Finite le violenze dopo gli scontri nel campo di Triboniano,
è già iniziata la guerra sporca dell'informazione. Domenica pomeriggio era
previsto un incontro tra gli abitanti del campo e gli antirazzisti, al campo
stesso. Domenica sera ricevo questa breve mail dalla Federazione Anarchica
Torinese:
Milano. La polizia impedisce l’assemblea e porta via gli antirazzisti
Domenica 23 maggio. La polizia sta cercando di impedire l’assemblea al campo rom
di via Triboniano. Dopo le violente cariche
http://piemonte.indymedia.org/article/8837 di giovedì 20 gli abitanti della
baraccopoli alle spalle del cimitero maggiore avevano deciso di fare oggi
un’assemblea. La polizia ha bloccato l’ingresso, imprigionando gli abitanti
all’interno dell’area del campo. Gli antirazzisti sono stati tenuti lontani e poi portati via di peso dalla polizia.
Uno dei loro ha cercato invano di resistere, gridando a chi lo allontanava con
la forza “fascisti!”.
Difficile trovare una definizione migliore per quanto sta accadendo.
Persino riunirsi in assemblea e discutere è vietato. Se sei rom, povero devi
tacere ed accettare in silenzio la deportazione.
Quella che stanno rubando ai rom di Triboniano è la dignità e la libertà di noi
tutti.
Seguiranno aggiornamenti.
Sorprendete, per chi ha letto sopra, la ricostruzione del
Giornale:
Blitz degli autonomi: ma neanche i nomadi li stanno ad ascoltare
di Enrico Silvestri I no global provano a sfondare i cordoni della polizia.
Poi chiedono ai rom un incontro al Torchiera: disertato
Anche ieri Triboniano è finito sotto assedio, causa Centri sociali in missione
di agit-prop al campo nomadi dove volevano organizzare una assemblea. Ma si sono
trovati davanti a un massiccio schieramento di agenti che li ha respinti al
mittente. Di peso. Qualcuno s’era infatti sdraiato a terra ed è stato sollevato
e portato via a braccia. Dopo un lungo conciliabolo è stato deciso un incontro
al vicino Centro sociale Torchiera. A cui i nomadi, si sono ben guardati dal
partecipare.
Dopo i violenti scontri di giovedì dunque, da tre giorni sembra essere tornata
la calma allo storico campo nomadi, passato dall’abusivismo selvaggio a una
parvenza di legalità. Da anni infatti in quell’area dietro il cimitero maggiore
si erano accampati zingari e profughi vari dai Balcani. Arrivati in certi
momenti fino a mille. Creando una zona franca, fuori da ogni controllo. Poi nel
2007 il patto di legalità: il Comune organizzava condizioni minime di
vivibilità, allacciamenti di acqua, luce, fogne, ma dentro ci sarebbero finiti
solo i regolari, incensurati e che mandavano i figli a scuola. E nel momento di
trasferimento dal campo abusivo, gli esclusi scatenarono scontri feroci, con
incendi, sassaiole e bambini branditi a mo’ di clava.
Poi la situazione si avviò alla normalità, anche se non sono mancati in questi
anni i momenti di tensione. L’ultimo la settimana scorsa quando lo sgombero di
una famiglia proprietaria di una casa finì in tafferugli. Una tensione destinata
a salire. Sul campo ballerebbe infatti uno sgombero da effettuare entro il 30
giugno, perché quell’area è interessata a lavori per l’Expò. Giovedì un gruppo
di rom si apprestava a marciare verso Palazzo Marino per chiedere quali fossero
le intenzioni della Giunta, trovando la strada sbarrata dalle forze dell’ordine.
Subito bersagliate da una fitta sassaiola. Gli agenti hanno risposto serrando i
ranghi e ricacciato i nomadi dentro il campo.
