Affaritaliani.it Mercoledì 06.07.2011 10:16 - di Fabio Carosi
"A Roma è allarme rosso per la criminalità ma invece di affrontare il problema
chiamando imprese e commercio intorno ad un tavolo, questa politica spreca
risorse facendo la guerra a rom e puttane. E così fanno il gioco del crimine
organizzato che spinge perché il problema sicurezza sia circoscritto a giovani e
alcool".
Vincenzo Ciconte, docente di Storia delle criminalità organizzata a Roma
Tre, ex consulente della Commissione Antimafia e primo tra gli scrittori ad
occuparsi del fenomeno della Ndrangheta, sceglie Affaritaliani.it per analizzare
la serie di avvertimenti, omicidi e sequestri di proprietà riconducibili al
crimine organizzato, che hanno segnato le ultime settimane romane. Tanto da far
gridare ieri al sindaco Alemanno che Roma è un Far West e a porre il problema
sicurezza al ministro Roberto Maroni.
L'analisi di Ciconte è lucida e spietata. "Intanto omicidi e ferimenti non sono
legati ad un unico filo – dice – perché il ritorno alla città delle pistole è un
modo delle bande per accreditarsi sul territorio. Per mostrare la loro potenza
usano metodi plateali e non rinunciano a sparare e uccidere in pieno giorno.
Diversa invece è l'infiltrazione del crimine spa nel tessuto commerciale.
Ndranghetisti e camorristi hanno bisogno di lavorare nel silenzio per riciclare
e non vogliono che si scriva sui giornali, che si racconti cosa accade.
L'elemento comune denominatore è che siamo in una città aperta alle
scorribande".
Professore, eppure il problema sicurezza è stato al centro delle politiche
degli ultimi anni. A leggere la sua analisi sembra di essere di fronte ad un
fallimento. O No?
"Roma non è una città sicura e questo è palese. Solo che l'omicidio della
signora Reggiani è stata indicata come colpa del centrosinistra, mente quello
che è accaduto ieri in Prati non sembra avere colpevoli. Ma il vero nodo è
politico".
Ma la sua analisi tecnica non è troppo ispirata alla politica?
"Esatto la mia è un'analisi politica dei fenomeni ma non partitica. Il
sindaco ha vinto una campagna elettorale sulla sicurezza e dopo un po' ha fatto
correre le forze dell'ordine per reprimere lavavetri, prostitute, rom e ragazzi
che si drogano e bevono per manifestare il disagio sociale. Il risultato è che
se si combattono così non si garantisce la sicurezza della città e i fatti lo
dicono, smentendo questa politica. Perdonatemi, ma non penso si possa affrontare
il tema della movida e di ciò che genera con gli arresti. Contro il disagio
sociale ci vuole un'offerta diversa, un modo di vivere la città che non sia solo
aggregazione di massa intorno ad un bicchiere".
Sta forse dicendo che le ordinanze sulla sicurezza hanno distolto le forze
dell'ordine dalla vera emergenza?
"Dico solo che queste politiche concentrano Carabinieri, Polizia e guardia
di Finanza intorno alle risse".
E il resto, le bande, il crimine che acquista bar storici per riciclare cosa
fanno?
"Sono gli stessi mafiosi che spingono sull'allarme sicurezza sociale, perché
questo li mette al riparo dal clamore. E non si può minimizzare come è stato
fatto in questi anni da parte di tutta la classe dirigente politica, l'errore è
stato di non comprendere che si sono chiusi gli occhi".
Dunque, errore politico?
"Sì perché per correr dietro a finte emergenze sociali si è perso di vista
ciò che succedeva nel tessuto economico: l'economia romana è sotto aggressione
da parte della criminalità, basti pensare alla droga, all'usura, all'attacco
alle proprietà per riciclare i fiumi di denaro illegale e al gioco d'azzardo. Il
sequestro di ville, barche e bar storici è solo l'inizio di un lungo percorso e
se si continuerà a scavare si troveranno molte altre proprietà".
Che può fare la politica di fronte a questo fenomeno?
"Intanto piantarla con la pia illusione che basta spostare due prostitute e
vietare l'alcool alla sera per costruire una città sicura. Occorre chiamare i
commercianti e le imprese intorno ad un tavolo, lavorare sull'usura e
controllare municipio per municipio come avvengono i passaggi di proprietà di
immobili e locali e capire se questi fenomeni sono normali compravendite oppure
azioni di riciclaggio".
Così descritta Roma sembra una succursale della Calabria ndranghetista. Non è
esagerato?
"No, perché Roma non è ancora come Milano e la Lombardia dove esiste un
rapporto politica criminalità. Da noi episodi che coinvolgono consiglieri
regionali e sindaci sono ancora periferici come a Fondi e in Ciociaria. Ma se
nel giro di 2 anni avvengono significativi passaggi di proprietà nel cuore più
ricco della città e in un momento di crisi, vuol dire che qualcosa sta
succedendo. Ecco, Roma e il suo tessuto economico sono sotto attacco".