Da
Roma_Benelux
Le Point.fr La vita di Bukurije e Lumturije, due giovani sorelle rom, è diventata un
incubo da quando sono state costrette a lasciare la Germania, dove hanno passato
tutta la loro vita, per installarsi in Kosovo, paese dei loro genitori, che non
avevano mai visitato.
Pristina, 18/08/2010 - De Ismet HAJDARI (AFP)
"Mi sento come se fossi in prigione. Non esco dal cortile di casa", racconta
Bukurije Berisha, 13 anni, in perfetto tedesco, mostrando le alte mura che
circondano la sua casa in rovine.
"Ho sempre la speranza di svegliarmi e rendermi conto che non era altro che un
brutto sogno" aggiunge.
Nel suo rapporto pubblicato a luglio, l’UNICEF indica che quasi la metà dei Rom
che saranno espulsi dalla Germania al Kosovo, in virtù di un accordo firmato tra
i due paesi, sono bambini la maggioranza dei quali nati e cresciuti in Germania.
"I bambini sono i più colpiti da questi rientri forzati. (…) In Kosovo devono
fare fronte a una realtà totalmente nuova. Si sentono persi ed esclusi", ha
affermato il commissario per i diritti dell’uomo del Consiglio Europeo, Thomas
Hammarberg, nella prefazione di questo rapporto.
Il Signor Hammarberg ha invitato martedì i paesi dell’Europa occidentale, a
cessare di rimandare con la forza, i Rom in Kosovo.
Le sorelle Berisha sono arrivate a dicembre in Kosovo, con i loro genitori e
altri cinque fratelli e sorelle. La famiglia si è rifugiata nella stradina
stretta di un bidonville rom, nella periferia di Pec (ovest). Una casa lasciata
da diciassette anni ha bruciato durante il conflitto in Kosovo (1998-1999) e il
nuovo focolare, sprovvisto di acqua corrente, è stato prestato loro da un
cugino.
Le due ragazzine sono nate in Germania dove i loro genitori hanno chiesto asilo
nel 1993, fuggendo dalla repressione delle forze serbe di Slobodan Milosevic nel
Kosovo. Non parlano albanese, lingua principale del Kosovo, e conoscono a
malapena la lingua rom.
"Mi sento tedesca", assicura Lumuturije Berisha, 14 anni, gli occhi pieni di
lacrime.
La famiglia Berisha fa parte di un gruppo di circa diecimila Rom che sono dovuti
ritornare dalla Germania al Kosovo, ex provincia serba la quale ha proclamato la
sua indipendenza nel 2008 malgrado una feroce opposizione di Belgrado.
Benché Pristina si sia messa d’accordo con Berlino per accogliere questi
rifugiati rom, il ministro kosovaro degli affari sociali, Nenad Ristia, ha
ammesso di recente che questo paese non possedeva risorse per accettarli tutti e
per gestire la loro integrazione.
Quasi la metà dei due milioni di abitanti del Kosovo, paese più povero d’Europa,
sono disoccupati o sono poveri, secondo i numeri ufficiali.
Esperti mettono in guardia contro l’incapacità delle autorità locali, di
garantire i diritti dell’uomo fondamentali ai suoi cittadini, tali che l’accesso
a un alloggio adeguato, alle cure mediche e all’educazione.
Florim Mulolli, padre di una ragazza gravemente ammalata, la famiglia del quale
è stata ugualmente obbligata di ritornare in Kosovo, deplorano l’attitudine
delle autorità tedesche, accusandoli di non fare eccezioni.
Sua figlia Selina soffre di una malattia congenita provocando apnee nel sonno.
La sua respirazione deve essere controllata tramite un’attrezzatura molto
costosa, la quale avverte i genitori, quando lei smette di respirare.
"Quest’apparecchio funziona con l’aiuto di diodi da sostituire, i quali sono
molto costosi per noi e impossibili da pagare, i quali inoltre, non si trovano
qui" si lamenta il Sig. Mulolli.
"La Germania ha condannato Selina a morte, ma non la lasceremo morire. Quando i
diodi saranno consumati, io e mia moglie guarderemo Selina a turno" dice questo
padre con amarezza, stringendo la figlia tra le sue braccia.