Segnalazione di Alberto Maria Melis e Maria Gabriella De
Luca
Lamezia Terme – 25 marzo 2011 - Il maestro Isabella replica alle
affermazioni del procuratore Vitiello. Si sente chiamato in causa per alcune
affermazioni del procuratore Vitiello in merito al ruolo della scuola
nell'integrazione dei rom nella società ed è per questo che il maestro Fiore
Isabella, che ospita nella sua classe due bimbi di etnia rom, ha voluto replicare
su queste dichiarazioni: «Ho letto le disposizioni della Procura della
Repubblica inerenti al sequestro preventivo del campo rom di Scordovillo –
afferma il maestro – e, da uomo di scuola, mi soffermo, sull'affermazione "la
scuola che potrebbe rappresentare la via maestra per l'integrazione non fa il
suo ingresso nel mondo dei rom e il campo rom, di converso, diventa ancor più la
palestra per l'addestramento al crimine delle nuove generazioni". Rispetto a
tale categorica valutazione del ruolo della scuola, mi permetto di nutrire
qualche perplessità pur non pretendendo coerenza pedagogica da un dispositivo
emesso da un giudice che non è né Maria Montessori né don Lorenzo Milani».«Tuttavia
l'affermazione è perentoria – continua Isabella – e, in quanto tale, merita una
riflessione critica, partendo dall'auspicio che la scuola pubblica, al netto dei
tagli governativi che ne riducono drasticamente le risorse, continui ad essere
la via maestra per l'integrazione dei rom rompendo il recinto che li segrega e
favorendo la loro accoglienza nelle classi, come cittadini destinatari di
diritti e non come disturbatori della quiete. Ogni mattina, grazie a quei
mediatori sociali che li prelevano all'interno del campo e li portano a scuola,
mi onoro di accogliere nella mia classe due piccoli sorridenti concittadini rom
che stanno imparando a leggere e a scrivere».- Aggiunge il maestro – «E se si
sono aperti al sorriso non è perché, d'incanto, le "rattizzate" baracche si sono
trasformate in comode regge e i motocarri dissestati in carrozze dorate, ma
perché hanno potuto fruire della sensibilità di quegli educatori che hanno
ritenuto che fosse importante tenere la porta dell'aula semiaperta perché
superassero qualche claustrofobia o, con la scusa di andare al bagno, godessero,
anche per un attimo, dello spazio liberatorio di un accogliente corridoio. Ed
oggi, dopo mesi di paziente e graduale esercizio di adattamento dei propri
specifici bisogni alle regole dello stare insieme, si può affermare, senza
alcuna possibilità di essere smentiti, che il più efficace antidoto
all'addestramento al crimine, all'interno di un campo recintato, risiede
nell'abbattimento del pregiudizio e nel superamento dell'indifferenza. In questa
direzione, c'è ancora tanto da fare a partire dalla consapevolezza che il
sequestro del "campo" non esorcizza le palestre di addestramento al crimine se
il futuro di questi nostri concittadini rom non si lega in modo indissolubile
alla prospettiva di un'educazione che sia ricorrente e permanente, come
dimostrano le positive, anche se ancora episodiche, esperienze nella scuola
dell'obbligo, nei centri scolastici territoriali e l'incessante opera di
mediazione culturale e sociale delle associazioni di volontariato».