Di
Alberto Maria Melis
A suggerirmi a scrivere questa breve riflessione, sono state due notizie
appena trovate sul web, una relativa a uno sgombero di un campo rom effettuato
nei giorni scorsi, l'altro a uno sgombero che presto verrà effettuato (riporto
entrambe in chiusura).
Ciò che colpisce è il loro tono asettico, soprattutto laddove si riportano i
commenti degli amministratori, sia di "destra" che di "sinistra". Gli
amministratori, Alemanno in testa, rivendicano l'eroica impresa di cacciare
via dalle loro baracche i rom, di proseguire nella schedatura fotosegnaletica,
di andare incontro ai "cittadini" nella loro qualità evidentemente più
appetibile, quella di "votanti"; i politici dell'opposizione, di questa
"sinistra" che non riesce a cogliere il nauseabondo fetore dell'imputridire
delle sue radici, si spinge a criticare Alemanno per non aver fatto subito il
suo "dovere", e anzi ci si erge a impavida e miliziana sentinella dei futuri
sgomberi.
Come siamo diventati un paese così? O lo siamo sempre stati e non ce ne siamo
accorti? Qualche tempo fa, quando Maroni rese pubblica l'idea di schedare i
bambini rom, io e altri scrittori per ragazzi sottoscrivemmo un appello contro
una pratica di stampo palesemente razziale. La notizia ebbe qualche eco sulla
stampa, da Repubblica al Corriere della Sera e via via sulle testate minori, ma
fu un'esile luce che si suicidò silente nel buio, perché noi scrittori di
appelli ne firmiamo due dozzine al giorno, e forse anche perché mantenere
costante un impegno a favore dei rom, di questo popolo più che mai reietto e
"indifendibile", è roba da refrattari pochi e disperati, da pazzi e ostinati non
troppo avveduti nel scegliersi le buone cause, quelle che non ti portano a
correre il rischio di renderti inviso ai "cittadini lettori", che non solo
votano ma acquistano, o mandano al rogo, i libri.
Non ci sono stati nuovi appelli quindi. anche se sono convinto che molti tra
coloro che allora firmarono lo rifarebbero di nuovo, ma solo un generalizzato
silenzio che si accompagna al mutismo complice dei cosiddetti intellettuali di
questo nostro Paese, e che soccombe ogni giorno al feroce vocabolario della
normalizzazione. Un vocabolario che trasfigura le ragioni e i torti, e che
soprattutto annichilisce, negandogli voce, forma ed esistenza, ogni singolo
uomo, donna e bambino vittima dell'oltraggio di uno sgombero forzato.
Chiunque abbia assistito a uno sgombero di un campo rom sa cosa intendo dire.
Perché i "rom" di cui scrivono le brevi notizie sulla stampa, non esistono.
Esistono invece, in carne ed ossa, Marika, o Nusret, o Negiba, o Svetlana o
Zafiro. Marika che ha solo cinque anni e vorrebbe stare ancora un po' sotto le
coperte. Nusret che ha solo sette anni ed è preoccupato perché la sera prima non
aveva finito i compiti. Negiba, sua madre, che all'arrivo della polizia e delle
ruspe ha lasciato andare il pentolino del latte sul pavimento. Svetlana che è
così vecchia da dover essere trasportata a peso fuori dalla sua barakina di
cartone e legno pesto. E Zafiro... Zafiro divorato dal cancro, scavato nel petto
e nel viso, tutto denti e tutto occhi, che quella mattina non potrà trascinarsi
all'ospedale per la chemioterapia.
Chiunque abbia assistito a uno sgombero, sa che i rom di cui si scrive sui
giornali non esistono. Quelli che esistono hanno nomi e cognomi, hanno facce,
mani e cuori che impazzano di paura e di una rabbia antica nel petto.
E neppure le baracche di cui si scrive sui giornali, esistono. Perché quei
miseri spazi raccolti tra quattro pareti, sono casa. Come la mia o la vostra.
Sono il luogo del mangiare insieme, del parlare, dell'amarsi e del riposarsi.
Sono il luogo del rifugio e della riflessione, dei progetti e dei ricordi, della
malattia e della guarigione, del vivere e del morire.
Se chi firma un'ordinanza di sgombero forzato avesse reale coscienza di ciò che
sta facendo, udrebbe il fruscio della sua penna trasfigurarsi nel fragore delle
ruspe che non distruggono solo le case, ma le vite di chi in quelle case viveva.
Marika, Nusret, Negiba, Svetlana e Zafiro. Moltiplicati per centinaia e
centinaia di destini e di volti, tanti quanti sono stati gli sgomberi forzati
dei campi rom avvenuti negli ultimi due anni nel nostro Paese.