In quella, come in tutte le altre occasioni, però non erano mancati i
«suggerimenti» di alcuni esponenti dell’area antagonista, in particolare gli
«Antirazzisti milanesi» di Fabio Zerbini che anche ieri alle 15 si sono
presentati in Triboniano per riprendere la loro azione di «agitazione e
propaganda». Venendo rimbalzati da polizia e carabinieri, che ne hanno alzati
diversi di peso, portati a 500 metri di distanza e mollati in mezzo alla strada,
dove sono rimasti guardati a vista. Ma subito dopo anche dagli stessi rom. Non
essendo possibile entrare al campo, i nomadi venivano invitati ad un incontro al
Torchiera. «Si, si ora veniamo» hanno risposto. Senza poi farsi vedere.
Preferendo rimanere sulle verande dello loro roulotte a fumare e chiacchierare.
E verso le 19, dopo quattro ore di attesa sotto un sole cocente, gli
«antirazzisti» se ne sono andati delusi. Cacciati alla fin fine non dalla
polizia, ma dal «2 di picche» rimediato dagli zingari.
Lascio a voi decidere chi mente e perché, a questo punto
riporto un'ulteriore lunga mail di stamattina del gruppo EveryOne
Triboniano: dobbiamo recuperare fiducia e umanità
Milano, 24 maggio 2010. Ieri pomeriggio, dalle 15, alcuni operatori umanitari,
difensori dei Diritti Umani ed esponenti del movimenti di critica globale hanno
trascorso alcune ore nei pressi dell'insediamento. Era previsto un incontro fra
il Comitato Antirazzista Milanese, che da tempo offre il suo sostegno ai Rom di
via Triboniano, ed altre ong, fra cui il Gruppo EveryOne. Dopo i recenti
scontri, la questura però ha impedito lo svolgersi dell'assemblea all'interno
del campo, considerata anche la presenza di bambini e persone malate. L'ingresso
dell'insediamento è stato bloccato da un cordone di agenti, ma è stato possibile
durante tutto il pomeriggio un dialogo con i rappresentanti delle forze
dell'ordine. Alcuni attivisti si sono opposti alle operazioni di blocco
dell'accesso al Triboniano attuando una resistenza nonviolenta, che hanno
proseguito di fronte all'invito da parte degli agenti ad allontanarsi fino a una
distanza di circa 200 metri dall'entrata. Gli attivisti, dietro disposizione del
funzionario di polizia che coordinava le operazioni, sono stati spostati a
braccia - per amor del vero senza alcuna brutalità - dagli agenti. Roberto
Malini, Dario Picciau e Steed Gamero di EveryOne hanno intrattenuto un dialogo
sereno con il funzionario della polizia di Stato, finalizzato ad evitare
qualsiasi tensione e a prevenire, grazie al confronto di esperienze, futuri
tumulti. "Da parte mia," ha detto nel corso della conversazione il funzionario,
"mi rendo perfettamente conto che il problema di questo insediamento è la
povertà delle famiglie che vi abitano. I Rom chiedono l'elemosina e commettono
qualche furto, ma a volte mi chiedo: e se fossi io a trovarmi, con moglie e
figli, nelle loro condizioni, come mi comporterei? E' vitale aiutare queste
famiglie, che hanno tanti bambini, ad inserirsi. Se potessero vivere in
appartamenti e i loro giovani potessero pensare solo a studiare e non a lottare
per sopravvivere, avremmo risolto gran parte di questa emergenza".
Non vi era alcuna ostilità, negli sguardi dagli agenti, molti dei quali assai
giovani. "Quel ragazzino sembra il mio fratellino," esclamava un poliziotto
indicando un monello Rom dagli occhi chiari e vivacissimi. Un clima umano, in
cui gli attori di un dramma metropolitano che dura da troppo tempo riuscivano,
anche grazie alla presenza di alcuni operatori sociali che seguono da tre anni i
bambini e gli adolescenti del campo, a guardarsi negli occhi senza inimicizia.
