La Stampa In Lungo Stura Lazio vivono 600 persone di cui 130 bambini.
Intesa Regione-Provincia-Comune sui campi rom - 06/07/2011 - ANDREA ROSSI -
TORINO
La road map non ha una scadenza precisa, però un punto d’arrivo sì: chiudere
le mega baraccopoli rom, a cominciare da Lungo Stura Lazio, un groviglio di
catapecchie abitate da 600 persone, tra cui 130 bambini, sulle rive del fiume.
Una bidonville senza igiene né sicurezza, troppo grande per non essere
smembrata. Così sarà: gli occupanti verranno distribuiti in vari comuni del
Torinese. Dove? In insediamenti di piccole dimensioni. I primi verranno
costruiti a Rivalta e Ivrea. La via d’uscita verrà definita nel protocollo
d’intesa che Prefettura, Regione, Provincia e Comune firmeranno la prossima
settimana. Una piccola rivoluzione che apre alla gestione collegiale dei campi
nomadi, finora scaricata sulle spalle dei singoli comuni. Regista dell’intesa è
stato il prefetto Alberto Di Pace, commissario del governo per l’emergenza rom.
Solo a Torino, oggi, nei campi autorizzati vivono 800 persone, in quelli abusivi
più di mille, la metà in Lungo Stura Lazio, la partita più urgente da risolvere.
Come? Potrà sembrare strano, ma la strada scelta è quella tracciata tempo fa dal
prefetto e teorizzata anche a Milano, in campagna elettorale, dal nuovo sindaco
Giuliano Pisapia: l’autocostruzione, percorso previsto dal Piano per
l’integrazione nella sicurezza proposto dal ministro dell’Interno Maroni nel
2010. A Milano la Lega ha fortemente contrastato il progetto di Pisapia; in
Piemonte, invece, il Carroccio, che guida la Regione, farà la sua parte
sottoscrivendo il protocollo che verrà attuato probabilmente sotto la
supervisione del presidente della Provincia Antonio Saitta.
Il modello delineato nel piano ricalca la vicenda del Dado di Settimo Torinese,
la prima esperienza di autorecupero e autocostruzione rivolta alla comunità rom
in Piemonte. Nella palazzina alle porte di Torino vivono sei famiglie che hanno
scelto di abbandonare i campi e accettare una serie di regole: l’iscrizione a
scuola per i minori, l’inserimento lavorativo tramite corsi di formazione e
tirocini per gli adulti, la cura degli spazi comuni. Sul tutto sovraintende
l’associazione Terra del Fuoco, che sarà interlocutore privilegiato del progetto
tra istituzioni.
Tramite il protocollo si tenterà di diffondere l’esperienza del Dado in altri
Comuni del Torinese, così da svuotare i campi abusivi - a cominciare da Lungo
Stura Lazio - in favore di strutture più piccole, e ragionare quindi su numeri
ridotti. Alcune aree sono già state individuate, oltre a Settimo, anche a
Rivalta e Ivrea. Nel frattempo si cercherà di passare dalla fase dei campi
abusivi a quelli transitori. In ogni caso la strada sarà una sola: smembrare i
grandi insediamenti abusivi perché è lì che si possono annidare delinquenza e
degrado.
La soluzione dovrebbe permettere a Torino di uscire dall’emergenza nomadi. La
città, negli ultimi anni, più volte ha lamentato di essere stata lasciata sola e
senza fondi nell’affrontare i grandi numeri degli insediamenti rom. Nei mesi
scorsi il governo ha stanziato cinque milioni; ora, con il protocollo - che ieri
è stato approvato dalle giunte di Provincia e Comune - si poggia il secondo
tassello: la gestione sarà collegiale.