IL
PAESE DELLE DONNE online di Eva Rizzin - venerdì 17 settembre 2010
Molti giornalisti si confrontano con la realtà rom, una realtà complessa e
variegata, usando impunemente stereotipi che hanno accompagnato le mille vicende
di persecuzioni subite nel corso dei secoli dalle popolazioni sinte e rom. Essi
dimostrano, attraverso i loro commenti, di aver perso ogni senso del limite.
La presenza di questo gene nel sangue è la dimostrazione che questi zingari
sono esseri irrecuperabili. Eva Justin, scienziata razzista a
servizio del regime nazista
I rom […] e l'illegalità insita nel loro DNA. Roberto Poletti,
giornalista, 9 settembre 2010
La Commissione Europea ha aperto ieri una procedura di infrazione nei
confronti della Francia per l'espulsione delle persone rom. Questa è l'unica
notizia confortante nella lettura della rassegna stampa in una settimana non
affatto rassicurante.
Molti giornalisti si confrontano con la realtà rom, una realtà complessa e
variegata, usando impunemente stereotipi che hanno accompagnato le mille
vicende di persecuzioni subite nel corso dei secoli dalle popolazioni sinte e
rom. Essi dimostrano, attraverso i loro commenti, di aver perso ogni senso del
limite.
Rom accostati indistintamente a delinquenti; rom visti esclusivamente
come un problema, una massa indistinta da eliminare, espellere, deportare; rom
descritti come un gruppo generalizzato, privati della loro individualità.
Articoli che ci dimostrano quanto il sentire anti-rom sia fortemente
radicato nella società, quanto esso sia condiviso, scontato, quanto esso non
faccia scandalo. Nei confronti delle minoranze rom e sinte, ci si permette di
dire qualsiasi cosa senza il timore di essere condannati. E' preoccupante il
clima di assuefazione che si è venuto a creare nella società italiana di fronte
alle violazioni subite da tali minoranze.
L'articolo di commento I rom sono un problema della Romania ("Cronacaqui",
11/9) si distingue fra i tanti letti questa settimana per i suoi contenuti
razzisti. Francesco Bozzetti a proposito della "questione rom" propone
alcuni suggerimenti come, per esempio, impedire la circolazione dei rom in
Europa, suggerendo in sintesi di violare la direttiva europea sulla libera
circolazione delle persone: "[…] alla Romania […] avremmo come minimo dovuto
chiedere di impedire la libera circolazione dei delinquenti e dei rom, che sono
da sempre un loro problema, una loro etnia. Gli stessi romeni non amano i rom,
non li vogliono e li 'esportano' volentieri all'estero come fanno con i loro
criminali". Riferendosi alla situazione milanese aggiunge "[...] periferie,
sottoponti e fabbriche dismesse invase dalla peggior specie di zingari dediti a
furti, spaccio di stupefacenti".
Esemplare, poi, per i suoi contenuti è il seguente articolo: Sottile
differenza tra PD e destra sulle case ai rom ("Libero Milano", 9/9). Il
giornalista Roberto Poletti, nella rubrica intitolata Grane, spiega la
differenza fra i due schieramenti politici a proposito della questione
dell'attribuzione dei 25 alloggi Aler (alloggi che escono dalla graduatoria
ufficiale) ad alcune famiglie rom che attualmente risiedono nel 'campo' di
Triboniano.
Inizio a leggere l'articolo e ad un certo punto mi imbatto in una teoria
classicamente razzista: "l'illegalità insita nel loro DNA". Leggo e rileggo più
volte, sperando di essermi sbagliata: DNA, DNA? Purtroppo non è così, ho letto
bene, il giornalista ne fa proprio una questione genetica.
Già i nazisti, attraverso i loro scienziati razzisti, avevano elaborato
una pseudo teoria sulla pericolosità della 'razza zingara' tarata da un gene
molto pericoloso, il Wandertrieb (l'istinto al nomadismo). Questo bastò a
condannare rom e sinti allo sterminio. Per un attimo mi si annebbia la mente,
rimango basita, sconvolta e profondamente lesa nella mia stessa identità.
Frasi come queste pesano e pesano come macigni, perché sei sinta e rom, se sai
cos'è il
Porrajmos, se la pianificazione razzista e omicida del passato ha colpito la
tua famiglia, se solo per caso i tuoi cari sono riusciti a scampare alla furia
del regime nazifascista e alle fiamme dei lager; se ogni giorno ti accorgi di
quanto il tuo Paese abbia dimenticato quel passato, e anzi ne invochi il
ritorno, frasi come quelle ti fanno inorridire. E io sono sinta.
Visto che ci sono giornalisti che violano quotidianamente il codice deontologico
attraverso l'istigazione all'odio e al razzismo mi sembra doveroso, e
storicamente corretto, ricordare che furono più di 500.000 le persone rom e
sinte vittime dello sterminio pianificato e commesso dal nazi-fascismo.
Domenica 5 settembre ho partecipato alla celebrazione della Giornata europea
della cultura ebraica. Mi hanno colpito fortemente le parole del Presidente
della Comunità ebraica di Mantova Fabio Norsa, quando ha ricordato ai
presenti che gli Ebrei non vogliono essere relegati all'immagine di vittime
della Shoah ma considerati comunità portatrice di una cultura millenaria. Ho
provato un po' di invidia per quelle parole: quando sarà possibile per noi sinti
e rom fare un passo del genere?
Anch'io, come capita a molti ebrei, desidererei non dover tornare sempre sul
tema del genocidio, ma purtroppo gli stereotipi, i pregiudizi e le barriere da
superare sono ancora infiniti. Forse tutto ciò sarà possibile solo se ci sarà
una concreta elaborazione di quello che è stato il genocidio dei rom e dei sinti.
Purtroppo però la nostra è una memoria mutilata, completamente ignorata da
molti.
Oggi per molti sinti e rom non è nemmeno possibile dichiarare la propria
identità, se dichiararti per ciò che sei significa essere automaticamente
equiparato al peggiore dei criminali. Il Porrajmos però fa parte della
storia d'Italia e d'Europa e tutti hanno il dovere di sapere e di tenere a
mente, giornalisti compresi.