Questa era l'aria che si avvertiva ieri al Triboniano, dove qualcuno, è vero,
ipotizzava nuovi scontri e nuove barricate, ma dove è ora tempo di riflettere
per ritrovare la via del dialogo e della solidarietà. "Il nostro Gruppo rispetta
le scelte effettuate da alcuni Rom del Triboniano," commentano gli attivisti di
EveryOne, "ma sta cercando di promuovere il recupero di un clima sereno, perché
si formi una piattaforma di fiducia reciproca da cui ricominciare. E' evidente
che il progetto del Comune di sbarazzarsi di 600 persone Rom, con tanti bambini
e malati, senza attuare tutte le procedure di sostegno sociale necessarie è un
progetto disumano, che porterà solo nuova violenza e intolleranza. Sfrattare
famiglie inermi con i più disparati pretesti, essere causa di drammi umanitari
senza via di uscita, instillare odio nei giovani Rom contro la nostra città e il
nostro Paese è una politica palesemente sbagliata, come dimostrano tutte le
persecuzioni etniche nella Storia. E' altrettanto evidente che proseguire in una
lotta senza quartiere - anche se è comprensibile e giustificato persino dalla
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che sancisce la liceità della
ribellione di fronte all'emergenza sociale - è una strada pericolosa e lontana
dalle migliori esperienze nel campo della difesa dei Diritti Umani. I Rom sono
un popolo, non una classe sociale, e ognuno di loro ha gli stessi obiettivi di
tutti gli altri cittadini: essere felici, avere una famiglia, svolgere un lavoro
soddisfacente, godere della libertà e dei beni che offre la vita".
Anche qualora si ritenga necessario proseguire con gli squilli di rivolta, vi
sono numerosi operatori sociali e difensori dei Diritti Umani convinti che non
esista via di uscita se non si prosegue contemporaneamente ogni possibile
tentativo di dialogo con le Istituzioni e con tutte le componenti della
struttura sociale, politica e umanitaria della città, del Paese e delle realtà
oltre i nostri confini.
"Il popolo Rom pone i bambini e le donne in cima ai valori da difendere,"
prosegue EveryOne. "Ad Auschwitz, dove le famiglie Rom e Sinte potevano restare
unite in attesa delle camere a gas, migliaia di genitori morirono di stenti,
perché rinunciavano al poco cibo disponibile per nutrire i loro bambini. Nel
campo del Triboniano, durante gli scontri, bambini e donne si sono posti in
prima fila, armati di sassi e bastoni, come prevedono certe tecniche di
guerriglia o resistenza violenta. Ripetiamo che, di fronte alla persecuzione,
non possono essere considerate illegittime, tuttavia snaturano la cultura di
pace che da ottocento anni caratterizza i Rom e i Sinti in Europa, tanto che gli
anziani di questi popoli affermano con fierezza di essere 'l'unico popolo al
mondo che non ha mai fatto guerre'. Non è una debolezza, ma una straordinaria
virtù di questa gente. Non togliamola loro, neanche per una causa che riteniamo
giusta. Non rendiamo i Rom siimili ai loro aguzzini".
Verso le 19.30m i Rom hanno tenuto una riunione all'interno del campo,
manifestando timore per il futuro. Gli operatori umanitari e i difensori dei
Diritti Umani non hanno potuto incontrare i capifamiglia, per una decisione che
nasce da precedenti opzioni e che gli attivisti presenti vicino al campo hanno
responsabilmente accettato. "Abbiamo tuttavia parlato con alcuni giovani Rom,"
conclude EveryOne, "che si augurano di vivere in pace il prima possibile. Non
chiedono la luna, ma solo un posto dove vivere, una sicurezza minima da cui
partire per trovare un lavoro e avere la possibilità di provvedere alle
famiglie. Si sentono traditi da tante promesse e hanno assistito all'espulsione
di tanti loro fratelli, colpevoli di aver ospitato parenti 'non autorizzati' o
di possedere un rudere inabitabile, definito 'appartamento' da persone in
cattiva fede. Si sentono diversi dagli altri cittadini, perché devono obbedire a
un regolamento speciale, pieno di norme che non toccano gli altri. Anche un cane
può ricevere la visita di un suo simile, ma i Rom del Triboniano no. Se lo fanno
e non sono 'autorizzati', vengono messi in mezzo alla strada, condannati al
randagismo. Se vogliamo, unendo le forze di tutte le persone di buona volontà,
recuperare la fiducia dei Rom e contemporaneamente la nostra umanità, dobbiamo
stracciare le regole e gli inganni del passato e ripartire dalla solidarietà. In
caso contrario, avremo perso tutti. Avremo perso tutto".
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