Da
Roma_Benelux
NewEurope.eu 14 giugno 2009
Per anni i Rom si sono lamentati di essere i paria d'Europa, disprezzati dai
locali che li chiamano stranieri o ladri, e rifiutano di permettere loro di
vivere nelle vicinanze. Anche peggio, dicono, sono discriminati, i loro bambini
non ricevono la stessa educazione degli altri cittadini europei, e tutti
affrontano pregiudizi. Per scoprire come loro percepiscono questo, New Europe è
andato nella città belga di Namur, per incontrare una famiglia rom nel Centro di
Mediazione per Viaggianti in Vallonia (CMGVW). Lo scopo principale
dell'organizzazione, fondata nel 2003, è il supporto sociale e lavorale ai
Viaggianti ed ai Rom provenienti dell'Europa Centrale ed Orientale.
Nell'organizzazione ci sono mediatori per integrarli nella società fornire loro
informazioni accurate.
Tana Tsiora di New Europe, Magdalena Zackova e Alia Papageorgiou hanno
condotto le interviste e le ricerche in cooperazione con l'European Roma
Information Office (ERIO). E' iniziata in maniera diretta, col mediatore,
Islamovski Nebija, che fungeva da intermediario. Ma, verso la fine, la famiglia
ha iniziato a parlare tra di loro nella loro lingua ed il discorso ha preso un
tono più gridato mentre tentavano di descrivere le loro vite come inizialmente
idilliache, in disaccordo con quanto avevano detto prima. La famiglia Jovanovic
è composta di sei persone, che vivono nel Centro di Ricevimento, la Croce Rossa
del Belgio - madre, padre ed i loro quattro figli: un ragazzo pre-adolescente e
tre teenager, due ragazze ed un ragazzo - ha parlato della loro vita, di quando
sono partiti dalla Serbia per l'Italia e della loro esistenza nomade prima di
stabilirsi in Belgio, dove avevano dei parenti che li avevano preceduti. Il
padre, Jusuf, la madre, Slobodanka, ed una delle figlie, Debora, ci hanno
raccontato la loro storia.
Jusuf: Siamo stati in Italia per nove anni e mezzo. Poi siamo arrivati
a Bruxelles, dove siamo stati otto anni e mezzo. Ed è un anno che siamo qui a
Namur.
Avete fate richiesto d'asilo anche in altri paesi? O soltanto in Belgio?
Jusuf: No, era la prima volta. Sì, perché puoi chiedere asilo in un
solo paese. Quando arrivammo qui, dovemmo trovare un appartamento e la scuola
per i nostri bambini. All'inizio, lavoravo per un sussidio perché eravamo in sei
persone. Dovevamo pagare tutto per l'appartamento e anche per le medicine. Prima
tutte le medicine che compravamo, non erano rimborsabili. Ora, è ok, lo sono.
Abbiamo uno status di asilanti e stiamo aspettando la risposta finale. Stiamo
aspettando i documenti per diventare residenti in Belgio. La situazione ora sta
migliorando.
E' migliorata solo negli ultimi anni?
Jusuf: No, solo nell'ultimo anno che siamo qui. Prima, per pochi mesi
abbiamo vissuto fuori. Nessuno ci ha aiutato. Ma qui, anche i nostri bambini
sono stati registrati a scuola dal primo giorno che siamo arrivati.
Slobodanka: Ma per i nostri bambini, è stata davvero dura, quando sono
andati a scuola. Erano davvero depressi quando tornavano da scuola, per
l'atteggiamento degli altri bambini.
Avete trovato altre famiglie rom quando siete arrivati qui?
Jusuf: No, all'inizio non conoscevamo nessuno. Solo la sorella di mia
moglie. Per questo siamo venuti in Belgio.
Slobodanka: Mia sorella mi aveva detto che dovevamo fare parecchi
sforzi per ottenere l'asilo in Belgio, ma che potevamo fare richiesta di asilo,
come avevano fatto loro.
Debora: Sì, mio padre stava richiedendo un sussidio, perché non
dovevamo pagare solo l'affitto e le medicine, ma anche la nostra iscrizione a
scuola. Solo l'appartamento erano 800 Euro.
Com'è stata la vostra esperienza in Italia, perché abbiamo sentito di
molte discriminazioni per i Rom in Italia?
Debora: Siamo nati in Italia e siamo restate lì sino a nove anni e
mezzo d'età. Sì, abbiamo iniziato la scuola in Italia.
Jusuf: Ma in Belgio ci hanno aiutato di più. In Italia non abbiamo
avuto niente. Nessun Centro Pubblico di Azione Sociale (CPAS). Però, abbiamo un
buon ricordo dell'Italia, perché...
Debora: Perché qui la gente è più razzista che in Italia. Riguardo,
specialmente, l'atteggiamento della gente della nostra età.
