Dell'abbattimento dello storico quartiere di
Sulukule qui se n'è scritto parecchio. La motivazione addotta dalle autorità
turche è il "piano di rinnovamento urbano" di Istanbul. Ma le recenti piogge che
hanno inondato diversi quartieri della città, scoprono luci ed ombre su questo
contestato piano e sugli appetiti immobiliari che sta sollevando
La terra e il cielo
18.09.2009 scrive Fazıla Mat Istanbul si risveglia dall'incubo delle
inondazioni. Le autorità maledicono la pioggia, ma secondo gli esperti il
disastro è stato causato dagli interventi edilizi sui letti dei fiumi
all'interno della città. Sotto accusa il piano di trasformazione urbana voluto
da Erdoğan
Le province di Istanbul e di Tekirdağ faranno fatica a riprendersi dalle
inondazioni causate dalle piogge torrenziali dell’8 e 9 settembre scorsi. Le
precipitazioni, che normalmente si sarebbero distribuite in un periodo di
quattro mesi, hanno sommerso nel giro di due giorni numerose circoscrizioni
delle due città. Il bilancio resta molto pesante. Sono morte 32 persone, diverse
sono ancora disperse, e si stima una perdita in beni di circa 100 milioni di
dollari.
L’alluvione ha avuto i suo effetti più devastanti laddove erano presenti dei
torrenti sui cui letti e nei cui dintorni sorgono costruzioni e autostrade. A
İkitelli, nei pressi del torrente Ayamama, il viale Basın Ekspres, una delle
strade più trafficate e commercialmente attive di Istanbul, è stato
letteralmente inghiottito dalle acque. Mentre molte persone hanno trovato
rifugio sui tetti degli autobus, sette donne sono morte asfissiate dentro un
furgone merci privo di finestre che veniva utilizzato da una nota società
tessile come mezzo di trasporto per portarle al lavoro. Sei autisti di TIR, che
dormivano a bordo dei mezzi nella stazione per TIR Osmanlı, sono morti annegati
dopo essere stati travolti dalle acque. Tutte le fabbriche nei dintorni sono
state allagate. Si sono aperte inoltre le chiuse della diga sull lago
Büyükçekmece, causando l’allagamento della costa e dei centri di ricreazione
sulle sponde.
La Municipalità di Istanbul è stata la prima a esser criticata dalla stampa, per
l’incapacità di prevenire gli effetti dell’inondazione e di gestire la
successiva situazione d’emergenza. Il servizio meteorologico aveva infatti
lanciato, diversi giorni prima, l’allarme per l’alluvione, ma le autorità non
avrebbero ritenuto di dover chiudere al traffico il viale Basın Ekspres, dove si
era verificato un episodio analogo di inondazione anche nel 1995 a causa dello
straripamento dello Ayamama.
Intanto continuano a venire alla luce dei particolari su come la Municipalità
di Istanbul abbia gestito finora le aree circostanti i torrenti. La İSKİ
(Direzione idrica di Istanbul) avrebbe ammesso di aver realizzato l’ultima
bonifica del torrente Ayamama nel maggio scorso e di non aver più ripetuto
l’operazione nonostante le piogge autunnali in arrivo. Inoltre un credito di 322
milioni di dollari preso in prestito dalla Banca mondiale, finalizzato alla
realizzazione di infrastrutture per il risanamento di quindici torrenti, sarebbe
fermo da due anni nelle casse del comune di Istanbul (İBB). Il vicesegretario
generale del comune, Muzaffer Hacımustafaoğlu, ha affermato che l’attuazione dei
progetti di risanamento “procede lentamente perché i torrenti sono delle
proprietà private e i tempi previsti per renderli pubblici sono lunghi”.
