita
dei loro abitanti, in certi casi costretti ad andarsene sotto la protezione
della polizia.
Atti di violenza collettiva, a volte quasi pianificata, come a
Torino. Quei roghi vengono ad aggiungersi alle gravi forme di emarginazione e di
discriminazione che subiscono la maggior parte dei Rom e Sinti, nel loro
quotidiano. Circa un terzo, siano essi cittadini italiani o meno, vive in campi
"nomadi" praticamente segregato dal resto della società e senza avere accesso ai
servizi più basilari, come educazione e salute.
Senza parlare della questione alloggio, mai davvero affrontata
dalle autorità locali. Anzi, su di loro e come gruppo, sono piovute le
cosiddette misure di "emergenza" del "pacchetto sicurezza", alcune riguardanti
esplicitamente i Rom o i "nomadi" e utilizzate in modo discriminatorio:
censimenti effettuati in insediamenti abitati esclusivamente da Rom, raccolta,
spesso non volontaria, delle impronte digitali; e strapotere conferito ai
Prefetti nella gestione di uno pseudo "stato di emergenza in relazione agli
insediamenti di comunità nomadi".
Leggere: sgomberi forzati e abusi quotidiani. Non a caso, la
maggior parte delle denunce di presunti maltrattamenti commessi dalle forze
dell'ordine riguarda atti compiuti nei confronti di Rom. Tutte politiche che
rafforzano l'impressione che i Rom siano presi di mira proprio dalle autorità e
che legittimano l'intolleranza popolare invece di contrastarla.
Una deriva chiaramente xenofoba in Italia, che invece non è
stata passata sotto silenzio dalla Commissione europea contro il razzismo e
l'intolleranza (ECRI), organo indipendente di monitoraggio istituito dal
Consiglio d'Europa per la tutela dei diritti umani. Nel Rapporto sull'Italia
2012 (che rispecchia la situazione fino a giugno 2011), dichiara: "Si respira un
clima generale fortemente negativo rispetto ai Rom: i pregiudizi esistenti nei
loro confronti si riflettono talvolta negli atteggiamenti e nelle decisioni
adottate dai politici, o sono da queste rafforzati".
O, ancora, è "in aumento il discorso razzista e xenofobo in politica,
che prende di mira neri, africani, rom, romeni, (…) immigrati in generale; in
certi casi, certe dichiarazioni hanno provocato atti di violenza contro questi
gruppi". L'Ecri punta il dito sulla radice del problema: la relazione che esiste
tra discorso razzista e violenza a sfondo razziale. E' infatti nel linguaggio
che si opera la progressiva disumanizzazione dell'altro. Nell'uso improprio
della parola "nomadi", per etichettare cittadini che per la metà sono italiani e
appartengono a gruppi che vivono in Italia da secoli.
O nell'uso di termini che suggeriscono una minaccia, una
presunta pericolosità. Perché le parole sono armi. L'ECRI intanto è convinta che
il contesto attuale richieda una reazione urgente, molto più incisiva, da parte
delle autorità italiane.
"Adottare fermi provvedimenti per combattere l'uso di discorsi
xenofobi da parte dei partiti politici o dei loro esponenti o di discorsi che
costituiscano un incitamento all'odio razziale e, in particolare, ad adottare
delle disposizioni legali finalizzate alla soppressione dei finanziamenti
pubblici per i partiti politici che fomentano il razzismo o la xenofobia". Si
potrebbe iniziare ad applicare le leggi in materia. Ogni riferimento a un
partito politico in particolare, è puramente casuale.