Jusuf: La principale differenza tra qui e l'Italia, è che in Italia
era più difficile economicamente. Ma, parlando della gente italiana, erano
gradevoli. Inoltre, ci hanno aiutato a trovare un lavoro.
Quante altre famiglie rom vivono nel Centro?
Jusuf: Cinque, sei famiglie. In totale, ci sono 5.000 persone. Ci sono
diverse nazionalità. Ogni nazionalità ha la sua cultura, modi differenti di
vivere. Nell'edificio dove viviamo, ci sono Rom del Kosovo e della Serbia. Ma
raramente parliamo con loro. Ognuno per sé.
Un giorno vorreste tornare in Serbia?
Jusuf: No... con la mia famiglia vediamo molto razzismo. Prima, quando
governava Tito, non era così. Ma, dopo che la Jugoslavia si è separata e sono
iniziate le guerre... no.... non eravamo felici. Non voglio tornare. Ma i miei
genitori sono ancora lì. Così, tornerei in Serbia, ma solo per visitare i
genitori. Per me la Serbia non esiste.
Slobodanka: Là ci sono un sacco di razzisti.
Jusuf: Dopo le sette di sera, in Serbia non puoi uscire. E' vero,
abbiamo visto un sacco di razzismo in Serbia, che nemmeno qui o in Italia
abbiamo visto.
Qual è l'atteggiamento della gente della vostra età, delle vostre compagne
di classe? Avete dei benefici sociali per l'iscrizione scolastica?
Debora: Prima di tutto, siamo arrivati qui l'anno scorso, ad aprile.
Questo non ci ha permesso di iniziare la scuola, solo alla fine dell'anno
scorso. Così, abbiamo perso un anno, perché per alcuni mesi, giravamo in cerca
di dove vivere. La maggior parte delle volte, la scuola era davvero lontana da
dove dormivamo. Quando arrivammo qui alla fine di aprile, ci registrarono e
venne aperto il nostro documento ed iniziammo alla fine di maggio. In più,
quest'anno, a settembre 2008 ho perso un mese e mezzo di scuola. Perché, al
compimento dei 18 anni, dobbiamo pagare 1.000 Euro per la nostra registrazione a
scuola. Visto che non avevamo uno status legale, dovevamo pagare per la scuola.
Così, si può avere una dichiarazione di mancanza di reddito dal CPAS (Centro
Pubblico di Azione Sociale), se non hai un reddito. La scuola a Namur non mi è
piaciuta. Penso che i bambini siano davvero razzisti. Ti criticano molto. Non
era come a Bruxelles. Ok, c'erano tanti stranieri; avevamo fatto l'abitudine a
quegli insegnanti. Speravamo che qui a Namur fosse lo stesso. Qui ci sono più
belgi e dicono che i Rom devono tornare nel loro paese. Li ho sentiti dire:
"Cosa fate qui nel nostro paese, cosa cercate? State cercando amici?"
Dite che non era così a Bruxelles. Qual è la differenza?
Jusuf: Sono più abituati agli stranieri, è vero ma...
Debora: No, non è solo questo. Dicono che dobbiamo comportarci come i
Belgi. A Bruxelles, non ci hanno mai giudicati. Ma, qua ci criticano tanto:
"Guarda come sono vestiti i Rom," "perché siete venuti in Belgio?" E,
soprattutto, non è facile dire qualcosa di simile ai giovani. Nel mio paese, non
potrei dirlo agli altri.
Quante lingue parlate?
Debora: Francese, italiano e la nostra lingua, il serbo. Il francese
molto bene. E' normale. Siamo stati qui per gli ultimi nove anni e mezzo. E non
siamo andati alla scuola pastorale. Perché, quando arrivi in Belgio, ti mettono
in una scuola pastorale. Ma per noi non è stato così. Ci hanno mandato
direttamente a scuola. E' così che abbiamo imparato il francese.
E la vostra cultura, le vostre tradizioni, la vostra musica? Cercate di
mantenerle? Perché, è da tanti anni che avete lasciato la Serbia.
Debora: Certo che manteniamo vive le nostre tradizioni. Non le
dimentichiamo, dato che siamo in Europa. C'è chi ha dimenticato le proprie
tradizioni, ma noi vogliamo mantenerle.
E della gente qui?
Jusuf: Sinora non ne ho parlato. Sono gentili. Se tu lo sei, lo
saranno anche loro.
Come vi sentite da persone libere a persone in cerca d'asilo? Sono due
cose completamente differenti per voi? Questa differenza ha cambiato molto la
vostra vita?
Slobodanka: Sì, è davvero differente.
Jusuf: Finalmente, abbiamo una vita normale. Dopo otto anni, riusciamo
a vivere nel Centro.