Le autorità hanno cercato di spiegare l’inondazione nei termini di una “calamità
naturale”, “inspiegabile” e “incontrastabile”. Una parte di “colpa” è stata però
riservata anche ai “cittadini che costruiscono abitazioni fuori norma”. La prima
reazione del sindaco di Istanbul, Kadir Topbaş, è stata infatti quella di
attribuire la responsabilità dell’accaduto a “l'utilizzo selvaggio della natura
e dell’ambiente”. Il premier Erdoğan ha commentato l’accaduto facendo allusioni
alla forza della natura con un proverbio turco – “arriva il momento in cui il
torrente si vendica” – mentre il presidente della regione Muammer Güler è
arrivato a dare la responsabilità dell’accaduto “a tutta la società” e su una
scala più ampia “al mondo intero” per “i danni causati dalle persone alla
natura”.
Intanto Erdoğan, effettuando un giro d’ispezione aerea sulle località colpite
dall’alluvione, ha affermato che fino a quel momento le autorità avevano
incontrato “impedimenti legali ed alcune opposizioni” per risanare i torrenti,
che “queste opposizioni devono essere superate” e che “i problemi più gravi sono
sorti dal fatto che i letti dei torrenti sono stati modificati [dalle
costruzioni]”. Erdoğan ha concluso dicendo che “dopo aver condotto dei contatti
bilaterali si passerà a demolire le costruzioni qui presenti.”
Eyüp Muhçu, presidente dell’Ordine degli ingegneri e architetti (TMMOB) di
Istanbul, lancia un monito rispetto a quello che ritiene essere il vero senso
delle parole del premier. “La 'opposizione' di cui parla il Primo ministro è
quella dimostrata dai cittadini che si ribellano ai progetti di decentramento
della popolazione e di speculazione affaristica imposti sotto il nome di
‘trasformazione urbana’. Erdoğan vuole utilizzare gli effetti dell’alluvione
proprio per rendere leciti i suoi progetti di trasformazione urbana”.
Il problema delle costruzioni sui letti dei torrenti non riguarda infatti solo
le costruzioni abusive, ma anche quelle “legali”. “Una parte del torrente
Ayamama, importante corridoio ecologico di Istanbul, area verde e di
ricreazione, è stata aperta alla edificazione di palazzi ad alta concentrazione
nel 1997, quando proprio Erdoğan era sindaco della città”, spiega Muhçu.
All’epoca il TMMOB avrebbe presentato a Erdoğan una valutazione sull’impatto
ambientale di questo progetto. Nella sua valutazione, l’Ordine avrebbe
specificato che con il nuovo progetto il torrente Ayamama avrebbe cessato di
essere tale, e che si sarebbe rivolto un aperto invito alle catastrofi naturali.
L’appello rimase però inascoltato, e il TMMOB portò il progetto in tribunale. La
Corte emise una sentenza a favore dell’Ordine, sottolineando anche “che il
progetto non aveva alcuna utilità sociale”. L’amministrazione comunale però non
tenne conto del verdetto e accelerò le costruzioni, dando origine a tutta la
zona adiacente all’aeroporto Atatürk.
“Erdoğan ha fatto ricorso”, continua Muhçu, “ma il tribunale ha nuovamente
confermato la prima sentenza. Le costruzioni però non sono cessate nemmeno dopo
questa seconda decisione. Gli edifici così realizzati contro il verdetto del
tribunale hanno dato man forte alle costruzioni abusive nell’interno della
valle, a nord. E dal 1997 in poi sono stati costruiti numerosi blocchi di
edifici abusivi utilizzati quali officine. Questa zona, nel piano urbanistico
del 1982, risultava invece essere sede di un cimitero cittadino, di un’area
verde, di un’area di ricreazione e letto del torrente. Eppure hanno sempre
chiuso un occhio nei confronti delle costruzioni abusive”.
Solo il mese scorso infatti, il sindaco Topbaş avrebbe presentato al consiglio
comunale un piano per legalizzare nuove costruzioni abusive e per permettere
l’edificazione di altri palazzi nelle ultime aree rimaste a disposizione nel
letto dell’Ayamama. Senza un’alluvione di questa portata, il piano edilizio
portato avanti dal comune di Istanbul probabilmente avrebbe proseguito
indisturbato. E forse non basterà nemmeno l’alluvione a disturbarlo.