Gli euro-nomadi di Tanya Mangalakova | Sofia 19 agosto 2010
Sfruttano le possibilità dei mezzi di comunicazione elettronici e quelle dei
voli low cost. Vivono divisi tra il "qui" del paese di origine e il "là" di
quello che hanno scelto per lavorare. Utilizzano identità multiple. Sono gli
"euro-nomadi", gruppo in continua crescita anche in Bulgaria
Ivanka lavora da ormai cinque anni in una clinica privata di Londra. Ogni due
mesi, questa energica bulgara di 44 anni prende l'aereo e atterra all'aeroporto
di Sofia, dove l'aspetta suo marito Krasimir.
Dall'aeroporto Ivanka e Krasimir vanno nella loro città natale, Stara Zagora,
situata nella Bulgaria centrale, dove trascorreranno insieme una settimana. La
loro figlia, Emanuela, si sta per laureare in filologia indiana all'Università
di Sofia, e vorrebbe continuare con studi specialistici a Londra.
Ivanka ha preparato un programma di spostamenti per quasi tutto l'anno prossimo,
basato sui voli low cost che connettono la capitale britannica a quella bulgara.
"Con mio marito ogni volta ci separiamo per due o tre mesi, ma il nostro
matrimonio non ne soffre. Nei dieci giorni che passiamo insieme in Bulgaria, non
abbiamo davvero tempo per litigare", dice Ivanka.
"Mio marito non riesce a trovare lavoro a Londra, e io non voglio perdere
l'occasione di una posizione ben pagata. Dopo il 1° gennaio 2007, data di
ingresso della Bulgaria nell'Unione europea, il mio status di lavoratrice in
Gran Bretagna è migliorato sensibilmente, e oggi sul mercato del lavoro ho gli
stessi diritti dei colleghi inglesi".
La nostra conversazione avviene attraverso "Skype", lo strumento che permette ad
Ivanka di mantenere i contatti con gli amici in Bulgaria e nel mondo. Per i
nuovi "euro-nomadi" come Ivanka sono proprio i mezzi di comunicazione
elettronici, insieme ai collegamenti low cost, a far cadere confini prima
difficilmente valicabili.
Gli "euro-nomadi" stanno modificando le caratteristiche dell'istituzione
matrimoniale in Bulgaria, in una forma difficilmente accettabile per le vecchie
generazioni.
Maria, una pensionata di Sofia, l'anno scorso ha trascorso il suo settantesimo
compleanno a Johannesburg, Sud Africa, ospite della figlia.
Maria guarda con un certo scetticismo al matrimonio di suo figlio Nikolay,
medico di 42 anni, che lavora a Parigi, mentre la moglie vive a Ruse, sul
Danubio, dove amministra un impianto tessile. Ogni mese Nikolay prende l'aereo
per Bucarest (la capitale rumena si trova ad appena 70 chilometri da Ruse) per
trascorrere qualche giorno con la famiglia.
Secondo l'etnografa Margarita Karamihova, tra gli emigranti esiste il modello
della "doppia casa", divisa tra il "qui" (in Bulgaria) e il "là" (all'estero).
Le basi di questo modello sono fornite dalla possibilità di aiutare
finanziariamente i propri cari e di mantenere le proprietà nel luogo natale
attraverso le risorse finanziarie frutto del lavoro lontano da casa.
In Bulgaria, gli "euro-nomadi" non sono solo specialisti qualificati come Ivanka
e Nikolay. Ci sono anche lavoratori stagionali o impiegati nelle costruzioni o
in agricoltura, i cui risparmi, spediti a casa attraverso la Western Union, sono
di fondamentale importanza nel budget delle famiglie di origine.
Ritorno in Europa
Il crollo del regime comunista è coinciso con l'affermarsi del processo di
globalizzazione. I bulgari, che vivevano dietro la cortina di ferro e che non
potevano viaggiare liberamente, hanno così potuto riscoprire l'Europa e il
mondo.
Negli anni '90 circa un milione di bulgari ha fatto le valigie verso i paesi
sviluppati dell'Occidente, alla ricerca di una vita migliore. Nel decennio
successivo l'emigrazione ha portato alla divisione della popolazione bulgara in
due grandi gruppi.
Da una parte ci sono i nuovi nomadi, in continuo aumento, e nelle cui fila non
figurano solo gli studenti e i lavoratori qualificati, che cercano la propria
realizzazione professionale fuori dal paese, utilizzando le risorse messe a
disposizione dalla globalizzazione e in continuo spostamento.
