Domenica 26 febbraio alle ore 19.30, presso l'Obra Cultural, il Cantiere
Sociale de l'Alguer presenta "Qualche Rom si è fermato italiano".
Sono oltre 10 milioni i Romà d'Europa, la più grande minoranza etnica
transnazionale, formata da varie etnie accomunate dall'uso del romanésh,
antichissima lingua di origine indiana. Dieci milioni di persone di cui i due
terzi vivono al di sotto della soglia di povertà, confinati soprattutto in
Italia nei "campi nomadi", recinti suburbani senza strade, acqua corrente, luce
elettrica, con difficoltà e discriminazioni nell'accesso al lavoro,
all'assistenza sociale e sanitaria. La parola zingaro è carica di connotazioni
negative e rimanda a rappresentazioni stereotipate di un intero popolo a cui
vengono associati comportamenti sociali fuorvianti, veri o presunti. Spesso i
romà diventano i capri espiatori dei malfunzionamenti e delle perversioni della
politica e dell'economia dei nostri paesi.
Della lunga e sofferta storia di questo popolo, un tempo nomade ora sempre più
sedentarizzato, abbiamo scelto la pagina più tragica: lo sterminio da parte dei
nazifascisti. Porrajmos (distruzione) è la parola in lingua romanì
corrispondente all'ebraico Shoà: si stima che quasi 500.000 tra romà, sinti e
camminanti siano stati uccisi nei campi di concentramento tedeschi, con la
solerte collaborazione dei fascisti di Mussolini che in Italia e in Jugoslavia
provvedevano a rastrellare e caricare nei vagoni piombati ebrei e figli del
vento. Una storia a lungo dimenticata ma che aggrava il bilancio della follia
nazifascista: due, e non solo uno, furono i popoli perseguitati per motivi
razziali e destinati alla "soluzione finale": romà ed ebrei.
Durante la serata saranno proiettati i documentari "Porrajmos" di Paolo Poce e
Francesco Scarpelli, e "Un rom italiano ad Auschwitz"di Francesco Scarpelli ed
Erika Rossi (tratti dal dvd "A forza di essere vento" edito da A rivista
anarchica), e l'intervista a Pashana, realizzata dal Cantiere Sociale de l'Alguer
nel 2003.
Bica (nonna) Pashana, anziana capostipite degli Hadzovich, famiglia rom
khorakhanè che vive ad Alghero da quasi 40 anni, racconta la storia dei suoi due
fratelli, partigiani di Tito durante la II Guerra Mondiale (e di cui conserva
gelosamente un attestato al merito), le stragi che ha patito il suo popolo in
Jugoslavia per mano di tedeschi e ustasha, e poi la povertà, i lutti, la
semplice dignità di una vita sempre in viaggio. Con il solo desiderio della
serenità per se, ormai ultraottantenne, e la sua famiglia: speranza delusa dalla
sorda burocrazia italiana che gli ha negato "la pensia", l'agognata pensione
sociale. Per tutti noi un'occasione mancata per sentirci parte di una società
del diritto, prima che Pashana lasciasse la sua sempre più numerosa discendenza
per riprendere il suo viaggio.
La proiezione dei filmati si alternerà alle letture tratte dal libro "Màskar e
Borori", a cura di Joan Oliva.
«fuggi luna, luna, luna se verranno i gitani faranno del tuo cuore collane e
anelli bianchi» Federico Garcia Lorca, 'Romancero Gitano'