Portuense: sgomberato campo nomadi a Valle dei Casali
Santori (Pdl): passo in avanti per il decoro e la sicurezza della città -
22/06/2010
Proseguono le azioni del Piano nomadi della Capitale. La mattina del 21 giugno
2010 è stato sgomberato un insediamento abusivo nella riserva della Valle dei
Casali, in un'area proprietà dell'Ater, tra via San Pantaleo Campano e via
Newton, al Portuense.
Lo sgombero è stato effettuato dagli agenti della polizia municipale sotto il
coordinamento dell'Ufficio politiche per la sicurezza del Comune, insieme a
personale specializzato in operazioni di risanamento.
"Con il completamento degli sgomberi nella riserva della Valle dei Casali si
compie un altro importante passo avanti per la sicurezza e il decoro della
città. La giunta Alemanno è impegnata a completare nel minor tempo possibile
l'attuazione del piano nomadi e a restituire ai cittadini le zone di Roma cadute
in mano a rom e senza fissa dimora dopo anni di lassismo da parte delle giunte
di centro sinistra. Si tratta di obiettivi chiari e di impegni che saranno
mantenuti". Lo afferma in una nota il presidente della Commissione sicurezza del
Comune di Roma, Fabrizio Santori, commentando lo sgombero.
"Si è trattato di un intervento a integrazione di una fase precedente attuata a
marzo prosegue Santori - mirato oltre che allo sgombero anche al ripristino e
alla bonifica dell'area per evitare che edificazioni abusive e occupazioni
illegali si possano ripetere.
E' infatti fondamentale - conclude Santori - riuscire a coordinare tutte le fasi
di intervento in modo che avvengano in maniera congiunta. Solo così sarà
possibile rendere i provvedimenti definitivi, evitando con recinzioni, bonifiche
dei terreni, potatura della vegetazione troppo folta che permette alle baracche
di rimanere nascoste tra il verde, che luoghi sgomberati siano nuovamente invasi
a distanza di poco tempo da insediamenti abusivi"
Cronaca
Muratella: il campo nomadi chiuderà entro fine anno
A dirlo è il sindaco Alemanno, che ha promesso anche un presidio 24 ore
su 24 delle forze dell'ordine
di Antonio Scafati - 22/06/2010
Monta la rabbia dei cittadini di Muratella, decisi a veder chiuso l'insediamento
di nomadi di via Marchetti. Qualche giorno fa, l'istallazione nel di alcuni
bagni chimici aveva fatto storcere il naso ai cittadini del quartiere, che da
tempo aspettano la chiusura del campo nomadi.
Il 21 giugno 2010 i comitati di quartiere avevano in programma una
manifestazione non autorizzata per dire il loro no all'illegalità che regna nel
quartiere, ma tra di loro è arrivato a sorpresa il sindaco Alemanno.
Insieme a lui, l'assessore capitolino alle politiche sociali Sveva Belviso, il
presidente della commissione sicurezza Fabrizio Santori e il delegato del
sindaco alla sicurezza Giuseppe Ciardi.
Minacciare manifestazioni non autorizzate ha evidentemente portato frutti, visto
che il Sindaco ha promesso un presidio 24 ore su 24 delle forze dell'ordine e un
incontro il 7 luglio in Campidoglio per discutere del campo in via Marchetti.
Non solo: Alemanno ha anche preso l'impegno che il campo verrà chiuso entro la
fine dell'anno. Sempre secondo il Sindaco il foto segnalamento dei nomadi
comincerà a breve.
L'opposizione, dal canto suo, non lesina critiche all'operato di Alemanno.
"Quando ormai la situazione stava degenerando ed il malcontento stava portando i
cittadini a manifestare in Campidoglio, il Sindaco si presenta personalmente a
Muratella salvandosi in calcio d'angolo". Ad affermarlo in una nota del 21
giugno 2010 è il consigliere comunale del PD Dario Nanni, membro della
Commisione Sicurezza.
"E' singolare - prosegue Nanni - che tra gli impegni presi dall'attuale Sindaco
ci sia anche quello di far posizionare un posto di polizia in quel quartiere,
proprio come da me richiesto con un emendamento ad una mozione del PDL. Fa
piacere verificare che gli atti presentati dall'opposizione e non condivisi dai
Consiglieri Comunali del PDL, diventino poi proposte del Sindaco. Già questo
basterebbe da solo a spiegare le contraddizioni interne alla maggioranza."
"Per quanto mi riguarda - conclude Nanni - terrò bene in mente le promesse fatte
ieri ai cittadini di Muratella dal Sindaco, dall'Assessoredel Belviso e dagli
altri esponenti del PDL al loro seguito, sperando che queste promesse non
diventino per la maggioranza l'ennesimo autogol".