In questo gruppo infatti trovano posto anche i lavoratori non qualificati, che
non hanno titoli di studio, ma sono riusciti comunque a trovare una nicchia di
mercato in molti paesi dell'Ue, soprattutto nelle costruzioni, nell'agricoltura
e nei servizi. Le famiglie dei nuovi nomadi sviluppano nuovi modelli: i coniugi
vivono separatamente, viaggiano tra la Bulgaria e i paesi in cui lavorano, i
loro figli studiano nelle università di Bruxelles, Londra, Vienna.
C'è poi un altro gruppo, che si posiziona agli antipodi del primo. E' il gruppo
dei marginalizzati e dei condannati alla dimensione "locale". Utilizzando le
chiavi di lettura del sociologo Zygmunt Bauman, quest'ultimi vivono "sotto il
peso del continuo eccesso di tempo libero", che solitamente riempiono guardando
soap-opera in tv.
In questo gruppo figurano gran parte dei pensionati bulgari, che trovano
difficile viaggiare anche all'interno dei confini del paese, condannati
all'immobilità da pensioni miserrime che spesso si aggirano tra i 100 e i 200
euro, risorse che permettono a malapena di pagare cibo e riscaldamento. Anche i
poveri (gran parte dei quali è rappresentata dalla comunità dei rom) fanno parte
di questo gruppo, che riesce a malapena o per nulla a godere dei vantaggi
dell'ingresso della Bulgaria nell'Ue.
Identità multiple
Margarita Karamihova indaga i processi migratori e le sfaccettature
dell'identità multipla dei musulmani bulgari nella regione di Satovcha, dopo
l'ondata migratoria che ha colpito l'area dopo il 1998.
Principali destinazioni di quest'ondata sono state la Spagna, il Portogallo, la
Grecia, Cipro, l'Italia e gli Stati Uniti. Secondo l'etnografa ognuno dei
migranti ha solitamente a disposizione un "portafoglio" di identità, che
utilizza in modo differente a seconda della situazione.
Passato il confine, sul territorio di altri stati vengono caratterizzati come
cittadini bulgari, e si integrano facilmente nelle reti di rapporti formate
dagli slavi dei Balcani. Con l'emigrazione si rafforza l'identità bulgara,
mentre quella concorrente, turca, non viene attivata.
Gli emigranti in Europa occidentale provenienti da Satovcha utilizzano il
vantaggio rappresentato dall'essere bulgari, oggi cittadini di un membro a pieno
titolo dell'Unione europea, e al tempo stesso affermano con orgoglio la propria
identità locale.
Secondo la Karamihova il caso di Satovcha mostra "una forte identità locale,
slegata dalla destinazione di emigrazione e il cui centro reale-virtuale è il
villaggio lasciato in Bulgaria, lì dove si trovano le tombe degli antenati".
Secondo l'etnografa Mila Maeva, i turchi di Bulgaria preferiscono invece
emigrare in Germania, a causa della numerosa comunità turca presente nel paese,
che li accetta con facilità e fornisce loro lavoro, potendo comunicare nella
stessa lingua. Anche il buon livello di retribuzione influisce sulla scelta
della destinazione di emigrazione.
Dopo la Germania i turchi di Bulgaria preferiscono l'Olanda e il Belgio. In
Europa occidentale lavorano soprattutto nei cantieri, in agricoltura e (in
Olanda) nelle serre.
Studiando le scelte identitarie in questa comunità, la Maeva ritiene che nella
maggior parte dei casi i turchi bulgari preferiscano viaggiare con passaporti
che riportano i loro nomi nella versione bulgara, a causa dei pregiudizi diffusi
in occidente sulle comunità musulmane.
In questo caso il lavoro all'estero rafforzerebbe il senso di appartenenza alla
comunità turca, ma anche a quella dei credenti musulmani. Dopo quella etnica e
religiosa, tra i turchi di Bulgaria vengono in ordine di importanza l'identità
nazionale (bulgara) e infine quella europea.
La libertà di movimento in Europa fornisce quindi ai bulgari varie possibilità
di scelta identitaria. Tra tutte queste identità, in generale, quella
sovranazionale ed europea è ancora la meno radicata e la più difficile da
individuare.
Per chi è diviso tra Bulgaria e resto d'Europa, l'identità locale resta
prevedibilmente quella più visibile. Sul sito di una delle organizzazioni di
emigranti bulgari all'estero, ad esempio, è stato pubblicato lo scorso giugno il
seguente invito a partecipare ad un incontro a Madrid.
"Alla vigilia del 21 giugno, il giorno più lungo dell'anno, anticamente festa
del fuoco del dio Sole, gli antichi bulgari si riunivano in località sacre per
celebrare riti con cui si pregava per il bene e la salute del popolo... Siamo
convinti che, nell'Europa senza confini di oggi, noi bulgari dobbiamo conservare
la nostra identità spirituale più che mai".